Live Report: Motorhead in UK

Di Stefano Ricetti - 21 Dicembre 2011 - 0:10
Live Report: Motorhead in UK

Nove giorni on the road in Inghilterra coronerebbero la carriera di qualsiasi headbanger, una sorta di timbro obbligatorio sul passaporto di tutti i seguaci del Metallo Pesante. Già, perché lassù alla corte di Sua Maestà, ogni strada, ogni pub, ogni cartoccio di fish and chips sa  dare la sensazione ad ogni nuovo arrivato di trovarsi nel posto delle favole urbane che fin da ragazzino sentiva urlare e martellare dallo stereo.

 

Tutto sembra familiare e in molti casi non può che esserlo: i ragazzi indossano il chiodo, ogni isolato ha il suo bravo negozietto rock con dischi storici venduti a due sterline e le ragazze si tingono ancora i capelli di rosso fuoco e li acconciano alla Chelsea. Ma non basta prendere un aereo e volare nel cuore della NWOBHM, serve una scusa, il “The world is yours world tour” dei Motorhead è stata la mia.

Giunto a Manchester in compagnia di un amico e lì trascorsa la notte del 04/11/11, già si sentiva sulle spalle il peso della tradizione nella quale ci stavamo immergendo. Primo obiettivo, raggiungere Liverpool via treno per assistere alla prima delle tre date da noi preventivate. Muniti di biglietto interrail e di lettore CD opportunamente farcito, il viaggio passa liscio come l’olio di camion, dagli inglesi ovunque usato per friggere qualsiasi cosa. Trovato un ostellaccio malfrequentato, due passi a Penny Lane sono d’obbligo, cosi come la classica foto davanti al The Cavern. Dopo un luuungo giro nei pub del centro, arriva il momento di trovare la location del concerto e fare un sopralluogo. Per quanto mancasse ancora un giorno alla performance, qualche altro Motorheadbanger giunto da lontano (per la precisione dalla Grecia), era come noi a spasso nella zona della ‘Built Of Student’ tanto per dare un’occhiata. Due parole e la classica fratellanza metallico-mediterranea sboccia naturale.

 

 

Liverpool, 6 novembre 2011. Giorno del concerto.

Fuori dal locale (molto piccolo in realtà) già da mezzogiorno uno sparuto gruppo di fan si era accampato stappando birre e scambiando battute. Ovviamente nessun italiano si sarebbe potuto esimere dall’aggregarsi e così facemmo. Ore 14:00 un bus a due piani targato Germania si addentra nel parcheggio dove bivaccavamo, fa manovra, spegne il motore e aprendo la porta posteriore lascia uscire un serenissimo Ian Kilmister.

Lo zio Lemmy sembra veramente un lontano parente che torna al paesello scendendo stancamente dalla corriera. Lo sparuto gruppetto del quale ringrazio il cielo di aver fatto parte, comincia ad agitarsi e a giocare a un-due-tre-stella puntando “The Man Himself” e il suo bus. Risultato: pacche sulle spalle e complimenti, così come un autografo di ricordo per tutti. Prendere l’aereo, girare l’ Inghilterra, vedere un sacco di concerti e fare il cretino con tutte le inglesine dell’isola è già bello di suo, ma farsi autografare una bandiera italiana dallo zio Lemmy e potersi vantare di farla garrire al vento della patria dell’Heavy metal è tutto un altro paio di maniche.

Ore 19:00 inizio concerti di supporto. U.K. Subs direttamente dalla tradizione punk inglese anni ’70 sbronzi e devastanti. Successivamente Comincia lo show degli Anti-Nowhere-League, ottimo impatto ma un tantino spocchiosi.


E poi MOTORHEAD.

1.    Bomber
2.    Damage Case
3.    I Know How to Die
4.    Stay Clean
5.    Metropolis
6.    Over the Top
7.    One Night Stand
8.    Guitar Solo
9.    The Chase Is Better Than the Catch
10.    Get Back In Line
11.    Rock Out
12.    The One To Sing the Blues
(Drum Solo)
13.    Orgasmatron
14.    Going to Brazil
15.    Killed by Death
16.    Iron Fist

Encore:

17.    Whorehouse Blues
18.    Ace of Spades
19.    Overkill

E penso sia superfluo aggiungere altro, se non un consiglio, non seguite mai una data dei vecchi Motorhead stando nelle prime file a meno che un vostro  parente non sia un otorinolaringoiatra, poiché i danni al vostro udito rimarrebbero indelebili per diversi mesi.

 


Bristol, 8 novembre 2011.

Ore 12:00 La mini delegazione italiana si muove verso la “Colston Hall” per ritirare i biglietti al box office, ma qualcosa non va. C’è agitazione nell’aria e benché il mitico tour bus fosse regolarmente parcheggiato nel retrobottega del teatro, non si vedono fan attorno allo stesso e un numero eccessivo di roadie sale e scende dalla mitica scaletta posteriore di cui sopra.

Ore 17:00 L’affissione di un tragico cartello getta nello sconforto me e i miei accoliti: “Motorhead show had been cancelled”. Dopo aver esclamato una serie di ‘accipicchiolina’ ci rechiamo al “Crowns pub” dove una popputa cameriera indossante la t-shirt dei Sacred Reich ci fa compagnia e placa il nostro dolore con la sua dolcezza. Più tardi veniamo a sapere che la ragione del cataclismatico avvenimento è una ferita all’indice della mano sinistra procuratasi dallo zio Lemmy (non voglio sapere come il tutto sia successo ma le voci della crew riferiscono di una serata nei night club del nostro affezionatissimo finita maluccio).


10 novembre 2011. Con l’angoscia nel cuore ci dirigiamo sempre via treno verso la City per assistere alla data del 12 all’Hammersmith, speranzosi in una pronta guarigione dell’idolo Lemmy. Nei due giorni precedenti al concerto sono d’obbligo le visite alle zone nevralgiche della storia inglese: il Marquee club, White Chapel, Abbey Road, Portobello Road e Acacia avenue (tranquillissima stradina di periferia, ottima per momenti di relax. Il civico 22 è ora abitato da una anziana signora, alla quale per delicatezza non abbiamo fatto domande…) I giorni successivi sono spesi visitando le tappe obbligatorie della cara vecchia Londra e subendo due cambi della guardia a Buckingham Palace.

 

Nella foto: la bandiera italiana griffata da Lemmy in quel di Liverpool

12 novembre 2011. Hammersmith Apollo (Ex Odeon). Londra U.K. – Pianeta terra.

Leggendo il nome sul citofono si scorge chiaramente la dicitura ’Sir.Ian Fraser Kilmister known as Lemmy’. Lassù infatti si ha la netta sensazione di essere nella casa stessa dei Motorhead e del loro padrino, probabilmente le cartoline a Lemmy indirizzate arrivano proprio lì. Capelloni europei affollano le strade del quartierino di Hammersmith, da anni scosso dal rumore di stivali e scarponi trascinati dal passo brillo di rocker di tutto il mondo.

Vista l’atmosfera e conoscendo il personaggio, nessuno ha il dubbio che l’infortunio di pochi giorni prima potesse minimamente influire sulla messa in scena della macchina Motorhead.

Ore 15:00. Un cartello venne affisso, ma la dicitura differisce alla grande con quella di Bristol, annunciando con voce tonante un telefonato ’SOLD OUT’.

Ore 19:00. Apertura porte.
Preso posto a distanza di sicurezza, siamo pronti a goderci le support band che come a Liverpool fanno alla grandissima il loro sporco lavoro.

Ore 21:00, una sirena annuncia l’arrivo del bombardiere spietato dalla fusoliera incastonata della decalcomania dello Snaggletooth. Botte da orbi su Iron Fist, headbanging selvaggio su Stay Clean, Metropolis urlata a squarciagola, violenza gratuita su Killed By Death, terrore allo stato puro durante Orgasmatron (suonata ad una lentezza da manicomio criminale che ne enfatizza il disarmante impatto), scarpe, birre e gocce di sangue che volano e vengono versate tra le danze di Going to Brasil, sul finale della quale quel torello mastodontico di Mikkey Dee fa volare un centinaio di bacchette in aria poi letteralmente grandinate sullo zio Lemmy, il quale si gira divertito a riprendere con un “Sei impazzito?” il suo amicone svedese.

Piccola pausa e respiri lunghi, tutto l’Hammersmith sa infatti perfettamente cosa c***o sta per succedere.

Marlboro in bocca e birrona gelata, i nostri affezionati si presentano sul palco nel delirio generale armati di armoniche e chitarre acustiche. Whorehouse Blues lascia accapponare la pelle ai sudati ultrà delle prime file e fa commuovere tutti gli altri.
Al che un silenzio irreale dilaga tra la folla, il medico di Lemmy sale sul palco incerottando il ditino ingiallito e malandato dello Zio, il quale sorridendo si aggrappa all’altissimo microfono tuonando spietatamente ”Don’t forget us. We are fuckin’ Motorhead. We play ROCK’N’ROLL!!!

Rasoiata di basso ed ecco Ace Of Spades.

Quando l’ultima nota dell’ultima strofa urla al vento la sua pesantezza l’Hammersmith si era ormai preparato al peggio. Una squadra attrezzatissima di muratori bergamaschi giunse per rinforzare i muri e quando i vigili del fuoco diedero l’ok poté partire la disastrosa violenza dei piedoni di Mikkey e della sua doppia cassa per la definitiva ‘OVERKILL’. Un primo reprise, un secondo e un ultimo.

You’re a fuckin’ great audience, thank you and good night”.

Grazie a te Zio Lemmy che ti vogliamo ancora a lungo con noi.

Il volo di ritorno mette il punto sulla più atrocemente fantastica avventura della mia vita da metallaro.

“Non Voglio vivere per sempre” ma ancora per tanti anni con un Lemmy da adorare e una quintalata di Rock’n’roll fottutamente pesante sulle cui note rompermi il collo.

Amen.
 

 

 

Parole e foto a cura di Niccolò “Mimmo” Cioccarelli