Live Report: Metalcamp 2010 a Tolmino (07/07)

Di Redazione - 11 Ottobre 2010 - 22:30
Live Report: Metalcamp 2010 a Tolmino (07/07)

Seconda giornata
Mercoledì 7 luglio 2010

MAIN STAGE
15:30 16:00 Vulvatrone
16:15 17:00 Sadist
17:15 18:00 Trail of Tears
18:15 19:15 Arkona
19:35 20:35 Leaves’ Eyes
20:55 21:55 Overkill
22:25 23:25 Equilibrium
23:45 01:00 Devildriver

SECOND STAGE
00:40 01:40 Ashes You Leave

Introduzione
(a cura di Nicola Furlan)

Il terrore di rivivere un’esperienza traumatica come quella dell’allagamento dell’edizione 2009 s’è concretizzata nel momento in cui, dopo il fortunale del primo giorno, il cielo s’è nuovamente annuvolato. Per fortuna il tutto s’è risolto con un po’ d’ombra gettata da rapide nuvole, manna dal cielo che non si ripresenterà mai più fino alla giornata conclusiva del MetalCamp, che, a differenza delle scorse annate, ha regalato ai presenti mattine e pomeriggi infuocati e nottate fresche e umide. Bill interessante ed eterogenea quella di questo mercoledì che vede in scalett anche i technical death metaller italiani Sadist reduci dall’ottima esibizione del Gods of Metal 2010. Ancora folk metal con gli Arkona, il female gothic di Liv Kristine dei Leaves’ Eyes, il thrash degli Overkill piuttosto che il viking della rivelazione Equilibrium. Ottime premesse quindi, vediamo come è andata…
 
Reportage fotografico a cura di Daniele Peluso.
 
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Sadist
(a cura di Gianluca Toffanello)
 
Ore 16.15. Mentre una fiera bandiera tricolore sventola timida tra le prime file, tocca ai nostrani Sadist mettere piede sul main stage del Metalcamp. Dopo il breve intro, il singer Trevor apre le danze con “Broken and Rebor” e si capisce subito che sarà un concerto perfetto sia per le qualità tecniche sfoggiate dal quartetto genovese, sia per la pulizia dei suoni. La tracklist prevede brani tratti dagli ultimi full-length, ma anche classici come “Tribe” e “Sometimes They Come Back”. Dopo la brutta figura rimediata ai mondiali del Sud Africa, meno male che in Italia c’è ancora gente che ci rende onore all’estero!
 
 
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Trail Of Tears
(a cura di Stefano Pastore)
 
Il sestetto norvegese capitanato dal cantante Ronny Thorsen e dalla soprano Cathrine Paulsen offre uno show compatto e melodico sfoderando un gothic metal con sfumature black tutto sommato melodico e “commerciale”.  L’apertura è affidata ai due brani dell’ultimo “Bloodstained Endurance” e cioè One Kissed By The Serpent e la title track Bloodstained Endurance per poi sfociare in quasi tutta la discografia della band. La mia impressione è stata che, a parte qualche problema di volumi sulle voci, i Trail Of Tears abbiano dato il meglio che potevano e abbiano cercato anche di coinvolgere lo sparuto pubblico. Peccato che qui chi suona prima delle 17-18 abbia il problema del caldo e la concorrenza delal spiaggia.
 
 
 
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Arkona
(a cura di Daniele Peluso)
 
Va di scena sul main stage quello che da molti è considerato come il miglior gruppo folk proveniente dalla vecchia Russia. Un paese che, da una decina di anni a questa parte, ha dato prova di un ritrovato fermento intellettuale e spirituale volto ad una ricerca costante di quelle radici, legate indissolubilmente al mai sopito panslavismo, spesso castrato da regimi castranti e liberticidi. Gli Arkona, in poco più di sei anni di vita, hanno messo in musica, con alterne fortune, tutti i tratti caratterizzanti del folklore russo proponendolo, con un’energia davvero invidiabile, ai numerosi fan accorsi ai piedi del palco principale. L’orgoglio delle genti russe si è sprigionato in un crescendo scandito ferocemente dai possenti growl di Masha, supportati egregiamente da una band affiatata e precisa. I canti votivi dedicati a Rod, padre dell’universo, si fanno imponenti mentre gli occhi dei presenti si legano indissolubilmente sulla bionda cantante,vero e proprio catalizzatore dell’energia del gruppo moscovita.
La proposta musicale, varia e rappresentava, ripercorre fedelmente la discografia della band passando con disinvoltura da “Rus” dell’album di debutto – targato 2004 – “Vozrozhdeniye”, agli ultimi successi contenuti nell’ottimo Goi, Rode, Goi!  Un’esibizione davvero notevole che ha convinto e lasciato soddisfatto il pubblico folk proveniente da ogni parte del vecchio continente.
 

 
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Leaves’ Eyes
(a cura di Daniele Peluso)
 
Ai Leaves’ Eyes il compito non affatto semplice di tenere alto il numero di giri del motore ruggente lasciato dagli Arkona. L’impatto (prettamente musicale) è devastante. Ed è tutto a favore dei russi. Passiamo velocemente alle ovattate melodie dei Leaves’ Eyes e alla voce melodiosa e soave della cantante Liv Kristine che, saltuariamente, lascia la parte più sporca e violenta dell’interpretazione vocale al marito Alexander Krull. Sia chiaro: la band è di valore assoluto e lo dimostra in tutta l’ora a disposizione, ma lo stacco è netto. Un po’ come passare dai 200 km/h di una Ferrari agli 80 km/h scarsi di una cinquecento. I coniugi Krull offrono agli spettatori uno spettacolo diviso equamente tra le movenze lente e teatrali di Liv (conditi da sorrisi e baci a destra ed a manca), all’energetico e scalmanato dimenarsi del buon Alexander impegnato in un onnipresente headbanging.  Piacevole esibizione, non c’è che dire, ottima per riposare e ricaricare le energie in vista di una delle band storiche del thrash mondiale…
 

 
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Overkill
(a cura di Nicola Furlan)
 
È arrivato il turno degli storici thrash metaller newyorkesi Overkill che proprio quest’anno commemorano i trenta anni di presenza sulle scene. Le aspettative per un grande show non mancano di certo anche se il grande caldo che attanaglia la piccola valle non invoglia pogo e stage diving. Il fatto che il movimento stia vivendo una seconda giovinezza è però motivo di grande affluenza sotto il placo. Blitz e D.D. Verni, rispettivamente cantante e bassista nonché storici fondatori, escono con un balzo sulle scene sparando le note di Bleed Me, inaspettata canzone d’apertura tratta da “Bloodletting” del 2000. Passa ben poco tempo perchè arrivi il primo classico ovvero Rotten To The Core, momento in cui s’accende la micca del primo circle-pit e s’instaura il grande feeling tra il cantante e i presenti. L’attitudine dei cinque è mostruosa. L’interazione con il pubblico, la bravura nel sapersi muovere su e giù, la perfezione esecutiva dei brani: tutto è stato perfetto, lavoro fonico compreso. Devastanti le proposizioni di Coma, Ironbound, Elimination e Fuck You, perfetto sigillo di un concerto indimenticabile e che dimostra, ancora una volta, la qualità che ha contraddistinto il decennio produttivo della musica metal (thrash nello specifico!) a cavallo tra anni ottanta e novanta. Fortunato chi c’è stato.
 
 
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Equilibrium
(a cura di Daniele Balestrieri)
 
Reduci della portentosa scalata da gruppo sconosciuto a membro dell’élite del folk-viking metal grazie a un tempismo spettacolare, direttamente da Monaco salgono sul palco gli Equilibrium, con un cantante superpompato (è stato fino a qualche minuto prima a sollevare pesi nel backstage) e a una scenografia di prima scelta. Il pubblico è giustamente in visibilio e si scalda fin dal soundcheck, che diffonde nell’aria le inconfondibili note di Mana, suite conclusiva del pluricelebrato Sagas. E’ in realtà con Blut im Auge che la folla esplode in un moshpit che non ha fine, stante la continua alternanza di brani vecchi e nuovi. Nonostante il nuovissimo Rekreatur, dal quale hanno suonato con non troppa convinzione la mia preferita Aus ferner Zeit, i brani di Sagas si sono sprecati, e questo è forse dovuto al fatto che a livello ritmico la varietà dell’album di mezzo non ha contendenti, tra il caraibico Ruf in der Wind e l’esplosivo Snuffel, il concerto è stato intrattenente e divertente, ben lontano dai primi tentativi del Ragnarok festival post-Turis Fratyr, dal quale tra l’altro sono riusciti a estrarre un’eccellente Der Sturm, ancora prova della versatilità del cantante.
Un sorprendente Nordheim come encore dimostra che gli Equilibrium sono un gruppo che nonostante tutto non dimentica le proprie origini e che difficilmente si fermerà: allo stesso Metal Camp hanno fatto nuovi proseliti, soprattutto tra i più giovani, anche se la loro riluttanza a parlare inglese di certo non li rende il gruppo più simpatico del mondo.
 
 
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Devildriver
(a cura di Nicola Furlan)
 
Il post-thrash iniettato di melodic death metal dei Devildriver non lascia mai scampo. Sarò sincero, non sono mai riuscito ad apprezzare il gruppo su disco, ma dal vivo spaccano alla grande. Spicca su tutti il personale show del frontman Bradley “Dez” Fafara, attento e sfacciato coi fan, quanto amato e osannato dagli stessi. Infatti, uno dei punti di forza del concerto, come già constatato di recente in altre occasioni, è l’energia e la corrispondenza che si instaura tra la band e il pubblico. Il sound accattivante, complice anche un lavoro alla consolle di tutto rispetto, perfettamente bilanciato con puntualità, ha attratto e compiaciuto la folla sottostante (inusitatamente considerevole data l’ora tarda d’inizio concerto), probabilmente anche coloro che non conoscevano il quintetto californiano. Non era ipotizzabile un miglior modo di chiudere la giornata…, fermo restando il programmato strip-tease giù al fiume, ma questa è un’altra storia!
 
 
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Ashes You Leave
(a cura di Gianluca Toffanello)
 
Per finire la giornata ci spostiamo nel second stage dove troviamo gli headliner Ashes You Leave. Il sestetto croato propone uno show “rilassato” ed etereo grazie al suo gothic/doom di influenza greca (i vecchi On Thorns I Lay in particolare, ma anche gli Anathema di metà carriera). Atmosfere ben poco metal che vista stanchezza post Equilibrium e ora tarda non sono state apprezzate tantissimo dallo sparuto pubblico presente.
 
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LA FOTO DEL GIORNO (Sadist)
 
 
…in arrivo i concerti dell’8 luglio!!!