Live Report: Prog Exhibition 2011 a Roma

Di Damiano Fiamin - 26 Ottobre 2011 - 17:40
Live Report: Prog Exhibition 2011 a Roma

Prog Exhibition 2011
Teatro Tendastrisce – 21, 22 ottobre, Roma

Report a cura di Damiano Fiamin e Francesco Sorricaro
Foto a cura di Francesco Sorricaro

Dopo l’enorme successo dell’ultima edizione, è tornato a Roma il Prog Exhibition, probabilmente l’unico festival in cui è possibile che un organo Hammond rimanga fisso sul palco per un’intera serata. Ancora una volta, la cornice prescelta è il Teatro Tendastrisce di Via Perlasca che, dalla sua riapertura qualche stagione fa, ha visto crescere esponenzialmente i concerti ospitati tra le sue “mura”. Nonostante non ci fossero i nomi altisonanti dell’anno scorso, il festival aveva in ogni caso una scaletta di tutto rispetto; certo, un’affluenza di pubblico paragonabile al 2010 era impensabile, non solo per il differente magnetismo esercitato dai musicisti, ma anche per il fatto che non si trattava più di un glorioso quarantennale, quanto piuttosto di una normale seconda edizione. Gli appassionati di tutta Italia, in ogni modo, hanno risposto all’appello e si sono presentati davanti ai cancelli, pronti per un’immersione completa nella storia del progressive italiano.
 

21 ottobre
Il festival prende il via in una Roma che portava ancora i segni dell’alluvione del giorno precedente. Ovviamente, anche il Tendastrisce era stato colpito come il resto della città; una forte umidità ha caratterizzato la prima giornata di concerti, umidità che ha avuto ripercussioni soprattutto sulle attrezzature e sul sistema d’amplificazione.
DF: Ad aprire la serata, gli Stereokimono, formazione giovane, almeno per gli standard della manifestazione; attivo dalla fine degli anni ’80, il trio bolognese propone un progressive rock a tinte psichedeliche ma piuttosto pompante. Nonostante gli inconvenienti tecnici, soprattutto per quanto riguarda i suoni alti che tendevano ad una non desiderata distorsione, la band se l’è cavata egregiamente, proponendo pezzi vivaci e coinvolgenti al pubblico che cominciava a riempire la sala; affatto banali, hanno svolto egregiamente il loro compito di apripista.
DF: A seguire, gli Oak, accompagnati sul palco dal polistrumentista dei Jethro Tull Maartin Allcock; è proprio al gruppo britannico che si deve la scintilla vitale che ha originato il gruppo, che in origine si dedicava, per l’appunto, alla realizzazione di cover di alto livello di Anderson e soci. Anche grazie all’istrionica presenza del cantante e musicista Jerry Cutillo, gli Oak si esibiscono con impeto convincente, alternando pezzi in italiano ad altri in lingua inglese. Com’era lecito aspettarsi, le sonorità sono molto più folk di quelle del gruppo precedente, il marchio dei Jethro Tull è ben impresso nel DNA compositivo della band che, nonostante il perdurare di guai di natura tecnica, riesce ad intrattenere e divertire l’infreddolito pubblico che continua a prendere posto nel tendone. Peccato per la chitarra del povero Allcock, la cui amplificazione altalenante non ha reso giustizia alle doti del musicista inglese.
DF: Il terzo gruppo della serata sono i Saint just again di Jenny Sorrenti; riemersi da un lungo e soporoso letargo grazie all’input della cantante, i Saint Just sono tornati a comporre e ad esibirsi dal vivo. La musica prende una nuova direzione rispetto a quella sentita sinora; i suoni sono più onirici e dilatati, i vocalizzi di Jenny Sorrenti si allungano e s’intrecciano con le note degli strumenti. Il quadro di sognante psichedelica è completato dagli accompagnamenti del mimo Ro’ Rocchi che, durante l’esecuzione di alcuni pezzi, interpreta a suo modo la musica che esce dagli amplificatori. L’ospite del gruppo è il fratello di Jenny, Alan che si esibisce per la prima volta insieme alla sorella. Il ritmo cresce, i musicisti si divertono e il loro entusiasmo contagia gli astanti. Grande esibizione per tutti, accattivanti sia nei pezzi più sognanti sia in quelli più ritmati.
DF: Inseriti in scaletta solo un paio di settimane prima del festival, gli UT, ovvero Gianni Belleno e Maurizio Salvi dei New Trolls, di nuovo insieme per riproporre i pezzi dal sapore più progressive del gruppo genovese. Il loro è un breve intervallo, solo un quarto d’ora, motivato principalmente dal fatto che i due avevano deciso di ritrovarsi ed esibirsi proprio in occasione della manifestazione romana; con solo una quindicina di giorni di prove, non si poteva certo chiedere di più! Senza dubbio, lo spirito è rimasto lo stesso e anche la capacità tecnica non ha subito particolari involuzioni: pezzi corposi, dalle sonorità piene e decise, un florilegio di tastiere e bassi che lascia ottime speranze per il futuro.

FS: Tra i nomi più attesi sul tabellone, sale sul palco in un’aura tenebrosa il Balletto di Bronzo. Il trio, guidato da quell’inossidabile Peter Pan che risponde al nome di Gianni Leone, è salito sul palco di un Tendastrisce che, fino a quel momento, era rimasto un po’ fermo nella sua freddezza (in ogni senso). Ci ha pensato l’irruente prorompenza del personaggio a riscaldare un po’ l’ambiente. Presentatosi con uno dei suoi abiti personalmente confezionati (questo, in particolare, era rivestito di vecchi compact disc) ha lanciato la sua inappuntabile sessione ritmica, composta da Adolfo Romundo ed Ivano Salvatori, in una esibizione roboante, che è andata oltre gli insistenti problemi tecnici che ne hanno minato più volte l’andamento; ma anche questo fa parte dello show (come per altro ha ironizzato lo stesso frontman). Concentrata sul capolavoro Ys, e non poteva essere altrimenti, la scaletta ha vissuto momenti di pathos davvero alti con Il Secondo ed il Terzo Incontro da quel lavoro seminale, ma anche con la passionale inedita Napoli sotterranea, sentito omaggio alla città che ha visto nascere il Balletto più di quarant’anni fa. A donare un tocco di leggerezza ai ritmi terremotanti della band è salito poi sul palco Richard Sinclair, vera e propria leggenda e padrino del Sound di Canterbury, grazie alla sua fondamentale partecipazione a progetti come Caravan, Camel ed Hatfield and The North. Perfettamente in simbiosi con i virtuosismi tastieristici di Leone, l’eccentrico musicista britannico (anche se quest’accezione perde un po’ di peculiarità se si pensa al suo dirimpettaio) si è inserito sinuosamente, con il suo strumento a doppio manico (con chitarra e basso insieme), nelle trame di Introduzione, arricchendone la ritmica con ricami degni del suo ricchissimo background. Il brano prescelto dall’artista britannico per questa serata è Plan it Earth, dal suo album del ’92 Caravan of Dreams, che delude un po’ chi magari aspettava ben altro, ma rispecchia lo stesso appieno la personalità di Sinclair, avendo inoltre il merito di svelare un volto piacevolmente diverso del Balletto. Termina con molti applausi e con lo sproloquio di uno strabordante Gianni Leone, solito mattatore e leader di un gruppo che sta vivendo davvero una seconda giovinezza artistica, cui manca solo un nuovo album di inediti a suggello.
FS: Arti e Mestieri è uno di quei nomi che, da subito, fanno venire in mente il progressive rock italiano, e quella del Prog Exhibition è stata un’occasione unica per vedere la band di Furio Chirico salire su un palcoscenico con ben due membri storici oltre all’onnipresente batterista: il tastierista Beppe Crovella ed il chitarrista originario Gigi Venegoni, ritornato per ora al primo amore dopo anni di assenza, per lo meno dalla line-up ufficiale. In questo caso, l’album da cui viene raccolta gran parte dei brani eseguiti è il debutto Tilt: disco che si presta benissimo all’esecuzione dal vivo, snodando le sue trame jazz rock attorno al moto irrefrenabile di un Chirico in forma smagliante, che sembra aver scoperto l’elisir di lunga vita. La band era affiatata e determinata a divertirsi il più possibile in quest’importante occasione; Venegoni è sembrato un ragazzino appena entrato nel suo gruppo preferito: saltava e si dimenava con il suo strumento, proiettando la platea direttamente in quegli show incendiari degli anni ’70 di cui anche loro furono importanti protagonisti. In una goduria totale per le orecchie degli appassionati, si sono susseguiti highlights del calibro di Gravità, Articolazioni, in un tripudio strumentale che è stato intervallato anche da diversi intensi momenti solistici come quello di Crovella e quello roboante e attesissimo di Chirico, in cui il batterista ha espresso tutta la sua personalità e il suo bagaglio, omaggiando anche l’altro suo famoso progetto, i The Trip. Ad impreziosire l’esibizione, la presenza del sassofonista Mel Collins, turnista britannico tra i più famosi, noto per aver fatto parte in pianta stabile dei King Crimson che, in questo frangente, sostituiva il defezionario (per motivi di salute) Darryl Way. Il suo tocco inconfondibile ha donato magia a brani come Strips ed Il figlio del barbiere, cantato dal giovane singer della band Iano Nicolo: istrione dalle buone doti vocali che però, a tratti, in questa serata, è sembrato un po’ goffo nell’interazione con il resto dei suoi compagni e nella sua abbozzata teatralità. Anche qui grandi applausi a concludere una prima serata sostanzialmente positiva dal punto di vista artistico, anche se non corroborata da una sufficiente presenza di pubblico e da vari inconvenienti tecnici.

22 ottobre
Il secondo giorno del Prog Exhibition nasce sotto una stella più benevola; l’umidità nell’aria si è asciugata, il caos cittadino è diminuito e i problemi tecnici sono quasi scomparsi. Non essendo una giornata lavorativa, anche il pubblico è aumentato e comincia ad affastellarsi davanti ai cancelli già un’ora prima dell’inizio del concerto.
DF: Come per la giornata precedente, ad avere l’onere/onore di avviare lo spettacolo è un gruppo di giovani talenti, i Bacio della Medusa. Con sonorità molto decise ed energiche, questi ragazzi si prodigano in ogni modo per riscaldare la serata; il cantante Simone Cecchini, in particolare, dedica molte delle sue energie per movimentare l’ambiente, dando prova di notevole presenza scenica; anche gli altri musicisti dimostrano notevole competenza, sia per quanto riguarda la tecnica che per l’estro. Molto gradevoli i fiati, nonostante vengano a tratti soppressi dagli altri strumenti. Bravi, da tenere d’occhio per il futuro.
DF: Decisa virata di sonorità per Vic Vergeat; il chitarrista dei Toad irrompe sul palcoscenico del Tendastrisce con un rock ‘n’ roll a tinte blues, molto più vicino a Bruce Springsteen che ai King Crimson. Con la sua esibizione martellante e pompatissima, adrenalizza immediatamente gli spettatori che, già carichi, esplodono in un boato di gioia per il ritorno sulla scena di Mel Collins. Il sassofonista dei King Crimson si era già presentato al pubblico durante la prima giornata, accompagnando gli Arti e Mestieri in una comparsata imprevista; bisogna ammettere, però, che le sue doti risaltano molto meglio nelle cavalcate rock di Vergeat, i suoi assolo cesellano alla perfezione la trama musicale del chitarrista di Domodossola. Nonostante nutra qualche perplessità sul valore progressive di quest’esibizione, devo ammettere che è stata una delle migliori.
DF: Il terzo gruppo della serata sono i Garybaldi, messaggeri di un progressive rock ben miscelato e dal sapore più classico; oltre all’utilizzo di un pulsante contrabbasso, si fanno notare per essere i primi a portare in scena una tastiera, un’assenza che aveva dell’incredibile. La prima parte dell’esibizione è un po’ sottotono, una mancanza di incisività che scema man mano che i musicisti si scaldano, raggiungendo l’acme con l’arrivo dell’ospite, il conterraneo Marco Zoccheddu, chitarrista e cantante dei Nuova idea. Evidentemente, la miscela ligure è efficace, dopo un cambio di strumentazione il gruppo trova nuova linfa e si protende deciso verso una brillante conclusione.
DF: Dopo un breve cambio di palco, arrivano i Biglietto per l’Inferno. Folk; la formazione originaria di questo gruppo, il cui nome è avvolto da miti e leggende dovuti alla sua breve permanenza sulle scene, ha visto l’aggiunta di nuovi musicisti, latori di quelle sonorità più folk che hanno comportato la modifica del nome della band. Senza dubbio, questo ensemble riempie il palco, sia fisicamente, visto il gran numero di elementi, sia per la capacità di intrattenimento; Mariolina Sala non si limita a cantare, vive le canzoni, accompagnandole con esibizioni fisiche, allestimenti di palco e recitazione pura. Accompagna il pubblico in un vero e proprio viaggio musicale, estraendo oggetti simbolici da una valigia che trasporta sulla scena; il rafforzamento visivo fortifica il sonoro e rende lo spettacolo fruibile a 360°. Partecipazione straordinaria per il chitarrista dei Jethro Tull Martin Barre, un ulteriore scarica di energia che si esplica in una felice commistione tra folk e prog. Suoni senza sbavature, ricchi e pieni per una delle esibizioni migliori dell’intero festival. Ammirevoli gli inserti più peculiari, in particolare quelli dei fiati, vere e proprie iniezioni di cultura italica rimaneggiata, rimpastata e riproposta in chiave progressive. Un’evoluzione interessante per un gruppo che ha, evidentemente, ancora molto da dire in campo musicale.


 

FS: Dici Goblin e automaticamente ti si apre una finestra sull’orrore. Non c’è bisogno di tante presentazioni per la storica band di Claudio Simonetti e Massimo Morante, che, nell’attuale formazione (recante il monicker New Goblin per distinguerla dall’altra metà dello split Goblin Rebirth), vede anche la presenza dello storico altro tastierista Maurizio Guarini, oltre che a Titta Tani alla batteria e al bassista Bruno Previtali, entrambi mutuati dal precedente progetto di Simonetti Daemonia. Luci soffuse e si parte con le armonie classicheggianti di Magic Thriller. L’atteggiamento dei “demonietti” sul palco è apparso molto pacato e professionale. Lontani da ben altre serate in cui gli aneddoti e le battute si sprecavano, in questo frangente, forse, i nostri sentivano particolarmente la tensione e l’ufficialità della manifestazione e, probabilmente, anche quella di essere gli headliner di chiusura della due giorni. Uno spettacolo tutto basato sulle sonorità atmosferiche ed evocative di film come Non ho sonno, Zombi, Tenebre e, naturalmente, Profondo Rosso, celebrati con i rispettivi temi sonori portanti. Il maestro Claudio Simonetti è stato insolitamente poco loquace, delegando oneri di presentazione ed affini al suo vecchio compagno d’avventure Morante, rinverdito, di questi ultimi tempi, dal ritorno al suo vecchio amore artistico; si è perso anche così un po’ di immaginario visivo legato alle solite esibizioni dei New Goblin, se si conta anche il fatto che mancavano del tutto le solite proiezioni alle loro spalle. Dal punto di vista esecutivo i cinque musicisti non temono confronti e difatti, nonostante gli immancabili problemi sui volumi, anche in quest’occasione hanno offerto una prestazione pulita e senza sbavature di sorta, eseguendo anche una selezione variegata di brani tra i quali spiccavano Roller, E suono rock e la autocelebrativa Goblin. La terrificante Suspiria ha avuto anche questa volta una marcia in più ma è l’attesa Profondo Rosso ad aver guadagnato, come di consueto, il gradino più alto del podio, se non altro perchè è in quel momento che si è buttato nella mischia Steve Hackett! Il chitarrista storico dei Genesis più progressive è salito sul palco in sordina, jammando con i New Goblin che gli lanciavano sguardi tra l’incredulo ed il soddisfatto. La sua strabordante classe è trasparita immediatamente durante il pezzo: pochi tocchi sulla sua chitarra e qualche timido sorriso compiaciuto hanno mandato in visibilio una platea di innamorati della storia di questa musica che non stavano più nella pelle quando hanno udito, a seguire, dopo un breve quanto sentito discorso di Simonetti, le prime note di Watcher of The Skies. Il brano tratto da Foxtrot è stato eseguito magistralmente e con ardore da tutti i musicisti in causa, felicissimi di cimentarsi su partiture che, a loro stessa detta, sono tra le loro preferite in assoluto, ed è stata davvero un’emozione particolare vedere insieme sullo stesso palco artisti che, seppur con storie differenti, hanno fatto la storia del prog rock a livello internazionale. Felice anche la partecipazione dietro al microfono di Vincenzo Misceo, cantante di spessore già in forza ad una nota cover band dei Genesis, il quale, umilmente, ha saputo richiamare al meglio la suggestione di avere Gabriel in persona in sala. Tutto bellissimo dunque per una degna conclusione, in pieno spirito del Prog Exhibition, di una manifestazione che si conferma come una tra le più interessanti del panorama italiano odierno.
DF: Secondo la scaletta, il concerto dovrebbe essere finito…Come mai, dunque, gli addetti non cominciano a sgomberare? L’arcano è presto svelato! C’è ancora tempo per una sorpresa! Franz Di Cioccio, storico batterista della PFM e deus ex machina del Prog Exhibition, ha deciso di fare un regalo a se stesso e al pubblico presente: una bella jam session che lo vede impegnato insieme a tutti i musicisti stranieri intervenuti per la manifestazione! Ritornano sul palco Maartin Allcock, David Sinclair, Mel Collins, Martin Barre e Steve Hackett, che si divertono autocitandosi e accompagnandosi a vicenda in coinvolgenti assoli con i rispettivi strumenti; il brano prescelto per dare il La a questa jam è Locomotive Breath dei Jethro Tull, a cui fa seguito un bel blues. Ovviamente, la tecnica è ineccepibile e penso che nessuno sia rimasto insoddisfatto da un’esibizione di questo livello; unico neo, la voce di Sinclair, poco udibile a causa di un microfono difettoso. Poco male, erano gli strumenti a parlare per loro! Un bel modo di salutare il pubblico e dargli l’appuntamento all’anno prossimo.   

 

Due giorni di musica intensissimi e pieni di sorprese. Come già detto precedentemente, è un peccato che l’afflusso di pubblico sia stato inferiore a quello dell’anno precedente; la mancanza di band di spicco ha sicuramente avuto un gran peso. Speriamo che la prossima edizione veda un bilanciamento più equilibrato tra grandi nomi e gruppi per autentici cultori. Nonostante ciò, il livello è stato, a mio avviso, più alto dell’anno passato, tutte le band presenti erano di ottimo livello, con picchi di eccezionalità in grado di far gongolare gli appassionati. Attendiamo con ansia la presentazione della prossima edizione, il Prog Exhibition ha tutte le carte in regola per diventare un appuntamento regolare, in grado di riunire fan entusiasti provenienti da tutta Italia e dall’estero, perché sprecare un’occasione del genere?

Scaletta:
21 Ottobre 2011
Stereokimono
Oak con Maartin Allcock
Saint Just Again di Jenny Sorrenti con Alan Sorrenti
UT l’anima prog dei New Trolls
Balletto di Bronzo con Richard Sinclair
Arti e Mestieri con Gigi Venegoni e Mel Collins

22 Ottobre 2011, ore 20.00:
Bacio della Medusa     
Vic Vergeat/Toad con Mel Collins
Garybaldi con Marco Zoccheddu
Biglietto per l’Inferno.Folk con Martin Barre
New Goblin con Steve Hackett
Jam session: Franz Di Cioccio, Maartin Allcock, David Sinclair, Mel Collins, Martin Barre e Steve Hackett