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Raven (Joe Hasselvander)

Di - 4 Luglio 2010 - 10:00
Raven (Joe Hasselvander)

Che onore trovarsi faccia a faccia con i Raven, storica speed metal band britannica che ha vissuto la nascita nel movimento NWOBHM, ne è rimasta abbaglaita dal folgorante splendore e, ahimé, ne ha anche subito l’ingratitudine nel momento in cui il music business ha falciato tutto ciò che non avrebbe garantito copiosi e tintinnanti flussi di cassa. Poco male, è il periodo del ritorno sulle scene di tantissime ‘old school band’ e il Gods of Metal ha fatto questo grande regalo a tutti protando on-stage: Saxon, Anvil e appunto i Raven dei fratelli Gallagher. Davanti a me Joe Hasselvander, un vero rocker vecchio stile, simpaticissimo e affabile panciuto batterista che apre l’intervista partendo dal grave infortunio occorso nel 2001 al chitarrista Mark

Un giorno ricevo una telefonata. Mi comunicano che Mark, il nostro chitarrista, aveva subito un grave infortunio. Gli era caduto addosso un muro di mattoni spezzandogli le gambe in più punti. Era davvero messo male. Siamo andati quindi in ospedale a trovarlo e ci hanno comuniato che i tempi di recupero sarebbero stati lunghissimi. Non c’è importanto più nulla della musica. Volevamo che si riprendesse. Quando abbiamo capito che ci sarebbe voluto del tempo abbiamo pensato a cosa fare. Prenderci cioè tutto questo periodo per lavorare con calma al nuovo disco, trovando le soluzioni che permettessero a Mark di non stressarsi troppo.

Avete quindi avuto maggior tempo per comporre con calma i brani…
 
Certo, anche se parte del materiale era già pronto in quanto la nostra idea era di pubblicare quasi subito un altro disco. Quello uscito nel 2000 (“One for All”) è stato per noi un nuovo punti di partenza, lo dice il titolo stesso (a ricordo di “All for One” del 1983) e quindi l’entusiasmo era alle stelle. Eravamo certi di poterlo pubblicare entro fine 2001, ma sfortunatamente così non è stato. A guardarla ora, forse non è stato tutto un male. Io sono contentissimo di questo nostro ultimo album “Walking Through Fire”. È perfetto, è la sintesi di tutto quello che avrei voluto fare nei Raven da quando ne faccio parte ovvero dal lontano 1988. Tutto suona old-style, adoro lo spirito che caratterizza il disco! Questi sono i veri Raven. Data l’età me la posso concedere questa affermazione! Mi sembra sia passato in un secondo il periodo che va da “Nothing Exceeds Like Excess” (primo disco dei Raven con Joe Hasselvander alle pelli) ad oggi.
 
Come lavorara Mark durante il periodo della lunga e difficile riabilitazione?
 
Con difficoltà. Componeva, ascoltava i brani e dava suggerimenti. Faceva fatica, ma non ha mai pensato di mollare. Sia in ospedale, sia a casa, s’è sempre prodigato con entusiasmo a portare avanti la realizzazione del disco. Ha fatto fatica, aveva dolori e doveva preoccuparsi della riabilitazione, cosa principale per rimettersi nuovamente in piedi e salire sul palco. Perchè l’idea di abbandonare la scena era lontana dalla mente. L’importante era tornare in pista. La motivazione c’era tutta.
 
 
Perdonerai il mio egoismo, ma approfitto della tua esperienza lasciando per un attimo da parte il discorso Raven. Ti voglio proprio considerare uno ‘zio’ con il dovere morale di tramandare ai posteri la storia così importante della musica metal che hai vissuto fin dagli esordi perché i ragazzi trovino in ciò fonte di vera ispirazione. Saranno loro il futuro della musica! Cosa differenzia i giovani musicisti di inizio anni ottanta rispetto quelli d’oggi?
 
Nessun egoismo. Anzi ti ringrazio perché queste sono le interviste che vanno fatte, non le solite domande di rito che non cambiano nulla e non ricordano nessuno. Sono cambiate tante cose, ma voglio precisarti che non sono un nostalgico. Ritengo che le band a quel tempo spaccassero davvero tutti i culi. Erano delle macchine da guerra, sapevano suonare davvero bene. Inoltre andare in studio era un piacere. Oggi forse s’è perso un po’ del feeling che si percepiva dalle registrazioni in presa diretta o dagli arrangiamenti creati ad hoc quando non c’erano apparecchiature digitali, trigger o click. Questo non significa che tutto ciò non torni utile, anzi noi abbiamo usato qualche stratagemma per dare atmosfera al disco. Questo non ha limitato la nostra voglia di sparare fuori riff metal e carichi di energia. E credo sia evidente anche dai concerti che teniamo.
 
Che mi dici della musica estrema? Spesso ho incontrato sulla mia strada gente che, nata nei tuoi anni, non riuscisse a cogliere la potenzialità di generi come il death metal o il black metal….
 
Adoro la musica estrema. Adoro il doom e credo che questo mi abbia aiutato anche ad apprezzare certe atmosfere degne dei grandi nomi della scena estrema. Non che lo stile sia lo stesso, ma a livello di emozione anche gruppi come Morbid Angel e Immortal mi hanno dato tanto. In particolare ho sempre avuto un debole per Abbath e per i loro batteristi in genere.

Come è cambiato il mercato musicale in questi ultimi venti anni?
 
Tantissimo se mi parli dei metodi di vendita, poco se mi parli del comportamento delle persone. C’è e ci sarà sempre chi si approfitta delle situazioni, chi pensa solo al proprio interesse e non ha un minimo di riconoscenza. Credo sia la natura umana.
 
Scusa, non mi trattengo. Ho troppa voglia di sentir parlare del passato… come è salire on-stage oggi rispetto a venti anni fa?
 
L’entusiasmo non abbandonerà mai la passione. Anche oggi, sebbene non ci fosse tantissima gente, l’hai visto anche tu, ci sono stati dei ragazzi, anche molto giovani, letteralemente impazziti. Tiravo l’cchio al pubblico e vedevo tanta staticità, sopratutto nei primi brani. Poi finalmente hanno iniziato a muoversi ed abbiamo avuto il nostro pubblico. Sono davvero contanto del concerto. Una volta c’erano meno band, più gente agli show… era più facile trovare date e non c’era occasione che non approfitassimo di un concerto o di un mini tour, eravamo sempre in giro. Quella che cambia è la società, non l’entusiasmo. Quandi: sali on-stage è tutto come prima, oggi come ieri.
 
Chi devi ringraziare per esserti trovato dietro le pelli di una band così importante come i Raven?
 
L’elenco sarebbe infinito. Diciamo che sono sempre stato amante della scena doom. Del passato ringrazio quanto prodotto da Black Sabbath e Witchfinder General perché sono stati per me qualcosa di indescrivibile. A livello di sensazioni sono stati una toccasana per le mie ispirazioni, sono stati quei gruppi che m’hanno portato a voler fare qualcosa in più nella musica. Sono anche stato fortunatissimo a suonare per anni nei Pentagram, pensa tu che ci sono stato dal 1982 al 2002, …venti anni! Ho imparato molto come puoi immaginare. Attualmente mi diverto un sacco anche con la mia band, i The Hounds of Hasselvander.
 
Il tempo è agli sgoccioli purtroppo, è stato davvero piacevole chiaccherate con te. Lascio a te i saluti agli utenti del sito per cui lavoro, TrueMetal.it…
 
Sono io che vi ringrazio e ringrazio te per questa intervista un po’ diversa dal solito. Ho il piacere di constatare che qualcuno di voi ancora pensa di parlare di musica, di musicisti e non solo dell’ultimo disco pubblicato dai Raven. Mi ha fatto davvero piacere! Un saluto ai raggazzi di TrueMetal.it e a tutti voi che leggete questa intervista:
 
‘TrueMetal.it, for your heavy metal needs!’
 
Nicola Furlan