Live Report: Megadeth, Labyrinth e Sadist a Bologna

Di Lorenzo Bacega - 9 Giugno 2010 - 12:05
Live Report: Megadeth, Labyrinth e Sadist a Bologna

Due spettacoli (Milano e Roma) completamente sold out; un terzo, quello di Bologna, che ci è andato davvero molto vicino. Questo è il bilancio della tre giorni in terra italiana dei Megadeth, tornati a calcare lo stivale a più di un anno di distanza dall’ultima apparizione risalente al Priest Feast del 2009. Un Endgame Tour che ha richiamato l’attenzione di migliaia di appassionati, curiosi di ammirare dal vivo i brani dell’ultima fatica della band californiana, e pronti a sostenere i propri beniamini con tutte le proprie forze. A fianco di Dave Mustaine e soci troviamo in questa occasione due ottime band nostrane quali Sadist e Labyrinth, i primi reduci dall’uscita dell’ottimo Season in Silence, i secondi da poco riunitisi con lo storico chitarrista Olaf Thorsen e prossimi alla pubblicazione del seguito di Return to Heaven Denied. Un concerto che, come vedremo, non si è certo rivelato avaro di emozioni, e che è senza dubbio riuscito a soddisfare la maggior parte dei presenti.

Report a cura di Lorenzo Bacega e Angelo D’Acunto
Foto a cura di Angelo D’Acunto

 

Ore 20:30 circa: perfettamente in orario sulla tabella di marcia, tocca ai liguri Sadist aprire le danze di questa tappa bolognese dell’Endgame Tour, davanti a un pubblico già piuttosto numeroso assiepatosi lungo le prime file dell’Estragon. Nella mezz’oretta scarsa a disposizione, il quartetto genovese guidato dal carismatico frontman Trevor si destreggia sul palco nel migliore dei modi, dando origine ad una performance assolutamente inappuntabile sotto il profilo esecutivo (grazie anche a dei suoni puliti e perfettamente bilanciati, cosa estremamente rara di questi tempi per un gruppo d’apertura), e piuttosto coinvolgente a livello di presenza scenica, guadagnandosi in questo modo gli elogi e le urla di approvazione da parte dei presenti. La scaletta offerta nel corso dello spettacolo propone principalmente brani estratti dall’ultimo full length Season in Silence (dato alle stampe un paio di mesi fa sotto Scarlet Records), tra i quali spiccano soprattutto l’acclamatissima title-track e una molto convincente The Attic and the World of Emotions, e a cui vanno inoltre ad aggiungersi alcuni classici immancabili come ad esempio Tribe o la anthemica Sometimes They Come Back. Promossi su tutta la linea.

Lorenzo Bacega

 

 

 

Se i Sadist hanno fatto, senza mezzi termini, una vera e propria strage di consensi tra il pubblico dell’Estragon nonostante il poco tempo a disposizione, la stessa cosa purtroppo non si può certo dire a proposito dei Labyrinth. Freschi di reunion con lo storico chitarrista Olaf Thorsen, il sestetto toscano (che attualmente annovera tra le proprie fila il bassista Sergio Pagnacco e il batterista Alessandro Bissa) non riesce in alcun modo, malgrado una prova assolutamente puntuale e brillante, a fare breccia nel cuore dei presenti (a quanto pare, più impegnati ad intonare dei cori in favore degli headliner che a sostenere la band sul palco). E dire che lo spettacolo messo in piedi da Roberto Tiranti e soci è sicuramente di primissimo livello, estremamente preciso per quanto riguarda l’esecuzione, e piuttosto coinvolgente nel complesso. Pochi i minuti a disposizione della band in questa occasione (una mezz’oretta circa pure per loro), per una scaletta orientata maggiormente verso il classico Return from Heaven Denied (dai più considerato il vero e proprio capolavoro del gruppo), dal quale vengono estratti pezzi del calibro di New Horizons e Moonlight. Non mancano inoltre le sorprese, come nel caso della gustosa anticipazione di A Chance, brano contenuto nel nuovo full length di prossima uscita (intitolato Return to Heaven Denied pt II: A Midnight Autumn’s Dream), che prova (con scarsi risultati) a scuotere dal torpore il pubblico delle prime file.

Lorenzo Bacega

 

 

 

Ore 22:20. Con puntualità degna di un orologio svizzero, a seguito di un rapido cambio di palco, si spengono le luci dell’Estragon, parte l’intro Dialectic Chaos e ha inizio lo spettacolo. Eggià, perché di spettacolo vero e proprio si tratta: vogliate ammetterlo o no, i Megadeth dal vivo non hanno mai deluso nessuno. L’incipit affidato a This Day We Fight! (direttamente dall’ultimo Endgame) appare più azzeccato che mai, forse un po’ più scontato l’accoppiamento successivo Wake Up Dead/In My Darkest Hour, ma il tutto comunque ci mette subito di fronte ad una band in gran forma e che, soprattutto, come al suo solito non sbaglia nemmeno un colpo. Questo per quanto riguarda la precisione d’esecuzione dal punto di vista ritmico, mentre appare già da subito un po’ in affanno la voce di Dave, il quale, ricordiamolo, un gran cantante non lo è mai stato, ma in questo caso la sua voce sembra essere meno incisiva del solito, lasciando ampio spazio al muro di suono ricreato dalle chitarre e ad un pubblico felsineo piuttosto numeroso (il sold out è stato sfiorato giusto per un soffio) e, soprattutto partecipe, dall’inizio e fino ad arrivare all’ultima nota suonata. Ma l’apice dello show viene raggiunto, inevitabilmente, già con il primo riff di Holy Wars… The Punishment Due, brano di apertura di quel Rust In Peace uscito vent’anni fa e che, come annunciato dalla band mesi e mesi fa, in questo tour viene riproposto interamente e tutto d’un fiato, senza praticamente nessuna pausa fra un pezzo e l’altro. Quasi inutile ripetere che Dave Mustaine e soci (esclusi i cali di voce di quest’ultimo) se la cavano in ottimo modo, con menzione speciale per un Broderick preciso al millimetro (soprattutto in fase solistica) ed uno Shawn Drover dietro le pelli che non sbaglia letteralmente un colpo, compreso anche il redivivo Dave Ellefson, forse un po’ in ombra di tanto in tanto, ma comunque vivo e attivo sul palco, e che non manca nemmeno di incitare a dovere il pubblico presente. Seconda parte di concerto affidata ad Headcrusher (dove la voce di Dave raggiunge quasi i minimi storici, purtroppo) e le immancabili Sweating Bullets, A Tout Le Monde e Symphony Of Destruction, mentre la chiusura vera e propria è tutta per il consueto encore Trust/Peace Sells. Una serata non del tutto perfetta, certo, se mettiamo in conto i già citati cali di voce di Mr. Mustaine, ma che comunque ha accontentato un po’ tutti e che, fidatevi, rimarrà fissa a lungo nella memoria dei presenti.

Angelo D’Acunto

Setlist:

Dialectic Chaos
This Day We Fight!
Wake Up Dead
In My Darkest Hour

Holy Wars… The Punishment Due
Hangar 18
Take No Prisoners
Five Magics
Poison Was the Cure
Lucretia
Tornado of Souls
Dawn Patrol
Rust in Peace… Polaris

Headcrusher
Sweating Bullets
A Tout Le Monde
Symphony Of Destruction

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Trust
Peace Sells