Live Report – Metalfest a Milano – 7 giugno 2012

Di Daniele Peluso - 22 Giugno 2012 - 12:50
Live Report – Metalfest a Milano – 7 giugno 2012

 

Report e  foto a cura di Michele Aldeghi.

Eccoci arrivati al terzo ed ultimo giorno del Metalfest italiano. Il colpo d’occhio entrando de subito conferma i sospetti maturati nel corso dei giorni precedenti, dove l’affluenza è stata veramente minima; certo non pensavo che la situazione potesse peggiorare ulteriormente. Solo poche decine di ragazzi sono presenti all’apertura e quando i giovani Svedesi Steelwing sono saliti sul palco ad accorglierli solo un timido urlo dalla sala.
Tutine attillate, quasi in stile maideniano, e una minima scenografia fanno da contorno alla band che però non si è lasiata scoraggiare, regalando all’audience un classico ma ben costruito Heavy Metal.
Il gruppo ha dato il massimo, caricando il pubblico nei limiti del possibile ed il risultato è stato un buon coinvolgimento dei pochi presenti.

 

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Report e  foto a cura di Michele Aldeghi.

Cambio di palco veloce ed ecco comparire i Tedeschi Brainstorm. L’ormai collaudata band teutonica si è resa protagonista di un discreto spettacolo, in cui la parte del leone è stata svolta dal frontman Andy B. Franck che ha cercato in tutti i modi di trascinare il pubblico sotto palco. Un po’ più statica il resto della band, concentratissima ed impegnata a suonare.
Buona la partecipazione ma non troppo esaltate il risultato finale, inficiato dalla poca interazione dovuta per lo più alle poche presenze. Quello che posso dire, ahimé, è che il classico power metal “made in germany” non ha lasciato il segno. Almeno questa volta.

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Report e  foto a cura di Michele Aldeghi.

Veniamo ora alla rivelazione della giornata. Pur non essendo io un vero e proprio thrasher, sono rimasto molto impressionato dalla carica energetica che questi ragazzi americani hanno risvegliato nel sottoscritto e che hanno scatenato nel pubblico. Estremamente tecnici nell’esecuzione, ben affiatati e veramente veloci, i Death Angel hanno destato immediatamente l’audience con un muro di suono: la folla non si è fatta ovviamente pregare, continunando il pogo senza tregua, fino all’ultimo pezzo.
Pochi brani ma ben suonati, uniti ad un’ottima presenza scenica: mai visti dal vivo ma, dopo l’esperienza di quest’oggi, possiamo affermare che i Death Angel lasciano davvero “il segno”. Qualora si presentasse una nuova occasione sarà sicuramente piacevole tornare a vederli in uno show dal vivo. Veramente bravi!

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Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi.
La band di Mikael Stanne, non ha certo bisogno di presentazioni, e alle 17:30 precise, come da running order, sale sul palco pronti ad inebriarci con il classico melodic death metal di eccellente fattura.
Purtroppo, per i ragazzi svedesi i problemi si presentano fin dal brano di apertura “Terminus (Where Death Is Most Alive)”, con la chitarra di Martin Henriksson che non ne vuole sapere di funzionare: ll cambio strumento immediato al termine del brano, servirà comunque a ben poco, visti i continui aggiustamenti di volumi protrattisi per quasi tutta l’esibizione.
La scaletta pesca prevalentemente dagli ultimi due album, e mostra uno Stanne in forma smagliante, padrone assoluto della scena anche quando scende dal palco per cantare “The Mundane and the Magic”, in mezzo al pubblico.
 Al termine di quasi un’ora di spettacolo, la soddisfazione è unanime, e i pochi presenti riversano lunghi e sonori applausi alla band.

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Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi.
Gli stessi Ensiferum si occupano del sound check, e già questo vale loro i cori di approvazione dei fan, ma di certo se avessero anche controllato i microfoni la loro esibizione non sarebbe stata penalizzata.  
Dopo la melodicissima intro “By the Dividing Stream”, che li accompagna sul palco, si nota subito che la voce del cantante Petri Lindroos manca quasi completamente.
Il dubbio che possa avere problemi di gola si fa strada molto facilmente, visto che i cori si sentono molto bene, e per fortuna, una volta orientato meglio il microfono, tutto fila via alla perfezione.
Il folk – metal dei finlandesi, fa breccia molto rapidamente nelle orecchie dei presenti, che saltano e ballano riempiendo il locale di un’allegra atmosfera. Da segnalare, anche l’esecuzione di “Burning Leaves”, anteprima del prossimo disco in uscita a breve.

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Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi.
Leggendo il bill della serata, una domanda sorge spontanea, cosa può c’entrare una band di stoner rock, nella giornata dedicata al thrash/ death?
La risposta, per la maggior parte dei presenti, è nulla. Davanti al palco si presentano, forse, meno di un centinaio di persone per assistere allo show dei Kyuss Live, reincarnazione della storica band che gli appassionati del genere ben conoscono.
Già dalle prime battute di “Hurricane”, si capisce che John Garcia è in palla, la sua voce è eccellente, e non esagero dicendo che forse canta meglio oggi rispetto a vent’anni fa.
Su “One Inch Man” il bassista Billy Cordell, autore di una prova tecnica a dir poco mostruosa, si agita come un ossesso cercando di stabilire un suo personalissimo feeling con il pubblico, mentre dall’altro lato del palco il chitarrista Bruno Fevery, rimane abbastanza sulle sue. L’unico che sembra divertirsi veramente è il batterista Brant Bjork, sempre sorridente come un bambino per tutto lo spettacolo.
“Asteroid”, “Supa Scoopa and Myghty Scoop”, “Green Machine”, sono solo alcuni dei brani che vengono proposti senza sosta alcuna, dove sulle lunghe code strumentali, Garcia preferisce lasciare spazio agli strumenti, lasciando il palco per brevi periodi.
Dopo la lunga esecuzione di “Spaceship Landing”, ad “Odyssey” è affidato il compito di far di calare il sipario su quasi un’ora e mezza di uno spettacolo straordinario ed appagante per i presenti – che hanno preferito ascoltare piuttosto che darsi al pogo selvaggio – ma che pare invece aver lasciato freddo il carismatico Garcia, che non ha accennato nemmeno un gesto di saluto nel lasciare la scena.

Setlist:
1) Hurricane
2) One Inch Man
3) Gardenia
4) Asteroid
5) Supa Scoopa and Mighty Scoop
6) Thumb
7) Green Machine
8) Freedom Run
9) Whitewater
10) El Rodeo
11) 100°

Encore
12) Molten Universe
13) Conan Troutman
14) Spaceship Landing
15) Odyssey

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Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi.
Dopo aver sistemato la scenografia, ispirata direttamente alla copertina del loro ultimo album “Phantom Antichrist”, i Kreator scaricano sull’Alcatraz tutta la loro potenza sonora con “Violent Revolution”: impossibile non iniziare a sbattere le teste o entrare nel pit che in pochi secondi, si anima di thrasher incalliti.
Petrozza, dall’alto della sua visuale approva e reclama circle pit oltre a dichiarare, nelle pause tra un brano e l’altro, di essere contento di poter suonare ancora in Italia, “la terra dei suoi avi”. La scaletta verte quasi completamente sui vecchi pezzi, tra i quali spiccano le immancabili “Enemy of God” e “Plesaure to Kill”, mentre dal loro ultimo lavoro solo “Phantom Antichrist” e “From Flood Into Fire” vengono presentate al pubblico. Vi possiamo assicurare in ogni modo che non sono certamente meno devastanti degli altri brani eseguiti.
Piegati in due sugli strumenti e via: questo è il trash metal visto, vissuto e trasmesso dai Kreator. Quadrato, potentissimo – grazie anche a volumi altissimi – e senza fronzoli: semplicemente una corazzata inarrestabile.
Dopo essersi lanciato sul suo classico monologo, prima di “Flag of Hate”, Petrozza incita tutti per l’ultimo circle pit su “Tormentor”, brano di chiusura della serata e del Metalfest, e da appuntamento a tutti per dicembre, quando ritorneranno in terra italica, per un nuovo tour.

Setlist
1) The Patriarch
2) Violent Revolution
3) Hordes of Chaos ( A Necrologue for the Elite)
4) Phobia
5) Phantom Antichrist
6) Extreme Aggression
7) People of the Lie
8) From Flood Into Fire
9) Terrible Certainty
10) Enemy of God
11) Voices of the Dead
12) Coma of Souls (Intro only)
13) Endless Pain
14) Plesaure to Kill
15) Terrorzone
16) Betrayer
17) Flag of Hate
18) Tormentor

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Questa prima edizione del Metalfest può essere considerata un mezzo flop, nonostante il buon bill che si è alternato sul palco dell’Alcatraz. Un evento che già dal preannunciato cambio di location, ha fatto capire che l’affluenza di pubblico sarebbe stata bassa, con il massimo delle presenze registrato il secondo giorno.
Di certo, la presenza dell’Hellfest in Francia a una settimana di distanza, e del Gods of Metal a due, non hanno giovato alla manifestazione. La speranza, è che forte di questa prima esperienza, l’organizzazione del prossimo Metalfest sia più curata, e magari in un’ubicazione che possa realmente competere con quelle estere. (L.C.)