Live Report: Metalcamp 2010 a Tolmino (08/07)

Di Redazione - 13 Ottobre 2010 - 21:10
Live Report: Metalcamp 2010 a Tolmino (08/07)

Terza giornata
Giovedì 8 luglio 2010

MAIN STAGE
14:45 15:15 Gonoba
15:30 16:00 Demonical
16:15 17:00 Suicidal Angels
17:15 18:00 Decapitated
18:20 19:20 Epica
19:40 20:40 The Exploited
21:00 22:00 Eluveitie
22:30 23:45 Behemoth
00:15 01:15 Ex Deo

 
SECOND STAGE
20:50 21:20 Birth of Horus
23:20 00:20 Destroyer666

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Introduzione
(a cura di Daniele Peluso)
 
La notte è passata a portare consiglio e meritato riposo alla numerosa famiglia multietnica del Metalcamp. Il primo sole, impietoso, ha fatto uscire anche i più provati dal primo, alcolico e cataclismatico, giorno passato a Tolmin.
Le tende si svuotano, i bagni chimici iniziano a lavorare a pieno regime, e i supermercati si vedono invasi da una marea nera a caccia di generi di prima necessità, e di schiumosa e bionda benzina. Essere al Metalcamp, oltre che un rito, è per il sottoscritto una sorta di “ritorno a casa”, alle abitudini e ai gesti ripetuti e tanto attesi nel corso dell’anno. Il Metalcamp, da quel lontano 2004, è diventato un appuntamento fisso e irrinunciabile per molti metallari provenienti da tutta Europa. Un appuntamento tra amici di sempre, qualunque sia la tua lingua…
 
Report fotografico a cura di Daniele Peluso.
 
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Gonoba
(a cura di Daniele Peluso)
 
Ad aprire le danze in questa afosa giornata di luglio gli sloveni Gonoba, band in attività dal 2004, decisa a non sfigurare davanti al pubblico di casa. Ahimè è proprio il pubblico a latitare pesantemente, impegnato a godersi il caldo del sole al beach bar o le gelide acque del fiume Soča (Isonzo). Mezz’ora di un thrash dalle pesanti influenze death regala ai pochi presenti un’esibizione davvero convincente incentrata completamente sui pezzi contenuti nell’album di debutto “Chains of Ignorance”. Un supporto all’underground davvero notevole quello degli organizzatori del festival, peccato per lo scarso interesse da parte del popolo del Metalcamp.
 

 
 
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Demonical
(a cura di Nicola Furlan)
 
A parer di chi scrive, questa edizione del MetalCamp ha evidenziato alti e bassi dell’impianto o, con molta probabilità, del lavoro dei fonici ingaggiati. All’interno delle varie giornate alcune band hanno goduto di un trattamento eccellente, altre di un’operatività poco attenta. Nulla di tragico si intende, ma spesso s’è colto un oscillazione dei volumi non proprio dettata da mano fine e controllata. Un gruppo che ha patito un po’ questo ‘modus operandi’ sono stati i Demonical, death metal band svedese con all’attivo due studio album: “Servants of the Unlight” del 2007 ed “Hellsworn” del 2009 e, a quanto pare, un’attiva e costante attività live. E si vede in termini di esperienza! Il combo, capitanato da Johan Jansson, già in formazione a realtà come Interment, Regurgitate e Dellamorte, ha convinto. Arcigno, perfetto nell’esecuzione dei pochi brani proposti (lo show è iniziato con leggero ritardo), il quintetto ha tirato a sé un manipolo di furiosi che nel giro di un paio di pezzi aveva già segnato il circle pit nel (semi)fangoso fronte palco inumidito dalla security causa ingente quantitativo di polvere alzato durante il circle-pit. L’ora calda non ha fermato il bisogno di scontro fisico ed headbanging sulle note di Baptized in fire e su quello del loro manifesto Death Metal Darkness. Bravi, non c’è che dire!
 
 
Suicidal Angels
(a cura di Nicola Furlan)
 
Quando si parla di thrash ben composto e sincero si intraprende un percorso assai arduo. Da sempre, il thrash metal s’è posto al pubblico come portabandiera di un ideale, come aggressivo annunciatore di valori mascherati a festa a suon di birra e pogo. È anche vero che una rivisitazione del genere è in corso, proprio come proclamava Gian Battista Vico nei suoi ‘Corsi e Ricorsi’ storici. Certo, non tutte le ciambelle riescono con il buco, tanto che, al momento, c’è chi riesce a sostenere (pur restando al passo coi tempi) la vera identità del thrash metal senza snaturarsi e chi, come i Suicidal Angels, rendere barbaro un genere molto più vicino ai concetti che alla musica stessa che lo rappresenta. I greci suonano con poca anima, i loro dischi non convincono minimamente in quanto asettici, privi di sfumature apprezzabili e assai quadrati e poco inclini all’interpretazione. Dal vivo non cambia nulla. Questa era per loro la prova di fuoco. Sono in tanti a non rendere su Cd e nel contempo riuscir ad essere prestanti on-stage. Qui il problema invece è proprio la musica che non rende né da una parte, né dall’altra. E non ci si può attaccare nemmeno a suoni scadenti perché, rispetto alle band d’apertura, i Suicidal Angels hanno goduto di un settaggio molto buono, sopratutto in merito alla cura dei bassi. Ci sono troppi mostri sacri in circolazione per poter essere attratti dai Suicidal Angels. Proprio non ci siamo.
 
 
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Epica
(a cura di Gianluca Toffanello)
 
Ore 18,15. Premetto che il symphonic metal non rientra tra i generi che prediligo e quando mi hanno proposto di fare un report sul concerto di Simone Simons & soci non volevo acettare per paura di non essere obiettivo. Tuttavia, nonostante l’opinione iniziale ho dovuto ricredermi, giudicando positivamente l’esibizione. Dopo l’immancabile intro “Samadh”,isulle note di “Resign to Surrender”, fa la sua entrata la bella singer dalla rossa chioma. Il gruppo viene accolto benissimo e i suoni questa volta sembrano ben calibrati, Con ”Sensorium”i nostri ci fanno fare un tuffo nel passato fino al debut “The Phantom Agony” per tornare subito con “Unleashed” ed “Martyr of the Free Word” all’ultimo full-lenght . È il turno di “The Obsessive Devotion” (2007) seguita da “Quietus” (2005) per giungere a “Cry for the Moon” (il cui coretto mi è ronzato in testa per tutta la durata del festival), Concludono “Sancta Terra” da “The Divine Conspiracy ” e la magnifica “Consign To Oblivion, “dall’omonimo album del 2005. Un live di tutto rispetto quello degli Epica, che non può che incontrare il mio consenso e i miei ovvi complimenti!
 
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The Exploited
(a cura di Stefano Pastore)
 
Finalmente è l’ora dello show dei leggendari Exploited. La band scozzese oramai propone un crossover diretto tra punk e thrash e si trova pienamente a suo agio sui palchi dei maggiori metal festival europei. Ovviamente lo spettacolo che Wattie e compagni propongono è incentrato tutti sui classici (l’ultimo lavoro da studio, Fuck The System, è del 2003) e dunque via con le varie Punk’s Not Dead, I Believe In Anarchy, Fuck The System, Beat The Bastard, Let’s Start A War in ordine vario. La cosa certa sarebbe che avere la loro presenza in un festival metal italiano creerebbe non poca indigniazione nel pubblico nostrano.
 
 
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Eluveitie
(a cura di Daniele Peluso)
 
La bandiera bianca e rossa conquista a fatica la prima fila. Sullo sfondo, la suggestiva copertina dell’ultimo album Everything Remains (As It Never Was) dipinge il palco con tinte fredde riscaldate alla bisogna da calde luci o da avvolgenti tinte pastello. Gli attesissimi Eluveitie salgono sul palco in perfetto orario. L’atmosfera suggestiva della sera scesa su Tolmin rende il tutto empaticamente più coinvolgente.  L’intro ammutolisce il pubblico. È il momento di Otherworld.

Where do we go. question mark.
What have we become. question mark.
Whither went what was. question mark.
Shall there ever be dawn. question mark.
Did we ever change?

Molto è cambiato dall’esibizione del combo elvetico al festival sloveno datato 2007. All’epoca iniziava a muovere i primi passi nel mondo del folk metal europeo con all’attivo l’Ep “Vèn” e l’album di debutto “Spirit” e con in cantiere un disco fondamentale come “Slania”. Oggi la band di Christian “Chrigel” Glanzmann  e Anna Murphy arriva supportata da una corazzata come la Nuclear blast e anticipata da una critica spesso entusiasta. Il livello qualitativo è davvero eccellente. Il repertorio corre via veloce tra un sussulto di ghironda, un passaggio di cornamusa e una ritmica martellante di matrice svedese. Il tutto supportato da dei suoni davvero superlativi. Il pubblico apprezza, è un dato di fatto. Da “Inis Mona” a “Thousandfold” è un susseguirsi di Mosh pit scanditi dalle note degli Eluveitie.
Qualità indiscutibile unita ad una eccellente attitudine hanno reso gli Eluveitie uno dei punti fermi nel folk metal moderno e, lo spettacolo offerto in questa calda serata estiva, non fa che sottolineare un successo che, me lo auguro vivamente, vedrà numerose e continue conferme.

 
 
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Birth of Hours
(a cura di Nicola Furlan)
 
Come potete immaginare, non sempre assistere allo show di un gruppo ad un evento importante come il MetalCamp, sebbene si parli si second stage, è garanzia di qualità. La conferma è arrivata dai Birth of Hours. La band è autrice di un melodic death metal che non disdegna ogni tanto qualche apertura symphonic black metal. L’uso combinato di growl e scream lega un songwriting sufficientemente ricco di spunti, ma ancora troppo acerbo per esser digerito e gustato con piacere. Il riffing dà d’incompiuto, le sezioni soliste sono scarne e davvero trppo elementari e il basso non enfatizza a dovere i momenti più groovy. Purtroppo lo scivolone avviene durante l’esibizione in quanto i ragazzi si sono manifestati in tutta la loro incapacità (dovuta a mancanza di esperienza): impacciati come ragazzini al primo show alle scuole medie, i nostri non hanno davvero instaurato alcunché coi pochi presenti davanti alle transenne eccezione fatta per il cantante, spigliato e spontaneo per tutti i trenta minuti a disposizione. Tanti infine gli errori d’esecuzione, sopratutto da parte dei chitarristi. Non ci siamo per nulla. Un consiglio: meglio non avere fretta di suonare se non s’è pronti a farlo; sembrerà banale, ma, al lato pratico, può davvero compromettere la credibilità di una band! Ora sarà dura rifarsi.
 
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Ex Deo
(a cura di Daniele Balestrieri)
 
Quest’anno gli italiani sul palco si sono visti con il lumicino; fortuna che è arrivato il buon Iacono (canadese ma di stirpe italiana) a risollevare le sorti del Paese portando sul palco i suoi Ex Deo nuovi di zecca e riportando in auge l’annoso problema delle scelte direttive del Metal Camp. D’accordo che i Kataklysm sono pur sempre i Kataklysm e che quindi i componenti degli Ex Deo sono ben conosciuti, ma ho visto relegare in orari allucinanti e sul secondo palco band con 10-15 anni di carriera e 6-7 album alle spalle… che forse avrebbero giovato di un po’ più di visibilità, o quantomeno di riconoscimento. Ma come direbbero i Guns ‘n Roses, “who says life is fair?”, e in ogni caso la performance dei canadesi, ricoperti di sangue e in armatura da centurione, è stata senza dubbio degna di un grande palco. Un solo album da riproporre quasi nella sua interezza: un death metal a tratti epico, molto atmosferico grazie alle sue tastiere pompose ed evocative che facevano quasi dimenticare la mancanza di act death melodico di un certo calibro. Certo, dopo la performance degli amici Behemoth hanno sfigurato un po’, ma uno spettacolo divertente, carica a 1000 nonostante l’orario e soprattutto musica suonata come si deve.
 
 
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LA FOTO DEL GIORNO (Una headbanger del pubblico)
 
 
… meglio di così non si poteva chiudere questa terzultima giornata. Vi pare? …a domani!!!