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Highlord (Stefano Droetto)

Di - 15 Novembre 2009 - 0:00
Highlord (Stefano Droetto)

Carichi e impazienti per l’uscita del loro sesto disco ufficiale “The Death Of The Artists“, gli Highlord giungono sulle nostre pagine per un’intervista, che come leggerete, toccherà diversi punti interessanti. A rispondere alle domande su passato, presente e futuro, il fondatore, chitarrista e mente della band Sted. Buona lettura!

Intervista a cura di Alessio Meucci.

Ciao ragazzi, TrueMetal è felice di avervi ospiti nell sue pagine. Che si dice in quel di Torino?
Ciao! Piacere nostro! Mah qui a Torino si parla tanto e si fa poco hehe… Diciamo che si cerca di suonare un po’ per non affossarsi troppo nella nebbia piemontese…

Tra poco uscirà il vostro sesto album ufficiale dal 1996, anno della vostra nascita, “The Death Of The Artists”; come descriveresti la vostra più che decennale carriera?
Un tripudio di sfiga? Haha… Diciamo che questi dieci anni abbondanti hanno sicuramente visto da parte nostra l’impiego di tante energie e passione, ma d’altro canto anche tante occasioni mancate e persone che ci hanno messo i bastoni tra le ruote tanto da domandarsi molteplici volte se davvero ne valesse la pena. Non mancano i ricordi belli certo, soprattutto grazie agli amici italiani e non, che ci sono sempre stati vicini e ci hanno sempre spronato ad andare avanti indipendentemente dalle avversità.

Ho dato un’occhiata all’anno di uscita dei vostri dischi. Tra uno e l’altro passano quasi sempre 2 anni, è una scelta vostra ben mirata o solo una coincidenza?
Ma no.. è davvero una pura coincidenza. Non ci avevo nemmeno mai fatto caso…

Poco fa ho detto quasi, visto che in quest’ultimo caso ne sono passati tre di anni. E’ stato più complicato dare alla luce “The Death Of The Artists” o semplicemente vi siete presi più tempo per lavorare con maggiore calma?
E’ stato complicato. Molto. A partire dall’abbandono del nostro tastierista storico per motivazioni beh.. discutibili, fino ad arrivare all’attuale crisi economica che di sicuro non risparmia nemmeno noi nel nostro piccolo. Quando la line-up si è assottigliata, ci siamo ritrovati davanti ad un grosso problema compositivo. Ci sembrava impossibile riuscire a comporre una canzone senza un uso massiccio di tastiere, come d’altro canto abbiamo sempre fatto fino a pochi anni fa. Eppure dopo qualche mese, ci siamo rimboccati le maniche ed abbiamo dato alla luce le tracce ora presenti nel nostro ultimo lavoro.

Dicci, cos’ha in più “The Death Of The Artists” rispetto ai vostri precedenti lavori?
Io credo si tratti forse di uno dei dischi più belli mai composti dagli Highlord. Ha la semplicità e la genuinità di “When the Aurora  falls…” tanto caro ai nostri fan più datati, ma ha anche la consapevolezza di chi suona ormai da 11 anni o più lo stesso genere e si rende conto che strafare è una cosa errata e che conviene sempre strizzare l’occhio al divertimento ed alla melodia piuttosto che al virtuosismo fine a se stesso. È un cd veloce, leggero (si fa per dire) che non pretende di inventare qualcosa o di convertire un death metaller al power come ha già scritto qualcuno.. a noi non ce ne frega un cazzo se ad ascoltarci è un bambino dell’asilo, un truzzo da discoteca in botta o un insegnante del conservatorio! La domanda è: ti piace? Ti diverte? E allora abbiamo fatto il nostro lavoro! Tutto qua…

Mi pare di aver notato anche rispetto al passato, un sound sempre nei canoni del power, ma più personale e con venature di heavy e hard rock. Ci ho visto giusto?
Esattamente! Devi sapere che da “Instant madness” ad oggi io non ho ascoltato praticamente nulla di power metal. Ho ascoltato solo rock, hard rock e metal anni ’80… alcuni nomi tabto per farti un’idea: Danko Jones, Ozzy, Megadeth (i vecchi), Guns, Racer-X. Mr Big, Hendrix… Van Halen, perciò era inevitabile che il nostro sound venisse contaminato dal rock in generale. Ho cercato di fondere tutto questo con i ritmi veloci del power e le chitarre “scordate” tanto in voga ultimamente.

Vi siete legati alla Scarlet Records, deve essere stata una bella soddisfazione per voi aver firmato per una delle maggiori label italiane. Non è così?
Certamente! Al momento è una delle poche etichette italiane degne di rispetto. Speriamo vivamente che questa cosa ci dia maggiore visibilità rispetto al passato ed apra nuove porte per il futuro.

Tutto ciò potrebbe darvi maggiori opportunità per quanto riguarda i live? Avete progetti imminenti?
Hmm… A parte una data da confermare al Taurus di Ciriè, non abbiamo ancora intavolato un discorso live con precisione. Non so se Scarlet si occupi anche di eventi live, ma per ora non se n’è parlato. Speriamo che ci siano delle buone possibilità però, perchè il palco è sempre stata la nosta dimensione ideale e starne per troppo tempo lontani non è salutare.

Tornando al disco, pensi che i vostri numerosi fans abbiano, con “The Death Of The Artists”, quello che si aspettavano da voi? Insomma, un bel disco da gustarsi?
Ma io credo di si! Credo sia un bel disco. Per adesso chi l’ha sentito ha confermato questo mio pensiero… spero la gente non si aspettasse un disco Jazz, perchè in tal caso sicuro rimarranno tutti delusi!

Prova di abilità: cerca di convincere uno scettico a comprare il vostro ultimo album.
Non sono un venditore! Non mi piace prendere in giro la gente perciò di solito sono sincero. Vuoi comperare il millesimo album della band blasonata di turno, spendere 20 euro e scoprire che forse non era poi questo grande affare e renderti conto che lo sapevi già, ma ci sei ricascato… Oppure per una volta vuoi dare una chance ad una band nostrana che si spacca il culo per fare buona musica senza nessun aiuto e magari aggiungere un nuovo nome alla tua lista di band preferite? Bene. Allora compera il nostro cd! Haha…

Ormai l’originalità è qualcosa di difficile da tirar fuori in un disco, soprattutto power. Voi a cosa o a chi vi ispirate maggiormente per scrivere le vostre canzoni?
Ma noi salvo casi eccezionali ci ispiriamo alla nostra vita. C’è abbastanza materiale da scrivere un libro. Non c’è bisogno di inventarsi nulla è tutto li pronto per essere raccontato e la cosa bella è che potrebbe essere condiviso da molti rendendo il tutto ancora più interessante. Non serve inventarsi storie di cavalieri o draghi per per dire qualcosa. I mostri e gli eroi sono nella vita quotidiana di ognuno di noi, basta saperli vedere…

Due righe sulle metal band italiane a confronto con le metal band scandinave, da svariati anni ormai, messe sul gradino più alto del podio. Cosa manca all’Italia? Forse un po’ di mentalità più aperta e fiducia da parte di pubblico e addetti ai lavori?
Hai già risposto tu! Bravissimo! Manca la fiducia da parte del pubblico e degli addetti ai lavori. A noi italiani non manca proprio nulla! Siamo bravi anche noi cosa credono? Ricordo a tutti che la migliore musica secoli fa arrivava da qui eh? Cmq.. sicuramente l’apertura mentale dei paesi scandinavi in fatto di musica ed arte è innegabile. Questo concorre a formare persone estremamente preparate e motivate al contrario di quanto accade nel “bel-paese” dove un senso di terrore e imminente fallimento accompagna bene o male qualunque formazione metal. Ed a volte non è solo un sentore…

Ultima domanda, siamo giunti alla fine…c’è un vostro concerto che ricordate con affetto nel quale avete sentito tutto il calore della gente?
Sì. L’Agglutination festival del lontano 2001…..

Vi ringrazio molto ragazzi per la disponibilità e per il tempo dedicato a questa intervista, Truemetal vi fa un grosso in bocca al lupo, per tutto. A voi le ultime parole.
Siamo noi a ringraziare te! Ci mancherebbe! crepi il lupo e speriamo il nostro ultimo lavoro sia di vostro gradimento! STAY HIGH!!!!