Recensione libro: “Iron Maiden dalla A alla Z”

Di Stefano Ricetti - 13 Luglio 2011 - 10:47
Recensione libro: “Iron Maiden dalla A alla Z”

IRON MAIDEN DALLA A ALLA Z

Come nessuno ve li ha raccontati prima

di Cristiano Canali e Marco Gamba

Collana: Gli Uragani 9
Formato: 16×23 cm
Pagine: 448 + 16 di foto a colori
Prezzo: 22 Euro
ISBN: 978-88-96131-30-5

Tsunami Edizioni
 

Tsunami Edizioni non è nuova alla proposizione di enciclopedie riguardanti le band in ambito hard’n’heavy. Nel 2010 uscì infatti Led Zeppelin dalla A alla Z a opera di Richard Morton Jack.

Quest’anno è la volta di Iron Maiden dalla A alla Z, quattrocentoquarantotto pagine dedicate alla Vergine di Ferro inglese suddivise in oltre ottocento voci che analizzano, partendo da interviste, oltre a fatti concreti e verificati, le gesta del gruppo HM più famoso del mondo, attraverso personaggi, album, concerti, canzoni, video, libri, aneddoti e in generale tutto quanto ha avuto e tuttora ha a che fare con il combo londinese.

Ad aprire il volume, nientepopodimeno che la prefazione di Joel McIver, che a oggi vanta quasi venti saggi dedicati all’heavy metal, un uomo che si è sentito dire dallo stesso singer degli Iron Maiden Bruce Dickinson nel 2008 la seguente frase: “Certo che hai avuto una carriera davvero eccezionale!”. Il famoso giornalista britannico suggerisce di leggerlo semplicemente perché come gli Iron Maiden non c’è nessuno altro e ci voleva proprio un’enciclopedia dedicata al Loro lavoro.   

Il libro è improntato su di un incedere sobrio, che saggiamente evita di cadere sopra la classica buccia di banana nel momento in cui la trattazione potrebbe scivolare nel gossip di bassa lega. Ad esempio, in quest’ottica, non viene nemmeno menzionata la frequentazione hard dell’allora moglie di Bruce Dickinson Jane con Nikki Sixx dei Motley Crue.

Quello che alla fine “fa” un lavoro di cotanta portata è la notizia, vera e attendibile. Da lì in poi sgorga tutto quanto il resto sulla base della sensibilità e dello stile di chi lo scrive. Interessante imbattersi in oscure band della NWOBHM che in qualche modo sono state toccate dalle vicende degli Iron Maiden, nella retrospettiva degli ex membri del gruppo oltre che scoprire parecchie notizie aggiuntive riguardo le proprie canzoni preferite. Seppur impostata nello stile classico di un’enciclopedia, ossia con gli argomenti posti in stretto ordine alfabetico, l’opera riesce a mantenersi sufficientemente fluida, tanto che non risulta particolarmente ostico leggerla sequenzialmente dall’inizio alla fine. La forza delle tantissime voci risiede nel fatto di fornire dati e informazioni figlie di uno scrupoloso approfondimento e di interviste dirette, ponendosi su di un piano decisamente diverso da quello ottenuto, ad esempio, da fonti come il web, mezzo utilissimo anche se spesso frammentario.

La grande sagacia con la quale gli Iron Maiden sono stati gestiti e si sono posti nei confronti del pubblico straborda scorrendo man mano le pagine del libro. La Loro carriera, se solo confrontata con altri coevi, assume caratteristiche d’eccellenza in pratica sin dagli inizi. Grande musica, logo penetrante, mascotte riconoscibile, idee chiare e scelte vincenti alla base di un successo pressoché continuo e soprattutto planetario. Essere trasversali nei circuiti HM è impresa tutt’altro che semplice. Steve Harris & Co. ce l’hanno fatta, riuscendo a farsi accettare e riverire anche da buona parte delle frange oltranziste dell’heavy metal classico, seppur senza mai abbracciare tout court l’iconografia defender d’ordinanza.

 

 

Iron Maiden dalla A alla Z: l’ennesima uscita riguardante una band che a livello editoriale e di vendite “tira” probabilmente più di qualsiasi altra, Metallica esclusi? Sarebbe riduttivo e dequalificante per i due autori rispondere semplicemente di “si”, come accaduto in altri casi. Concepire e realizzare un lavoro del genere è possibile solo se si è Iron Maiden dipendenti, malati incurabili affetti dalla Verginediferrite cronica, esattamente come Canali e Gamba. Arrivare a pubblicare un tomo di quasi 450 pagine dove ogni riga va verificata alla fonte più volte, ancor prima che grammaticalmente, in soldoni vuol dire farsi un mazzo tanto, con annessi dubbi, ripensamenti e tutto quanto può influire sulla riuscita del progetto. Proprio per questo il libro rifugge dalla facile e superficiale classificazione di lavoro fatto unicamente per profitto. Per concretizzare certe cose ci vuole anima e core, unite alla consapevolezza di rinunciare a energie e tempo sottratti dalla vita reale.

Fra le voci più interessanti, proprio per la valenza dei temi trattati, lo sfogo polemico dell’artista Derek Riggs, legato a doppio filo alla mascotte del gruppo, il famosissimo e insostituibile Eddie. Poi le contraddizioni e il numero incredibile di band nelle quali ha prestato la propria opera Paul Di’Anno, il cambio repentino d’idea del booking agent John Jackson dopo aver visto gli Iron Maiden in veste di supporto agli “Stranglers della NWOBHM”, la causa al gruppo da parte di Miss Heavy Metal dal bikini slacciato Suzette Kolaga, i sabotaggi attuati dalla moglie di Ozzy Sharon Osbourne durante l’Ozzfest e scoprire perché anche Mr. Bean Rowan Atkinson ha avuto un collegamento con la storia dei Nostri.   

Mediamente belle anche le foto, clamorose quelle fornite da parte di Dennis Stratton e ben riusciti i disegni interni in bianco e nero di Massimo “Max Pox” Pozzoni.

In chiusura l’azzeccata idea di proporre un capitolo intitolato Maiden Italy: 1980 – 2011, che però soddisfa solo parzialmente le attese, per il fatto del mancato approfondimento generale dello stesso. Fa specie, ad esempio, notare come due cronisti attenti del livello di Cristiano Canali e Marco Gamba si siano lasciati sfuggire alcuni passaggi fondamentali a livello di interazione fra gli Iron Maiden e il Nostro Paese che sarebbe stato carino riportare. Ad esempio la notizia della prima intervista italiana del gruppo, precisamente nella persona del cantante Paul Di’Anno, realizzata da Beppe Riva e apparsa nel magazine Rockerilla numero 8 del novembre 1980. Un altro paio di chicche sparse avrebbero meritato quantomeno un manipolo di righe: riguardo The Number Of The Beast, il fotografo Piergiorgio “PG” Brunelli – va sottolineato che nelle parti precedenti viene giustamente citato il Suo libro “Esplode La Febbre Dell’Heavy Metal” – è autore di tre scatti nella copertina interna del disco nella Sue versione inglese ma soprattutto una delle spille indossate da Bruce Dickinson nel disegno sul retro appartiene alla band romana The Raff, che aprì le Loro date di Padova e Milano nel 1981. Molto probabilmente i sempiterni problemi di mancanza di spazio hanno minato la piena riuscita di questo capitolo, ma tant’è.  

Stefano “Steven Rich” Ricetti