Recensione libro: ”Death Metal – I 100 Migliori Dischi”

Di Daniele D'Adamo - 26 Giugno 2012 - 16:44
Recensione libro: ”Death Metal – I 100 Migliori Dischi”

DEATH METAL

I 100 Migliori Dischi

di Stefano Cerati e Barbara Francone

I Tifoni 4

216 pagine illustrate, 16×23

ISBN-13: 978-88-96131-42-8

17,00 Euro

Tsunami Edizioni
 

La collana “I Tifoni” della casa editrice Tsunami Edizioni si arricchisce di un nuovo “I 100…”. Stavolta, dedicato al death metal e alle realizzazioni discografiche che ne hanno disegnato le forme stilistiche, rendendolo – dalla fine degli anni ’80 – un genere autonomo dagli altri due che, allora, definivano il metal estremo: il thrash e il black.

Il format del lavoro è quello classico, cioè con una sintetica quanto interessante ed esauriente introduzione, a cura di Stefano Cerati, cui segue la sfilza delle cento recensioni, scritte sia da quest’ultimo, sia da Barbara Francone.

L’introduzione, come poc’anzi evidenziato, evita di dilungarsi troppo mantenendo, appunto, i caratteri di una rapida puntualizzazione di alcuni concetti cardine della storia e della filosofia tecnico/artistica del death metal; fungendo pertanto, per davvero, da incipit all’approfondimento vero cui punta il libro, e cioè alle recensioni. Da segnalare alcuni passaggi che mettono a fuoco lo spirito del genere, la cui “musica era fatta non per piacere o compiacere, ma per scioccare, per andare oltre e testare quali possano essere i limiti estremi del metal quanto a velocità e violenza musicale e lirica”. Del resto, come nota Cerati, “suonare marci, depravati, grezzi, nichilisti e volgari per questi musicisti non era un limite, ma un modo di essere”. Inoltre, “le band di death metal si nutrono soprattutto di morte e distruzione, ma anche di temi horror soprannaturali e del compiacimento per il sangue ed il corpo umano seviziato e torturato”.
Per quanto riguarda la collocazione storica, si fa nascere il death metal “con i Venom e con gli Slayer”. Si tratta di un’affermazione forse opinabile (per esempio, chi vi scrive preferisce citare i Possessed, quale primo, vero esempio di death metal) ma comunque ben motivata e in ogni caso condivisibile, anche se magari non in toto. Si affrontano, ancora, due aspetti importantissimi del genere, sfatando “due erronee credenze: che il death metal sia un genere statico e che manchi di tecnica. Al contrario, sono state proprio la diversità stilistica, la capacità di incorporare altri generi musicali al proprio interno e la costante crescita tecnica a permettere al death metal di godere di buona salute anche ai giorni nostri”. Infine, un cenno alla geografia, giacché “curiosamente il death metal si è affermato soprattutto in due aree geografiche ben delimitate, l’assolata Florida e la gelida Svezia” e una citazione anche per l’Italia che, con i suoi Necrodeath e Sadist a far da caposcuola per un movimento in perenne fermento. Probabilmente i Necrodeath sarebbero da considerare più vicini al thrash che al death, tuttavia appare corretto averli presi in considerazione in virtù della loro innegabile importanza storica e contemporanea in Europa riguardo al metal estremo italiano.    

Per ciò che concerne le recensioni, è davvero apprezzabile il lavoro enciclopedico svolto dai due autori. Ciascuna analisi critica, infatti, prende spunto da un determinato disco sia per tratteggiare la carriera della relativa band, sia – ed è qui che il lavoro va in profondità come deve – per contestualizzare la band medesima nel suo periodo di vita. Ovviamente, la scelta delle singole opere presenta evidenti margini di discrezionalità, ma non per questo Cerati e la Francone dimenticano di legittimare costantemente il loro duro lavoro di cernita. Si potrebbe obiettare che i Fear Factory abbiano fatto storia non con “Soul Of A New Machine” bensì con “Demanufacture”, per esempio; ma si tratterebbe di una sterile e inutile polemica che svilirebbe l’eccellente fatica – anche bibliografica – compiuta dagli Autori per organizzare una materia immensa e definirla efficacemente e, non ultimo, in maniera chiara e scorrevole. Il taglio del tomo, temporalmente orientato in direzione della prima metà degli anni ’90 prediligendo quindi un approccio teso a citare i “I primi 100” più che “I migliori 100”, denota ancora una volta uno sforzo mirato a fissare la prima ondata death la quale ha prima definito le coordinate stilistiche di base e poi stabilito la nascita dei vari sotto-generi (melodic, brutal, technical, ecc.). Ogni recensione, infine, è corredata dalla copertina del disco, dall’elencazione delle sue varie edizioni, delle tracce e della formazione.

“Death Metal – I 100 Migliori Dischi” è un libro adatto a tutti: sia ai neofiti che intendano affrontare l’ascolto del genere e che, quindi, abbisognano di una guida competente e professionale; e sia ai navigati deathster che vogliano, però, approfondire ulteriormente la propria cultura musicale.
      
Daniele “dani66” D’Adamo