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The Sean Baker Orchestra (Sean Baker)

Di Lorenzo Bacega - 9 Dicembre 2009 - 10:00
The Sean Baker Orchestra (Sean Baker)

Il secondo disco dei Sean Baker Orchestra, Baker’s Dozen, pubblicato nel mese di giugno dalla finnica Lion Music, può sicuramente essere considerato uno dei migliori lavori di questo anno in ambito shred. Abbiamo approfittato dell’occasione per raggiungere il chitarrista nonché mastermind Sean Baker e scambiare quattro chiacchiere a proposito delle ultime uscite, del passato e del futuro della band americana. Buona lettura!

 


Ciao Sean e benvenuto sulle pagine di Truemetal.it! Puoi presentarti brevemente ai nostri lettori che ancora non ti conoscono?

Certamente! Mi chiamo Sean Baker e di professione faccio il chitarrista. Sono il frontman della band “The Sean Baker Orchestra”, e attualmente siamo sotto contratto con la più interessante etichetta in circolazione… la Lion Music! Abbiamo pubblicato un primo omonimo disco nel 2004 tramite un’etichetta indipendente, e pochi mesi fa Lion Music ha dato alle stampe il nostro secondo disco, intitolato Baker’s Dozen.

Iniziamo a parlare appunto di Baker’s Dozen. Quando hai cominciato a lavorare su questo disco, e quanto tempo ti ha preso nel complesso?

Credo di aver iniziato a a lavorare sulla prima canzone, Pummel U, nell’estate del 2005. Ho continuato a scrivere materiale fino all’inizio di quest’anno, le ultime tracce che ho composto sono state Verbal Skillz e Whichway to Radioland? che risalgono a gennaio/febbraio del 2009. Facendo in breve i conti, dalle prime note al cd finito sono passati circa quattro anni.

Da cosa hai tratto l’ispirazione per quanto riguarda l’artwork di questo disco?

Beh sicuramente il fatto che ci fossero tredici tracce e che il mio cognome è Baker hanno influito molto su questa cosa! Stavo parlando al telefono con Bruce Bouillet (Racer X, The Scream) e gli ho detto che avevo in mente di chiamare il cd “Baker’s Dozen” e lui immediatamente ha iniziato a ridere, dicendomi che calzava a pennello. Passo molto tempo tra Hollywood e Los Angeles, e la prima cosa che vedi quando atterri al LAX (l’aeroporto di Los Angeles, ndr) è questa gigantesca ciambella, sopra a una piccola bottega chiamata “Randy’s Donuts”. Ho pensato che potesse essere la copertina perfetta per questo disco, l’idea è venuta da lì.

 

 

C’è un pezzo che preferisci più degli altri all’interno di questo Baker’s Dozen? Nel caso, c’è un motivo in particolare?

Due su tutti: Verbal Skillz e Whichway to Radioland? sono sicuramente i miei pezzi preferiti di quest’album. Li adoro entrambi per il fatto che questi due brani contengono alcune delle melodie più belle che io abbia mai scritto. A momenti stavo per escludere Whichway to Radioland? dal disco, pensavo che non fosse abbastanza pesante e che stonasse con il resto delle tracce.

Trovi che sia in qualche modo cambiato il tuo modo di comporre musica in questi anni, dall’uscita del primo disco a oggi?

Beh, si tratta di due approcci abbastanza diversi tra di loro, e il risultato finale rispecchia questa diversità. Per dirti, il primo omonimo cd doveva originariamente essere un disco cantato, ma alla fine decidemmo di renderlo completamente strumentale quando, dopo qualche tempo, ci accorgemmo che non saremmo riusciti, per via di vari motivi, a inserire una traccia vocale.

Che tipo di reazione ti aspetti sia dal pubblico che dalla critica in seguito all’uscita di questo Baker’s Dozen?

A esere onesti non ci ho mai pensato, almeno fino al momento in cui mi sono seduto con calma dietro al pc e ho iniziato a leggere varie recensioni in giro per la rete. In passato non mi ero mai dovuto preoccupare dei giudizi del pubblico o della critica, in quanto questa è la mia prima vera uscita con un’etichetta di supporto… Il primo disco era stato pubblicato tramite un’etichetta indipendente che non si curava molto di queste cose. Attualmente mi è piaciuto molto leggere le varie recensioni, anche se ho constatato che la maggior parte dei pareri positivi arrivano dagli appassionati di chitarra, mentre quelli negativi solitamente giungono da chi non apprezza i dischi strumentali in generale. Sono comunque abbastanza felice dei risultati.

Sei soddisfatto dal lavoro svolto dalla vostra attuale etichetta, la finnica Lion Music? Come siete entrati in contatto con loro?

Sono molto soddisfatto della Lion Music. Adoro questi ragazzi, ormai sono l’unica etichetta disposta a puntare forte sulla musica strumentale. E’ un onore per me fare parte di una così grande e importante etichetta. E’ stato il mio amico Rusty Cooley a consigliarmi di mettermi in contatto con loro. Ho chiamato Lasse Mattson e gli ho inviato alcune canzoni del disco; qualche giorno dopo mi ha richiamato, chiedendomi di poter ascoltare qualche cosa di più, e nel giro di tre giorni mi è arrivato il contratto!

Che cos’è, secondo te, la cosa più essenziale in assoluto in un disco completamente strumentale? C’è chi dice che la tecnica strumentale sia la cosa più importante, e chi punta invece il dito sulla melodia e sul feeling. Qual è la tua idea a proposito?

La cosa fondamentale è che il compositore riesca a mettere in musica le proprie sensazioni e a condividerle con l’ascoltatore. In questo senso il feeling e la melodia sono le prime due cose che mi vengono in mente a riguardo.

Chi ti ha ispirato maggiormente come chitarrista? Avevi una figura, un modello ben fisso in mente quando hai iniziato a suonare la chitarra?

Paul Gilbert e Bruce Bouillet sono state (e sono tuttora) le figure chiave in questo senso. Sono sempre stato un loro fan, hanno un modo di suonare unico, e riescono a stare sempre con i piedi per terra. Bruce inoltre è il mio migliore amico, e pure con Paul sono in buoni rapporti. Due chitarristi eccellenti, ma anche due bravissime persone.

C’è qualche consiglio in particolare che ti sentiresti di dare ad un aspirante musicista?

Date tutto quello che avete. Non aspettate che siano le cose ad arrivarvi da sole, andate lì fuori, date sempre il massimo e mettetevi sempre e costantemente in gioco. Questa è l’unica maniera per riuscire nelle cose.

Che cosa pensi a proposito dell’attuale scena rock/metal internazionale?

Ci sono alcune band estremamente interessanti, ma dispiace vedere come non siano supportate a dovere dal mercato. Le vendite sono quello che sono, ma penso che si debba avere un po’ di pazienza, vista la situazione economica mondiale in cui oggi versa tutto il pianeta. Solo quando riusciremo a uscire da questo brutto periodo potremo finalmente vedere cosa accadrà al mondo della musica in generale.

Avete in programma di supportare l’uscita di questo Baker’s Dozen con qualche concerto dal vivo? Nel caso, abbiamo qualche possibilità di vedervi qui in Italia?

Certo, è da giugno che stiamo facendo vari concerti per supportare questo nuovo disco. Abbiamo suonato nel Virtuosity 09 Tour in compagnia di Joe Stump e Michael Harris. Inoltre abbiamo partecipato poco tempo fa a una clinic per i pedali Proton assieme alla band di George Lynch, mentre a novembre abbiamo suonato con Jennifer Batten e Gary Hoey. Mi piacerebbe molto poter suonare in Italia, sarebbe un sogno che si realizzerebbe!

Altri progetti per il futuro?

Con ogni probabilità un tour con Bruce Bouillet nei primi mesi del 2010. Poi nuovi spettacoli, nuove clinic, e, ovviamente, inizierò a scrivere nuovo materiale… mi piacerebbe molto far uscire un nuovo disco di inediti a breve, magari già il prossimo anno.

Ok, questa era la mia ultima domanda. Grazie per il tempo concesso Sean, a te l’ultima battuta per chiudere quest’intervista come preferisci.

Grazie a te, è stato un piacere. Un saluto a tutti i nostri fan italiani, spero che il nuovo album sia di vostro gradimento. Ciao!

Lorenzo “KaiHansen85” Bacega