Recensione libro: ”Tattoos&Tequila – Vince Neil (Motley Crue)”

Di Stefano Ricetti - 7 Dicembre 2011 - 0:00
Recensione libro: ”Tattoos&Tequila – Vince Neil (Motley Crue)”

Tattoos & Tequila

All’inferno e ritorno con la voce dei Mötley Crüe

di Vince Neil con Mike Sager

I Cicloni 10 – 288 pagine + 16 di foto a colori – 16×23 – ISBN 978-88-96131-33-6 – 20 Euro

Tsunami Edizioni

Mötley Crüe: gruppo Glam Cock Rock * con chitarre dal suono preso in prestito all’heavy metal che a proprio modo ha segnato tappe importanti nella storia della musica, dati alla mano e al di là delle eventuali prese di posizione di stampo purista. Vince Neil (voce), Nikki Sixx (basso), Tommy Lee (batteria), Mick Mars (chitarra): quattro giovani buontemponi che hanno “onorato” gli anni Ottanta più di ogni altro collega, a suon di quintalate di sesso, droga, alcool e perversioni varie. Un atteggiamento devastatorio, il Loro, assolutamente naturale e per nulla artefatto, come testimoniato più volte dagli addetti ai lavori, a partire dalle varie band che hanno condiviso la Loro fottuta follia durante gli innumerevoli tour in giro per il mondo.

L’estremo come regola, a partire dalla Mötley House degli inizi fino ad arrivare alle ville hollywoodiane con in garage una trentina di bolidi a quattro ruote griffati Ferrari, Lamborghini, De Tomaso. Camere di hotel sfasciate, televisori buttati in strada incuranti dei passanti e dell’altezza dal suolo, rapporti orali in ogni dove con ragazze sempre diverse e sempre disponibili, risse, litigate, tradimenti, pornostar, arresti e tutto quanto fa spettacolo nella Decade Of Decadence Crüeiana. Eccessi su eccessi che portano anche a vere situazioni da galera, nel momento in cui un Vince Neil alterato alla guida di una Pantera del ’72 provoca la morte di Razzle, amico e batterista degli Hanoi Rocks. Tralasciando la dabbenaggine di Tommy Lee, egomaniaco e alla continua ricerca di visibilità personale, Nikki Sixx – definito da Neil come “Il Messia” – viene salvato da un provvidenziale paramedico all’interno di un’ambulanza quando ormai il 49% del suo corpo si trovava già di là, dopo un’overdose da cavallo insieme con Slash dei Guns N’ Roses. In mezzo a questo terzetto di galantuomini il povero Mick Mars fa quasi la figura dell’educanda: per lui solo esagerazioni con donne, droghe e alcool. Un Santo, in pratica…

Nonostante di certo non manchi la bibliografia di queste nobili imprese – su tutti l’ufficiale The Dirt, ovvero la storia della band curata da Neil Strauss del New York Times, appena dopo The Heroin Diaries di Nikki Sixx – il buon Vince Neil ha ben pensato di far uscire un libro all’interno del quale possa urlare al mondo la propria verità, dopo che in The Dirt si era detto che i suoi interventi fossero davvero pochi e troppo stringati, se paragonati a quelli strabordanti dell’accoppiata Sixx/Lee. Ecco quindi in versione italiana Tattoos&Tequila, uscito originariamente in lingua madre nel 2010, a cura della Tsunami Edizioni e tradotto da Eleonora Ossola.

 

 

I fatti narrati sopra vengono rivisitati dal singer dei Mötley Crüe che di certo non si risparmia fornendo informazioni su informazioni al giornalista e scrittore Mike Sager, che poi ha confezionato il tutto nel libro, impostandolo a mo’ di racconto verso di sé. Non solo Vince Neil al microfono ma anche una buona dose di ex mogli, colleghi, amici, addetti all’entourage e parenti stretti a raccontare le cose dal proprio punto di vista e, apparentemente, scevri da censura piuttosto che condizionamenti da parte della stessa rockstar. Uno dei pregi di Tattoos&Tequila pare proprio essere questo: l’onestà intellettuale dei vari protagonisti che rifuggono le dichiarazioni di circostanza.

Dopo una partenza invero un po’ pallosa l’opera decolla esattamente come la carriera del gruppo e da lì in poi è un brulicare di aneddoti e comunicazioni al vetriolo. Lo scontro con gli altri Crüe è diretto, chiaro e non lascia spazio a dubbi di sorta. Leggendo alcuni passaggi è inevitabile non sorridere ripensando al falso buonismo che ha accompagnato le vicende della band dell’ultimo lustro, in pratica un’associazione fatta per fare business dove vi sono più avvocati a tutela dei singoli componenti che non spunti davvero vincenti, anche se va sottolineato che l’album Saints Of Los Angeles del 2008 possedeva pezzi di alta qualità. Ma, si sa, in studio tutto e più facile e le magagne vengono fuori dal vivo, come al Gods Of Metal del 2009 a Monza, ove i Mötley hanno dato l’idea di essere una band ormai spompata che sta insieme solo per i Dollari, nemmeno lontana parente di quella schiacciasassi vista personalmente al Palatrussardi di Milano durante il Dr.Feelgood Tour nel 1989 con le coriste Emy Canyn e Donna McDaniel, anche se sul nome di quest’ultima non metterei le mani nel fuoco.

In Tattoos&Tequila Vince Neil ha il coraggio di mettersi a nudo e di questo gli va dato atto, soprattutto quando rivive alcune tragedie familiari pesantissime. Viceversa scade nel momento in cui cerca di giustificare l’ingiustificabile come quando tenta goffamente di salvarsi, ad esempio nei vari casi di separazione dalle enne mogli. Il dannato, il cattivo, l’irrecuperabile attira e soprattutto fa cassa, alla faccia di chi si fa un mazzo tanto da sempre come musicista puro e il management dei Crüe questo lo sa fin troppo bene. Il singer esce a pezzi dopo le dichiarazioni di alcune sue ex, che lo ritraggono – amorevolmente, in fondo in fondo – come un pulcino bagnato nella vita di tutti i giorni che si trasforma in un leone invincibile dopo aver ingerito quantità considerevoli di alcool miste a cocaina. Il ritratto è assimilabile a quello degli altri tre Mötley: dei quaquaraqua – Leonardo Sciascia docet – incapaci di essere uomini, gente  senza attributi nelle cose che davvero contano nella vita, esseri viziati che rifuggono le responsabilità di padri e di sposi, inclini al tradimento plurimo e continuativo, sempre pronti a calarsi i pantaloni di fronte alla prima sciacquetta di turno.

Tattoos&Tequila dispensa altresì chicche su chicche e frasi ad effetto – su tutte “poiane affamate di c***o”, riferito ad alcune ragazze frequentanti il famoso Rainbow, sulla Strip -, bordate verso alcune band (Aerosmith e Iron Maiden), le furbate di uno come David Lee Roth e in generale incita alla lettura, che è poi quello che si spera da un libro, sempre.

Sedici le pagine dedicate alle foto: si parte da quelle di Vince bimbo fino ad arrivare all’ultima del 2009 insieme con Mike Sager, l’autore del libro. Interessante vedere uno scatto riferito al concerto del 1981 con i Rockandi la stessa sera nella quale Nikki e Tommy hanno chiesto al singer di unirsi a Loro, poi il flyer riferito al primo concerto dei Crüe allo Starwood di Los Angeles e le immagini comprendenti donne varie dell’universo Neil.

Tattoos&Tequila (testualmente): cronaca di una vita trascorsa nel buco di culo di un’incontenibile indulgenza verso se stessi. Lì dentro potrebbe essere caldo e stretto, ma l’odore non è sempre buono.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti
 

* La definizione Glam Cock Rock è stata presa direttamente dal libro e affibbiata ai Crüe da uno scrittore americano, con sommo gaudio di Vince Neil