Consigli Non Richiesti di Giancarlo Trombetti (# 10 Bis)

Di Stefano Ricetti - 27 Ottobre 2011 - 0:10
Consigli Non Richiesti di Giancarlo Trombetti (# 10 Bis)

A conferma del periodo di particolare vena, una irresistibile seconda parte della rubrica Consigli Non Richiesti # 10, da parte di Giancarlo Trombetti.

Buona e avvincente lettura,

Steven Rich

MILLE SCUSE

Ai lettori e amici devo mille scuse, sperando che le accettino. I miei ricordi sugli inesistenti The Angels band del 1966 sono del tutto inventati. La ragione di una falsa recensione esistono, però, dal mio punto di vista. Io non credo che saranno in molti a risentirsi – o almeno lo spero – perché ai miei occhi l’intera storia era piena di indizi al punto che io stesso pensavo che nessuno, ma proprio nessuno, ci sarebbe mai cascato. Potere delle cazzate che vengono scritte! E comunque ho creduto che esistesse un buon motivo per tentare l’avventura…

La prima lezione che dovrebbe essere assimilata da questa sòla che vi ho tirato è semplice: non fidatevi mai di nessuno, specialmente se chi scrive è un sedicente giornalista impreziosito da una pseudo fama rubacchiata con metodi discutibili ed in tempi lontani.  La seconda lezione è forse ancor più semplice: non fidatevi del web. Perché io immagino che alcuni siano andati immediatamente a ricercarsi scampoli di informazioni che non avrebbero certo mai potuto trovare quando, in fondo, la verità stava sotto il loro naso.  Il fatto che internet non riportasse a una traccia non doveva farvi necessariamente pensare che nulla esistesse, ma semplicemente – come troppo spesso accade – che nessuno avesse ancora deciso di inserire un’informazione in rete. Perché le cose non esistono solo perché te le racconta Google.

La terza lezione è di provare a leggere dietro alle parole quando sorgono dei dubbi. E, come detto, dal mio punto di vista di indizi ce n’erano anche fin troppi! Proviamo a elencarli: il primo, il più clamoroso sta nel nome di Greil Marcus. Marcus è uno scrittore che moltissimi anni addietro recensì un disco inesistente proprio su Rolling Stone. Il disco si sarebbe chiamato “The masked marauders” e dentro quell’album sarebbero comparsi Bob Dylan, Mick Jagger, John Lennon e Paul McCartney. Qualcuno aggiunse anche Frank Zappa, ma questa informazione non venne mai scritta dal Marcus. Con un po’ di pazienza tutte le informazioni su quel disco – che venne poi realmente pubblicato dalla Columbia nella seconda metà del 1969, che io possiedo e di cui, volendo, potrei stavolta sul serio farvi una copia! – le potrete trovare sul web. La leggenda intorno a quel disco cadde a breve ma a distanza di decenni ci sarebbero indizi che riporterebbero a Zappa, dato che sul disco compare una “I can’t get no nookie” che avrebbe attinenze con la sua lunga suite di Nanook l’esquimese che non doveva…”mangiare la neve gialla” (Don’t eat the yellow snow), ossia dove i cani avevano pisciato… ma temo che siano tutte balle pure queste.

 

Greil Marcus

Altro indizio stava nell’impossibilità fisica di mettere insieme in quegli anni Duane Allman che abitava a Macon, in Georgia, con John Cipollina e Paul Kanter che se ne stavano a San Francisco; un po’ lontano… per ragazzini che erano ancora alle prime armi… Mentre il riferimento a Laurel Canyon era per Zappa, la cui casa è a Laurel Canyon e che con gli indizi  e con i falsi (il suo disco di “Cruising with Ruben and the Jets” che originariamente si pensò fosse un disco di doo-wap a nome, appunto di Ruben and The Jets) ha sempre avuto simpatia… forse qualcuno ricorderà la sua abitudine di dare una “parola segreta” ad ogni serata che sarebbe servita per le modifiche di testi e tempi o della storia del Sofà narrata da Mark Volman dove veniva data una serie di indizi per capire cosa lui fosse in verità: a maroonish sofà suspended in the mist of the great emptiness when a light shined down from heaven.…  🙂

Perché tutto questo? La lunga introduzione a quel pezzo avrebbe dovuto insinuarvi il dubbio. Io effettivamente non ho mai sopportato – ed ancor meno sopporto oggigiorno – quella tendenza tutta nostra ma non di tutti, a Dio piacendo!, di porsi sistematicamente in competizione sfidandosi l’un l’altro alla conoscenza di gruppi non minori bensì ignoti. E’ una attitudine tutta nostrale, penso, e sfrontatamente esposta in ogni recensione (chiamiamola così), in ogni ricordo di musica prodotta decenni or sono. Se devo dare un’origine a tutto questo, la darei all’epoca di quel foglio chiamato Metal Shock, dove la maggioranza dei collaboratori, spinti da un istinto di competizione con i nomi un po’ più noti, chiedeva o direttamente inviava pareri/recensioni su dischi sempre più sconosciuti, evitando accuratamente di volersi occupare dei… soliti nomi noti probabilmente perché non faceva fico. Cosa che veniva fatta solo su esplicita richiesta redazionale.

 

 

Nella foto: la copertina del primo numero di Metal Shock

 

Non vorrei dar la colpa a qualcuno in particolare per aver dato il via a questa mefistofelica abitudine ma certo è che la ritrovo appieno nei commenti che mi ritrovo su Feisbuk o nelle pagine di certi miei amici di web. Oggi, nel 2011, dire che “Dazed and confused” è una gran bella cosa è banale e scontato; è, al contrario, necessario possedere e conoscere i Barlafus, eccellente progr-southern band del nord del Canada.

Oggi comprarsi il box di “Dark Side of the Moon” è accondiscendere alla volontà delle infami majors. Ricercare a una convention di dischi usati il primo album dei Bazza è ficooo… un po’ come dice Bart Simpson. E cazzi tuoi se non li possiedi e non li conosci.

Prima di chiedervi nuovamente scusa ed un perdono che spero di meritare, vi racconterò una breve ma vera storiella redazionale… a Roma, alla metà degli Ottanta, avevo ottimi colleghi che insieme a me portavano regolarmente a termine i dodici (dodici!) periodici che quell’editore infame ci faceva preparare; tra questi c’erano, ovviamente Metal Shock e Flash. Ricordo in particolare alcuni di loro, come Ermanno Labianca, Patrizio Nissirio, Guido Bellachioma, Roberto Paggio, Peter Sarram che oltre che bravi erano anche amici… con loro, le otto/dieci ore giornaliere se ne andavano via spesso ridendo… E la tendenza dei “miei” collaboratori di MS di scendere sempre più nell’ignoto venne un giorno identificata con un nome immaginario di una band immaginaria: The Schiekel-Grueber Happy Band, autori di un album tanto bello quanto poco diffuso “Peppermint Caterpillar of the Boot’s Hills”. Ecco, da quel giorno, tra noi, quando arrivava una recensione ignota, ci divertivamo a raccontarci degli Schiekel-Grueber,  gruppo del mitico chitarrista italo-americano Mike Ciuccelebocce…. si lo so: sono belinate, ma noi ci divertivamo e servivano ad allentare la tensione.

Ecco, un giorno non mi stupirei se qualcuno di quegli speleologi a tempo perso se ne andasse in cerca di quel primo, imperdibile album degli Schiekel-Grueber… che si scrive con la dieresi sulla “u”…

Ciao,
Giancarlo
 

PS : …dimenticavo di aggiungere… Mike Nesmith ha inciso un brano che si chiama “Angel band”; il ritornello ha questa frase: “Oh, come, angel band, Come and around me, stand/ Oh, bear me away on your snow-white wings”.

Un gruppo a nome The Angels è esistito ed ha inciso un album che si chiama “Evidence”, “prova” in italiano, esattamente come il nome dello strumentale che ho citato.  Esiste un blog dove compare questa frase :” While a part of the seminal fake rock band The Monkees in the `60s, Michael Nesmith always displayed a certain attitude – part cockiness, part just pissedoffness that he wasn’t a huge star on the merits of his music rather than his silly TV show. It’s actually amazing how long he stayed with the band considering his overall bitterness about the whole experience. Quite frankly, it’s a bit disgusting reading old interviews and listening to him bitch and complain about not being able to create the music he WANTED to create”… Forse qualcuno ne sa qualcosa?

 

Mike Nesmith

 

Nel 1971, Nesmith, che ha da qualche anno una sua personale carriera solista, pubblica un album con Eric Clapton alla chitarra in un brano; Eric, in quell’anno suonava con Derek & Dominos.

Nel 1966 Nesmith pubblica un 45 giri sotto il falso nome di Michael Blessing, blessing significa “benedizione” e…angelo è certamente benedetto…… il singolo si intitola “Until It’s Time For You To Go” che è già abbastanza indicativo di per se, mentre la facciata B ( si intitola: “What Seems To Be The Trouble, Officer?” che appare ancor più esplicito ) viene indicata come una “parodia” del modo di cantare e comporre di Dylan. Qualcuno la compara alla “Flakes” di Zappa, dove compare, appunto una parodia di Dylan, ma interessanti sono i testi….”You might think I’m young to be such a powerful protester, but I’m durn near 19/I’d like to tell ya about all my hard times I’ve seen!“.   Direi che siamo un po’ lontani dai tipici testi all’acqua di rose dei Monkees…

John Cipollina è stato più volte ospite dei concerti degli Allman, almeno fino a quando Duane è stato vivo, insieme a componenti dei Grateful Dead. Uno dei gruppi di John Cipollina si chiamava The Ghosts, i fantasmi, dove suonavano Donna e Keith Godchaux dei Dead, appunto. Paul Kantner nel 1965 era un cantante folk e lavorava in duo con David Freiberg, uno dei fondatori dei Quicksilver Messenger Service…il gruppo di Cipollina…

John Cipollina

 

Ho l’impressione oggi che il solo che potrebbe mettere fine a questa storia potrebbe essere Warren Haynes, spiegando le origini di “Mule” che, talvolta, viene presentata dal vivo come “Kind of Mule” o come …”The origin of the Mule”…

E mi domando: siamo sicuri che vi debba delle scuse?   😉

Buona, inutile, ricerca…

Giancarlo Trombetti