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Lelahell (Redouane “Lelahel” Aouameur)

Di Daniele D'Adamo - 15 Febbraio 2012 - 0:00
Lelahell (Redouane “Lelahel” Aouameur)

Là dove il caldo è più torrido, la musica può essere gelida. In quel di Algeri, infatti, circolano nel più buio e profondo underground alcune realtà che fanno del black/thrash/death la loro ragione di vita sotterranea. Fra esse ci sono i Lelahell, creatura del cantante/bassista Redouane “Lelahel” Aouameur che, con l’EP “Al Intihar”, provano a far sentire il loro old school death metal anche in occidente. A lui abbiamo posto qualche domanda…

 

Algeria. Terra araba. Islam. Si direbbe che sia impossibile che ci sia, ad Algeri, un movimento black/death che fonda le sue radici nei primi anni novanta. Invece no. Lo dimostrano sia i Litham, tua band del passato, sia i Barbaros, da cui provengono Nihil e SlaveBlaster; che entrambe hanno pubblicato un full-length. Che spiegazione hai, per questo fatto?
Sai, non ci sono spiegazioni per questo fatto. Facciamo parte della prima generazione di musicisti di metal estremo in Algeria, anzi probabilmente in tutto il mondo arabo. Il metal è una scelta, non una moda: la prova è che dopo vent’anni sono sempre attaccato a questa fottuta musica. Inoltre, sento sempre la stessa passione che avevo agli inizi!

In particolare qual è la tua storia? Immagino non sia stato facile, per te, esprimere la tua natura artistica vicino a quella di gruppi come Mayhem, Burzum, etc.
Non è stato facile, certo, ma è stato soprattutto un problema di mezzi, poiché all’epoca era veramente difficile trovare dei buoni strumenti e, anche, reperire delle sale di registrazione! Ma siamo sempre stati così attaccati alla musica che abbiamo affrontato ogni sfida.

Quando hai deciso di fare sul serio, cioè di mettere assieme delle persone per formare una band di death metal (se non sbaglio, nel lontano 1993…)?
Nel 1993 c’è stato il debutto con i Neanderthalia, che mi hanno contattato per suonare il basso, ogni tanto. Qualche mese più tardi, abbiamo assoldato Yacine alla chitarra. Agli inizi facevamo principalmente delle cover di gruppi dell’epoca come Sepultura, Metallica, ecc. Poi, due anni più tardi, abbiamo registrato un demo e Sabri è diventato il nostro nuovo batterista.
 
È stato difficile trovare dei compagni d’avventura? Una volta che li hai trovati, come avete mosso i primi passi?
Qualche mese dopo aver lasciato i Neanderthalia, io, Yacine e Sabri abbiamo formato i Litham. Bisogna dire che è stato in questo momento che le scelte sono diventate serie. Abbiamo registrato il nostro primo album nel 1999 che è considerato ancora oggi come un cult (si può considerare il primo full-length di metal estremo arabo).
 

 

2011. Lelahell. Com’è nata questa idea? Non era sufficiente i’impegno che già avevi con le altre band della scena di metal estremo algerina (Litham, Devast, Neanderthalia, Carnavage)?
Agli inizi degli anni novanta, quando ho iniziato a suonare uno strumento, questi era una chitarra. Dunque, in realtà l’idea dei Lelahell è quella che ho sempre avuto da sempre. Mi sono messo seriamente alla chitarra nel 2010 ed è stato qui che ho iniziato a comporre qualcosa, tanto che i Lelahell sono nati come one man band!

“Al Intihar”, il vostro primo EP, ha un bel suono, professionale. Come l’avete registrato e prodotto? Con quale budget?
“Al Intihar” è stato registrato da me nel mio home studio. Nel corso degli anni ho investito tempo e denaro per imparare e per poter registrare un suono corretto. Ho quindi prodotto qualche gruppo locale come i Devast (per il loro debutto discografico prima che entrassi a fare parte della band), i The Kult Of Satanachiia (black metal) e i Demokhratia (fast core).

Quali sono gli argomenti dei testi delle vostre canzoni?
Si parla di tutto e di niente. Il titolo dell’EP “Al Intihar” significa ‘suicidio’. “Emperor” parla di Nerone, dei suoi quattordici anni di regno, sino alla sua morte. Si ha l’impressione che questa storia si ripeta, giusto? La seconda canzone è un estratto di un testo di Al Moutanabi (“il pretenzioso”), un celebre autore della letteratura araba. “Into The Past” ci fa ricordare tutto il male che può fare l’uomo nella sua esistenza: distruzioni, morti, menzogne, disastri, ecc., e che continua a fare. “Al Iihtiqar” parla di disprezzo, mentre “Hermanos” è una storia fra amici che all’inizio sono come fratelli di sangue ma che poi diventano diversi per via della vita.

… e il significato del vostro moniker, qual è?
Lelahel è il sesto dei settantadue angeli della cabala. Porta fama e fortuna alla scienza e alle arti e dà l’illuminazione per guarire. Lelahell, quindi, rappresenta Lelahel ma anche l’inferno (‘hell’). Un angelo che arriva dall’inferno. Paradossale, no?   

Il vostro stile è una miscela di thrash e death, con influenze black. Al contrario di tanti altri gruppi (Moonsörrow, Eluveitie, Finntroll, …), nella vostra proposta ci sono pochi elementi di musica etnica e/o folk. Perché?
Noi non siamo una band di folk metal e non vogliamo assolutamente somigliare ai gruppi che hai citato. Sappiamo bene, infatti, che si tratta di una moda che sparirà presto. La musica dei Lelahell è innanzitutto metal estremo, principalmente death con qualche riff thrash, e contiene solo qualche accenno di musica etnica. Non è per il fatto che si arrivi dall’Algeria che si debba necessariamente essere una copia degli Orphaned Land o altri ensemble di questo genere!

Riuscite a suonare dal vivo?
Sono appena tornato da delle prove. Prepariamo la nostra set-list che sarà composta dai titoli dell’EP e da nuovi brani. Una band che non fa spettacoli dal vivo è come uno sportivo che si allena senza fare gare. Quindi, che interesse ci sarebbe, a non suonare dal vivo?

E per il futuro, quali sono i progetti per i Lelahell?
Fare molti show al fine di diventare un punto di riferimento e di far rivivere la scena metal algerina. E preparare il nostro primo album.

Qualcosa da dire ai lettori di Truemetal.it, per finire…
Dico solo: «stay metal!»

Intervista a cura di Daniele “dani66” D’Adamo