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Intronaut (Sacha Dunable)

Di Daniele D'Adamo - 22 Novembre 2010 - 6:50
Intronaut (Sacha Dunable)

In questi giorni sta arrivando, sugli scaffali dei negozi specializzati, il nuovo album degli americani Intronaut: “Valley Of Smoke”. Un album che troverà sicuramente molti estimatori ma che correrà anche il rischio di passare un po’ in sordina, per i più, a causa della sua complessità tecnico/artistica. Un album pieno zeppo di note, di contaminazioni, di esperimenti. Piacerà? Lo chiediamo al chitarrista, Sacha Dunable.

Intronaut: qual è il significato di questo strano moniker?

È come “astronauta”. Soltanto, al contrario. Invece di spazio “esterno”, si parla di spazio “interno”. Suona piuttosto serio, eh? Beh, è comunque solo il nome della band.

Siete al terzo full-length. Com’è stata, dal vostro punto di vista, l’evoluzione musicale che da “Null – Demonstration Extended Play Compact Disc” (demo del 2005) vi ha portati al neonato “Valley Of Smoke”?

Dopo un primo periodo di rodaggio, siamo diventati piuttosto prolifici (considerando anche il breve periodo che siamo stati in tour) comunque senza mai perdere la nostra direzione musicale. In effetti la musica si è evoluta un po’, ma abbiamo gli stessi obiettivi e gli stessi standard di sempre, in mente, quando scriviamo.

Sul vostro blog c’è la storia, canzone per canzone, di “Valley Of Smoke”. Tuttavia, potete riassumere il concept che sta alla base dell’album e, soprattutto, quale dei temi affrontati vi stia più a cuore?

Ogni canzone dell’album è inerente a un fatto storico o a un evento che ha a che fare con Los Angeles, la città dove viviamo. E questo è il tema generale. Ci sono tonnellate di cose interessanti sulla storia della nostra città che addirittura noi, come nativi, non sapevamo. Per questo motivo, i testi dell’album sono stati più divertenti da scrivere di quanto non sia stato in passato.

La stupenda copertina del CD sembra avere molti significati, presumo anche nascosti. Potete svelarceli?

In effetti la copertina ha a che fare sia con i testi, sia con il tema dell’album. La lucertola è associata alla canzone “Core Relations”, che potete leggere sul nostro blog. Oltre a questo, c’è la valle per ovvie ragioni (“Valley Of Smoke”, n.d.r.), e alcune piccole cose che si possono notare se si prende il giusto tempo per leggere i testi delle canzoni.

“Valley Of Smoke” sarà distribuito negli USA dal 12 ottobre mentre, in Europa, dal 22: è la prima volta che la Century Media Records vi porterà nel Vecchio Continente. Cosa vi aspettate, da questa scelta?

Sono più che contento che abbiano deciso di far uscire questo full-length in Europa. È un peccato che l’ultimo (“Prehistoricisms”, n.d.r.) sia caduto attraverso le crepe del dimenticatoio, laggiù, anche se l’Eyes Of Sound (label inglese, n.d.r.) ha in ogni caso fatto il massimo di ciò che poteva fare. “Void” ha invece avuto una grande risposta, e il tour che abbiamo fatto nel 2007 è stato grande. Quindi, mi aspetto grandi cose.

A questo proposito, poiché siete una «novità», per l’Europa, avete voglia di raccontare la vostra biografia agli appassionati italiani affinché vi conoscano meglio?

Certo. Abbiamo cominciato a suonare nel 2004 e abbiamo registrato un demo di quattro canzoni che è stato poi ripubblicato come l’EP “Null” con la Goodfellow Records nel 2006. EP seguito dal nostro primo full-lenght “Void” nello stesso anno. Dopo di che abbiamo fatto un mucchio di concerti con gruppi come Isis, Torche, Misery Index e Mouth Of The Architect. Abbiamo poi pubblicato il secondo EP “The Challenger” nel 2007 con la Translation Loss, e abbiamo fatto un tour europeo nell’autunno 2007. Subito dopo abbiamo firmato con la Century Media Records, e abbiamo pubblicato “Prehistoricisms” (secondo full-length, n.d.r.), che è stato seguito da un tour con band come High On Fire, Mastodon e Cynic.

Sempre a proposito dell’Europa, nel 2011 è previsto un tour attraverso vari paesi. Sapete già quali nazioni toccherete? E, soprattutto, vi sentite preparati per soddisfare i raffinati palati dei progster europei?  

Non sappiamo ancora nulla che sia certo, mi spiace! Però vi prometto che ce la faremo, a esser lì. Per rispondere alla tua seconda domanda, non mi preoccupo mai di cose del genere.

In ogni caso non credo avrete alcuna difficoltà in merito, data la delicatezza e finezza della vostra proposta musicale (per esempio, “Miasma”). Da dove arriva, questo lato molto dolce della vostra musica? C’entra qualcosa, la vostra provenienza geografica (Sud della California)?

Non sono sicuro di come e se le nostre origini geografiche possano influenzare il nostro sound ma, ripeto, è solo una sensazione non ben definita. Penso, invece, che il gruppo “sia come suoni”; perché non pensiamo né a come suoniamo né a come sarà percepito. In fondo, siamo tutti ben oltre l’età in cui ci si senta ancora obbligati a rimanere fedeli a qualche limitazione di genere, o a essere influenzati da qualunque cosa si muova intorno a noi.

E il lato più aggressivo (come in alcuni break di “Sunderance”), da dove proviene?

Viene dal fatto di essere un gruppo metal. Per quanto si tenda a evolvere, lo scheletro di base di questa band è di metallo. Questa è la nostra base, e se il resto non si fonda su di essa, il risultato sarà, semplicemente, un disastro totale!
 

 

Il vostro stile è una miscela di tanti sapori. Per esempio, in “Elegy” ci sento, addirittura, alcune armonizzazioni dei The Police di Sting! Malgrado questa varietà, però, il vostro sound è unico. In che modo riuscite a mantenere fissa questa vostra personalità? Come fate, cioè, a non … perdervi?

Questa è sicuramente la prima volta che qualcuno ci ha paragonato a Sting e ai The Police! Come ho detto prima, c’è una base sulla quale è nata e cresciuta questa band; ma tutto il resto consiste soltanto nel lasciare che le nostre menti corrano libere per creare qualcosa di nuovo.

La domanda è scontata, ma può dar luogo a riflessioni interessanti. Secondo me il vostro stile non è definibile con precisione, perché contaminato da agenti esterni davvero numerosi. Forse prog, forse prog rock, forse death/prog, forse sludge. Avete mai riflettuto su questo specifico aspetto sì da trovarne una soluzione?

Prima di tutto, chiarisco che effettivamente mi sono immerso in tutti questi stili nel corso degli anni. Tuttavia, il pensare a come chiamare la nostra musica è solo una cosa che porta a delle limitazioni. Preferiamo non pensare a questo per non essere influenzati da niente. Teniamo fisso lo “scheletro” di quello che vogliamo suonare, lasciando che il flusso di nuove idee venga fuori da solo.

Ascoltando “Valley Of Smoke” non ci si può accorgere della vostra eccellente preparazione tecnica. La musica degli Intronaut vi consente di dedicarvi solo e soltanto a essa, oppure siete costretti a sbarcare il lunario con altre attività?

Quando non siamo in tour, lavoriamo tutti in campi extra-musicali. Tre di noi lavorano nei ristoranti, mentre io – il più fortunato, se così si può dire – lavoro come “guitar tech”, oltre che fare il commesso in un piccolo negozio di chitarre.

Ogni musicista cerca sempre soluzioni diverse per la propria progressione stilistica. Tale ricerca può avere un procedimento logico, oppure può seguire il cuore. Qual è il vostro metodo di ricerca?

Ripeto: seguiamo i nostri cuori tenacemente abbarbicati alla fondazione stilistica che abbiamo costruito con il nostro primo demo-EP. Avremmo potuto anche cambiare direzione musicale, ma questo avrebbe significato stravolgere il gruppo, forse arrivando addirittura a cambiarne il nome. Cosa che non abbiamo mai preso neppure in considerazione.

Fra le varie peculiarità di “Valley Of Smoke” c’è, indubbiamente, una forte parte psichedelica. A mio parere, davvero ben inserita nell’ambiente generale. Questa parte è insita in ciascuno di voi, oppure si tratta di una «infezione» causata da uno di voi?

Penso che tale parte provenga da ciascuno di noi. Alcuni aspetti diversi e più specifici potrebbero provenire da un singolo elemento; tuttavia ciò che si sente è il frutto della collaborazione fra tutti noi.

La title-track è sottolineata da un lavoro alle percussioni davvero notevole, che aiuta l’atmosfera trasognante la quale secondo me, rende così particolare il vostro groove. C’è un motivo particolare, nella scelta di operare in tal senso, per la parte ritmica della canzone.

Dave, l’altro chitarrista, suona anche la batteria; così scrivere la stessa canzone per due drum-kit è stato davvero fantastico e produttivo. Lui e Danny (il batterista, n.d.r.) hanno una grande comprensione del ritmo e sapevamo che il tutto sarebbe diventato stupefacente.

Dopo aver parlato dell’Europa, come vanno – in generale – le cose, a casa vostra? C’è un buon riscontro, alle vostre opere, oppure vi apprezza la solita cerchia di appassionati?

Penso che le cose stiano andando bene. Col passare del tempo ci sono sempre più persone che vengono ai nostri spettacoli, e ogni volta che facciamo un tour mi pare che sia sempre di più la gente che s’appassioni alla band.

Nonostante l’Italia appaia così lontana dal vostro modello artistico, nella prima metà degli anni ’70 nacque, in particolare a Genova, un ampio movimento prog rock che, ancor oggi, cresce generazioni di ragazzi; abituandoli quindi a sonorità a voi più vicine. Potrebbe essere, questo, un buon motivo per una soddisfacente resa di “Valley Of Smoke” nel nostro Paese?

Spero che tu abbia ragione! Amo la roba prog rock dei primi anni ’70, anche se devo ammettere che ero più per le band del Regno Unito. Spesso mi recavo al negozio di dischi a comprare qualsiasi cosa con una data di farbbricazione tra il 1970 e il 1976, e spesso questo qualcosa mi è piaciuto. Dovrò controllare alcune delle band italiane, allora!

A questo proposito, l’ultima domanda. Di rito. Avete qualcosa da dichiarare ai nostri appassionati che, sicuramente, penseranno di acquistare l’album?

Vorrei solo esprimere il mio sentimento di vivo compiacimento che proverei se voi lo compraste. E … grazie per l’intervista!

Daniele “dani66” D’Adamo

(Trad. Tarja “TarjaLaura” Virmakari)