Vario

Ashent (Onofrio Falanga e Davide Buso)

Di Lorenzo Bacega - 19 Febbraio 2010 - 10:05
Ashent (Onofrio Falanga e Davide Buso)

E’ passato quasi un anno dall’uscita di Deconstructive,, secondo full length ufficiale dei veneti Ashent che ha lanciato la band nel panorama progressive metal internazionale. Abbiamo approfittato dell’occasione per raggiungere il chitarrista Onofrio Falanga e il batterista Davide Buso e scambiare quattro chiacchiere per quanto riguarda la lavorazione del disco, l’accoglienza ricevuta da quest’ultimo lavoro e a proposito di eventuali altri progetti in serbo per il futuro. Buona lettura!

 


Ciao ragazzi e benvenuti su Truemetal.it! Che ne dite di introdurre brevemente la band ai lettori che ancora non vi conoscono?

Onofrio: ciao a voi ragazzi. E’ un vero piacere ritornare sulle pagine di Truemetal dopo qualche anno. Siamo una band, nata nel 2001, dedita ad un prog-metal molto energico ed eterogeneo e finora abbiamo dato alla luce due album: “Flaws of elation”, uscito per la nostrana Lucretia Records nell’autunno del 2006, e “Deconstructive”, pubblicato dalla finlandese Lion Music a inizio primavera del 2009.

Ormai Deconstructive, il vostro secondo full length ufficiale, è uscito da un po’ di tempo nei negozi. Ci potete dire come è stato accolto sia dalla critica che dal pubblico?

Onofrio: Siamo estremamente soddisfatti dei risultati finora ottenuti. Dal punto di vista della reazione della critica, “Deconstructive” è stato sicuramente un piccolo successo: abbiamo raccolto una quantità impressionante di recensioni, e il 90% di esse oscilla tra giudizi che vanno dal molto convincente all’entusiasmante. Abbiamo apprezzato la maggiore attenzione che stampa e webzines ci hanno saputo dedicare, sia in fase di analisi della nostra proposta musicale che in termini di visibilità effettiva. Rispetto ai pur ottimi responsi ottenuti col debut “Flaws of elation”, con “Deconstructive” abbiamo fatto un deciso passo in avanti: ci è stata riconosciuta una certa personalità e ottime doti di songwriters, oltre ai lusinghieri commenti sulle qualità tecniche strumentali. Ovviamente, da parte nostra c’è la consapevolezza di essere solo all’inizio di un lungo processo di crescita e maturazione musicale, che vogliamo continuare a portare avanti con umiltà e genuina passione, tenendo ben presente che è impossibile mettere d’accordo tutti. Ci auguriamo di migliorare ancora, magari riuscendo a coinvolgere con le nostre nuove canzoni anche i pochi addetti ai lavori che hanno legittimamente accolto la nostra proposta con una certa diffidenza. Sicuramente, una grande spinta a livello di motivazioni ce la sta dando la reazione del pubblico: i dati di vendita confermati sono decisamente buoni, soddisfacendo noi e l’etichetta, e i commenti che riceviamo quotidianamente da parte di persone dalle più svariate nazionalità ed età ci fanno enormemente piacere.

Davide: a distanza di 10 mesi dalla release date, “Deconstructive” continua a ricevere consensi dagli addetti ai lavori, sia cartacei che telematici, un po’ da tutto il mondo. Stilando un resoconto sulle votazioni medie ricevute, possiamo ritenerci veramente soddisfatti del risultato ottenuto. Ovviamente non è mancata qualche recensione che ha messo in luce un’analisi superficiale dell’album. Partendo dal presupposto che a nostro parere ognuno è libero di esprimere la propria opinione (cosa che di questi tempi sembra essere quasi una concessione elitaria), non capisco come ci possano essere a volte delle differenze abissali nelle valutazioni di uno stesso lavoro. Si dice che la verità sta nel mezzo, anche se molte volte il suddetto mezzo è solo un modo astuto per non esporsi troppo pur scagliando la famigerata prima pietra.

Potete raccontarci come si sono svolte le fasi di composizione del disco? Quanto tempo vi ha preso nel complesso la lavorazione di questo album?

Davide: La composizione del disco, per la maggior parte ad opera di Onofrio, è durata qualche mese anche se in realtà, in periodo di grazia, sarebbe capace di comporre un album in 2 settimane! Le sessioni complete, tra composizione e prove si sono protratte per 9-10 mesi, nei quali abbiamo smussato gli angoli, arrangiato e modificato in parte i brani, composto le linee vocali e le armonizzazioni, gli assoli e le orchestrazioni. Solitamente un album ci porta via un annetto prima di vedere la luce.

Onofrio: in genere io mi occupo della prima stesura dei brani, condividendo con gli altri ragazzi canzoni già con una certa impronta a livello di struttura e arrangiamenti. Di solito abbozzo anche qualche idea vocale che poi viene sviluppata di seguito da tutti i membri della band. Successivamente ognuno lavora ai propri arrangiamenti nel dettaglio e il lavoro in sala prove, associato alla registrazione di pre-produzioni casalinghe, assicura la verifica della resa delle canzoni su disco e live, prima della vera e propria entrata in studio. Per “Deconstructive” Davide ha composto “Starlinked innerness”, mentre Cristiano ha sviluppato la strumentale “Ebb and flow of awareness”.

 

 

Come sentite che si sia evoluto il vostro sound dal primo omonimo demo a questo Deconstructive, passando per il disco d’esordio Flaws of Elation?

Onofrio: è sempre un piacere notare che a distanza di quasi sette anni, ci si ricordi ancora del nostro demo “Ashent” del 2003. Capita non di rado che ce ne chiedano una copia: forse il fatto che ci fosse una line-up in buona parte diversa rispetto a quella che ha registrato i due album ufficiali, ha reso quell’ep oggetto di curiosità da parte di molte persone.

Davide: La proposta musicale del primo promo si assestava su sonorità molto vicine al Techno-thrash, influenzate da gruppi quali Megadeth e contaminate da stilemi tipici del power-prog in voga nei primi anni 2000 (Dream Theater, Symphony X, Elegy). In seguito, con la composizione di “Flaws of Elation”, primo full-length album, oltre a riprendere in mano e riarrangiare parzialmente i 4 brani inclusi nel promo del 2003, abbiamo cominciato a spostare la musicalità del gruppo verso territori più strettamente progressive. Le atmosfere si sono fatte un po’ meno cupe, le ritmiche alternavano tempi serrati di matrice thrash-death ad aperture mid-tempos e rilassate, pur mantenendo nel complesso un impatto sonoro di una certa portata per un band etichettata come prog-power. Con “Deconstructive” abbiamo ulteriormente ampliato il range musicale inserendo più progressive e sperimentazione, una cura maggiore per le orchestrazioni e le armonizzazione e la voglia di provare soluzioni ritmiche derivate da genere musicali estranei al metal. Il nostro sound è in continua evoluzione e posso assicurare che in futuro cambierà ulteriormente. L’immobilismo ci infastidisce e rende sterile il fare musica. Credo sia fondamentale evolvere e credo sia altrettanto fondamentale non perdere di vista la propria identità in questa evoluzione, ma riuscire ogni volta a darle un nuovo vestito.

C’è una canzone che preferite rispetto alle altre, all’interno di questo disco?

Onofrio: credo che ognuno nella band possa rispondere con un titolo differente. Personalmente amo in maniera particolare “How could it feel like this?”, sicuramente la canzone più sperimentale ed intimistica dell’album. Ci sono legato per diversi motivi: alcuni sono personali, perfettamente tradotti in parole dallo splendido testo di Steve; altri sono di carattere strettamente musicale: comporre una ballad dalle atmosfere suggestive ed epiche, introducendo elementi funky, fisarmoniche, e inserti di batteria elettronica senza snaturare il nostro sound, è stata allo stesso tempo una sfida e una soddisfazione.

Di cosa trattano i testi delle canzoni? Sono per caso collegati tra loro da un concept o comunque da una tematica comune?

Davide: I testi di “Deconstructive” pure essendo degli episodi e sé e non riconducibili ad un vero e proprio concept su larga scala, trattano tutti del tema della perdita: perdita della propria identità, di una relazione stabile e appagante, dell’innocenza ad opera di una violenza subita, dei propri punti di riferimenti sia a livello intimistico che macroscopico. Ogni giorno ci confrontiamo con la perdita di qualcosa, di una parte di noi e della nostra vita e questa coscienza ci spinge ad interrogarci su chi siamo e dove andremo a finire. Queste tematiche legate alla quotidianità hanno incontrato un comune interesse in tutti i membri della band, per cui ogni testo è stato concepito a partire da questa consapevolezza.

Uno dei maggiori punti di forza di Deconstructive sta sicuramente, oltre che in una copertina davvero fantastica, in una produzione assolutamente perfetta sotto ogni punto di vista. Potete dirci qualcosa a riguardo?

Davide: Grazie per i complimenti, fa molto piacere vedere che degli aspetti come la grafica e la produzione siano ancora molto importanti nell’era del Peer To Peer. Quando abbiamo cominciato a comporre “Deconstructive”, ci siamo dati come obiettivo il riuscire a confezionare un prodotto soddisfacente sotto tutti i punti di vista: musicale, sonoro e grafico. L’artwork è stato affidato ad un giovane artista spagnolo Mario Sanchez Nevado (vi consiglio di dare un’occhio al suo sito) che ha soddisfatto a pieno le nostre richieste: un artwork di altissima qualità confezionato sulla base dei testi delle canzoni contenute nell’album. Infatti le immagini del booklet e dell’intero layout sono state realizzate proprio da un’interpretazione grafica che Mario ha dato ai nostri testi. Quando abbiamo visto le prime immagini siamo rimasti estasiati dal risultati: la palette di colori usati, lo stile e la trasognante e malinconica atmosfera che sprigionavano le immagini si sposavano perfettamente con ciò che la nostra musica voleva esprimere. Per quanto riguarda la produzione, posso dirti che è il risultato di mesi di demo casalinghe, ascolti di produzioni discografiche all’avanguardia, forum professionali costantemente monitorati, e soprattutto la passione e la dedizione di Onofrio e Gianpaolo per lo studio-recording e la produzione musicale. Infatti, la produzione del cd è opera di Ono e Gian con la supervisione di quel veterano folle di Luigi Stefanini. Entrare ai New Sin Studio è sempre un’esperienza che ha del mistico !!

Onofrio: se la musica, cosa più opinabile, ha convinto il 90-95% degli addetti ai lavori, la produzione ha messo d’accordo proprio tutti e questo è motivo di grande soddisfazione, dato che anche questo aspetto è stato curato direttamente all’interno della band. Io e mio fratello Gianpaolo (bassista) ci siamo accollati l’oneroso compito di produttori, investendo energie e passione, mettendo a frutto le competenze faticosamente acquisite durante i numerosi anni spesi in veste di fonici per band locali. In molti ci hanno chiesto che tipo di investimento ci fosse dietro la produzione di “Deconstructive”, pensando magari a cifre faraoniche e tutti sono rimasti colpiti nello scoprire i fondi modesti messi effettivamente a disposizione per il progetto, con i quali numerose altre band magari ottengono risultati decisamente più amatoriali. Sicuramente quest’aspetto, unito a una certa dimestichezza con i rispettivi strumenti, ci ha consentito di sfruttare il tempo in studio concentrandoci per lo più sui suoni e il mixaggio, puntando su soluzioni interessanti ed efficaci che hanno reso l’album molto concorrenziale da un punto di vista di pura resa sonora.

 

 

Come valutate il lavoro svolto dalla vostra etichetta, la Lion Music? Come siete entrati in contatto con loro?

Onofrio: Lion Music ha svolto e sta tuttora svolgendo un lavoro intelligente, curando con meticolosità l’uscita di un album nel quale ha fortemente creduto fin da subito. Non possiamo che ritenerci soddisfatti di tanta professionalità. L’esposizione che la band ha avuto, soprattutto oltre i confini italiani, è cresciuta enormemente nel 2009: le costanti richieste di interviste, l’enorme mole di recensioni e il massiccio feedback che quotidianamente riceviamo sui nostri portali sono indici di un lavoro ben svolto. E non ultimo, i buoni dati di vendita: Deconstructive è stato uno degli album che ha venduto di più, tra i tanti del nutrito catalogo dell’etichetta, nell’anno solare appena conclusosi, quindi è stato quasi naturale per loro seguire la promozione con interesse immutato durante l’arco di tutti questi mesi. Certamente hanno aiutato le numerose partnership che Lion Music condivide nei singoli paesi: in Italia sicuramente dobbiamo ringraziare il lavoro di promozione e distribuzione di un’etichetta solida e seria come la Frontiers. Ogni cosa si è svolta in maniera lineare e senza intoppi, fin dall’inizio: dopo la registrazione dell’album, abbiamo spedito dei promo ad una manciata di label selezionate e Lion Music ha dimostrato da subito un fortissimo interesse per la nostra musica, formulando una proposta che abbiamo ritenuto essere la più convincente. Entrare a far parte di un roster nel quale figurano nomi come Seventh Wonder e Mind’s Eye, e dividere con loro le attenzioni della label è motivo di sentito orgoglio per noi.

Quali sono i gruppi o gli artisti che vi hanno influenzano maggiormente o dai quali avete tratto ispirazione come musicisti?

Onofrio: da ragazzino i nomi fondamentali sono stati Queen e Pink Floyd. Crescendo e avvicinandomi allo studio della chitarra, la scena techno death dei primi anni novanta (Cynic, Atheist, Death e Pestilence) e guitar heroes come Steve Vai hanno sicuramente influenzato la mia storia musicale. Artisti come Devin Townsend, Opeth, Pain of salvation, Arcturus e Nevermore rappresentano attualmente gli esempi più stimati all’interno della band. I Novembre sono in assoluto la band italiana che ottiene maggiori consensi: la loro discografia è straordinaria. Va poi detto che tutti siamo amanti di ogni genere musicale: pop, rock, fusion, classica. Personalmente, artisti come Sting, Stevie Wonder, Thom Yorke, Chick Corea e Jeff Buckley costituiscono una costante fonte di ispirazione.

Che opinione avete della scena progressive attuale, sia italiana che non? Ci sono artisti o gruppi che apprezzate maggiormente rispetto ad altri?

Onofrio: la scena progressive è in forte fermento. Ci sono numerose band che da qualche anno hanno iniziato a dare un forte contributo al rinnovamento e sono sicuro che nei prossimi anni ci sarà un vero e proprio boom di musica “nuova”. Tuttavia, ad oggi, il movimento è un po’ soffocato dalle dinamiche di mercato: l’arcinota vicenda del p2p, i fallimenti di alcuni colossi del settore, hanno spinto le etichette a puntare su una poco lungimirante ( a nostro avviso) politica di revival, per garantirsi risultati di vendita più sicuri sfruttando l’effetto band clone dei soliti nomi grossi (Dream Theater, Symphony x, etc). In Italia la scena prog (e quella metal in generale) è in ottima salute, forse anche più che in altri paesi comunemente più blasonati. Il problema semmai è che le dimensioni ridotte di tutto l’establishment italiano danno vita ad una serie di fenomeni sgradevoli e tipicamente nostrani.

Davide: In un momento difficile come quello che sta vivendo adesso la musica, credo ci vorrebbe un po’ più di sostegno e onestà nei confronti di chi cerca, anche a fronte di mezzi modesti, di proporre ancora un prodotto di qualità. E’ facile fare i dischi strafighi e farli comperare alla gente quando hai budget da centinaia di migliaia di euro e qualche colosso discografico che spinge anche economicamente la critica a sostenere una nuova uscita. Ben diverso è il discorso quando i mezzi sono modesti, sono frutto di sacrifici onerosi e quando chi dovrebbe dare una mano alla scena underground ad emergere è il primo ad affossarla per invidie infantili o beceri nepotismi. In Italia c’è una scena underground fantastica, fatta di musicisti validissimi e di proposte musicali fresche ma spesso e volentieri ogni slancio virtuoso è tarpato dalla mancanza di un’adeguata promozione mediatica delle nuove proposte. E’ stato dimostrato in più occasioni e in più frangenti che l’Italia non ha nulla da invidiare agli americani, ai tedeschi piuttosto che agli scandinavi. Eppure, le nostre band continuano a fare una fatica bestiale ad emergere e a concretizzare in risultati tangibili tutti gli sforzi fatti in anni e anni di prove, concertini in culo al mondo, notti insonni a caricare e scaricare strumenti e soldi spesi per portare avanti la loro passione.

 


 

Nel corso del 2009 il vostro cantante Steve Braun è entrato a far parte a tempo pieno della prog metal band Halcyon Way: pensate che questo possa rallentare i vostri piani per il futuro?

Davide: Sinora la band ha avuto un percorso evolutivo e formativo fatto di scelte importanti (una di questa è stata l’inserimento in formazione di un cantante americano), sia personali che di gruppo, cambi di line-up dettate dai motivi più disparati – trasferimenti di sede lavorativa, cambiamenti di priorità dovuti a vicissitudini di vita, piccole e grandi discussioni costruttive – eppure, dopo 9 anni, siamo ancora qui a comporre e suonare la nostra musica. Il segreto di tutto ciò è l’amicizia e il rispetto reciproco che ha legato i membri del gruppo attraverso gli anni e le diverse formazioni. Siamo sempre stati convinti che un gruppo può funzionare e proporre qualcosa di buono quando l’armonia che lega i componenti traspare da tutto ciò che si fa e quando il rispetto per le scelte di ognuno supera i possibili risentimenti o ripicche legati all’orgoglio personale o all’egocentrismo. La collaborazione di Steve con gli Halcyon Way non la vediamo come un problema. Steve, come ogni altro membro del gruppo, è libero di cimentarsi in altri progetti musicali se questa è sentita come una necessità di espressione personale. Che poi questo possa rallentare gli Ashent o meno, chi lo può dire. Sarà coscienza individuale e di gruppo capire quale sarà nel tempo l’evoluzione ulteriore della band. Sicuramente, se uno qualsiasi del gruppo sente la necessità di dedicarsi ad altri progetti perché sente il bisogno di confrontarsi con altre realtà musicali, è libero di farlo, sempre e comunque nel rispetto delle persone che stanno portando avanti un comune obiettivo. Nel 2008 abbiamo cambiato il tastierista Paolo Torresani, trasferitosi a New York per lavoro ma il distacco è stato amichevole, anche se sofferto: ci siamo dovuti privare di un elemento storico della band e di un amico. Eppure siamo ancora qui, perchè la voglia di andare avanti ci ha spinti a cercare un valido sostituto, sia dal punto di vista musicale che da quello umano, caratteristiche riscontrate nell’attuale tastierista Gilles Boscolo. A nulla serve fomentare attriti interni al gruppo se non si vuole perdere di vista quelli che sono gli scopi principali del fare musica assieme: divertirsi, inseguire un piccolo sogno ed emozionare le persone. Purtroppo sempre più spesso l’invidia, la mancanza sia di arte che di parte e l’egocentrismo a braccetto con la stupidità minano la riuscita di molte unioni musicali. E non parlo solo di situazioni interne ai gruppi, ma anche legate alla scena musicale stessa, dove insulse guerre dei poveri fatte di sputtanamenti e ripicche tra gli addetti ai lavori tarpano le ali a quella che potrebbe essere un’ottima realtà musicale di portata internazionale.

Avete pensato qualcosa riguardo all’idea di promuovere il disco anche in sede live?

Onofrio: in tutta onestà, da questo punto di vista il 2009 è stato un anno un po’ sfortunato per la la band. Era previsto un tour europeo come opening act da sostenere tra Aprile e Maggio in sostegno all’uscita di “Deconstructive”, ma sfortunatamente l’esperienza si è tradotta in un nulla di fatto a pochissimi mesi dalla partenza, per una serie di circostanze non dipendenti da noi. Quindi abbiamo dovuto ripiegare per necessità solo su delle date singole, che comunque costituiscono sempre un bel momento di contatto con i ragazzi appassionati. Poi, va aggiunto che la nostra volontà trova ostacoli anche nel momento storico non propriamente felice nel quale versa tutto il settore: suonare dal vivo è oggettivamente difficile anche per le band più affermate e in Italia mancano proprio le condizioni minime: locali, gestori convinti, un sistema competitivo e non monopolistico di booking agency e organizzatori, ed in parte anche il pubblico che per mille sacrosanti motivi (crisi economica, difficoltà logistiche, distanze abissali da percorrere) non riesce a supportare con costanza la scena underground.

Davide: La voglia di suonare dal vivo c’è sempre; purtroppo mancano le strutture e le occasioni. Al giorno d’oggi è pure difficile suonare nelle birrerie, figurarsi in altri contesti come tour internazionali e bill di spessore. C’è una congrega sotterranea che muove le tessere della musica dal vivo e purtroppo per accedere a certe situazioni bisogna scendere a dei compromessi che molte volte non è possibile affrontare, per mancanza di mezzi, per mancanza di conoscenze o per non dover fare i conti con la propria coscienza e la propria dignità. Ad ogni modo, speriamo nel 2010, anche se in ritardo di qualche mese rispetto alla tabella ideale di marcia, di riuscire a suonare il più possibile live. Ce la siamo posta come priorità per quest’anno appena iniziato e contiamo di poterci levare qualche sassolino dalle scarpe e di poter promuovere la nostra musica, divertendoci e facendo divertire chi vorrà venirci a vedere.

Altri eventuali progetti per il vostro futuro?

Onofrio: insieme al live è in programma la registrazione di un nuovo album, i cui lavori di composizione sono già a un buon punto. Contiamo di entrare in studio entro il 2010 per dare un seguito a “Deconstructive”.

Ok, questa era la mia ultima domanda. A voi un’ultima battuta per chiudere l’intervista come preferite.

Onofrio: grazie per il supporto e un saluto a tutti i lettori e i collaboratori di Truemetal. Ci si vede presto in contesto live e ci auguriamo di tornare in questa sede anche per parlare di musica nuova. Chiunque fosse incuriosito, può fare visita al nostro sito internet o alla nostra pagina myspace: troverete un sacco di musica da ascoltare e tante informazioni sulla band. Ragazzi, non dimenticate mai di continuare a coltivare la vostra passione per la musica, che è un linguaggio che unisce, e di sostenere la scena underground.

Stay metal!

Davide: un piccolo e spassionato consiglio che voglio dare a tutti gli amanti della buona musica è il seguente: liberate la mente da stupidi preconcetti, imparate a sostenere e promuovere le band emergenti e soprattutto, se avete una gruppo e amate anche voi suonare, collaborate con gli altri musicisti ! C’è molto da imparare gli uni dagli altri, sia dal punto di vista musicale che sotto il profilo umano. E ne vale sempre e comunque la pena. Grazie per lo spazio che Truemetal ha voluto concederci. Spero ci vedremo sotto il palco per quattro chiacchiere e una birra !

Let the metal flow!