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The Hounds Of Hasselvander (Joe Hasselvander)

Di Orso Comellini - 16 Marzo 2012 - 10:42
The Hounds Of Hasselvander (Joe Hasselvander)

In occasione dell’uscita di “The Ninth Hour”, noi di TM, ci siamo tolti la soddisfazione di realizzare una lunga e dettagliata intervista a Joe Hasselvander: polistrumentista tuttora in forza nei Raven come batterista, dai celebri trascorsi nei Pentagram e, come vedremo, in varie altre band di spicco, nonché leader di una nuova incarnazione della sua carriera solista: The Hounds Of Hasselvander. Oltre alle recenti attività, Joe ci ha raccontato, senza peli sulla lingua, i passi salenti della sua carriera ultratrentennale, perciò mettetevi comodi e buona lettura!

-Ciao Joe, grazie per averci concesso l’intervista e complimenti per “The Ninth Hour”: un album molto solido e convincente. Come è nato il progetto The Hounds Of Hasselvander?

È nato dal desiderio di proseguire ulteriormente la carriera da solista che, in realtà, è iniziata col primo album del 1984. Pensavo che il Mondo sarebbe stato un posto migliore con un’altra fonte alternativa di musica! Un qualcosa di più autentico alle radici del metal e dell’“arena rock”. A molti dei gruppi che attualmente registrano e sono considerati come metal contemporaneo, dal mio punto di vista, manca seriamente la nozione di cosa sia realmente “heavy”! Avrei potuto usare l’altro monicker (Hasselvander, ndr) o semplicemente Joe Hasselvander, ma volevo tornare con qualcosa di più forte e nuovo, che riflettesse il mio nuovo e più potente sound: da qui il nome “Hounds Of Hasselvander”!


 

-Dopo l’omonimo debutto del 2007, come siete giunti a siglare un contratto con la Black Widow Records (forse per i tuoi trascorsi nei Pentagram?) e come vi siete trovati?

Come sai ho registrato due album con i Pentagram per la Black Widow, grosso modo come è stato con i The Hounds. Sono stato contattato dall’etichetta per rilasciare del vecchio materiale targato Death Row, che poi è diventato l’album “Alive In Death”. Hanno sempre fatto un ottimo lavoro, sia per quanto riguarda il confezionamento, sia per come gestiscono la promozione delle proprie band. Lo staff della Black Widow voleva fortemente mettersi di nuovo a lavoro per realizzare un album doom molto pesante, così ho chiesto loro: “Perché non un nuovo album degli Hounds?” In fondo avevo fatto un buon lavoro con il disco precedente del 2007, considerate le risorse limitate dell’etichetta di allora, la Rock Saviour. In più molti dei miei fan mi pregavano di realizzare un nuovo album in quello stile, così ci siamo decisi a produrne non uno, ma ben due!

-Come è nata la collaborazione con Martin Swaney? Avevate suonato insieme ai tempi dei Death Row? Mentre con Eric “Orion” Cabana e con Paolo “Apollo” Negri dei Wicked Minds e Link Quartet?

Ho pensato subito a Martin in quanto sembrava intenzionato a trovare un accordo per la reunion dei Death Row e le cose sembravano andare proprio in quella direzione, purtroppo poi è andato tutto in fumo nel giro di un secondo, quando Victor Griffin ha deciso che il suo futuro sarebbe stato più luminoso nei Pentagram. Per me è stato facile accettare la notizia, anche perché ho sempre gli Hounds o i Raven a cui fare ritorno. Martin invece, era stato tirato fuori dal ‘pensionamento’ per i Death Row ed era di nuovo un musicista molto attivo. Ci credeva veramente in quel progetto e non volevo che il mio più vecchio amico perdesse quella nuova scintilla trovata! Mi ha raggiunto in Massachussets, dove vivo ora, dalla Virginia, per registrare le canzoni che avevo preparato per “The Ninth Hour” e ha fatto un super lavoro! La sua seconda visita invece è servita per metterci a lavorare sul secondo album, che sarà chiamato “Ancient Rocks” e conterrà cover oscure di brani che Martin ed io suonavamo da ragazzi. Proto-metal estremo di fine anni sessanta/primi settanta. Questo poi mi ha dato il tempo di arrangiare le ultime due canzoni mancanti a “The Ninth Hour”. Il nuovo album vedrà la partecipazione di T. C. Tolliver alla batteria, che forse ricorderai per il suo lavoro nei The Plasmatics, Martin ed io. Quindi sarà un vero e proprio trio. Invece quando ho finito di arrangiare le due canzoni rimanenti a cui alludevo prima, ho deciso di coinvolgere Eric Cabana, visto che in passato mi aveva salvato dal cancellare alcuni show, a causa dell’incompetenza dei membri della prima versione live della band. Non ho mai dimenticato quel favore e gli ho assicurato un’apparizione sul nuovo disco. La collaborazione con Paolo Negri invece è nata da una proposta della casa discografica. Inizialmente ero scettico, ma quando ho ascoltato le sue tracce geniali di tastiera, sono stato rapito dal suo sound! Penso che abbia apportato reale professionalità alla band, cosa che può solo esserci d’aiuto nel mercato principale!

-Di cosa trattano le liriche?

Il messaggio principale dei testi è rivolto a tutta l’umanità e cioè di risvegliarsi e ‘annusare il caffè’! La società attuale va così veloce che fin troppo spesso ci preoccupiamo degli interessi personali del singolo, invece che soffermarsi su quelle che sono le esigenze della collettività, molti hanno voltato le spalle a Dio perché l’umanità interpreta male la parola del Signore! Sfortunatamente c’è solo un modo per vivere una vita pulita e piena di significato. In molti avrebbero bisogno di aprirsi al verbo di Dio interpretandolo da soli. Non abbiamo bisogni di un sacerdote o di uno sciamano che ci mostrino la via! Se non lo facciamo ci aspetta solo rovina, distruzione e fallimento!

-Come è nata l’idea di proporre la cover di “Don’t Look Around” dei Mountain?

Ho suonato la batteria per Leslie West nel 1976 per un breve periodo! Lui amava il mio stile ma si ammalò gravemente e dovette fare ritorno a New York per curarsi! “Don’t Look Around” è la canzone più ‘spacca-culi’ dei Mountain: sapevo che l’avrei potuta cantare e suonare facilmente! È stata una cosa del tutto naturale! È un tributo a Leslie per aver dato quell’opportunità a un giovane musicista!


-Come pensate di promuovere l’album e farete delle date in Italia?

Sia la Black Widow sia il sottoscritto, stiamo lavorando duro per curare tutti gli aspetti della promozione per il mercato europeo così come per quello statunitense. Mentre parliamo sta prendendo forma un nuovo sito dedicato ai fan. Poi stiamo programmando di andare in tour in autunno e molto probabilmente partirà proprio dall’Italia!

-Facciamo ora un salto indietro nel tempo: come è nato il tuo amore per l’Hard & Heavy e quali erano i gruppi che preferivi all’epoca o che ti hanno influenzato maggiormente?

Beh, non è un segreto il fatto che i Blue Cheer abbiano lastricato per me la strada tanto tempo fa. Credo avessi tredici anni quando li ho visti la prima volta in un programma televisivo americano nel 1968. Non c’era stato assolutamente niente del genere prima! Dovrebbero riconoscergli di aver inventato l’heavy metal, ma raramente accade! Ho avuto il privilegio di suonare la batteria sul loro ultimo album “What Doesn’t Kill You…”!

-Con quale strumento hai iniziato a suonare e qual è il tuo preferito oggi?

Ho iniziato suonando il violino e all’età di sette anni ero già primo violinista! Poi ho scoperto la batteria dopo aver ascoltato Charlie Watts su “12×5” dei The Rolling Stones…

-Come è avvenuto il tuo ingresso nei Pentagram?

Ho visto suonare dal vivo i Pentagram in città negli anni settanta e una sera con i The Boys, la mia band di allora, abbiamo suonato sullo stesso palco a Washington D.C. Ricordo i Pentagram di allora come una sorta di southern ‘cock’ rock band. Suonavano come una specie di incrocio tra Johnny Winter e i Wishbone Ash. Non rimasi poi così impressionato, ma alcuni mesi dopo membri dei Pentagram e dei The Boys unirono le forze per dare vita a una nuova band chiamata Sex. Bobby Liebling ed io fummo gli unici a rimanere all’addiaccio. Ci incontrammo poi allo show di debutto dei Sex e lo invitai a suonare con la nuova band che stavo formando e alla quale mancava il cantante e il resto è Storia. Questo ha dato vita al gruppo che puoi ascoltare nella release dei Pentagram per la Black Widow “A Keg Full Of Dynamite”.


-Come mai poi avete cambiato nome in Death Row?

Sapevo, per aver lavorato con Bobby in precedenza, che lui voleva il controllo dei diritti delle pubblicazioni per quanto riguarda la musica e il controllo del monicker Pentagram. Sapevo che da sempre le cose andavano in quel modo! I Death Row erano un super gruppo formato da Victor, Martin e da me. Tutti i proventi sarebbero stati divisi per sempre equamente e questo fece diventare matto Bobby! Ecco perché alla fine si è scavato un solco profondo tra me e il resto della band. Dal momento in cui me ne sono andato Bobby ha convinto gli altri a cambiare di nuovo il nome in Pentagram! Da allora le cose non sono mai state congrue o eque!


-Successivamente hai partecipato al periodo più bello nella storia dei Pentagram a partire dallo strabiliante “Pentagram/Relentless”: come ricordi quel periodo?

Quei tempi sono stati grandiosi perché non esisteva una vera e propria scena doom, eccetto Noi! C’era reale democrazia e tutti noi componevamo equamente il materiale per la band! Abbiamo visto crescere quella scena di culto sin dal 1981. Sto parlando dei Death Row ovviamente, visto che “Relentless” è stato originariamente rilasciato dai Death Row con il nome di “All Your Sins”! Quello è il periodo in cui è stato fatto il lavoro più importante!


-Nello stesso periodo poi hai pubblicato anche un album da solista (“Lady-Killer”, del 1984) in cui già allora ti occupavi di tutti gli strumenti, giusto?

“Lady-Killer” è stato il mio primo album da solista e il primo che mi ha lanciato nella scena mondiale. Jack Starr dei Virgin Steel ha suonato con me i soli di quel disco.


-Altra tappa importante nella tua carriera è l’ingresso nei Raven ai tempi dell’ottimo “Nothing Exceeds Like Excess” (1988), avventura che continua ancora oggi: come hai conosciuto i fratelli Gallagher e cosa ha determinato l’uscita di Wacko?

Rob “Wacko” Hunter lasciò la band in seguito ad una disillusione circa il music-business in ambito rock e decise di lavorare dall’altra parte della barricata come produttore e ingegnere del suono! Una mossa intelligente, considerato che ora ha una famiglia, felicità, soldi e un Grammy per il suo lavoro! Ho incontrato Mark e John Gallagher in una casa di Cortland, NY, dove loro vivevano. Ero entrato nei Savoy Brown e eravamo in quell’area per acquistare della strumentazione. La proprietaria della casa mi permise di abitarci e divenni immediatamente amico di quei buontemponi! Ero una sorta di polizza assicurativa per loro. Rob stava andando un po’ fuori controllo, ubriacandosi e rompendosi il braccio o altre cose bizzarre. Sono fiero che le cose tra di noi abbiano funzionato e ciò mi ha permesso di crescere molto come batterista! È stata un’esperienza grandiosa per me!


-A metà anni novanta hai suonato anche con i Cathedral, anche se solo dal vivo, puoi parlarci di quella esperienza?

È stato difficile all’inizio a causa della differenza di età tra loro e me. Ogni notte, noi e l’altra band con cui eravamo in tour, i Godspeed, tornavamo strisciando da un pub. Avevo già fatto quel genere di esperienza, ma nel frattempo mi ero sposato e avevo avuto un figlio. Non c’è voluto molto prima che mi trasformassero in un ‘mostro’ che beveva, si drogava, imprecava ecc. Non c’era via d’uscita da quella follia! Alla fine ciò ha causato il licenziamento di Victor Griffin, che è stato rimandato negli States! Io invece rimasi ma con un ginocchio rotto! Se non fosse stato per il mio buon amico Paul Chain, sarei impazzito! Venne a trovarmi in occasione del nostro show a Milano e mi portò via da tutto questo per alcune ore. Io saltellai sull’unica gamba buona fino ad una pizzeria, dalla quale lui chiamò un ragazzo per realizzare un’intervista per una rivista specializzata per batteristi. Ciò significò molto per me nella condizione in cui versavo!

-Durante quel tour avete suonato anche con i Black Sabbath di “Cross Purposes”, con Tony Martin alla voce, e avete tenuto uno show al Palasport di Firenze a cui ero presente anch’io e fu un gran concerto: cosa ricordi di quella serata?

La cosa che ricordo maggiormente è che la sera prima dello show, sono stato sbalzato dai ragazzi dei Godspeed contro una vetrata mentre giravamo per la città. Ho sbattuto la testa contro il vetro e il ginocchio contro la cornice di marmo, schiacciandomi la cartilagine tra ginocchio e tibia! Per grazia divina sono stato in grado di suonare la batteria, anche se in maniera estremamente dolorosa! Non ho potuto raddrizzare la mia gamba per due mesi. Ho chiesto ai Black Sabbath delle stampelle cosicché potessi andare a giro, ma l’unica risposta che ho ricevuto è stata la visita di Geezer Butler per chiedermi cosa fosse successo siccome sua moglie si occupava dell’organizzazione del tour. Inutile dire che non ho ricevuto alcuna stampella! Questo perché avrebbero dovuto pagare dei costi aggiuntivi sull’assicurazione! Gloria Butler curava anche l’aspetto manageriale dei Godspeed, ma nessuno di loro voleva mettersi nei pasticci! Il manager dei Black Sabbath poi mi ha urlato nel suo tono da sergente: “Hai intenzione di suonare a questo f***uto show, o no?” Veramente della bella gente! A loro interessa solo una cosa: i soldi! Ecco perché non dovrebbe sorprendere come è stato trattato recentemente Bill Ward! Se non fosse stato per me i Cathedral avrebbero abbandonato il tour al momento del licenziamento di Griffin e sarebbero tornati indietro dalla data di Budapest! Loro volevano mollare tutto, ma li ho convinti che potevamo andare avanti perché avevamo ancora Gaz (Jennings, ndr)! Mi sono preoccupato più per la reputazione dei Sabbath che della nostra! Ho detto hai ragazzi dei Cathedral che per i Sabs sarebbe stato un duro colpo, perché certa stampa aveva già fiutato che c’era qualcosa che non andava con quel tour. In verità non so perché mi sia preoccupato così tanto, probabilmente avrei dovuto mollare tutto quando non ho ottenuto alcun aiuto da loro! Era un dolore lancinante! Non ho potuto camminare propriamente per più due anni e ho dovuto indossare delle scarpe speciali. Tuttora non posso correre o fare jogging e ciò è veramente un peccato perché ero abituato a correre e mi piaceva molto trarne beneficio in termini di salute.


-Tornando poi agli anni più recenti, cosa ha determinato la tua uscita dai Pentagram e sei rimasto in buoni rapporti con Bobby Liebling?

L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso tra me e i Pentagram, è stata il festival in Maryland con altri 100 gruppi in cui suonavamo da headliner l’ultimo giorno. Bobby ed io avevamo appena finito di registrare “Sub-Basement”, quando ci è stato chiesto di partecipare. Non volevo farlo perché avremmo dovuto trovare in poco tempo una band con cui provare: come ricorderai al tempo eravamo solo un duo. Bobby e il promoter mi pregarono di provare alcuni ragazzi per quello show. A fatica eravamo pronti, ma pensavo che se Bobby ed io avessimo dato il meglio, saremmo stati in grado di uscirne bene, al di là di quanto poco avessero provato gli altri membri del gruppo. Bobby però non si è presentato e sembrava che se non avessimo suonato a quello show, il pubblico avrebbe fatto a pezzi tutto. Ho detto un paio di cose non lusinghiere su Mr. Liebling ai presenti e ho gettato loro il microfono dicendogli di cantare le canzoni! Bobby si è presentato per le due strofe finali dell’ultima canzone e questo è quanto! Quello era il mio debutto come chitarrista della band! Ha fatto sembrare sciocca la nostra ultima uscita e temevo che la gente avrebbe pensato che avevamo fatto il nostro tempo! Il giorno dopo il promoter si è fatto vivo per rimproverarci!


-Puoi parlarci dello show che i Pentagram hanno tenuto al Black Cat di Washington DC?

Tutto quello che so è che sono andato a vederli suonare, il locale era pieno e quindi ero felice per lui (Bobby, ndr). Improvvisamente sono uscite le ragazze del gruppo chiedendomi di aiutarle con un problema con Bobby! L’ho trovato in uno stato narcolettico! Diceva frasi senza senso stando comunque in piedi! Era evidente che aveva fatto una delle sue famose bisbocce e che probabilmente non dormiva da giorni! Stava così male che è caduto incosciente tra le mie braccia come un bambino e quindi ho detto al gruppo di chiamare subito un’ambulanza. Appena sono arrivati i paramedici gli hanno fatto un qualche tipo d’iniezione che lo ha fatto balzare in piedi e dire: “è tempo di andare” ed è corso su per le scale fino al palco, ma, prima che fosse suonata anche solo una nota, è caduto in terra in preda alle convulsioni per l’astinenza da droghe! Gli hanno messo una camicia di forza, lo hanno legato a quella che sembrava una sdraio da mare e lo hanno portato via.
Ancora una volta uno situazione da incubo: vorrei non esserci mai andato!
Poi con alcuni dei ragazzi delle band locali, che sono saliti sul palco, abbiamo cantato almeno una canzone dei Pentagram!


-Se non sbaglio sei presente anche nel recente film/documentario sulla vita di Bobby, Last Days Here, vuoi parlarcene?

Non l’ho ancora visto, quindi non posso commentarlo. Credo di aver già detto tutto quello che avevo da sottolineare!

-Tornando ai Raven invece, come mai avete fatto uscire il valido “Walk Through Fire” (2009) inizialmente solo in Giappone e come è stato accolto poi dai fan sparsi per il globo?

L’etichetta giapponese King Record è stata l’unica ad interessarsi all’uscita di un nuovo album dei Raven. Devi capire che i fan dei Raven negli Stati Uniti e in Europa amano quello che facciamo, ma le persone che si occupano di certi affari su entrambi i versanti dell’oceano, ci trattano sempre con qualche ripensamento. Sfortunatamente le etichette europee preferiscono rilasciare album Viking o Death Metal piuttosto che il nostro! Specialmente le etichette tedesche. Appena si sono accorti che il disco stava ricevendo recensioni entusiastiche senza il loro aiuto, ci hanno subito fatto firmare per rilasciarlo in altre nazioni. Così è sempre stato e fa davvero schifo!!!


-Lo scorso anno siete stati protagonisti di uno show infuocato all’Exenzia di Prato (io ero tra i presenti), qualche aneddoto della serata?

Quello è stato il mio show preferito di quel mini-tour! Gran bel locale, bella gente, grande pubblico e stage-crew professionali!

-Avete in programma un nuovo album?

Abbiamo composto alcune canzoni, ma al momento stiamo lavorando ad altre cose e cioè il nostro DVD box-set atteso a lungo!

-Che musica ascolti in questo periodo e cosa ne pensi dell’attuale scena heavy metal?

Il mio problema è che quello che i media e il mainstream considera heavy metal, io la considero spazzatura! Non è ‘heavy’, è solo veloce! Non ci sono batterie: vengono campionate; manca l’elemento umano: si riduce tutto ad un click; non c’è un vero cantato: tutto viene urlato. Soprattutto però, manca quell’elemento blues e ciò rende le canzoni troppo generiche e troppo poco pericolose! Un pizzico di blues nel mix le farebbe suonare più basse e sporche come dovrebbe essere! Questi giovani auto-proclamati geni musicali mi fanno venire voglia di vomitare! Essi non hanno una minima idea di come scrivere o eseguire un ‘vero’ brano metal! Ci sono comunque alcune eccezioni là fuori, alcune le ho ascoltate durante quella serata dello show dei Raven a Prato! La scena musicale italiano è una delle più in salute sul pianeta! Alcune di queste band meriterebbero molta più notorietà!

-Quali sono poi i tuoi progetti a breve termine?

Sto programmando un po’ di lavoro da studio su delle canzoni per alcune band che vorrebbero vedermi apparire nei loro album. Questo è tutto! Sto anche facendo delle prove per completare la line-up che mi accompagnerà nel tour.

-Infine ti lascio l’opportunità di fare, se vuoi, qualche ringraziamento in particolare o liberarti di qualche peso sullo stomaco.

Voglio solo ringraziare tutti i fan che hanno risposto in maniera così calorosa a “The Ninth Hour” e dire che ho intenzione di continuare ancora a lungo! Spero di vedervi tutti nel tour europeo sul finire dell’anno! Doom On!

Orso Comellini