Recensione Libro: ‘Sound Of The Beast – La storia definitiva dell’heavy metal

Di - 3 Novembre 2009 - 0:05
Recensione Libro: ‘Sound Of The Beast – La storia definitiva dell’heavy metal

* Sound Of the Beast. La storia definitiva dell’heavy metal
* Autore: Christe Ian
* Editore: Arcana
* Data di Pubblicazione: 2009
* Collana: Arcana Musica

* ISBN: 8862310862
* ISBN-13: 9788862310864
* Pagine: 414
* Prezzo: € 25.00


Temuto, frainteso e osteggiato quanto amato, ascoltato e seguito, l’heavy metal è uno dei generi che non sembrano conoscere crisi e continua a vantare milioni di proseliti in tutto il mondo. Per la prima volta un libro ne ripercorre nei minimi dettagli quarant’anni di storia nelle sue innumerevoli sfumature, raccontandone trionfi e tragedie, successi ed eccessi. Dall’immaginario nero dei Black Sabbath agli assalti epici della New Wave of British Heavy Metal, dal successo planetario di Iron Maiden e Metallica, passando per le controverse simpatie sataniche degli Slayer e le cupe vicende di cronaca del Black Metal norvegese, fino ai recenti successi del Nu Metal. Ian Christe riordina tutte le tessere del variegato mosaico metallico in un’opera di meticolosa e documentatissima ricerca fatta di interviste e consultazioni. Una vera e propria Bibbia del “Metal” (dal Classic al Nu Metal, passando per Death, Grind, Power e Thrash), must assoluto sia per gli headbangers più incalliti che per ogni appassionato di musica, con un’introduzione d’aggiornamento in esclusiva per l’Italia.

Queste le righe ufficiali di presentazione del libro Sound Of The Beast scritto da Ian Christe, musicista, scrittore ed editore che vanta collaborazioni con Spin, Wired, Kerrang!, Metal Forces e Metal Maniacs, nonché autore di una biografia sui Van Halen. E’ anche fondatore della casa editrice specializzata Bazillion Points, esclusivamente dedicata all’HM.

Il libro poggia su di una struttura prosaica che però riesce a non essere prolissa, pregna di quell’enfasi esaltativa che restituisce carica epica a un genere del firmamento musicale che da sempre si abbevera abbondantemente direttamente alle sorgenti di questa retorica. Lo stile di Ian Christe, traslato e tradotto in lingua italiana da parte di Giuseppe Marano, alterna l’eroica all’ironica, restituendo il giusto valore al racconto, che scorre veloce e può essere degno di interesse anche per un pubblico più ampio, quindi non solo per gli ultras dell’heavy metal, godendo di opportune impennate romanzesche alla bisogna. La forza dell’opera sta infatti nel continuo stimolo a continuare la lettura, rifuggendo per quanto possibile quell’esercizio estremamente palloso che esige una raffica di notizie fine a se stesse, minaccioso trabocchetto sempre dietro l’angolo pronto all’agguato in trattati del genere.

Inevitabili i refusi o le imprecisioni, tenendo conto che si tratta pur sempre di più di quattrocento pagine di lavoro. Eccone solamente alcuni: Steel al posto di Steele per quanto attiene Peter dei Type O’ Negative, Burton invece di Barton riguardo il mitico giornalista inglese, Holy Diver diventa Holy Driver per quanto concerne il disco di Ronnie James Dio del 1983, poi i Fastway di Fast Eddie Clarke vengono riportati come Fastaway. Errato il luogo dell’incidente alle dita di Tony Iommi: non un negozio di ferramenta come riportato nel libro ma una fonderia/acciaieria. Assolutamente discutibili, poi, sono certe sentenze: i Samson vengono definiti insulsi, i Cirith Ungol addirittura assurdi ed è inammissibile citare, all’interno dei “must” della Nwobhm, Highway To Hell degli Ac/Dc, British Steel dei Judas Priest e l’accoppiata Ace Of Spades/Overkill dei Motorhead. Accanto a tali scivoloni va onestamente sottolineata la presenza di numerose chicche, a tutti i livelli, tratte da dichiarazioni dei musicisti, ricordi personali piuttosto che da articoli ormai dimenticati da tempo, che nel Loro insieme costituiscono la vera forza del volume. Inoltre l’opera tratta il pubblico HM italiano alla stregua di quello inglese, tedesco e olandese per via del risorgimento, se così si può definire, dal periodo buio post terrorismo del Nostro paese, legittimandone così lo status, paritetico agli altri. Viceversa pressoché ignorata la scena metallica tricolore, così come quella spagnola.

Interessanti le schede sul cinema legato all’heavy metal, quelle relative alle classifiche dei vari generi – con, come sempre, tutte le limitazioni del caso – ai tributi, agli album reunion, ai musicisti passati a miglior vita e le appendici finali, dedicate alle graduatorie: i più assurdi trucchi di scena, i metallari convertiti, i migliori dischi live finti e via di questo passo. Innumerevoli le foto in bianco e nero e non solo relative agli artisti: trovano infatti spazio anche locandine, volantini, fogli manoscritti, disegni e qualche copertina di disco. Sedici, e consecutive, sono le pagine con immortalati gli scatti a colori, fra i quali spiccano quello degli Slayer dal vivo al Fender’s Ballrooom, poi l’accoppiata Exodus Paul Baloff/Gary Holt e si chiude con Lemmy dei Motorhead inquadrato di fianco. Imperdibile, per chiudere, l’albero genealogico dell’heavy metal, posto in apertura del volume.

Il periodo metallico trattato dall’opera abbraccia l’intervallo compreso fra il 1970 e il 2003. Da quell’anno in poi i fatti salienti fino a oggi vengono condensati dall’autore in una prefazione tipica per l’edizione italiana.

Quattrocentoquattordici pagine cariche di passione e dedizione, difetti inclusi, questo è Sound Of The Beast, opera monumentale e finora unica nella storia per quanto concerne sforzo profuso, numero e quantità di notizie contenute. Copertina discutibile, sicuramente, ma mai come in questo caso l’abito non fa il monaco.


Stefano “Steven Rich” Ricetti