Vario

Persefone (Miguel Espinosa)

Di Angelo D'Acunto - 30 Marzo 2010 - 1:15
Persefone (Miguel Espinosa)

Truemetal incontra Miguel Espinosa, tastierista della prog death metal band andorrana Persefone, all’indomani del loro terzo studio album: Shin-Ken.

Intervista a cura di Marco Migliorelli

Ciao Miguel, ci ritroviamo ancora qui su Truemetal, in occasione del vostro terzo full lenght: “Shin-ken”. Pochi ma decisivi cambiamenti sono in corso: un tour in preparazione con gli Obituary vi porterà a marzo qui a Roma; un accordo con una label italiana, la Kolony. Forse la scena metal inizia a darvi lo spazio che vi spetta per merito.
Ho avuto l’impressione che rispetto al passato questa volta sia stato più facile per voi trovare una distribuzione qui in Europa o sbaglio?

Ciao Marco! è bello ritrovarsi ancora! Sì, alla fine sembra proprio che tutto inizi a girare per il verso giusto. La distribuzione in Europa non è poi così diversa da una “mission impossibile”. Siamo soddisfatti ed entusiasti di essere con la Kolony Records visto che han già dato prova di essere ben più che dei professionisti. Inoltre il gruppo ha creato un’etichetta per portare l’album in ogni luogo privo di distribuzione. Abbiamo lavorato duramente per agguantare i canali di distribuzione virtuali e in generale rispetto ai primi anni è molto più facile reperire i Persefone.

Come è nata questa intesa con gli Obituary e l’idea di preparare un tour insieme?

Bene, questa collaborazione è frutto del lavoro del nostro manager, Claus Jensen (insieme a Lars Larsen, promotional director). Insieme hanno dovuto lavorare molto per condurre i Persefone all’esperienza del tour. Per anni abbiamo tentato di prender parte a diverse tournee e alla fine questa con gli Obituary è diventata realtà. Ciò è molto importante per noi perché è il miglior modo a disposizione oggi per farsi conoscere. Abbiamo quindi chiesto di prender parte al tour degli Obituary e il loro manager ha pensato che fosse un’ottima idea quella di dividere il palco con noi. Siamo ben più che semplicemente felici di questa opportunità e ansiosi di uscire allo scoperto e suonare.

Avete già un’idea del vostro tempo a disposizione, un’idea di quella che sarà la scaletta? Mi auguro di trovare anche pezzi dal vostro esordio “Truth inside the shades” disco per nulla acerbo e validissimo.

Certo! Attualmente questa della scaletta è una delle questioni primarie che stiamo affrontando. Dovremo suonare per ben 45 minuti il che è grandioso! Quanto alla setlist vera e propria, non voglio sbilanciarmi perché è sempre divertente fare del live una sorpresa. Sicuramente molte canzoni da “Shin-ken” e diversi altri pezzi.

Ed ora veniamo all’album. “Shin ken”: “la vera spada”. Un tipo di lama molto affilata prodotta in Giappone in serie limitatissima da un’elite di poche centinaia di fabbri.
Il disco porta il nome di questa spada, nasconde in se un racconto che ci conduce nel pieno della cultura giapponese: come è nata questa idea?

La ricerca del nome di un album è sempre un passaggio difficile. Alcune volte il titolo nasce insieme all’idea iniziale, altre ancora ti ritrovi a doverlo improvvisare nelle fasi finali del disco. Nello specifico, “Shin-ken” arriva a racchiudere e definire l’idea complessiva del disco. “Shin-ken” significa “vera spada” ma anche un modo di “agire con completa serietà e determinazione”. Concetti questi che vanno a definire gli aspetti veramente importanti della vita di un guerriero samurai. Ci siamo imbattuti in questa parola all’interno di un libro di Miyamoto Musashi ed abbiamo amato subito questo concetto…per questo l’abbiamo fatto nostro

…il cammino della vera spada corre attraverso snodi elementali. Ground, water, wind, fire ed infine void: la logica del vuoto, scandiscono i momenti della vostra musica e del racconto…”The fire book” in particolare è un accompagnamento di flauto e piano per voce giapponese. Cosa dice?

Prima di tutto avrei piacere di menzionare un ospite del nostro disco. Si tratta di Ikue Asazaki, cantante folk ultrasettantenne proveniente dal sud del Giappone (Isole Amàmi). Ikue è una delle poche cantanti che ancora aderisce ad un modo particolarmente antico di cantare. Noi stessi non siamo completamente padroni del significato di quel che lei canta. Ikue ci ha inviato diverse traduzioni ma considerando che il giapponese è una lingua davvero difficile da tradurre in inglese, è stata lei stessa ad avvertirci che quei traslati andavano considerati come un riflesso del significato vero e proprio. L’argomento riguarda la vicenda di un samurai che era solito suonare il flauto e che venne alle Amàmi nel XII secolo.

Bene Miguel, ora tenterò un volo pindarico con una domanda diretta a te, musicista, sulla musica. La “logica del prog death metal”, musica e tecnica e “la logica del vuoto”. Quali geometrie in comune? Cosa vedi in questo connubio chiamato “Shin-ken”?

Questo è un discorso che si potrebbe protrarre per ore se avessimo tempo di prenderci qualcosa da bere insieme. Non necessariamente i musicisti sono figure spirituali ma penso anche che senza dubbio, c’è in noi un filo diretto col nostro spirito che ci parla e ci sprona continuamente a fare musica. È fondamentale mantenere sempre vivo questo rapporto. Sentiamo la necessità di mostrare rabbia, furia o nella stessa misura intimità fino alla parte più quieta di noi stessi. In “Shin-ken” questo discorso è stato importante. Ho avvertito che lungo tutto questo cammino stavamo intessendo un patto in cui rabbia e meditazione erano intrecciati. Abbiamo quindi avuto l’ispirazione per la scrittura di pezzi pesanti come “Shin-ken”, “Fall to rise”, “Rage stained blade” e in altri casi quella per scrivere canzoni come “The ground book” più vòlte alla meditazione. In conclusione, ogni cosa è connessa con la parte più alta del nostro spirito. Puoi crederci o no ma quando ti ritrovi ad alzare le braccia davanti ad un riff bello pesante durante la performance di una delle tue band preferite e senti come tutto questo fluisce dentro di te fino al percepirti vivo come non mai…ecco: è proprio in quel momento che ci stai credendo.

…e qual’è a questo punto la canzone che più di tutte riassume per te il concept di questo disco e perché…

Forse resterai sorpreso dalla mia risposta: la canzone che probabilmente racchiude nella sua interezza l’idea di Samurai è “The void book”. La meditazione e il Vuoto risuonano combinati nel calare veloce e impetuoso della Spada! Questo è il Samurai! La domanda che mi poni riguarda però una canzone completa. Personalmente scelgo “Kusanagi” perché riesce a contenere e combinare fra loro tutti quei concetti che noi sentiamo: il testo parla di una spada che dona una forza completa a chi la impugna ed è da intendersi nei termini di un percorso filosofico.

Entriamo ora nel dettaglio della vostra musica. Canzoni in media più brevi ma sempre complesse. Una struttura del disco più snella rispetto a quella imponente di “Core”. I vostri nuovi pezzi gridano a gran voce la vostra fame di live. Cosa ha determinato questa scelta? Non sto pensando solo al tour ed alla voglia di esibirvi e fare della vostra musica un canale diretto verso il pubblico ma anche a necessità espressive.

Ad essere onesti, “Core” era un esperimento. Volevamo dar vita a qualcosa di diverso, a qualcosa di imponente se non proprio folle. Fu così che ci ritrovammo con quelle tre canzoni in formato cd. L’idea è un tantino bizzarra e penso che diverse label non abbiano capito a fondo la nostra idea di base. “Shin-ken” è in qualche modo un ritorno alla “normalità”. Abbiamo deciso di tornare alla struttura di una regolare tracklist con pezzi più corti ma non per essere più “commerciali” quanto per il semplice fatto che in una esibizione live il pubblico si ritrova ad apprezzare meglio questo tipo di canzoni. “Core” l’abbiamo proposto in sede live e ci siamo accorti che il pubblico si perdeva in 20 minuti di canzone. Considera inoltre che è possibile esprimere molto di più scrivendo canzoni più corte, concentrate. Se una pezzo si sviluppa in elevata lunghezza, ti ritrovi a dovergli dare un senso complessivo, una sorta di melodia comune (una melodia-guida ndMarco) e questo può a conti fatti ingabbiarti troppo. Ci siamo trovati molto meglio nello scrivere canzoni più corte. Abbiamo avuto già modo di suonare diversi pezzi di “Shin-ken” in sede live ed alcune di loro si sono rivelate vere e proprie killer-songs!!

Restiamo sulle canzoni più corte: pensi che siano necessarie per una mancanza nella strutturazione complessiva di “Core” o per una scarsa attitudine del pubblico all’ascolto “perfetto”, capace di sostenere anche strutture più complesse in sede live? Io ritengo che se davvero si apprezza la musica di un gruppo, si debbano avere sempre cuore e mente aperti all’ascolto attento di una canzone in sede live, breve o lunga e strutturata che sia. Sei d’accordo?

Uhm… non credo che qui si tratti dell’attitudine del pubblico all’ascolto di pezzi lunghi…il problema sta nelle label che NON vogliono canzoni lunghe. Siamo stati letteralmente fatti fuori da ogni label con “Core” eppure dopo tutto questo è accaduto che una Major rilasciasse sul mercato un disco contenente UNA sola canzone. È un modo di agire ipocrita ma che dire: è il business! Su “Core” abbiamo intenzionalmente lavorato alla struttura di una colonna sonora. La musica non segue una strutturazione sua interna ma il percorso di una storia. Diversamente in “Shin-ken” ogni brano ha una sua propria esistenza ed è costruito in modo indipendente. “Core” è più adatto a chi vuole “ascoltare” la musica. “Shin-ken” è più per chi preferisce abbandonarsi all’ebbrezza del live. Abbiamo comunque cercato di cogliere questi due aspetti insieme con gli intermezzi sui “Libri” (del fuoco, del vuoto…) e con canzoni come “Purity” o “Shin-ken Part II”.

 

 

Una lama tagliente come il suono delle chitarre, affilate anche da un’ottima produzione, più nitida rispetto a quella comunque buona di “Core”. Soprattutto batteria e chitarre hanno un suono più diretto, nitido, metallico a tratti. Sto pensando ai passaggi più ferali di “The endless path”, per esempio, ottima per l’apertura di un live ma anche alla lunga “Kusanagi”. Che ne dici?

In questa occasione abbiamo sperimentato un modo diverso di procedere. Solitamente registravamo sempre con Aleix Dorca (ex batterista del gruppo) ma lui aveva abbandonato il music business. Avevamo bisogno di trovare un nuovo metodo per rigrastrare. Devo dire che in questa direzione abbiamo conseguito un pieno successo. La registrazione delle varie parti del disco è avvenuta in tutta una serie di studios. La batteria al Marc Mas Studios, le chitarre al REVERT Studios e le restanti parti nel nostro studio: Core Music Factory Studios. Il risultato è stato poi inviato in Danimarca da Tommy Hansen, producer di album leggendari come “Keepers” degli Helloween e di alcuni altri gruppi come “Pretty Maids”…Siamo quindi andati noi ad Horsens in Danimarca ed è stata un’esperienza concreta, fondamentale: abbiamo incontrato Tommy rivelatosi persona fantastica ed abbiamo lavorato a spalla con lui. Attualmente Tommy è un vero e proprio repertorio sul “come fare” un IMPONENTE mix. Tommy è una persona veramente professionale oltre che un buon amico..siamo proprio soddisfatti di come suona il disco.

Senza dubbio Miguel, questo missaggio è il migliore che abbiate mai avuto nella produzione di un vostro disco. Forse la mancanza di un simile missaggio potrebbe aver penalizzato l’assimilazione di un disco complesso come “Core”…

No. “Core” ha un buon sound ma di un tipo differente rispetto a quello di “Shin-ken”. Le difficoltà nell’assimilazione di “Core” sono dovute al suo essere un disco enorme e con una gran quantità di dettagli da una parte e pochi punti di riferimento dall’altra. È un concept complesso e proprio per questo richiede un attento ascolto. Con “Shin-ken” abbiamo voluto letteralmente “aggredire” la produzione, i suoni. Avevamo questa esigenza e Tommy l’ha ben capita. Siamo soddisfatti della produzione di tutti e due i dischi!

Ascoltando “Shin-ken part I” ho pensato questo: restano ispiratissimi i solos di Lozano, restano imponenti le parti progressive proprie del vostro sound ma le parti death metal sono più concentrate da una parte ma molto più brutali e a-melodiche e dirette rispetto a “Core”.
C’è questo di particolare in “Shin-ken”: ci sono parti death metal più dirette, brutali e circoscritte a momenti precisi eppure non riusciamo a parlare di un inasprimento dei suoni. Questo perché, secondo me, considerando l’altra anima della vostra musica, le parti clean vocal, i lenti di pianoforte e i rallentamenti di chitarra si ha l’impressione che in questa occasione abbiate privilegiato toni più intimistici e meditativi che quelli epici (comunque presenti), in grado di evocare facilmente soluzioni più pesanti, death oriented. È una mia suggestione soltanto?

Lo hai definito alla perfezione. Volevamo arrivare ad una prospettiva più vicina alla meditazione che all’epica pura. Naturalmente abbiamo comunque mantenuto un approccio epico in una canzone come “Kusanagi” ma l’avvicinamento a “Shin-ken” resta comunque diverso rispetto a “Core”. “Shin-ken” è più che un album maturo. Abbiamo imparato molto in questi ultimi anni, pensa che quando iniziammo a comporre “Core”, solo uno di noi era un insegnante di musica. Ora lo sono 4 di noi. Abbiamo imparato molto lungo questo cammino ed abbiamo bisogno di riversarlo nella nostra musica.. L’album rivela un nuovo modo di avvicinarsi al sound dei Persefone: musica più strutturata, maggior tecnica, orchestrazioni. Una musica più incentrata sulla performance del live ma in combinazione alla pura creazione da studio come nel caso dell’intro o dell’outro del disco (“Japanese Poem”). “Shin-ken” è la logica evoluzione del gruppo.

Retrospettivamente, poteva “Core” essere diverso…magari più corto?

No..! “Core” è quel che è. Una versione più corta di “Core” sarebbe come svestire Beyoncè e lasciarla poi in un angolo del letto tutta per te ahahah!…La musica che componi in un preciso momento della tua vita non dovrebbe essere cambiata, stravolta dopo il suo completamento. Come musicista mi sento in continua crescita e certo, se getto uno sguardo alle vecchie composizioni vorrei sempre apportare dei cambiamenti ma sarebbe un lavoro senza mai una conclusione; meglio allora creare qualcosa di nuovo e lasciare che il passato resti nella sua propria dimensione.

Qualcosa nella vostra musica cambia sempre in relazione all’argomento. Quanto incide nelle composizioni?

In realtà a livello strutturale non abbiamo cambiato il nostro modo di vedere la musica. Per certi versi le strutture di “Shin-ken” non sono poi così diverse da quelle di “Truth inside the shades” semmai sono le persone ad avere oggi una maggior predisposizione verso questo tipo di composizioni.

Come nei precedenti due dischi, anche in “Shin-ken” non manca un tema conduttore ricorrente, importante per orientarsi nel disco e determinante nel creare uno sfondo emotivo adatto all’ascolto. Un tema che non manca di esplodere due volte nel finale: prima a conclusione di “Shin-ken part II” dopo un già intenso passaggio di pianoforte e poi più lentamente nella sezione conclusiva della breve outro: “Japanese poem”. Ogni nota con la pregnanza di una goccia. Non è un mistero la tua passione per le colonne sonore; chi ti ha suggestionato questa volta?

Siamo senza dubbio degli estimatori delle colonne sonore. Molti dei migliori compositori del nostro tempo si stanno dedicando a questo genere di musica. Un’influenza diretta può derivare da John Williams (Guerre Stellari, …), James Newton Howard (King Kong), Hans Zimmer (Il cavaliere oscuro) o Danny Elfman (Simpson theme, e i film di Tim Burton). Tendiamo a focalizzare ogni album come un film su quale poi sviluppiamo la musica. In un concept di ampio respiro sulla figura dei samurai le parti orchestrali erano necessarie.

Una curiosità: le tastiere nel finale di “Fall to rise” come anche l’intreccio chitarra-tastiera in “Rage stained blood” insieme ad altri passaggi mi ha ricordato molto i primi Dream Theater. Che ne pensi?

Sulla scena progressive ci sono dei regnanti: i Dream Theater. Sembrano sempre essere un passo avanti. Ascoltiamo spesso i Dream theater e molto probabilmente sentiamo la fascinazione di simili musicisti ma quando ci sediamo ed iniziamo a comporre musica evitiamo di pensare ad altri gruppi. Non vogliamo “suonare” come qualche altra band e so bene anche che questo è un compito difficile. Qualche volta realizziamo questo intento, altre volte no ma in molte occasioni dobbiamo sentire che un riff, un solo, una progressione di accordi siano buoni quanto basta per essere parte dell’album e perché questo sia possibile, la musica deve suonare nostra, non come quella di altre band.

Ok Miguel, questa domanda la conosci già…come è nato il bellissimo Tema di “Shin-ken”?

L’idea di dar vita a “Shin-ken” è venuta a Carlos. Dopo un concept imponente come “Core”, sentivamo di dover trovare qualcosa di concretamente diverso per evitare la percezione del simile. “Core” doveva necessariamente suonare scuro, claustrofobico, oscuro perché la sua tematica principale è il rapimento! Con “Shin-ken” abbiamo voluto aprire la mente. Vasti spazi, Natura, melodie soffuse, sentieri tranquilli ed al contempo l’apporto di una musica forte e dura, tale e quale al profilo di un samurai. Abbiamo trascolorato da una cover dalle tinte scure ad una principalmente bianca; siamo passati da un estremo all’altro delle percezioni musicali per tutta la durata del disco. Questo concept è tangibilmente diverso.
Carlos ama il Giappone, voleva parlarne e così è stato fatto. Anche Marc è attratto dal Giappone ed alcuni altri di noi che se ne sono interessati a livello di studio, ora apprezzano questa Civiltà e quello che di questa grande Cultura e conoscenza è stato dato al mondo.

In “Core”, “A ray of hope” poteva essere considerata la ballad, il pezzo più lento del disco; in “Shin-ken” il discorso cambia: “Shin-ken Part II” con il tema principale riproposto nel suo gran finale è una canzone che riassume le molte facce di questo disco, i suoi volti nascosti e significativi, marcandone il tratto caratteristico –dimmi se sbaglio-: l’intimità. Che mi dici di questo pezzo? Cosa di quelle note di pianoforte? Forse è partito tutto da qui..

Non esattamente. Ad essere sinceri questa è stata una delle ultime canzoni ad essere composta. La canzone Shin-ken fu inizialmente concepita come un pezzo di 10 minuti. L’idea era quella di dar voce alla vicenda di Miyamoto Mushashi, il più grande samurai che sia mai stato conosciuto. Non fu mai sconfitto. Ha scritto poi un libro in cui spiegava la propria tecnica e dispensava diversi altri suggerimenti. La vita di un samurai era divisa fra il loro aspetto esterno di guerrieri e la loro filosofia di vita, La “Via del Samurai”. È stata nostra intenzione, rendere manifesto questo duplice aspetto della vita del samurai in due parti. La prima parte coincide con una delle canzoni più pesanti che abbiamo mai scritto mentre la seconda è resa più morbida dalle sezioni orchestrali, dal piano e dal cantato pulito. Sono convinto che entrambe le parti definiscano perfettamente l’idea originaria della canzone “Shin-ken”.

Un’altra canzone, “Purity”, affianca “Shin-ken Part II” ma con una particolarità: soprattutto nella prima parte della canzone, per quanto riguarda il cantato oltre che l’accompagnamento, ho avvertito qualcosa degli Opeth di Damnation, il disco più introspettivo e lento del gruppo di Akerfeldt. Sei d’accordo? Come vi rapportate a questo gruppo?

Il fatto è che la mia voce presenta un timbro simile a quello di Mikael così tendiamo spesso ad essere confrontati con loro sotto questo aspetto.
No. In verità è un bel po’ di tempo che non ascolto gli Opeth. Ciò non toglie che siano un gran gruppo. Volevamo arrivare a comporre un tipo di canzone più soft con addizioni progressive comunque diverse da quelle degli Opeth. Loro non usano tempi dispari come i 7/8, 13/8 e quando creano dei solos, lo fanno diversamente da noi, con armoniche di chitarra e tastiera e così via. Penso che oggigiorno ogni somiglianza fra noi e loro sia solo pura coincidenza. È comunque gran cosa essere paragonati con gruppi del calibro di Opeth e Dream Theater e qualche volta, stancante…

”Shin-ken” è il vostro disco più intimo, meditativo. Cosa esprime di voi la musica dei Persefone di oggi?

Credo che rifletta il nostro tempo attuale, cosa viviamo, cosa sentiamo. Avvertiamo molto la vita interiore e amiamo leggere di filosofia, pensiero zen…personalmente devo dire di aver trovato nella cultura giapponese un modo di fare le cose importante; lo stesso vale per le arti marziali, come il Tai-Chi, l’Aikido. C’è tanta di quella conoscenza in questa civiltà ed ancora così tanto da apprendere…Non tutto convoglia nello studio finalizzato a diventare avvocati o medici di successo. C’è molto di più. Persefone è il nostro modo di parlare al mondo. Nello specifico di questo disco vogliamo creare un ponte verso quello che era un vero samurai, a partire dalla consapevolezza che la parola “samurai” significa “servitore”. C’è molto da imparare qui. Se qualcuno di voi è interessato, dia un’occhiata all’Hagakure.

…e se dovessi riassumere il significato che per te ha questo disco con una massima dell’Hagakure, quale sceglieresti?

Tieni presente che ho letto il libro in spagnolo quindi cercherò di abbozzare al meglio una traduzione. Su tutte questa massima: “Se non cogli l’attimo e lasci fuggire ogni istante decisivo è perché sei portato a pensare che l’attimo decisivo e l’Adesso non coincidano mai”. Questa è per me in assoluto una delle massime migliori sia per “Shin-ken” che per la vita.

Un inedito nella vostra discografia: il ricorso alle percussioni, agli strumenti a fiato. Di cosa vi siete serviti in particolare? Vi state aprendo a sperimentazioni, una sorpresa per nuove composizioni?

Tenendo conto della tematica del disco, abbiamo voluto inserire alcune percussioni giapponesi: il tamburo Taiko (grande tamburo a forma di botte con pelli tese su ambo i lati e da percuotere con mazze di legno). Li puoi trovare in dimensioni differenti, ma noi ci siamo rivolti ad alcuni di grandi dimensioni usati in battaglia per comunicare ordini alle truppe. L’idea ci affascinava. Compaiono poi diversi altri strumenti tradizionali come i Koto (simile alla cetra), gli Shakuhachi (simile a un flauto, ottenuto da canna di bambù la cui base coincideva con la campana dello strumento)…l’orchestra invece non è una novità ma questa volta abbiamo ottenuto dei suoni decisamente migliori con la Vienna Symphonic Library di cui siamo molto più soddisfatti!

Vanity fair question: so bene che è troppo presto ma qualche volta può capitare che un gruppo, finito un disco, abbia già idee per quello successivo. Puoi suggerirci qualcosa di simile, anche solo a livello di pura visione, sul futuro della musica dei Persefone dopo l’Overture “Shin-ken”?

Dal momento in cui abbiamo terminato “Shin-Ken” abbiamo iniziato già a metter giù un’idea per il suo successore ma attualmente stiamo ancora cercando di tradurre questa suggestione in una forma più comprensibile e matura. Per questo preferisco non dir nulla. È una sorta di regola interna al gruppo Mi dispiace, Marco, eh eh…

Bene Miguel. Ora siamo fuori dal labirinto. Il vostro disco è finalmente reperibile allo shop sul sito del gruppo e presso il mailorder della Kolony Records. Marzo e l’incontro con il pubblico italiano sono prossimi. A te un messaggio ai lettori di Truemetal e arrivederci al concerto.

Prima di tutto vorrei ringraziarti Marco, per aver preso a cuore i Persefone anche questa volta qui su Truemetal. Vorrei poi esortare ognuno di voi a prender parte da un nostro live qui in Italia. Abbiamo voglia di ritrovarvi tutti lì! Nel mentre siamo su www.persefone.com e principalmente su www.myspace.com/persefoneband Statemi bene; stay metal!