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Vanden Plas (Günter Werno)

Di Lorenzo Bacega - 20 Giugno 2010 - 12:05
Vanden Plas (Günter Werno)

Quattro anni dopo la pubblicazione di Christ 0, da molti considerato l’apice compositivo del gruppo, tornano sulle scene i progster teutonici Vanden Plas con un nuovo disco, il settimo della carriera, intitolato The Seraphic Clockwork. Per l’occasione abbiamo raggiunto il tastierista Günter Werno per fargli alcune domande a proposito di questa nuova uscita, del passato della band e di cosa bolle in pentola per l’immediato futuro. Buona lettura!

Intervista a cura di Angelo D’Acunto e Massimo Ecchili

 


The Seraphic Clockwork è il titolo del vostro nuovo disco. Come descriveresti questa nuova uscita da un punto di vista puramente stilistico, in confronto con il lavoro precedente Christ 0?

Quest’ultimo The Seraphic Clockwork per certi tratti è abbastanza diverso: da un lato è sicuramente più heavy-oriented, tenendo conto sia dei riff di chitarra, più compatti in generale, che di un songwriting che si è fatto un po’ più lineare rispetto al passato. D’altra parte però è anche vero che abbiamo usato più orchestrazioni che nei dischi precedenti.

Questo nuovo disco racconta, ancora una volta, una storia uscita interamente dalla mente di Andy, il vostro cantante. Puoi raccontarci in breve di che cosa tratta questa storia?

La storia di questo The Seraphic Clockwork narra di viaggi nel tempo, e di conseguenza della possibilità di cambiare un destino che altrimenti sarebbe già scritto. Il protagonista è un uomo del sedicesimo secolo che trova il modo di costruire una vera e propria macchina del tempo, e, in questo modo, ha la possibilità di viaggiare indietro negli anni fino agli ultimi giorni di vita di Gesù, a Gerusalemme.

The Seraphic Clockwork è quello che noi solitamente definiamo un album di progressive metal piuttosto classico, una cosa che potremmo dire, ad esempio, anche dell’ultimo lavoro degli Shadow Gallery, vale a dire Digital Ghosts. A tuo parere, pensi che ci sia effettivamente una sorta di ritorno al passato per quello che riguarda la scena progressive, dopo un periodo in cui i vari gruppi erano più che altro impegnati a fare a gara a chi sperimentasse di più, o dobbiamo considerare questi dischi come dei momenti isolati all’interno della storia del prog?

Se consideri The Seraphic Clockwork un album prog classico per via del racconto che viene narrato, posso risponderti che i testi dei Vanden Plas, sin dai tempi di Beyond Daylight, hanno sempre nascosto una sorta di concept al loro interno. Questo aspetto è stato poi messo ulteriormente in evidenza con Christ 0, dove Andy ha avuto la possibilità di buttare giù una vera e propria storia, ispirandosi a “Il Conte di Montecristo” di Dumas. Non ho ancora avuto modo di ascoltare questo album degli Shadow Gallery di cui mi parli (vergogna a me!), ma tuttavia posso dirti con sicurezza che i Vanden Plas non hanno mai attraversato una vera e propria fase sperimentale. Solamente The God Thing può essere considerato per certi versi un album abbastanza diverso, rispetto al resto della produzione, ma ogni altro disco è più o meno metal oppure rock.

E quale sarebbe la tua definizione di musica progressive?

I Beatles hanno senza dubbio dato il via a tutto il movimento con un album del calibro di Sgt. Pepper, e in seguito alcune band come Led Zeppelin, Genesis, Pink Floyd o Deep Purple hanno ripreso il discorso, approfondendolo ulteriormente. A quei tempi c’era la possibilità di infrangere le regole, di rompere le classiche convenzioni musicali. Ma l’aspetto più importante del progressive è senza dubbio il prendere in prestito alcuni elementi da altri generi (o stili musicali) e incorporarli nel proprio. Non deve essere musica progressiva nel senso letterale del termine, non deve necessariamente progredire verso un nuovo genere musicale mai suonato in precedenza. Talvolta è sufficiente arricchire uno stile ben definito con degli elementi personali, in modo da riuscire a suonare unici.

 

 

Una delle cose che balzano subito all’orecchio di questo The Seraphic Clockwork è l’assenza di una vera e propria ballad, e questa è una scelta piuttosto inusuale per un gruppo come i Vanden Plas, specie se ripensiamo a tutta la vostra produzione precedente. E’ stata  una decisione presa a tavolino, oppure semplicemente, a vostro avviso, non c’era spazio per un lento all’interno del concept? Voglio dire, è abbastanza strano e al tempo stesso estremamente coraggioso, per un disco che contiene delle tracce così lunghe e articolate, rinunciare a un eventuale singolo radiofonico, specialmente per una band dall’attitudine melodica così spiccata come i Vanden Plas.

A dire il vero una ballad c’è, trattasi infatti di Quicksilver, anche se la parte centrale di quel pezzo è molto heavy. Abbiamo comunque registrato una versione radiofonica di quel pezzo da inviare alle radio locali, in cui abbiamo tagliato varie parti perchè non suonasse troppo pesante. Inoltre avevo già scritto in origine un altro pezzo piuttosto lento, ma abbiamo successivamente deciso di non includerlo in questo disco. Probabilmente farà parte del prossimo. Quando scriviamo una canzone non pensiamo al fatto che possa essere una possibile “hit” o meno, non è nello spirito dei Vanden Plas. Sia chiaro, non è affatto una questione di coraggio, semplicemente questo è il modo in cui noi solitamente componiamo le canzoni. Se dovessimo iniziare a scrivere dei pezzi a tavolino, a pensare che una canzone deve contenere necessariamente delle parti composte in un certo modo per avvicinarsi ad un certo stile, ci sembrerebbe una sorta di restrizione, e non riusciremmo a esprimerci liberamente.

Il nuovo album si segnala inoltre per essere la prima vostra collaborazione con l’etichetta italiana Frontiers Records. Come mai avete deciso di terminare la collaborazione con la InsideOut? Come siete entrati in contatto invece con i ragazzi della Frontiers?

Guarda, a dire il vero ci trovavamo estremamente a nostro agio con la InsideOut, sono stati i primi in assoluto a credere in noi come band e ancora oggi continuano ad avere in catalogo tutti i nostri dischi precedenti; non ci sono stati assolutamente problemi di nessun tipo tra di noi. Attraverso il nostro precedente management, “Bottom Row”, abbiamo avuto modo di entrare in contatto con la Frontiers Records. Personalmente ho avuto il piacere di suonare in svariati dischi pubblicati dalla Frontiers, e mi è piaciuto davvero tanto il modo in cui questi ragazzi ci hanno lavorato sopra (Kiske, Joe Lynn Turner, per dirtene due). Inoltre ho avuto modo di conoscere Serafino (il fondatore della Frontiers) e posso dirti che lui prende davvero a cuore tutti i gruppi del suo roster, e non solamente per quanto riguarda le vendite. Dopo aver ricevuto, in seguito a un contatto preliminare un certo tipo di risposta da parte della Frontiers, abbiamo pensato che cambiare etichetta sarebbe stato in fin dei conti una cosa positiva nell’economia del gruppo, soprattutto perchè in questo modo avevamo la possibilità di inoltrarci in alcuni territori musicali che, con InsideOut, ci erano invece preclusi.

Cosa puoi dirci invece a proposito del tour? Avremo mai la possibilità di vedere The Seraphic Clockwork interpretato come una specie di musical (o di rock opera) in teatro? Personalmente penso che ne deriverebbe un ottimo spettacolo, oltre che un’occasione più unica che rara per tutti i  fans per poter vedere e vivere un aspetto importante della musica metal (vale a dire gli spettacoli dal vivo), interpretati però in una maniera abbastanza diversa.

Partiremo per il tour verso settembre, e probabilmente presenteremo tutto l’album nella sua interezza. Per il resto, a noi piacerebbe davvero tanto poterlo rappresentare a teatro come una vera e propria rock opera, e ancora non abbiamo perso le speranze di poter realizzare, prima o poi, questo nostro desiderio. Di certo questo The Seraphic Clockwork si presterebbe molto bene a questa sorta di adattamento.

E’ vero che la band stava per pubblicare questo disco come un doppio album?

Esattamente! Abbiamo registrato altre due canzoni che alla fine non hanno trovato spazio nella tracklist e inoltre ne avevamo composte svariate altre, abbastanza per far uscire un doppio cd. Tuttavia abbiamo preferito non pubblicare subito tutto questo materiale, ma di tenerlo momentaneamente da parte, così da poter accorciare il lasso di tempo tra questa uscita e il prossimo album. Magari a questo punto il nuovo lavoro vedrà la luce tra due anni, invece che quattro. Chissà.

E per quanto riguarda le vostre passate uscite, vi sentite soddisfatti per tutto quello che avete fatto, fino ad ora?

Si, abbiamo sempre cercato di fare il meglio possibile, non abbiamo particolari rimpanti a questo riguardo.
 

 

Puoi raccontarci qualcosa a proposito del tuo background musicale? Quali band ti hanno ispirato principalmente?

Ho cominciato a suonare la tastiera quando avevo undici anni, per cinque anni ho preso delle lezioni, salvo poi decidere di continuare da autodidatta. Una delle mie prime influenze sono stati i Beatles, a cui hanno poi fatto seguito gruppi come i Deep Purple, i Led Zeppelin, gli Emerson, Lake & Palmer… tutte band che oggi purtroppo non esistono più. Ma era anche l’era dei Queen, degli AC/DC e, qualche tempo più tardi, dei Metallica. Tra i gruppi più recenti posso sicuramente citare i Dream Theater, tra quelli che mi hanno influenzato maggiormente.

Qual è, a tuo parere, lo stato di salute dell’attuale scena musicale internazionale?

Spero vivamente che stia migliorando, e che tutti coloro che passano il tempo a scaricare musica illegalmente si rendano conto che con il loro comportamento stanno piano piano uccidendo le band e le etichette minori.

Quali sono i vostri piani per il futuro?

Pubblicare il prossimo disco in due anni invece che in quattro.

Ok, questa era la nostra ultima domanda. Per concludere, vuoi lasciare un saluto per i nostri lettori?

Un saluto a tutti i lettori di Truemetal.it, spero che vi piaccia il nostro nuovo disco! Ci vediamo durante il tour!