Live Report: Funeral Nation Tour 2010 al Rockclub LIVE di Ronchi dei Legionari

Di Daniele Balestrieri - 14 Febbraio 2010 - 21:28
Live Report: Funeral Nation Tour 2010 al Rockclub LIVE di Ronchi dei Legionari

Sul rockclub aria di tempesta già dalle prime ore del pomeriggio.  È di scena il Funeral Nation Part II, show itinerante che schiera, tra gli altri, i deathster polacchi Vader e gli inossidabili Marduk.

Serata a tinte decisamente nere non c’è che dire, spettacolo che ha pienamente soddisfatto le aspettative del numeroso pubblico accorso. Ma andiamo con ordine: il concerto a cui ho assistito si può tranquillamente sintetizzare con quattro parole: sorpresa, brutalità, riscatto e Male.


Sorpresa: Sinate

Ad aprire le danze i neozelandesi Sinate, band dedita a un death potente e preciso che non disdegna le contaminazioni thrash, capace di regalare all’ascoltatore un mix esplosivo fatto di suoni potenti e ben bilanciati, di folate di violenza incontrollata e di una grande voglia di comunicare con il pubblico presente.  Lo spettacolo dei quattro ragazzi di Auckland si ancora fedelmente alle due release all’attivo estrapolando la set list dai full-length “Beyond Human” e “Violent Ambitions”. La buona scelta dei pezzi ha convinto i presenti rendendo la prestazione dei Nostri come una vera e propria sorpresa. Qualche piccola sbavatura quasi impercettibile del batterista Sam Sheppard non ridimensiona minimamente il giudizio complessivo: promossi a pieni voti.

Brutalità: Mastic Scum

Ad alzare maggiormente  i ritmi cardiaci degli spettatori ci pensano i Mastic Scum, band austriaca che da più di dieci anni dall’album di debutto “Zero”, ha consacrato l’attività musicale alla violenza sonora allo stato puro, un death metal brutale nelle ritmiche al fulmicotone, contaminato da numerosi stacchi grind, veri e propri mattatori della musica di Maggo Wenzel e soci. Da sottolineare l’incalzante lavoro alle pelli di Man Gandler – già session man dei Belphegor negli anni dal 1997 al 2002 – vero e proprio protagonista di un sound violento e privo di fronzoli tanto da essere il precursore del mosh che troverà l’apice nelle esibizioni dei due gruppi di punta. L’esibizione dei salisburghesi, convincente in ogni frangente, si è incentrata in particolare sull’ultimo album “Dust”, uscito lo scorso novembre e di fatto il primo album del cantante Wenzel dopo lo split con il frontman precedente Will. La prova canora è parsa da subito all’altezza, dimostrazione tangibile di un perfetto affiatamento con la band e di una buona scelta da parte del gruppo.

Riscatto: Vader

Riscatto a titolo puramente personale. Visti quest’estate al Metalcamp, i polacchi non mi avevano convinto affatto. Giustificati da una posizione in scaletta abbastanza infelice e da una gestione dei suoni non proprio ottimale, i Vader mi erano sembrati alquanto statici, monotoni, “senza troppa voglia” per capirci. Niente a che vedere con lo spettacolo offerto in questa occasione. Il riscatto, per quello che mi riguarda, si è consumato appieno con una prestazione sopra le righe di “Piotr” e compagni, in grado di sferrare fendenti micidiali agli spettatori sottostanti. Forse un po’ limitato dalle ridotte dimensioni del palco, il combo polacco ha offerto una prova di assoluta qualità interpretativa, incorniciata ad arte da dei suoni pressoché perfetti. Le urla di Piotr Paweł Wiwczarek sono atterrate come pesanti macigni sulle teste dedite all’ headbanging delle prime file in tumulto, veri e propri “toccasana” per la grande voglia di contatto del disordinato ammasso di carne e sudore che si scontra a pochi centimetri dal leader del gruppo. Bravi, nient’altro da aggiungere, bravi davvero!

Male: Marduk

Male non certo come qualità di esibizione, ma nella forma più squisitamente figurativa del termine. I Marduk hanno portato una ventata di gelido, tetro e cupo vento sulla folla adorante. Laidi demoni e spiriti di guerra aleggiano sul palco già dall’intro, pronti ad esplodere in una rabbia fatta di nera frustrazione già alle prime incalzanti e ossessive ritmiche dei blackster svedesi. Il vaso di pandora è stato aperto, a Mortuus il compito di traghettare – in un metaforico paragone con Caronte – gli ascoltatori nel fiume di odio e di bieca violenza di quella che resta una delle punte di diamante del black metal mondiale. Immobili, concentrati nello sciorinare all’ascoltatore urli strazianti bissati da ritmiche cicliche, ossessive al limite della cacofonia.

Piccole sbavature a margine di una prestazione sopra le righe (il microfono di Mortuus non ha retto cedendo nel bel mezzo dell’esibizione, sostituito in tempi record) che ha visto ripercorrere tutta la carriera del gruppo con un occhio di riguardo alla normale promozione del nuovo album Wormwood, supportato da brani come “Still fucking dead”, “Baptism By Fire” e “Materialized in Stone”.

Come ad ogni buon funerale che si rispetti, alle folle appena catechizzate bisogna dare il giusto commiato: Panzer Divison Marduk, suonata a velocità oggettivamente stellare, appare come la giusta conclusione di questa battaglia dove gli assoluti protagonisti sono stati, indiscutibilmente, quattro demoni venuti dal Nord.

Daniele Peluso
Foto a cura di Daniele Peluso.