Heavy

Intervista Vanexa (Sergio Pagnacco)

Di Orso Comellini - 29 Dicembre 2011 - 8:00
Intervista Vanexa (Sergio Pagnacco)

In occasione del Rock For Liguria, concerto di beneficenza a favore degli alluvionati di Liguria e alta Toscana, noi di Truemetal abbiamo realizzato una serie di interviste ai principali interpreti della serata. L’intervista ai Vanexa quindi è la prima di un mini ciclo di testimonianze raccolte, che verranno pubblicate sulle nostre pagine a cadenza regolare e si chiuderanno con il report di quella storica giornata, per far sì che iniziative del genere (che senza dubbio nobilitano l’intero movimento) non passino inosservate.

Intervista realizzata da Michele “Panzerfaust” Carli e Orso “Orso80” Comellini. Buona lettura!

I Vanexa sono uno dei pilastri dell’heavy metal italiano, sia qualitativamente, sia storicamente. Ecco perché, per noi di TM, intervistare la band è stata un’emozione unica, vissuta quasi con timore reverenziale. Niente boria o vanità comunque da parte di chi concretamente ha contribuito a dare vita al movimento heavy metal tricolore: sono bastate poche parole scambiate per creare un’atmosfera in un certo senso familiare. Ringraziamo perciò di cuore Sergio Pagnacco e Silvano Bottari per la loro schiettezza e disponibilità.

 

    

Ciao Sergio

Ciao ragazzi. Hey ma c’è Stefano Ricetti in giro per il locale?

No, ma le domande che ti rivolgeremo sono state stilate proprio da lui, in un certo senso è come se fosse presente. Iniziamo, a che punto è la tua collaborazione con i Labyrinth?

La mia collaborazione prosegue: praticamente stiamo facendo molti live in giro, abbiamo fatto il tour europeo. Siamo molto contenti per la bella partecipazione del pubblico e gli organizzatori si sono confermati preparati, ci siamo trovati molto bene. Adesso abbiamo in preparazione il nuovo album che uscirà probabilmente per la primavera del prossimo anno.

Capitolo Vanexa: avete in cantiere un nuovo album? Puoi rivelare qualcosa in anteprima?

Sì, ci stiamo lavorando. Il nuovo album si dovrebbe intitolare “Too Heavy To Fly”. “Troppo Pesante Per Volare” è il titolo esemplare per l’ennesimo album di metal italiano che sarà troppo pesante per riuscire a decollare in un music business come quello italiano. Da noi ci sono delle validissime band, tanto che ci chiedono sempre, quando capita di suonare all’estero, delle band nostrane (che noi magari non conosciamo nemmeno tanto) e ciononostante il mercato è stanco e privo di coraggio. Fortunatamente il tam tam dei ragazzi metallari comunque funziona, c’è sempre stato uno zoccolo duro e questo fa sì che esistano sempre delle band di heavy metal italiano.

La line-up dei Vanexa subirà dei cambiamenti?

Allora, diciamo che il problema è questo qua: Roberto Tiranti è colui che fortemente ha voluto la reunion dei Vanexa, quindi lui è sempre il cantante, fino a quando non ci dirà che non vuole più cantare nei Vanexa. Fortunatamente all’interno della nostra line-up abbiamo Alessandro Graziano, che è il nostro chitarrista, il quale canta molto bene e quindi spesso proponiamo a lui di farlo. Stasera infatti canterà lui, ha una voce molto valida che per conto mio funziona anche nel metal. Quindi la line-up è quella del live album che è uscito quest’anno e per adesso è questa, ripeto, fino a quando, eventualmente, Roberto Tiranti non ci dirà che non vuole più cantare nella band.
 

    

Vanexa da sinistra a destra: Artan Selishta, Alex Graziano, Roberto Tiranti, Syl Bottari e Sergio Pagnacco

Un tuo pensiero sul disco dal vivo “Metal City Live”, uscito quest’anno.  

Il live album è stato realizzato praticamente di getto, è stato registrato al Play It Loud del 2009 dopo un sacco di anni che non suonavamo assieme e con una formazione effettivamente nuova perché avevamo i due chitarristi, Artan Selishta e Alex Graziano, al posto di Roberto Merlone. Roberto in prima battuta è stato contattato da noi, però per problemi di salute e familiari ha sempre desistito dal continuare la storia dei Vanexa. Ci siamo guardati un po’ in giro e abbiamo trovato questi due validi chitarristi. Per me, il live è effettivamente buono perché è proprio in stile Vanexa, tutto d’impatto: c’è molto sudore in quello show. Tutto sommato siamo molto soddisfatti della resa finale.

Anche solo cinque anni fa ti saresti aspettato di girare ancora per concerti come Vanexa?

Allora, con i Vanexa probabilmente no ma cinque anni fa Silvano Bottari ed io suonavamo in una band che ci aveva contattato per fare un tour europeo. Non era un gruppo metal, era un gruppo punk di un amico. A me il punk ha sempre fatto abbastanza cagare, però la richiesta proveniva da un amico e questo ci ha dato la forza di rimetterci in pista. Effettivamente però eravamo troppo metal per suonare punk… Diciamo che Stefano (sì, proprio il Nostro Stefano Ricetti) è stato uno dei propositori della nostra reunion, ne abbiamo parlato assieme. Lui ha creduto fortemente in noi, convinto che avremmo ancora potuto avere il nostro spazio nella scena metal italiana. Essendo un giornalista molto valido era contattato da metallers più giovani che chiedevano dei Vanexa e della nostra storia negli anni ottanta. Ci ha detto: “se voi tornate in pista, probabilmente, in prima persona riuscirete a spiegarvi meglio con questi ragazzi che hanno sentito parlare di voi ma non vi hanno mai visto”. Noi comunque ci reputiamo un po’ una cult band, non ci piace tanto apparire in pubblico, i nostri live sono abbastanza sporadici e di conseguenza, uno deve cogliere un po’ l’occasione di vederci live nei pochi concerti che facciamo.
 

    

Vanexa in una delle prime line-up, da sinistra a destra: Fabrizio Cruciani, Sergio Pagnacco, Roberto Merlone e Syl Bottari

Quali fra gli ultimi show che avete fatto sono quelli che ti hanno regalato le maggiori emozioni?

Posso dire che ogni concerto che faccio coi Vanexa per me è l’ultimo concerto, salgo sul palco con l’ottica che quello potrebbe essere l’ultimo concerto, quindi che ci sia una persona, mille o diecimila cerco di dare il massimo e mi diverto molto a stare sul palco coi Vanexa. Non sono più affezionato a un concerto o all’altro perché tutti quanti hanno degli aneddoti e delle storie eccezionali dietro. Tutto sommato a volte me ne ricordo, a volte mi dimentico certe cose che poi mi ritornano in mente dopo dieci, venti o trent’anni però ripeto non sono più affezionato all’uno o all’altro proprio perché per me è sempre l’ultimo concerto.

E il mitico concerto di Certaldo del 1983?

Ti dico, di aneddoti ce ne sarebbero una marea, in quel mitico concerto eravamo headliner ed era il primo festival heavy metal italiano. Eravamo gli unici ad aver registrato un album: nessuno lo aveva ancora fatto, né gli Strana Officina, né i Death SS. Sì, quello lo posso ricordare in maniera più affettuosa proprio per il fatto che è legato al primo festival metal in Italia. In quella occasione c’era solo il passaparola dei ragazzi e ci siamo resi conto di appartenere a un movimento molto importante per il momento. Si ascoltavano generi completamente differenti dall’heavy metal allora, il metal era l’ondata ultra nuova, innovativa. Potevamo presumere comunque di aver capito che effettivamente eravamo stati tra i primi a partecipare a un movimento che poi sarebbe diventato il più potente del Mondo.
 

    

La copertina del disco d’esordio
 

Qual è la cosa che più ti ha dato soddisfazione post come-back o la spinta in più?

La spinta per tornare deriva dal fatto di cercare di raccontare ancora delle storie interessanti e continuare a suonare buona musica come facciamo tutto sommato da due, tre generazioni, rimanendo fedeli alla linea dell’heavy metal. Però per me la più grande soddisfazione sarà quella del prossimo album. Cercheremo di fare un disco completamente metal, vero metal, nel senso che vogliamo arrivare diritti al punto, non ci piace girarci intorno, per noi il metal è nato in maniera spontanea e anche questo album deve essere spontaneo. Quindi, partendo dai riff dei chitarristi, da spunti del genere, in sala prove metteremo molto groove, molta fatica, molto sudore. La gente si accorgerà che l’album è suonato in maniera spontanea, assolutamente!

Un tuo pensiero su ROCK FOR LIGURIA

Per conto mio questa serata è una bella cosa, questi sono fattori che effettivamente possono essere importanti per la vita sociale quotidiana. Dare una mano a qualcuno che è stato meno fortunato di noi per me è una cosa enorme. (interviene anche Silvano) Come evento è interessante, cerchiamo di richiamare l’attenzione degli italiani in genere. Una bella iniziativa e una buona risposta del popolo metal. Questo potrebbe essere l’inizio per qualcosa di più grosso in futuro. (Sergio) La differenza con gli anni ottanta è che quando hanno capito che poteva essere un movimento che arrivava direttamente ai ragazzi i mass media ti ‘cagavano’. Allora dicevano: inizia a dire questo, porta questa magliettina. Oppure, visto che quello che dicevi arrivava ai ragazzi, il politico di turno ti avvicinava e con buona probabilità potevi arrivare anche alla RAI. Poi a un certo punto qualche ortodosso o meglio qualche deficiente ha esagerato, ha esaltato troppo il satanismo e queste cose qua. Non hanno capito lo spirito del genere, che comunque ha una funzione oltraggiosa, ma non è che poi uno va a fare le messe nere. Ci hanno marciato un po’ troppo sopra, alla fine esce qualche giornalista che inizia a darti contro e l’etichettica discografica non rischia più perché si mette contro uno, poi contro l’altro e pian pianino il genere inizia a scemare. Poi il movimento ha avuto alti e bassi, però per fortuna lo zoccolo duro, quello contro tutto, contro le mode, la televisione e ci puoi mettere pure il calcio o la politica, ha sempre galleggiato. Se un domani decidessero di contare quant’è il popolo metal e putacaso fossimo duecentomila che comprano dischi, riviste, spillette o magliette, a quel punto, potresti dire la tua ma fin quando non abbiamo un peso specifico tangibile non ti considereranno più di tanto perché comunque stai facendo tutto per i fatti tuoi. (Silvano) Comunque oggi è cambiato anche lo spirito di chi suona questo genere, una volta ognuno voleva essere il più bravo, adesso ci si aiuta l’uno con l’altro, ci sono meno manie di grandezza e ciò è bello. (Sergio) Prima c’erano quelli che facevano musica ballabile che volevano fare la seratina in discoteca davanti a tot persone, mentre quelli che facevano heavy metal avevano altre aspirazioni, un altro punto di arrivo: diventare una rockstar, salire su palcoscenici importanti e quindi diventare famosi. Anche tra gruppi ci vedevamo in un certo senso come concorrenti, non c’era dell’invidia ma senz’altro rivalità, anche se poi eravamo tutti sulla stessa barca. C’è sempre qualcuno che cerca di metterti i bastoni tra le ruote ma adesso grazie anche a internet e ai social network si può dire che siamo tutti una grande famiglia.

 


   

Sergio Pagnacco oggi