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Annihilator (Jeff Waters)

Di - 12 Novembre 2010 - 17:40
Annihilator (Jeff Waters)

’66 soli sul mio nuovo album? Vorrei proprio sapere chi l’ha scritto… ce ne sono molti di più!’
(Jeff Waters)

 

Grazie all’intervista fatta al chitarrista e fondatore Jeff Waters mi sono tolto un altro sassolino dalla scarpa. Dopo tanti anni di interesse per certi tipi di musica, chiamiamoli thrash metal, thrash core, speed metal, mosh core, technical thrash, sono riuscito a scambiare quattro chiacchere con uno dei più validi e preparati musicisti che questi movimenti, legati indissolubilmente gli uni agli altri, abbiano mai annoverato nelle proprie fila. Certo, di musicisti importanti ne sono stati partoriti tantissimi ma, per chi non lo ricordasse, o era troppo giovane per aver coscienza di quanto stava accadendo a cavallo tra anni ottanta e novanta, Jeff Waters è stato da sempre considerato un vero talento, critica o colleghi che fossero ad esprimersi in suo favore e questo fin dai lontani esordi di carriera. Gli è sempre stata riconosciuta (e credo il giudizio sia unanime) un’abilità fuori dal comune nonché un’innata capacità nell’affrontare ritmiche e soli che, nel corso degli anni, sono diventiti un vero e proprio marchio di fabbrica degli Annihilator. Vero è anche che il chitarrista ha fatto molto parlare di sé cambiando stile costantemente, ingaggiando sempre nuovi membri in formazione, dando vita a una discografia schizofrenica per ritmi di lavoro (22 dischi pubblicati tra full-length, EP, DVD, compilation e live album!) e inversioni di stile. E proprio dalla brillante ultima fatica discografica siamo partiti per dar vita all’intervista telefonica programmata daEarache Records…

Sei l’ennesima persona che rimane così piacevolemente colpita da “Annihilator” e questo mi lascia sbigottito. Non credevo d’aver fatto un album così valido, d’aver lavorato tanto e sodo sì, ma i riscontri sono superiori alle aspettative.

Più che altro sono rimasto colpito dalla qualità e dalla freschezza del songwriting. Per non dire del parco soli a firma dei brani. A mio parere, erano anni che non usciva sul mercato un disco così importante. Sono quasi certo che tra voi, gli Heathen, i Megadeth, gli Exodus e gli Overkill, si possano trovare le più importanti thrash metal band in circolazione.
 
Ti ringrazio, sopratutto per il fatto d’aver accostato il nostro nome a gruppi come Exodus e Megadeth che per me sono sempre stati dei punti di riferimento. Quando ho iniziato a suonare la chitarra era per emulare quanto ideato da musicisti come Rick Hunolt e Dave Mustaine. E, dato che parliamo di Megadeth, approfitto per raccontarti un aneddoto. Quando stavo registrando “Never Neverland” avevo già pubblicato il mio esordio “Alice in Hell”. Era inizio 1990 e i Megadeth stavano per mettere a ferro e fuoco il mercato con “Rust in Peace”. Casualmente deve essere finito in mano a Dave Mustaine qualche brano di “Alice in Hell”. Il suo parere fu illuminante perché disse d’aver ascoltato una grande band. Non mi sembrava vero finché, da li a poco, ogni rivista scrisse che quel full-length sarebbe diventato un masterpiece del genere.
 

Mi sembra di capire che da quel momento qualcosa sia cambiato…
 
Certo molto più che qualcosa! In quel momento ho capito che la musica poteva diventare la mia professione, che avrei potuto vivere di quello che mi piaceva veramente. Non sai quanto ci ho pensato! E così ho fatto, cercando di lavorare in maniera professionale, rispettando il lavoro dei miei colleghi più o meno giovani, valorizzando le persone valide che mi circondavano.
 
Credimi, i risultati si sono visti e si vedono eccome! Ma voglio un attimo riagganciarmi alla prima domanda. Ho acquistato la versione limitata di “Annihilator”, quella coi gadgets per intendersi e sul jewel-case ho trovato un adesivo con su scritto ’66 solos on this Cd’. I miei occhi hanno brillato perché ho sempre ritenuto che, in questo genere musicale, le canzoni prive di soli siano fredde e asettiche…
 
66 soli sul mio nuovo album? Vorrei proprio sapere chi l’ha scritto… ce ne sono molti di più! A parte scherzi, è stata un’idea dell’etichetta discografica Earache Records e comunque mi fa molto piacere che la gente inizi ad apprezzare nuovamente le canzoni strutturate come una canzone che rispetti dev’essere. È però stato un lavoro davvero impegnativo anche perchè in questo album ho fatto praticamente tutto io avendo delineato i tratti d’ogni strumento, suoni e riffing.
 
Come lavori in studio e dove provate?
 
A casa mia e per la maggior parte del tempo ho lavorato da solo. Mi sono creato il mio studio di lavoro. Ho acquistato tutti gli strumenti, batteria compresa oltre a tutti i software per registrare idee, fare ordine tra tutti gli spunti che mi balzavano in mente e che registravo. Ho voluto anche porre particolare attenzione ai microfoni in quanto volevo che non sfuggisse nulla. Inoltre parte del materiale è stato composto nel corso dell’ultimo tour, quindi diciamo che quando sono entrato in studio avevo molte cose da mettere a posto. Non avessi avuto tutto sotto controllo giorno dopo giorno ora sarei ancora a starci dietro! Ho lavorato davvero come volevo. Naturalmente tutto questo aiuta, ma per fare buona musica bisogna saperla suonare…

 
Senti, cambiamo ancora discorso. Nel corso della tua lunga carriera hai cambiato più o meno una trentina di colleghi musicisti. Come scegli i tuoi ‘collaboratori’?
 
Risposta semplice: i miei compagni di gruppo devono essere bravi, competenti, onesti, comunicativi, intelligenti e devono saper parlare perfettamente l’inglese. Praticamente richiedo loro un curriculum vitae, mi sembra chiaro! Battute a parte, ora l’unico membro ufficiale degli Annihilator oltre a me è Dave Padden, uno dei più talentuosi chitarristi ritmici che abbia mai conosciuto nel corso della mia carriera.
 
In effetti sta tenendo duro…
 
Dici bene; ormai siamo sei anni che lavoriamo assieme se consideri che ha esordito in “All for You”. Ma è un’eccezione in quanto preferisco sempre nutrirmi delle esperienze altrui e delle tecniche altrui. Non avessi ragionato così non avrei mai avuto la fortuna di suonare con gente come Wayne Darley, Joe Comeau, Randy Rampage, Russell Bergquist, Aaron Randall, Scott Davis, Ray Hartmann, Anthony Greenham o Mike Mangini. E non ne cito tantissimi altri per sole questioni di tempo!

Ricordo che ad inizio anni novanta, quando uscì sul mercato “Set the World on Fire”, più di qualche rivista di settore criticò il tuo disco, un po’ come vennero criticati qualche anno prima tantissimi dischi di band anche molto importanti quali i Megadeth di “Countdown to Extinction”, i Metallica di “Metallica”, gli Anthrax di “Sound of White Noise” e via dicendo. Si parlava di band ‘senza palle’. Come si viveva il cambiamento della scena? Come interpretavate il thrash in quegli anni così delicati per il movimento?
 
Per me il thrash era già morto con il finire degli anni ottanta. Non credo tutti abbiano capito cosa stava succedendo perchè tutto accadeva troppo velocemente. Gli anni novanta hanno rappresentato un nuovo modo di intendere la velocità e l’aggressività del thrash metal. Non era più thrash metal, poche storie. Anche se tanti si ostinavano a volerci vedere del thrash in quei dischi, ma sbagliavano. Questo accade ogni volta; i fan si sentono traditi, ma le cose vanno così da sempre. La musica si evolve costantemente e per tanti è un lavoro che va al di là degli aspetti commerciali. Se ti leghi per molto tempo in maniera intransigente a una corrente artistica senza sperimentare qualcosa di nuovo su te stesso significa che hai poco da dire. Capirai il perchè tantissime thrash metal band assolutamente valide che hanno pubblicato altrettanti validi dischi nei primi anni novanta siano scomparse ‘come un pizzico di cenere in un tornado’. Non si respirava più thrash: chi l’ha capito ha cambiato aria, chi non l’ha capito è morto soffocato.
 
Quando è stato il momento in cui ti sei detto: ‘Ok Jeff, ce la puoi fare!’
 
Proprio quando Dave Mustaine espresse commenti entusiastici su “Alice in Hell” e dopo seguirono ottimi riscontri da parte di pubblico e critica, anche se la certezza matematica è arrivata con la pubblicazione successiva del 1990 “Never, Neverland” che, a dirla tutta, era già mezzo pronto durante le sessioni di registrazione del nostro debutto.
 
Tanto per ricordare ai lettori non informati: quando suonate in Italia a supporto di questa vostra ultima creatura musicale?
 
Aspetta un attimo che salgo in camera, là ho tutte le carte con i dettagli del tour, sai mi sto preparando i bagabli e ho un casino in giro per tutta la casa!
 
Fai tranquillo ci mancherebbe…
 
Allora, suoneremo il 3 novembre a Trezzo sull’Adda. Spero sia un bel locale e che sia grandissimo così da ospitare tutti i miei supportr italiani! Se qualcuno dei tuoi compaesani non potesse venire per impegni di lavoro, sappia che il primo novembre suoneremo sempre in ‘zona’ anche in Svizzera al Pratteln. Per ora vedo solo questo, magari si aggiungerà qualche altra data, ma ora non ho altro da dirvi.
 
Ok Jeff, ti ringrazio tantissimo per questa piacevole chiaccherata. Ora credo sia d’obbligo il tuo saluto finale a coloro che investiranno questi cinque minuti per leggere questa intervista. Ti saluto e spero di riuscire a vederti a Milano, mi farebbbe piacere ascoltare i nuovi pezzi dal vivo…
 
Come no, passa anche a trovarmi se capiti là nel primo pomeriggio! Per il resto spero che tanti di voi vengano a vederci a Milano, gli Annihilator senza pubblico sono a mezzo servizio! Grazie mille per il vostro supporto!
 
Nicola Furlan