Live Report: Midnight Extreme Festival (Cortemaggiore, 13/10/2012)

Di Daniele D'Adamo - 25 Ottobre 2012 - 17:25
Live Report: Midnight Extreme Festival (Cortemaggiore, 13/10/2012)

Diversamente dalle location dove siamo abituati ad assistere ai concerti come l’Alcatraz, ecc., per il Midnight Extreme Festival ci spostiamo al Fillmore Club di Cortemaggiore (PC), locale assai sconosciuto ma molto indicato per i live, con un ampio palco, una buona illuminazione e senza transenne fronte palco come una volta. Stasera, dopo l’ultima esibizione nel 2009, tornano i micidiali Arch Enemy pronti a battezzarci sotto le note del nuovo album “Kahos Legions”. I fan accorrono sul posto sin dal mattino presto, marchiati con gli inconfondibili segni neri della bellissima vocalist Angela Gossow. Durante la giornata riescono a incontrare la band, ma sfortunatamente di lei nessuna traccia.

Live report e foto a cura di Giacomo Cerutti
 

Verso le 18:30 il locale apre e i fedelissimi invadono la prima fila. I primi a esibirsi, oltre agli special guest, sono due band vincitrici di un contest. A rompere il ghiaccio tocca ai Lacerhate, band cremonese formatasi nel 2007 che propone i pezzi del loro primo omonimo EP e del disco “Reborn From The Ashes”. Accolti calorosamente dai pochi presenti, ripagano con un death/metal mischiato col thrash/hardcore, riff pesanti e dure linee di basso accompagnano un growl molto deciso, con sottofondo una batteria molto spinta. Evidenti le influenze di band quali Slayer, Sepultura, Hatebrideer e Soulfly, La band è molto compatta, ha energia da vendere, soprattutto il frontman che notando la calma generale, salta giù dal palco più volte per dar vita al pogo. Inoltre, ogni tanto, passa il microfono in prima fila per le imprecazioni di rito. Decisamente una buona prestazione per iniziare la serata, anche se il volume della voce andava un po’ alzata.  

 

Lasciamo il palco ai secondi vincitori: gli All Amort, band como-milanese nata nel 2007 che, dopo vari cambi di line up, si solidifica nel 2012 incidendo il primo EP “Lost In The Corner”. Si prosegue con un melodic death/thrash metal molto più cattivo. Tra i componenti, nonostante la differenza di età, c’è una forte sinergia ma tra essi spicca indubbiamente il batterista, il quale di non più verde età, a confronto con tanti giovani pesta di più senza perdere un colpo. Ritmiche furenti si susseguono incastrando al punto giusto le parti melodiche e il giovane vocalist s’impone con un potente scream. Ogni canzone genera scapocciamenti e poghi, molto acclamati dal pubblico, purtroppo penalizzati dalla voce e le chitarre un po’ basse e i frequenti problemi tecnici al doppio pedale. Speriamo di rivederli in condizioni migliori, intanto aspettiamo l’uscita del loro full-length.

 

Il pubblico è aumentato ed è pronto ad accogliere il primo effettivo special guest, si tratta degli Ira, band milanese technical death/metal fondata nel ‘97 dal cantante/chitarrista Giuseppe “Rex” Caruso (ex-cantante dei Node) e il fratello chitarrista Alex Caruso. Nonostante i cambi di formazione incidono un paio di demo e due album di cui il fresco e nostrano “The Sindrome Of Decline”, entrambi riscuotono grandi riconoscimenti da parte di note fanzine come “Rock Sound”, “Metal Shock”, “Metal Hammer” e “Hard Rock”. Con un caloroso applauso entrano in scena, salutano rapidamente partendo col primo pezzo, facendo capire di essere una band di poche parole e molti fatti, poiché la loro presenza scenica abbinata al sound, è paragonabile a un muro solidissimo e ben costruito. Poca interazione col pubblico, salvo qualche raro incitamento e molta concentrazione sull’esecuzione dei brani: piovono violenti riff e soli veloci, alternati a parti melodiche, il tutto è molto curato e ben strutturato, si sentono chiaramente influenze di mostri sacri quali Death, Slayer, Megadeth, Carcass, Cynic, ecc. il vocalist ha uno scream dalle tonalità oscure e il batterista macina le pelli. Una performance fredda quanto diretta di una band molto dotata, ben apprezzati dal pubblico diviso tra scalmanati pogatori e attenti ascoltatori.

 

Dopo questa forte dose di death/thrash, si volta pagina passando al black metal dei milanesi Stormcrow con all’attivo due album “Skies Wounded” del 2006 e l’attuale “Disposition To Tyranny”, con i quali mantengono alto il vessillo nero del metal estremo; in passato hanno condiviso il palco con Enthroned, Hate, Vader, Mortuary Drape, Nefarium. Le luci si abbassano, cinque sagome buie si materializzano sullo stage, dalla platea ben riempita si alzano delle urla, che immediatamente sono sopraffatte dalla violenza sonora scaturita dalle feroci chitarre e dal basso rombante, un impressionante vocalist dallo scream esplosivo e un batterista che oltre a picchiare sulle pelli a ritmi distruttivi, canta i cori in growl. L’essenza del black metal scandinavo è evidente, comunque nel sound si nota una modernità ben amalgamata e non mancano le melodie create rigorosamente dalle chitarre senza l’uso di tastiere. La band, visto il genere, non era molto interattiva con gli spettatori. Nonostante i ritmi estremi, la platea era abbastanza ferma, salvo qualche stralcio di pogo. Lo show in ogni caso ha riscosso buon successo, lo stormo di corvi ha dato il massimo e sarà sicuramente ricordato.  

 

Dall’estremità del black metal si passa a tutt’altro genere con i Logical Terror. Questa band italiana emersa due anni fa ci fa entrare nell’area della sperimentazione elettronica, eseguendo le canzoni del loro debut-album “Almost Human”, il quale ha riscosso buon successo negli Stati Uniti permettendogli di aprire gli show di Sepultura, Mnemic, Neosis, Empyrios. Entrando in scena la prima cosa che desta curiosità nel pubblico è la presenza di due cantanti, ci si aspettava un growl iniziale o una pesante schitarrata, invece parte una base techno che lascia il Fillmore basito, dopodiché i vocalist incitano a saltare, chitarrista e bassista emettono ritmiche pesanti e rigide, il batterista di certo non accarezza le pelli. Ora parte del pubblico si sente più a suo agio, la controparte piega il naso: non tutti riescono a conciliare il metal con l’elettronica. Tuttavia hanno una buona tenuta di palco, molto dinamica, in particolare gli inarrestabili frontman che duettano tra il cantato in growl e in pulito scandendo parti aggressive e melodiche, oltre ad avere un’ottima interazione col pubblico, dal quale nascono piccoli nuclei di pogo ma più simili ai frenetici balli hardcore. Difatti sostanzialmente è una band metalcore, con degli spruzzi techno-industrial che aggiungono al sound quel pizzico di new wave. Nonostante la particolarità del genere in mezzo a band estreme, in parecchi hanno gradito l’esibizione applaudendo calorosamente.

 

Dopo questa specie di digressione, prepariamoci a tornare nell’oscurità portata dai Cadaveria, band italiana fondata nel 2001 dalla stessa frontwoman Cadaveria, ex-cantante degli Opera IX e DyNabyte, la quale chiamando a sé un corollario di musicisti estremi, attualmente sono: Marcelo Santos (aka Flegias cantante dei Necrodeath) alla batteria, Killer Bob (ex-Necrodeath, DyNabyte e The Black Lodge) al basso, Frank Booth e Dick Laurent (ex-The K) alle chitarre. Le loro menti plasmano un genere unico definito ‘horror metal’, dove fondono l’estremità del black/death con la classicità heavy metal, aggiungendoci una forte dose di dark e gothic, soprattutto nei testi profondi e introspettivi. Essi hanno inciso tre dischi e suonato in tutto il mondo, stasera il Fillmore diventa tappa dell’Horror Metal Tour in cui promuovono la loro quarta creazione, l’omonimo “Horror Metal”. L’atmosfera s’incupisce, la platea è avvolta dalle tenebre, s’intravede la band avvolta nel fumo, sulle gelide note del primo pezzo la nebbia si dirada ed entra in scena Cadaveria, paladina del male pitturata in viso, catturandoci con la sua voce tetra e le sue movenze teatrali in una ragnatela intrigante e spettrale, il sound si sposa perfettamente col suo timbro vocale generando parti aggressive tipiche del black vecchio stile, cantate con uno scream perforante e urla agghiaccianti combinate a malinconiche melodie accompagnate da linee vocali pulite e ipnotiche. Puntando tutto sull’impatto sonoro/scenico, l’interazione è limitata a un «grazie» sussurrato a fine canzone, ma è giusto così per mantenere il senso di lugubre di una prestazione di alto livello, che il pubblico ha seguito dalla prima nota sino all’ultimo sguardo truce di Cadaveria. La quale, ringraziando e salutando risveglia la folla come da un malefico incantesimo, segnando l’ennesima vittoria all’insegna dell’horror metal. Unica pecca è stata la mancanza di Flegias dietro le pelli, poiché impegnato la sera stessa a cantare con i Necrodeath.

 

Non appena gli spettatori escono dal torpore, il Fillmore inizia a rimbombare di cori «ARCH ENEMY, ARCH ENEMY, …», l’ultimo cambio palco pare interminabile, occhi e orecchie sono puntati in cerca di un segnale d’inizio e finalmente… buio! Urla assordanti si susseguono mentre parte l’intro “Chaos Overture”, accompagnata da scene di guerra proiettate sugli schermi, premessa di una catastrofe imminente. Daniel Erlandsson monta sulla batteria pronto a colpire, fuoriesce la chioma rossa del chitarrista e fondatore Michael Amott, con un’entrata solitaria dà il via a “Yesterday Is Dead And Gone” esaltando la folla, a seguire, in sostituzione di suo fratello Christopher appare alla seconda chitarra Nick Cordle (ex-Arsis), il mastodontico Sharlee D’Angelo al basso e per finire… riccioli biondi, segni neri sotto due occhi di ghiaccio, emerge Angela Gossow esordendo con un urlo che manda in delirio i fan, scatenando una terrificante ondata di pogo. Il Fillmore ha preso realmente vita! Ogni canzone è una bombardata nelle viscere, il combo svedese spara da subito classici come “Ravenous” e “My Apocalypse”, vere e proprie granate death/metal, non ci si può aspettare diversamente da un mostro di tecnica quale Michael Ammot in quanto ex-Carcass, imbattibile nel comporre riff taglienti e melodici, eseguire scale pentatoniche velocissime arricchite con ottimi armonici. Inaspettatamente presto si ritirano lasciando spazio a Daniel Erlandsoon, che si cimenta in un poderoso solo di batteria, cavalcando ininterrottamente sula doppia cassa, rullando come una mitragliatrice e assassinando i piatti; al termine si alza generando un’ovazione e probabilmente causando la rottura di qualche braccio dei fan, per contendersi le bacchette lanciate. Tornando alla carica sempre più aggressivi con “Under Black Flags We March” innescando l’headbanging generale, Sharlee D’Angelo si staglia con imponenza, in proporzione il basso sembra uno stuzzicadenti, continuamente scheggiato dalle dure pennate che scaturiscono grezze note, non a caso milita anche nei grandiosi Mercyful Fate. Sulla destra rimane sempre un po’ in disparte il nuovo arrivato Nick Cordle, ma ben risalta grazie alle sue notevoli capacità. Angela Gossow sventola con orgoglio la bandiera nazionale, è in ottima forma dalle sue corde vocali sfrecciano furiosi growl, comandante di una macchina da guerra tiene le redini dello show e del pubblico assumendo pose e gesta carismatiche. Fredda e possente non lascia spazio alle emozioni, se non per incitare e ringraziare a fine canzone, raramente si vede sorridere, anche quando passa a un palmo dalla prima fila non degna di uno sguardo né sfiora le centinaia di mani tese in adorazione. Forse un po’ eccesivo ma i loro concerti si concentrano più sulla prestazione tecnica che sull’interazione, anche tra essi non c’è fermento, solo qualche breve cambio di postazione, in particolare nel momento dei soli dove Ammot e Cordle prendono possesso della scena piazzandosi a centro palco. Molto scenica “Cruelty Without Beauty” affiancata da proiezioni sul tema della vivisezione e maltrattamenti verso gli animali. Dopo una piccola sosta riprendono regalando gli ultimi tre pezzi concludendo con “Fields Of Desolations”. Durante i saluti la pressione sottopalco aumenta a dismisura per riuscire a stringere la mano ai loro beniamini o anche solo sfiorare Angela strappandole un sorriso. Applausi a volontà con, in sottofondo, l’immancabile coro «ARCH ENEMY, ARCH ENEMY, …». Senza dubbio è stata un’esibizione devastante, un vero terremoto di aggressiva potenza spaccaossa: Michael, Angela e soci hanno aperto lungo il Fillmore Club una crepa che difficilmente sarà rimarginata.

Il Midnight Extreme Festival è stato senza dubbio un concerto riuscitissimo, da ammirare soprattutto perché ha dato la possibilità di supportare la scena underground italiana, sicuramente per le band sarà una buona rampa di lancio. Nonostante qualche ritardo nell’organizzazione interna, tutto si è svolto per il meglio grazie ad uno staff molto efficiente. Le band hanno dato l’anima soddisfacendo i palati più estremi e la partecipazione del pubblico aumentava esponenzialmente. Si spera che diventi un appuntamento annuale, magari improntato su un genere diverso per ogni edizione, per abbracciare più ampiamente la tanto amata musica metal.

Giacomo Cerruti

Setlist

Intro (“Chaos Overture”)
Yesterday Is Dead And Gone
Ravenous
My Apocalypse
Bloodstained Cross
The Day You Died
Daniel solo (batteria)
Under Black Flags We March
Dead Eyes See No Future
Revolution Begins
Nick e Michael solo (chitarre)
Dead Bury Their Dead
Cruelty Without Beauty
We Will Rise

Encore

Snowbound
Nemesis
Fields Of Desolations