From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – Gennaio/Febbraio 2010

Di Angelo D'Acunto - 23 Febbraio 2010 - 0:05
From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – Gennaio/Febbraio 2010

L’occhio di TrueMetal.it sull’Underground – # 01/2010

Nuovo numero per la nostra rubrica sull’underground italiano. Qui, e nelle prossime edizioni, troverete informazioni sui demo che ci arrivano in redazione, da sommare alle recensioni dei demo migliori, che continueremo a pubblicare nell’apposita sezione.


 

Ricordiamo che i sample di tutte le band sono disponibili sulle relative pagine MySpace, segnalate a lato della recensione.
Buona scoperta!

Indice aggiornato della rubrica

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Spectral Universe
Achernar

2009, Autoprodotto
Death

http://www.myspace.com/alahiralnhar

Tracklist:

01. Sky’s Suicide
02. The Sign Of The Moon
03. Into The Depth
04. Morning Star
05. Infinity
06. Spectral Universe
07. Afflicted By Your Mind

 

Formatisi in quel di Sassari nel 2005 in seguito all’incontro tra Marco “Okram” Falchi (cantante e chitarrista) e Paolo “Misa” Mereu (chitarrista), gli Achernar riescono a completare i ranghi solamente tre anni più tardi, grazie all’ingresso in pianta stabile del bassista Antonio Deriu e del batterista Giovanni “Reshaim” Mulas. Il genere proposto nelle sette tracce che compongono questo Spectral Universe, primo lavoro completamente autoprodotto, si rifà soprattutto a un death melodico di chiara matrice scandinava (sulla scia di band del calibro dei primi In Flames, Dark Tranquillity e Soilwork, per intenderci) a cui vanno ad aggiungersi sporadiche influenze più marcatamente black e doom metal. Basta un piccolo ascolto per notare però che sono pochi gli spunti davvero interessanti all’interno di questo disco, per un lavoro sicuramente inappuntabile dal punto di vista formale (decisamente buone sono le capacità tecniche del gruppo), ma che nel complesso risulta assolutamente statico, a tratti eccessivamente ripetitivo e privo di personalità. Non che tutto sia da buttare: malgrado la scarsa originalità, la proposta risulta comunque abbastanza gradevole, e qualche spunto degno di nota fa capolino ogni tanto all’interno delle composizioni, ma è troppo poco per salvare un disco un po’ troppo derivativo, e che non riesce affatto a convincere nella sua interezza. Certo, i margini di miglioramento ci sono tutti, e proprio per questo siamo sicuri che, con un po’ di esperienza in più, questi Achernar potranno fare qualche deciso passo in avanti con i lavori futuri.

Lorenzo Bacega

 

 
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Who Cares 
Carbackfire

2009, Autoprodotto
Hard Rock

www.myspace.com/carbackfire

Tracklist:

01. Still a Bit Of Rock
02. Chances
03. My Reasons
04. Who Cares
05. Look What The Cat Dragged In (Cover Poison)

 

“I Carbackfire sono voglia di divertirsi e fare del buon rock and roll”.
Chiara, semplice e diretta manifestazione d’intenti per questa giovane band torinese, fondata nel corso del 2007 dal chitarrista Ronny Montanaro e giunta, dopo i consueti ed inevitabili cambi di line up, al traguardo pel primissimo demo autorprodotto.
La proposta del gruppo è quanto di più immediato possa capitare alle orecchie. Hard rock, sporcato da evidentissime tinte stradaiole, che manda in sequenza riferimenti al punk n’roll più ruvido ed incazzoso, privato per lo più, del lato ammiccante e “piacione” tipico delle band losangeline anni ottanta.
I brani evidenziano tutti i pregi ed i difetti di una realtà agli esordi: produzione limitata, suoni leggermente impastati, songwriting perfettibile ed un po’ derivativo, seppur innervato da germogli di carattere ancora nascosti. Aspetti compensati da una grinta davvero incendiaria (ottime le vocals del singer Max e le martellanti sei corde di Ronny e Lillo), un’attitudine onesta e sincera e da un profilo musicale che, dopo tutto, finisce per risultare gradito a colpi di watt e scorribande sonore. Caratteristiche che animano senza soluzione di continuità tutti e quattro i brani offerti (cui si aggiunge una discreta cover dei celebri Poison) e sanno mettersi in luce in particolar modo nella furiosa opener “Still a Bit Of Rock”.
Un primo approccio alle scene più che dignitoso. Ancora poco per delineare la strada del successo in un ambiente sempre più affollato, ma senza dubbio, qualcosa di cui compiacersi ed un buon punto di partenza.

Fabio Vellata

 

 
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Hayball
Deshody
2009, Autoprodotto
Gothic

www.myspace.com/dhunemusic

Tracklist:

01 Screaming Souls (Intro)
02 True Nate
03 A Sign of Violence
04 Hay Ball
05 My Season V (One Body, One Soul)
06 Life?
07 You Damned Fool!!!

 

I Deshody sono una thrashcore band nostrana nata nella primavera del 2008 grazie alla volontà del bassista e cantante Matteo Raggi a cui vanno ad aggiungersi il batterista Gianni Marchelletta e il chitarrista Davide Gabriele. Sebbene le estrazioni musicali da cui provengono i tre siano distanti dall’impattante attitudine classica del thrash metal (…un passato in band progressive, heavy, rock), i nostri non hanno paura di confronti. Nascono quindi questi sette brani. Sette macigni di puro post-thrash con qualche influenza sperimentale (forse non hanno perso completamente l’istinto prog…) sia a livello di songwriting, sia a livello di missaggio, in cui è palese il tocco raffinato del produttore Simone Fiorletta, talentuoso chitarrista dei Moonlight Comedy, band da sempre attenta agli accorgimenti. I pezzi sono poco innovativi, ma la spontaneità con cui scorrono i minuti fa scivolare via l’ascolto con piacere e coinvolgimento. Infine, un pizzico di hard core qua e là e il gioco è fatto. Se il feedback atteso e sperato era positivo, allora possiamo far dormire sonni tranquilli ai Deshody perchè le idee che hanno dato vita ad “Hayball – Promo 2009” sono oggettivamente vincenti. Si attende solo un lavoro completo e ben confezionato.

Nicola Furlan

 

 
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Medusa
Dhune

2009, Autoprodotto
Gothic

www.myspace.com/dhunemusic

Tracklist:

01 Fading Truth
02 The Reason
03 Medusa
04 Around My Bones
05 Furious
06 We’re Divine
07 Woman Without Name
08 Fly Away
09 The Red Journey
10 The Storm

 

“Medusa”, demo di debutto dei piacentini Dhune, esce sul mercato già a fine 2008 ed è identificato da uno stile musicale che sa di gothic metal con acidi accenti groove classici dello stoner. Le canzoni sono quindi contraddistinte da un impatto ritmico granitico e da melodie di fondo godibili e riconoscibili. Questo grazie alla brillante prova al microfono della nuova cantante Elisa (ex-Big Sur), cantante davvero espressiva, e del frontman e chitarrista Davide. I due si integrano bene, enfatizzando rispettivamente l’aspetto più armonico e quello più potente dei dieci pezzi. Non male anche la sezione ritmica per mano dell’accoppiata Marco/Giovanni anche se qualche variazione dei tempi avrebbe reso più slanciato ed accattivante l’intero lavoro in studio. Uno dei punti deboli del disco è quindi l’incedere uniforme dei brani. A tratti ripetuto e stantio, il susseguirsi delle canzoni si rivela pesante da digerire in quanto sostenuto da livelli di bpm sostanzialmente contenuti. Ciò non toglie (e non limita) la spiccata attitudine compositiva identificabile in brani riusciti quali l’opener track, Furious, Woman Without Name piuttosto che Fly Away. Insomma, un bell’esordio, companatico del gustoso atteso secondo full-length attualmente in lavorazione, “Needles and Rust”. Attendiamo fiduciosi.

Nicola Furlan

 

 
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Roll Back
Dreamhunter
2010, Autoprodotto
Hard Rock

http://www.myspace.com/dreamhunterband

Tracklist:

01. Superstition
02. The First Time I Met Her
03. Honest World

 

Già incontrati su queste pagine in occasione del debut album edito nel 2006, i bresciani Dreamhunter tornano alla carica offrendoci un’interessante preview di tre tracce relativa al loro prossimo full, previsto in uscita nel corso di quest’anno.
Ammetto di non aver mai avuto il piacere di conoscere prima d’ora il gruppo lombardo. Senz’altro positive le impressioni derivanti di prim’acchito, tali da porre all’attenzione una band strumentalmente piuttosto evoluta e dal profilo tecnico decisamente buono.
Voce pulita, songwriting composito e dalla struttura mai troppo lineare e qualità dei suoni senza dubbio oltre la media, evidenziano un’anima che trae spunto dalla tradizione hard n’heavy ispessita da esperienze eterogenee, capaci di far virare la proposta verso lidi non troppo lontani da forme metallizzate di certo rock progressivo.
Le critiche, per quanto marginali, sono forse ascrivibili al cantato del singer Michele Gusmeri, dal buon potenziale ma perfettibile in primo luogo nei frangenti più acuti, aspetto che, a quanto dato di sapere, si poneva in luce già nelle precedenti uscite del quintetto.
Il fascino di un concept probabilmente ispirato al recente movie “Il curioso caso di Benjamin Button”, favorisce un pizzico di curiosità in più per quello che sarà il prodotto finito, date le premesse, capitolo dalla probabile consistenza concettuale ed artistica d’assoluto spessore e pregio.

Fabio Vellata

 

 
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We Want to Drink
Dreker
2009, Autoprodotto
Thrash

www.myspace.com/drekerband

Tracklist:

01 We Want to Drink
02 Bimbominkia
03 War of the Whores
04 A Moment of Lucidity
05 In Thrash we Trust

 

Un nome un programma. Non basta la dovuta storpiatura del moniker a celare gli intenti festaioli della thrash metal band salentina Dreker. Dopo vari cambi di line-up e la conferma al microfono del frontman Alessandro Fiore, la band mette in mano alla critica un primo EP di cinque brani: scopo principale quello di recepire un feedback tanto positivo quanto motivante per un investimento che dia alla luce l’agognato full-length di debutto. Obiettivo centrato. Potrebbe apparir scontato, ma la principale ispirazione sembrano essere proprio i Tankard, non tanto quelli che hanno reso celebre il sound di dischi come “Zombie Attack”, “Chemical Invasion” e “The Morning After”, quanto quelli di metà carriera in cui si poteva già cogliere l’avvicinamento alla scena d’oltre oceano. Ecco allora che il quintetto leccese esprime il proprio credo attraverso sezioni ritmiche veloci e potenti, dirette e attraverso l’uso di un cantato aggressivo (e dalla rimbrica davvero pregevole). Queste idee vanno ben oltre la mera esecuzione o la banale ripresa ad hoc di quelle che furono le sonorità di un tempo. C’è attitudine e coerenza stilistica e non ultima, quella personalità in grado di dar vita a un progettto davvero interessante. Certo la produzione non rende onore alle idee, ma nel complesso appare l’osservazione meno importante considerato l’obiettivo del prodotto in questione. Non resta che attendere fiduciosi. Un’altra realtà si è fatta notare: i Dreker, ennesima thrash band in grado di aggredire un mercato sempre più fitto di concorrenti. Ne vedremo delle belle.

Nicola Furlan

 

 
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Into The Symphonia
Infinita Symphonia

2009, Autoprodotto
Power

http://www.infinitasymphonia.com

Tracklist:

1) Mighty Storm
2) The Illusion
3) From Earth To Heaven (Lost Love)
4) We Fight Trough Metal Sound
5) Intro (Spection)
6) I Belive In You
7) From Earth To Heaven (Lost Love) Revisited Version

 

Gli Infinita Symphonia nascono nel 2008 dalle menti di Luca Micioni (voce) e Gianmarco Ricasoli (chitarra). Dopo aver completato la line-up la band incide il demo di cui vi sto per parlare: Into The Symphonia contiene esattamente sette tracce di Power Metal sinfonico abbastanza derivativo. La prova dei sei ragazzi però non è esattamente positivissima: lasciando da parte la voce un po’ approssimativa nelle note medie (probabilmente anche a causa della registrazione che non è di ottima qualità), a parte per sporadici episodi come la semi-ballad The Illusion e la sesta I Believe In You, Into The Symphonia si presenta abbastanza piatto: From Earth To Heaven (Lost Love), ad esempio, con la costante chitarra acustica di sottofondo tende a far annoiare l’ascoltatore, anche a causa di una certa monotonia di fondo che si ripercuote poi nel resto dell’album. Non una prova brillantissima quindi per i connazionali Infinita Symphonia. Direi che per adesso solo il tempo ci saprà dire la strada che riusciranno ad intraprendere questi ragazzi, certamente motivatissimi, ma forse ancora un po’ acidi musicalmente.

Luca Dei Rossi

 

 
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Still Awaken
Land Of Mordor

2009, Autoprodotto
Power

http://www.myspace.com/landofmordorband

Tracklist:

1) Crimson Peace
2) Russia
3) Unholy Terror Comes
4) Darklord
5) A Kiss Of Hope
6) A Kiss Of Hope (Single)
 

I Land Of Mordor nascono nel 2001 in Spagna, e solo 2 anni dopo rilasciano il loro primo full-length (comunque auto prodotto). Still Awaken, come dice il titolo, è la dimostrazione che la band ha ancora voglia di fare e di mettersi in gioco: questo EP punta ovviamente ad attirare l’attenzione di qualche etichetta discografica che li possa mettere sotto contratto. Ma che cosa offrono i Land Of Mordor? La band unisce il Death Metal ad una base Power abbastanza in linea con i clichè del genere: le cavalcate tipiche del Power vengono infatte unite ad un growl cavernicolo, a saltuari blast beat e a una tecnica non indifferente. Il growl viene però sostituito, a volte, ad una voce melodica grave e cattiva. Purtroppo nonostante alcuni episodi brillanti, la lunghezza a volte eccessiva delle canzoni provoca ridondanze piuttosto deleterie, anche perché le idee (se non quella inusuale della commistione di due generi così diversi) nell’arco delle sei canzoni proposte, decisamente non si sprecano. Peccato, perché alcune atmosfere meritano davvero tanto (vi rimando ai Powerwolf per darvi un’idea), e in generale l’esecuzione è positiva. Mi aspetto quindi molto da questa band che se verrà messa sotto contratto, con la giusta maturazione potrà sfornare lavori di gran lunga migliori di quello proposto in questo Still Awaken, che per adesso si merita una sufficienza e niente più.

Luca Dei Rossi

 

 
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Promo 2010
Lothüs

2010, Autoprodotto
Hard Rock

http://www.myspace.com/lothusheavystoner

Tracklist:

01. Black Leather Woman
02. Fever
03. Sweet Jane

 

Possiamo legittimamente attendere ottime cose dai siciliani Lothüs, band costituita da alcuni membri di realtà già conosciute nell’ambiente metal italiano, qui alle prese con un voluminoso e potente heavy rock dalle connotazioni stoner-settantiane che, animato da numerosi elementi favorevoli, pare presentarsi con tutte le caratteristiche della produzione de-luxe.
Una voce davvero ottima, quella di Francesco Chiazzese (attuale chitarra dei Trinakrius) – sorta di Ripper Owens di casa nostra – una coppia d’asce che macina riff in pieno stile Black Label Society-Spiritual Beggars ed una sezione ritmica quadrata e solida come una squadriglia di panzer all’attacco, arma un songwriting non eccezionalmente fantasioso ma dalla sostanza incontestabile, cui rende ulteriore supporto una qualità dei suoni molto curata e d’altissimo livello.
Tre pezzi sono invero pochi per definire in maniera compiuta quello che potrà essere il vero potenziale del nuovo album in cantiere (secondo capitolo, dopo il debut omonimo edito nel corso del 2007), pur tuttavia, le premesse sono senza dubbio delle migliori e, qualora mantenute nel full length, meritevoli d’attenta ed approfondita indagine da parte dei conoscitori e seguaci delle frange più ruvide del genere hard.
Attualmente senza contratto, il gruppo è alla ricerca di valide opportunità discografiche. Alla luce di quanto ascoltato in questo breve assaggio, siamo certi che l’attesa non sarà affatto lunga e l’approdo dei Lothüs sotto l’ala protettrice di qualche esperta label, questione meramente formale.

Fabio Vellata

 

 
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Sabrewolf
Red Warlock

2009, Autoprodotto
Heavy

http://www.myspace.com/redwarlockofficial

Tracklist:

01. Sabrewolf
02. The Mark of Betrayal
03. Awakening
04. Endless Line
05. Slave to the Master

 

A tre anni di distanza dal precedente “Rising From Hell”, primo lavoro completamente autoprodotto dato alle stampe nel 2006, tornano sulle scene i sardi Red Warlock con un secondo demo, intitolato “Sabrewolf”. Le cinque tracce che compongono questa nuova uscita si rifanno a coordinate stilistiche a cavallo tra heavy metal classico e US power, sulla scia di gruppi storici del calibro di Jag Panzer, Iced Earth e Running Wild, a cui si aggiunge un pizzico di Primal Fear. Ci troviamo dinnanzi a un lavoro tutto sommato ben congegnato da parte del gruppo sardo, con degli spunti interessanti ed interpretato con una buona dose di personalità, ma che non ha certo nell’originalità il proprio punto di forza: nonostante il gruppo si riveli estremamente valido per quanto riguarda il lato puramente esecutivo (supportato per altro da una produzione praticamente impeccabile da ogni punto di vista), la proposta musicale risulta infatti ancora abbastanza derivativa e infarcita di vari richiami. Niente di nuovo sotto al sole quindi, ma è indubbio che le cinque canzoni qui proposte risultino comunque nel complesso piacevoli e decisamente gradevoli da ascoltare. Certo, di strada da fare ce n’è ancora, ma questi Red Warlock dimostrano di avere tutte le carte in regola per poter sfondare per davvero, a patto che riescano a smussare le varie asperità che ancora affliggono il songwriting. E chissà se con la pubblicazione del primo full length vero e proprio (attualmente in lavorazione) le cose non possano già cambiare…

Lorenzo Bacega

 

 
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From the Depth…
Shadows in Heaven
2009, Autoprodotto
Death

http://www.myspace.com/shadowsinheaventorino

Tracklist:

01. Unconscious
02. From the Depth
03. My Invisible War
04. The Brand of Infamy
05. Columns of Ercole
06. The Heretic
07. One Letter to the Front
08. Misantrophy:Attitude

 

Esordio sulla lunga distanza per gli Shadows in Heaven, formazione proveniente dai dintorni di Torino che propone un metalcore piuttosto robusto e ragionato (per fare un paragone calzante potremmo citare soprattutto i primi Shadows Fall), a cui vanno inoltre ad aggiungersi varie influenze dal sapore vagamente progressivo. Ascoltando le sette tracce (più un’intro completamente strumentale) che compongono questo “From the Depth…” balza subito all’orecchio come la band voglia tenersi il più lontano possibile dai soliti cliché del genere, dando luce a una manciata di pezzi decisamente interessanti, ben congegnati, dal tasso tecnico piuttosto elevato e dalle strutture abbastanza articolate. Tuttavia questa decisione di voler puntare soprattutto sulla complessità delle composizioni rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio per il combo piemontese: troppa è infatti la carne al fuoco, e le canzoni rischiano in questo modo di sembrare un po’ troppo macchinose e dispersive, lasciando l’ascoltatore piuttosto spiazzato e abbastanza confuso. Certo, considerando che ci troviamo al cospetto di un gruppo ancora sostanzialmente alle prime armi questo può essere ancora considerato un peccato veniale dovuto alla scarsa esperienza accumulata, e per questo motivo siamo sicuri che con il prossimo lavoro gli Shadows in Heaven potranno fare sicuramente un grande salto di qualità.

Lorenzo Bacega

 

 
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Promo 2009
Spanking Hour

2009, Autoprodotto
Hard Rock

www.myspace.com/spankinghours

Tracklist:

01 Device
02 Consequences
03 Forgive Me
04 The Pain Becomes My Treasure

 

Groove cadenzato, ritmiche caracollanti e stoppate di massima potenza sono i cardini attorno ai quali orbita il credo musicale degli Spanking Hour, band di nuova formazione attiva nell’area parmigiana.
Sin troppo facile accostare il sound dei quattro terroristi sonori a quello di pietre miliari chiamate Pantera, Machine Head e Corrosion of Conformity. Quello che manca in effetti, è un pizzico di audacia in più, quel “quid” aggiuntivo che consenta ad una proposta fornita già ora d’ottime credenziali e di qualche timoroso germoglio di personalità, ulteriori sviluppi ed alcune chance per elevarsi oltre la nebbia dell’oblio ed uscire dallo scomodo status di realtà underground.
Gli Spanking Hour hanno numeri, buona tecnica e suoni “distruggi-coni” (quelli degli amplificatori, per intenderci) e gl’assaggi forniti dai quattro pezzi presenti sul loro recentissimo demo d’esordio non lasciano dubbi in merito a determinazione e compattezza.
Sulla lunga distanza, le liete sorprese ed i rischi spiacevoli potrebbero tuttavia essere superiori ed equamente suddivisi. Il consiglio di affinare un songwriting ancora un po’ perfettibile, arrivi dunque a Franco e compagni, come un invito a perseverare senza remore, battendo con passione e voglia d’osare una strada che s’intravede di buon auspicio e, soprattutto, foriera di qualche interessante riscontro per il prossimo futuro.

Fabio Vellata

 

 
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Dirty Sins
Stone Blizzards

2009, Autoprodotto
Hard Rock

www.myspace.com/stoneblizzardband

Tracklist:

01. Steelcage
02. Rock n’Roll
03. Shout!
04. Ground Zero

 

Nuovo capitolo autoprodotto per i fiorentini Stone Blizzard, hard rock band già conosciuta e presa in esame su queste pagine in occasione del precedente demo “…At Least”, datato 2007.
Importanti cambi di formazione (rhythm session completamente rinnovata) ed un paio d’anni d’esperienza in più, hanno consentito al gruppo del leader Tommy di produrre evidenti passi in avanti, riscontrabili con piena soddisfazione in questo nuovo four-tracks intitolato “Dirty Sins”.
Maggiore consapevolezza, suoni molto ben impostati ed un songwriting non certo originale ma alquanto efficace, conferiscono la dimensione di un ensemble rodato ed ormai solido, pronto per la realizzazione del tanto sudato ed agognato primo full lenght.
Brani significativi come la saettante “Rock n’Roll” e la rocciosa “Ground Zero”, portano all’attenzione una miscela hard n’heavy capace di produrre importanti scariche energetiche, aiutata da una prestazione davvero di primo piano da parte di ogni musicista e da una produzione, come già sottolineato, effettivamente professionale.
Ottimi progressi insomma, per un gruppo che mostra buona freschezza pur rimanendo strenuamente ancorato ai sacri dettami del rock duro, atteso ora, dall’esame probante sulla lunga distanza.
Avanti così ragazzi, la strada imboccata è quella giusta!

Fabio Vellata

 

 
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The Flag of the Inverted Cross
Violent Assault
2009, Autoprodotto
Thrash

www.myspace.com/violentassault666

Tracklist:

– Side Infernal
01 Warriors (Intro)
02 In Honour To Satan
03 Devastator
– Side Thrash
04 Antimosh
05 Teutonic Furor
06 Triumph of Death (Outro)

 

Un vero e proprio revival, sotto tutti i punti di vista! Il formato rigorosamente in cassetta, i testi infernali, lo stile teutonic thrash (quello dei più violenti) e un songwriting grezzo e furioso, sono gli ingredienti salienti di questo demo d’esordio della thrash metal band friulana Violent Assault. “The Flag of the Inverted Cross” è il manifesto del thrash estremo del nuovo millennio. Vi aspettate qualcosa di nuovo da questo genere? Beh, allora lasciate perdere! I Violent Assault non guardano in faccia nessuno e ben poco curano arrangiamenti e suoni, tantomeno sembrano avezzi a dar vita a qualcosa di non sentito. I brani sono ferocissimi, marci fino all’osso, però tanto coerenti e sinceri. Un vero e proprio salto nel passato eseguito da una band dedita e innamorata di quel sound che ha fatto la fortuna di una intera generazione di ascoltatori (sopratutto quelli europei). Un passato fatto di garage, di umidità, mi muffa e di freddo, così come il sound che caratterizzò gli esordi di band del calibro di Destruction, Wehrmacht, Possessed e compagni ‘brutta’. Ottima infine la prestazione martellante del nuovo batterista Cristiano Bruschina (ex- Rigor Mortis), vera macchina tritaossa per i seguaci pronti a lasciarci la pelle sotto il palco. Non vi resta che andare a vederli dal vivo (in giro per l’Europa sono assai richiesti…)!

Nicola Furlan

 

 
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Picture Of A Thousand Worlds
Picture Of A Thousand Worlds
2006, Autoprodotto
Heavy

Tracklist:

1. History (of a Name)
2. Sidewinder’s Swing
3. Rebirth
4. M’hellancoly
5. Fingering Your Asshole

 

I Picture Of A Thousand Worlds sono un quintetto di Mantova formatosi “in un freddo giorno del dicembre 2001” che, cinque anni dopo la sua nascita, porta in scena il suo primo demo, Picture Of A Thousand Wordlds, appunto. Si tratta di un disco autoprodotto che contiene cinque brani composti in anni diversi, dal 2002 al 2005, e che permettono a chi lo ascolta di entrare in contatto con quello che è stato il percorso musicale della band.
Il genere che il complesso propone è un hard rock con solide basi metal, ricco di sfaccettature e di contaminazioni che toccano numerosi stili e spesso si presentano in rapida sequenza. Le partiture sono eleganti e ricche di cambi di atmosfera e mostrano come nel passare degli anni la band abbia scritto le canzone mischiando in modo molto intelligente tecnica e gusto compositivo. Un’ottima dimostrazione di questo è il primo dei due brani strumentali del disco, The Sidewinder’s Swing, che conserva la rara virtù di non essere né prolisso né cede alla tentazione di abbandonarsi a freddi virtuosismi.
Picture Of A Thousand Wordlds si fa apprezzare anche per il lato più squisitamente heavy della band che emerge in Fingering Your Asshole, mentre sono altrettanto piacevoli le canzoni dalla melodia più “catchy” dell’opener History (Of A Name) e Rebirth e per il lento M’hellancholy. Si tratta senza dubbio di un ottimo e piacevole esordio, da ascoltare tutto d’un fiato.

Silvia Graziola