From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – Luglio/Agosto/Settembre 2011

Di - 16 Settembre 2011 - 6:00
From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – Luglio/Agosto/Settembre 2011

L’occhio di TrueMetal.it sull’Underground – # 04/2011

Nuovo numero per la nostra rubrica sull’underground italiano. Qui, e nelle prossime edizioni, troverete informazioni sui demo che ci arrivano in redazione, da sommare alle recensioni dei demo migliori, che continueremo a pubblicare nell’apposita sezione.


 

Ricordiamo che i sample di tutte le band sono disponibili sulle relative pagine MySpace, segnalate a lato della recensione.
Buona scoperta!

Indice aggiornato della rubrica

Cruscifire
Chaos Season
2010, Autoprodotto
Death Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. A Letter from My Enemy
  2. Chaotic
  3. The Chaos Season
  4. Squeal from Slaughterhouse
  5. A New Bloody Day
  6. Smash Your Head
  7. Sons of Disgrace
  8. Finish Him
  9. Valley of Suicidal
  10. Untrue Illusion

I Cruscifire sono un gruppo musicale nato nel 2003 a São Paulo, in Brasile, da un’idea dei fratelli Caio e Victor Angelotti, rispettivamente chitarrista e bassista/cantante della band.
Dediti a un classicissimo death/thrash, influenzato dal brutal di matrice americana, i ragazzi arrivano al traguardo del primo album di inediti a Dicembre 2010, in seguito al rilascio di “Chaos Season”.
Il lavoro, rigorosamente autoprodotto, è, almeno nelle intenzioni, un concentrato di annichilente e cieca violenza, che da un lato attinge a piene mani dalla tradizione brutal death statunitense (diversi sono i richiami a nomi celebri quali i Suffocation) e dall’altro dal thrash/death più diretto e “ignorante” di casa Torture Squad.
Il cd però non solo non brilla per originalità e personalità, ma in generale lascia davvero poca traccia di sé. Il riffing è sin troppo standardizzato e prevedibile, le ritmiche, pur se varie, non riescono da sole a risollevare le sorti di un disco piuttosto banale. È comunque doveroso mettere in evidenza l’ottimo drumming di Victor Nabuco, autore di una prova davvero convincente.  
Anche la voce di Victor non fa miracoli: il cantante, pur se tecnicamente sufficiente, non emerge rispetto al mare di voci death in circolazione, sfoderando un growl abbastanza profondo ma non particolarmente originale.
Riuscire ad individuare qualche passaggio memorabile diventa dunque un’impresa davvero ardua: la generale omogeneità rintracciabile nella tracklist, rende infatti tutto estremamente piatto e poco accattivante.
Ad un songwriting così poco appassionante, si affianca, incredibilmente, una produzione di qualità davvero ottima, specie tenendo conto del fatto che, come si diceva in precedenza, siamo di fronte ad un album autoprodotto: i suoni sono chiari e puliti, i volumi perfettamente regolati e ogni musicista ha lo spazio adeguato per esprimere al meglio le proprie capacità tecnico/esecutive.
Alla luce di quanto detto, però, non ce la sentiamo davvero di promuovere un’opera del genere. Se i brasiliani vogliono compiere un salto di qualità che permetta loro di distinguersi all’interno dell’affollato panorama death, devono lavorare ancora molto, cercando di imboccare una strada più personale.


Emanuele Calderone

 

Furious
Ruins
2011, Autoprodotto
Heavy Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Ace Comes Out
  2. Harder
  3. Sleep Lies Down
  4. Dedalus
  5. Shore of the World
  6. Dreamin’ Forever
  7. I Walk Beyond
  8. Odyssey Dawn

Nati nel 2006 e con all’attivo già un demo oltre al presente Ruins, i Furious di Lucca si ripresentano sulle scene in questo 2011 per dare prova di compattezza e potenza tramite un heavy metal classico con accenni power/speed. Il tiro dei brani non è indifferente ed il lavoro di composizione si fa apprezzare parecchio senza, però, colpire al primo ascolto. Per arrivare a comprendere appieno la proposta del quartetto toscano è necessario ascoltare qualche volta Ruins in quanto, a causa di una registrazione non eccessivamente pulita, molti particolari restano nascosti, soprattutto quelli relativi alla sezione ritmica. Oltre a ciò va anche segnalata una prestazione altalenante del cantante Gabriele Tovani, il quale ogni tanto scivola sulle note più acute compromettendo l’equilibrio stabilito dalla chitarra di Federico Bertagna, sempre in primo piano con ritmiche e momenti solisti piuttosto ispirati.
Dovendo considerare la somma delle parti finora analizzate, il risultato pende verso una sufficienza abbondante, ma per arrivare a livelli più alti è necessario che i ragazzi si diano da fare per trovare la propria personale quadratura del cerchio, magari spingendo più il piede sull’acceleratore, cosa che sarà sicuramente in grado di donare grinta alle future nuove canzoni. Al momento, infatti, Ruins resta un prodotto interlocutorio portato a termine da una band con ancora un po’ acerba e con le idee da formare, cosa del tutto fisiologica se si pensa all’età dei suoi componenti. Auguriamo quindi ai Furious di trovare una loro strada e percorrerla con la grinta e la fierezza dimostrate in questa loro seconda prova in studio.

Andrea Rodella

 

Grim Monolith
Intempesta Nox
2011, Autoprodotto
Black Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. In Your Sorrow’s Mysteries  
  2. Beyond The Solemn Grave  
  3. A Thousand Years Of Midnight  
  4. Wolves’ Grief  
  5. The Walls Of Csejthe  
  6. The Distant Thunder  
  7. Ghostwood Realms  
  8. Ravens Gather  
  9. A Prayer In Moonlight  
  10. Of Churchyards And Weeping Nights
  11. Intempesta Nox

Il 1994 fu un anno fondamentale per l’intero movimento black metal: i Mayhem rilasciarono sul mercato “De Mysteriis Dom Sathanas”, i Satyricon tornarono a calcare le scene con “The Shadowthrone”, in casa Emperor nacque niente meno che il loro capolavoro, quel “In the Nightside Eclipse” che avrebbe profondamente segnato l’intero movimento musicale estremo, e i Darkthrone regalavano al mondo quel gioiello di musica nera intitolato “Transilvanian Hunger”.
Era il 1994. Vi potrete chiedere, probabilmente, il perché di questa lunga e pedante lista. La spiegazione è semplice: ci serve per introdurvi “Intempesta Nox”, opera prima dei messinesi Grim Monolith.
I siciliani, attivi dal 2003, arrivano, con il citato “Intempesta Nox” a quota terzo album di inediti, con un lavoro che definire anacronistico ci pare addirittura riduttivo. Vada il voler tributare i grandi nomi del passato, vada anche il voler riportare a galla sonorità smarrite e sepolte ormai da anni, ma qui, spesso e volentieri, si rasenta la soglia del becero e noioso plagio. Siamo chiari, non sono dei singoli passaggi a ricordare determinate canzoni, ma è piuttosto un problema d’insieme. Il riffing, scarno e saturo fino all’osso, ricorda fin troppo da vicino il lavoro di certi Emperor e Mayhem, mentre ritmiche giocano sempre sugli stessi tempi, sugli stessi cambi, risultando poco varie e piuttosto anonime. Il risultato è un disco banale, prevedibile, stancante, che si tiene a galla solo grazie a qualche atmosfera che vagamente richiama alla mente i Limbonic Art dei tempi andati.
Ad un songwriting tanto piatto si affianca poi una produzione fiacca, priva di mordente e fin troppo ancorata agli standard di metà anni ’90.
Insomma, non ci siamo proprio: i Grim Monolith falliscono su tutta la linea, dimostrandosi ancora troppo poco maturi per poter sfondare sul mercato nazionale e internazionale. Per ora non ci rimane che bocciarli, nella speranza che i prossimi lavori si attestino su tutt’altro livello.

Emanuele Calderone

 

Historica
Historia Magistra Vitæ
2011, Autoprodotto
Thrash Metal
Myspace Ufficiale
E-Mail

Tracklist:

  1. Historia Magistra Vitæ 3:31
  2. Luther 5:12
  3. Glorious Defeat 3:48
  4. Lightning Maker 4:06
  5. 30 Years Of War 5:15
  6. Rebellion (The Clans Are Marching) (Grave Digger cover) 3:51

Dalla provincia di Torino arrivano gli Historica, band che propone una miscela di heavy e thrash condita da temi legati alla Storia e alla Mitologia. Composto da Danielle Fiore (voce), Danilo Bonuso (chitarra), Dario “Dax” Casaletti (basso) e Claudio Berruto (batteria), l’ensemble muove i primi passi nell’estate del 2009, giungendo quindi a pubblicare quest’anno il suo primo lavoro, l’EP autoprodotto “Historia Magistra Vitæ”, assemblato da cinque tracce originali e una cover dei Grave Digger. Il dischetto, registrato, missato e masterizzato da Alessandro Tortone presso i Tortonia Studio di Poirino (To), si presenta assai bene, comprendendo testi e foto artistiche, in virtù dell’artwork curato da Bonuso, autore, anche di tutte le musiche. E si presenta molto bene anche il suono del lavoro, dal taglio professionale, equilibrato in tutte le sue parti. Molto buono sia il lavoro di Bonuso alla chitarra, sia quello della sezione ritmica, agile e possente come da migliore scuola del thrash. Lo stile, pur non essendo così innovativo, è adulto e ricco di sfaccettature melodiche, aiutato dalla capacità della Fiore di affrontare ben quattro modi di cantare: growl, scream, clean e lirico. A parere di chi vi scrive, è assai azzeccato il connubio growling (molto cattivo!)/riffing, soprattutto nei momenti in cui quest’ultimo assume i connotati tipici dell’U.S. power metal, così da raggiungere un effetto-potenza davvero non indifferente. Buono, anche, l’insieme delle canzoni, come già accennato stilisticamente omogenee e ben bilanciate per quello che riguarda l’energia sonora e la melodia. L’idea degli Historica di unire lo stile classico dell’heavy a quello più ruvido del thrash non è niente male e merita di avere altri e migliori sviluppi, in futuro.

Daniele ‘dani66’ D’Adamo

 

Hyban Draco
Dead Are Not Silent
2011, Autoprodotto
Black Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Angel’s Nightmare
  2. The Star that Light’s the Lake
  3. Victoris Betrayal
  4. Moon’s Crust
  5. Infernal Glory
  6. The Sound that Wonders around the Universe
  7. Supernatural Invocation
  8. Dead Are not Silent
  9. God of Darkness
  10. Spirit Lost Shade

Nati nel 2004 a Terragona, gli Hyban Draco sono una realtà relativamente giovane del panorama black metal spagnolo.
I quattro ragazzi, forti di una discografia che nel 2010 poteva contare già su tre demo e un full-length, si ripresentano sul mercato discografico nel 2011 con il nuovo album “Dead Are not Silent”.
Già ad un primo ascolto, emergerono le indubbie, ottime, capacità tecniche del quartetto iberico, che si dimostra abile nell’affrontare, con estrema disinvoltura, anche i passaggi più complessi e articolati.
Musicalmente siamo al cospetto di un album che fonde, in maniera sufficientemente riuscita, black metal melodico e progressive death metal. Altre influenze derivano dal melodic death metal di matrice scandinava e, in quantità inferiore, dal thrash metal più melodico.
Le tracce che compongono il lavoro scorrono con piacere, senza troppi intoppi, risultando mediamente ispirate e avvincenti. Il songwriting è di discreto livello e, nonostante siano chiare le influenze da parte delle maggiori realtà black/death, i Nostri cercano il più possibile di comporre pezzi nel modo più personale possibile.
Delle dieci canzoni, quelle che maggiormente hanno catturato la nostra attenzione sono la seconda “The Star that Light’s the Lake”, che alterna momenti tiratissimi ad altri acustici davvero ben riusciti e la quarta “Moon’s Crust” nella quale la buona tecnica esecutiva degli Hyban Draco viene messa in mostra.
“Dead Are not Silent”, nonostante sia stato totalmente autoprodotto, gode anche di suoni decenti; l’aspetto grafico è altrettanto curato, sebbene il booklet denunci la natura “a basso costo” del prodotto.
Siamo dunque giunti alle conclusioni. La seconda opera degli Hyban Draco, esattamente come le precedenti, si attesta su standard qualitativi pienamente sufficienti, pur senza sconvolgere. Sicuri del fatto che i ragazzi possano fare di più, per ora non ci rimane che promuoverli, raccomandando l’ascolto del cd a tutti gli amanti del black metal più melodico.

Emanuele Calderone

 

I Will Kill You
Plastination
2011, Autoprodotto
Death Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Plastination (Intro) 1:55
  2. Embalming The Human Corpse 3:47  
  3. Dissembled The Faults 3:42
  4. Senza Respiro (To Ophelia D.) 3:23
  5. Mirrors 4:12
  6. Black Vendetta 5:34

Lo chiamano “extreme obscure metal”. Cioè, una sorta di death/thrash intriso sino all’osso di tinte noir. Loro sono i siciliani I Will Kill You che, con l’EP autoprodotto “Plastination”, debuttano nello sterminato Mondo discografico del metal. Klaudia (Disasterhate – vox), L.m. (Goya – guitars & synth, backing vocals), Andrea (Mannaka – bass) e Peppe (Memories Of A Lost Souls – drums) sono i quattro membri della band, di recente formazione (2010), che ha registrato la sua Opera Prima presso ben tre studi (NUNU LAB, RC; Overflow studio, CT e Room001studio rec., RG). La passione di L.m. (autore di tutte le musiche) per le tonalità più cupe, come da definizione, emerge immediatamente con l’horrorifica intro ambient “Plastination”, perfetto per creare la giusta atmosfera plumbea su cui erigere l’aggressivo stile musicale proposto da quattro ragusani. Uno stile personale e originale, fondato sull’ugola al vetriolo di Klaudia, ottima singer che nulla ha da invidiare alle più blasonate colleghe straniere. Il lavoro svolto in fase di realizzazione si sente tutto e, infatti, il dischetto suona pieno e cristallino: un ideale trampolino di lancio per una tipologia musicale basata sulla violenza sonora ma, anche, sulla ricerca di climi psicologici assai rarefatti. Eccellente la strumentale “Senza Respiro (To Ophelia D.)”, esemplificativa dell’attitudine – da parte di L.m. – di sapersi muovere con abilità nei meandri della psiche umana. Anche le altre canzoni, tuttavia, non mostrano la corda anzi si rivelano riuscite nella loro fedeltà al concetto di base, sospeso fra sperimentazione (“Dissembled The Faults”) e forza bruta (“Black Vendetta”). “Se il buongiorno si vede dal mattino”, allora, ai I Will Kill You il futuro non potrà che riservare, nonostante l’attitudine, un colore più che roseo.


Daniele ‘dani66’ D’Adamo

 

Lunar Explosion
Beyond The Demo… 2011
2011, Autoprodotto
Power Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Vasa Warship
2. Karnak
3. From Beyond
4. The King of Judea

I Lunar Explosion sono una giovane band vicentina nata nell’agosto 2010. I ragazzi si presentano con questo demo, intitolato Beyond The Demo 2011, composto da quattro tracce di power metal fortemente influenzato da elementi neoclassici e progressive. La tecnica messa in campo è notevole: assoli veloci e articolati, anche se a volte leggermente prolissi, mettono bene in evidenza le capacità dei due chitarristi Mattia Sisca e Paolo Ferraro, supportati da una sezione ritmica di tutto rispetto a cura di Riccardo Bortolaso al basso e Andrea Grespi alla batteria.
La produzione di questo demo è ben curata e i livelli di tutti gli strumenti sono ben bilanciati con il risultato di un sound finale dalla resa decisamente di alto livello.
Il primo brano proposto Vasa Warship apre le danze con un assolo veloce e articolato su una base ritmica ben confezionata: la voce di Raffaele Smaldone è potente e raggiunge tonalità molto alte e anche qui la tecnica è ben visibile. L’impressione generale però, è che ci sia qualche lacuna per quanto riguarda le metriche nelle parole che compongono le strofe e, a volte, le troppe note inserite negli assoli danno l’idea che la band voglia esagerare un po’ rendendo il tutto leggermente caotico.  
Molto buona la seconda traccia, Karnak, un mix di potente heavy metal carico di melodia e dal ritornello energico carico di groove. Non lasciano il segno invece gli altri due brani From Beyond e The King of Judea che, nonostante l’impegno profuso dalla band nella loro realizzazione, non hanno quell’energia che potrebe permettere loro di decollare.
Un lavoro interessante anche se ancora leggermente acerbo per i Lunar Explosion che con questo demo entrano con prepotenza nel mondo underground del metal italiano, con la speranza che presto ci siano tutte le carte giuste per fare il passo successivo e portarsi a un gradino più in alto.

Stefano ‘Elrond’ Vianello

 

Lycanthropy
Beware
2010, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale
Email

Tracklist:

  1. Augenmord 1:22
  2. M.I.N.D. 4:10
  3. Illusory Foundations 3:38
  4. Beware 5:08

Anche in Brasile, come nel resto del Mondo, si sta riscoprendo il piacere di suonare metal estremo dal sapore vintage. Lo dimostra il progetto Lycanthropy, avente l’obiettivo di far rivivere le morbose e sulfuree atmosfere del black/thrash di band primordiali quali Ghostrider, Hellhammer e Sargofago. Il gruppo di Ituiutaba, nato nel 2007, prima di questo EP ha inciso soltanto il demo “Run While You Can” (2008). Malgrado ciò Diogo “Bald” Vilela (vocals), Laurencce Martins (guitars, backing vocals) e Silas Demetrio (bass, backing vocals) godono del forte appoggio di Ricardo Confessori, batterista degli Angra, che ha suonato con loro in quest’occasione e che ha missato, masterizzato e prodotto “Beware”. La spinta professionale di Confessori si sente tutta e, infatti, le quattro tracce del dischetto (o meglio, tre; poiché “Augenmord” è solo un intro ambient) hanno un suono più che buono: carnoso, potente e ordinato come pochi. Difficile, invece, farsi un’idea precisa dell’abilità artistica del terzetto sudamericano. Una dozzina di minuti di musica è davvero poca roba, per esprimere un giudizio completo. Tuttavia sembra ben centrata l’idea di risalire indietro nel tempo tenendo ben chiaro il concetto di modernità. Anche il songwriting non sembra male, soprattutto se riferito alla buona “M.I.N.D.”, song dal ritmo trascinante e dall’infernale umore malato. In attesa pertanto di una più congrua produzione in termini quantitativi, si può affermare che se i Lycanthropy avevano in mente di far rivivere la leggenda del black/thrash brasiliano, allora ci sono riusciti.

Daniele ‘Dani66’ D’Adamo

 

Mantide
The Eyes In The Jar
2011, Autoprodotto
Thrash/Southern Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Annoying
  2. Daddy’s Bitch
  3. The Eyes In The Jar
  4. Master Of Losers
  5. Urban Mantide

Un concentrato di thrash/hardcore tinto di ricche venature southern rock è quello che viene sputato in faccia dalle casse dello stereo una volta inserito il primo demo a firma Mantide. The Eyes In The Jar vede il debutto di questa formazione pescarese con armi affinate e pronte a far male davvero grazie a dei suoni piuttosto nitidi, una buona dose di groove ed un buon tiro generale dei pezzi, dato soprattutto da una sezione ritmica pulsante e ben bilanciata. Tra i cinque pezzi presenti sul disco va sicuramente segnalata la titletrack, canzone che tocca diverse sensazioni e cambi di tempo passando da un’intro lenta e grave ad una sezione centrale decisamente più rapida che ben esplicita l’urgenza tipica del thrash.
Certo, il fatto che comunque il lotto di pezzi sia piacevole e scorrevole non vuol dire che non ci sia lavoro da fare per migliorare in quanto sicuramente i Mantide dovrebbero essere in grado di focalizzarsi di più sugli aspetti più caratteristici della loro proposta senza perdersi in troppi giri ripetuti a vuoto. A questo va aggiunta anche una non perfetta pronuncia dell’inglese da parte del cantante Johnny “Voice Of Chaos” ed il risultato è un prodotto riuscito solo a metà.
The Eyes In The Jar è un buon biglietto da visita, ma i suoi lati negativi vanno convertiti al più presto per poter mostrare una migliore competitività da parte di una band a cui non mancano certo gli attributi. Se il futuro riserverà una buona sorte ai Mantide non è dato saperlo, ma nel frattempo i cinque possono pensare a lavorare sopra ad una proposta che, giustamente, ha ancora bisogno di essere definita a dovere.

Andrea Rodella

 

Northanger
Northanger
2011, Autoprodotto
Epic Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Earthquake
  2. Northanger
  3. You are My Disgrace
  4. Stick-Easy
  5. Love is Rock
  6. War of Worlds
  7. Steel Warrior
  8. Awake You Evil

Piacevole debutto quello dei piemontesi Northanger, fautori di un heavy metal classico dalle tinte epiche ed attivi dal 2006 sulle scene. Pronti a sfoderare le asce in una sempiterna battaglia, i cinque membri della formazione vercellese affidano all’omonimo disco il compito di biglietto da visita ed i risultati sono più che discreti. La grinta e la carica di brani come l’iniziale Earthquake e You Are My Disgrace ben dimostrano di che pasta siano fatti i Northanger i quali non si risparmiano nel farcire la loro proposta di azzeccati assoli di chitarra. Lodi anche al cantato di Samuel Mander, dotato di una timbrica acutissima ed in grado di impreziosire a dovere le composizioni con linee vocali ben congeniate.
Purtroppo, però, va considerato anche l’aspetto negativo che emerge da alcune canzoni, le quali si ritrovano ad essere fini a sé stesse ed anche un po’ ripetitive con strutture che spesso non facilitano affatto il compito dell’ascoltatore. Il rischio di ricadere all’interno dei cliché dettati dal genere è alto e, a conti fatti, capita più di una volta di trovarsi di fronte a brani costruiti in maniera anomala ed inspiegabilmente privi di mordente. L’aspetto epico viene spesso messo davanti all’impatto frontale, cosa che sulla carta rende bene, ma che all’aspetto pratico non dà sufficiente risalto a nessuna delle due anime.
Concludendo, il lavoro da fare è corposo allo scopo di rendere più fluido il sound dei Northanger senza, per questo, rinunciare all’identità finora costruita. Bilanciare tutti gli elementi caratterizzanti la propria proposta non è una cosa facile, ma è necessario per essere riconoscibili in un mercato così competitivo come quello odierno.

Andrea Rodella

 

Overfall
Rise Of Glory
2011, Autoprodotto
Power Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Glorious
  2. Price of life
  3. Rise & fall
  4. Starlight extinction
  5. We still fight

Gli Overfall sono una band nata ad Aprilia in provincia di Latina nel 2002.  Dopo alcuni contrasti tra i vari membri, la formazione finale prende vita: Giacomo Cerfeda e Alessio Farinelli alle chitarre, Sandro Guida al basso, Paolo Riccio Della Selva alla batteria e Fabio Rossi alla voce.
A dire il vero, la biografia del gruppo pare molto confusa da quel che si può reperire sul MySpace ufficiale: una presentazione non troppo positiva dato che, in fin dei conti, i contenuti di questo demo intitolato Rise Of Glory poi così male non sono.
Un power metal compatto di matrice prettamente teutonica, suonato con discreta tecnica da parte di tutti i membri, presenta una band aggressiva nel sound ma che allo stesso tempo non abbandona per strada la melodia. I cinque brani proposti, tutti piuttosto lunghi nel minutaggio (a volte anche troppo), sono carichi di energia ed epicità, con alcuni spunti molto interessanti in più punti. La prima traccia, Gloriuos, rende subito l’idea sullo stile compositivo adottato dagli Overfall: cavalcate epiche e cori pomposi che sfociano in un ritornello trascinante, anche se non convince molto la linea vocale adottata che, in più occasioni, sembra forzata al limite della stonatura. Il sound non cambia anche nelle seguenti Price Of Life e Rise & Fall, brani non esaltanti ma confezionati molto bene: rilevante è la ritmica proposta da basso e batteria che sostiene ed esalta i brani rendendoli fluidi e piacevoli da ascoltare. Gli assoli di chitarra contenuti in questo demo non sono carichi di virtuosismi fini a se stessi, ma studiati sapientemente e danno valore ai punti in cui sono inseriti. Starlight Extinction e la conclusiva We Still Fight non aggiungono nulla a quel che abbiamo detto finora: si tratta di pezzi ben suonati, trasicnanti il giusto, ma con qualche sbavatura nelle parti cantate, specialmente dove le tonalità diventano più alte.
Speriamo che con il prossimo lavoro gli Overfall dedichino più cura ai particolari, soprattutto una maggior precisione nella registrazione delle voci, perché le potenzialità ci sono tutte.
 

Stefano ‘Elrond’ Vianello

 

Psycho Scream
Psycho Scream
2011, Autoprodotto
Death Metal
Myspace Ufficiale
E-Mail

Tracklist:

  1. Psycho Scream 4:58
  2. Song Of Madness 3:41
  3. Ten Thousand Nightmares 4:12              
  4. Skyfire 6:48

Gli Psycho Screm, formasi nel 2009, arrivano da Reggio Emilia e si fanno accompagnare da questo mini-CD di quattro tracce, interamente autoprodotto. Ivan (vocals), Pato e Claudio (guitars), Lando (bass) e Bob (drums), ciascuno fedele al proprio background musicale, propongono una miscela di death metal, thrash e heavy. Anzi, per meglio dire un heavy massiccio e potente ove, però, le linee vocali sono rappresentate da un feroce growling sconfinante addirittura, a volte, nell’inhale. Un sound quindi poco usuale, che elabora assieme uno stile classico a elementi più moderni, con risultati teoricamente interessanti. Teoricamente, poiché i cinque ragazzi emiliani devono ancora maturare parecchio, per costruire qualcosa di tecnicamente e artisticamente valido. Pur potendosi individuare l’embrione di quel che potrebbe essere una fruttuosa creatura futura, allo stato attuale la prestazione complessiva del combo di Reggio Emilia è ancora insufficiente. Sia sotto l’aspetto esecutivo, sia sotto quello compositivo. Benché ciò determini delle lacune evidenti in termini di resa sonora, dall’esame delle quattro tracce dell’EP si evince, invece, una buona capacità di saper tirar fuori dal cilindro uno stile personale, che definisca cioè la band in modo univoco. Questo è un pregio non da poco che fa ben sperare per il futuro, nonostante “Psycho Scream” e compagnia bella siano ancora troppo rozze e involute per essere, in qualche modo, accattivanti. Il proto-death che, alla fine, permea in misura maggiore il lavoro regala poco, che possa poi rimanere in testa. Ancora troppo approssimativa la concretizzazione del sound, foriera d’imprecisioni e ingenuità che, tuttavia, non potranno che essere migliorate, con il passare del tempo e con l’approfondimento dello studio degli strumenti. Paradossalmente, un buon inizio anche se… da bocciare. Ora.

Daniele ‘dani66’ D’Adamo

 

Sinheresy
Promo
2010, Autoprodotto
Power Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Lying Dreams
  2. Mind’s Master

I triestini Sinheresy nascono come cover band dei Nightwish e dopo poco tempo decidono di dar vita a  musica originale. Ecco quindi capitarci per le mani il promo d’esordio: due brani che offrono all’ascoltatore una vasta gamma d’idee. Idee che spaziono dall’heavy metal classico al power di matrice statunitense, fino al gothic più melodico. Due brani sono di certo pochi per poter esprimere una critica sostanziale, ma è certo che il quintetto ci sa fare, sopratutto per quanto riguarda il gusto. Le melodie che caratterizzano il cuore dei brani sono ben definite e regalano una godibilità notevole. Questo anche grazie alla raffinata timbrica della cantante Cecilia Petrini, delicata e ipnotica nella sua caratteristica espressività vocale. Infine, che i brani non appaiano scontati, ma ben studiati, lo si coglie dalla presenza di soli azzeccati e incastonati perfettamente nelle brillanti strutture compositive. Un pizzico di groove in più in qualche passaggio ritmico e una produzione in grado di dar profondità al sound più atmosferico e il gioco è praticamente fatto.

Nicola Furlan

 

Six-Point Laed
General Anæstesia
2009, Autoprodotto
Death Metal
Myspace Ufficiale
Facebook Ufficiale

Tracklist:

  1. Giveaway 4:41
  2. Starvation & Desire 4:47
  3. Until The Last Drop 4:56
  4. General Anæstesia 4:33

Dopo la nascita avvenuta nel 2008 occorre un anno, ai Six-Point Lead, per dare alle stampe il primo EP autoprodotto, “General Anæstesia”; composto da quattro tracce registrate e missate da Luca Sbaragli nei Phobic Studios, e masterizzate da Alessandro Vanara. I Nostri (Benny Bianco Chinto – Vocals, Sergio Costa – Guitars, Claudio Strazzullo – Guitars, Luca Sbaragli – Bass, synth, Cosimo De Nola – Drums), ottimi musicisti, macinano un cyber death metal alla maniera dei Fear Factory, nel quale trovano ottima intesa una spiccata vena melodica e un’assassina brutalità. Il guitarwork si contrae in una densa nube di riff segaossa dall’accordatura ribassata, il cui incedere meccanico è scandito dalla coppia-metronomo basso/batteria. Accanto al cantato growl/clean, specifico per esaltare l’intesa sopra citata, ci sono degli ottimi inserti di tastiera, abili nel ricreare futuristiche ambientazioni dal forte sapore fantascientifico. Il sound, in effetti, per quanto descritto non è un campione di originalità ma appare solido, ben fissato entro i canoni stilistici caratteristici del gruppo piemontese. Il suono del dischetto, pieno e corposo, è professionale e adulto; in grado cioè di competere con quello delle migliori produzioni internazionali. Ed ecco quindi il punto di forza dei Six-Point Lead: il songwriting. “Giveaway”, “Starvation & Desire”, “Until The Last Drop” e “General Anæstesia”, infatti, sono canzoni dall’alta qualità artistica, bagnate da una classe posseduta solo dai più blasonati act mondiali; con delle linee melodiche assolutamente vincenti come quelle di “Starvation & Desire”, hit che non sfigurerebbe in nessun ipotetico confronto con i pezzi da novanta del genere. I Six-Point Lead devono arrivare al contratto discografico e dare alle stampe il primo full-length (i brani, peraltro, sarebbero già pronti…). Lo meritano, e il metal nostrano non deve disperdere un simile talento tecnico/compositivo.

Daniele ‘dani66’ D’Adamo


 

The King’s Band
The King’s Band
2011, Autoprodotto
Hard Rock
Myspace Ufficiale

Tracklist:

  1. Radio Hell
  2. Death Or Glory
  3. You Are My Bitch

The King’s Band si presenta sulle scene con un demo di tre pezzi e porta con sé tutta la sfrontatezza dell’hard rock anni ’80. Tutto questo si concretizza in un piccolo lotto di canzoni caratterizzate da un approccio leggero e forse un po’ troppo semplicistico al genere, facendo scaturire un songwriting sicuramente vincente, ma che pecca di coinvolgimento ed attitudine in-your-face.
Radio Hell è un inno ben costruito, ma che si perde un po’ nella parte cantata e stenta effettivamente a decollare, mentre le successive Death Or Glory e You Are My Bitch sembrano riprendersi un po’, ma comunque non riescono ad ammaliare come dovrebbero e nemmeno a risultare graffianti e ruffiane come il genere richiede.
Se il difetto si può trovare, va certamente ricercato in una registrazione che punta troppo poco sugli strumenti lasciando alla voce un ruolo eccessivamente di spicco che a tratti copre le ottime performance dei musicisti. In questo senso l’impatto ne esce notevolmente ridimensionato per una demo che lascia l’amaro in bocca per il senso di parzialità ed incompletezza che suscita all’ascolto.
Il genere proposto dal progetto The King’s Band è più che alla portata dei musicisti (anche se si tratterebbe di una one-man-band visto che l’unico componente fisso è il cantante Karlage King), ma un miglioramento futuro è auspicabile allo scopo di creare canzoni più vicine ad uno standard qualitativo più alto. Insomma, le possibilità ci sono, ma vanno sfruttate al meglio.

Andrea Rodella

 

Vintrage
Demo CD
2011, Autoprodotto
Hard Rock
Myspace Ufficiale
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Tracklist:

  1. The Damage
  2. La Fuga
  3. Game Over
  4. Guarda La Mia Faccia
  5. Sogno Barocko

“Il nostro progetto musicale è molto semplice: sarà l’età, la maturità, la diversità di back ground dei 4 musicisti, ma alla fine possiamo “catalogare” il nostro genere come un rock primordiale, settantiano, dal sound leggermente più moderno (ma non troppo) e barocco”.

Idee chiare e pochi giri di parole. Un modo sincero ed onesto di presentarsi per i Vintrage, quartetto attivo nell’area di Bolzano che sin dalle note d’apertura della primissima ed omonima autoproduzione, mette in mostra una pregevole padronanza degli strumenti ed una cifra tecnica davvero molto importante, frutto evidente delle molteplici esperienze maturate dai quattro musicisti in ambiti, spesso, estremamente dissimili tra loro.
La spiccata tendenza nell’elaborare un concetto di rock “metalizzato” e dai risvolti settantiani è, in effetti, ben chiara e manifesta, così come il tentativo di assemblare brani che omaggino in maniera equidistante le numerose influenze citate in biografia (da Hendrix a Lenny Kravitz, dai Deep Purple alla PFM, sino all’heavy classico), oggetto, per altro, di regolari coverizzazioni in occasione di esibizioni dal vivo.
I risultati appaiono per ora apprezzabili e lasciano intravedere, oltre ad un’attitudine vera e genuina, anche una discreta capacità di composizione, utile nel produrre un pugno di pezzi perfettibili ma già di buona efficacia.
La “versione” in lingua inglese si fa forse preferire (eccellente il vigoroso hard rock dell’opener “The Damage”), pur tuttavia, anche nelle tracce interpretate in lingua madre il gruppo riesce a concretizzare cose buone, rendendo oltretutto più facilmente accessibile una marcata sensibilità per i concetti socialmente impegnati che animano i testi delle varie canzoni.
Un quadro insomma, che delinea esiti più che positivi e che con la conclusiva “Sogno Barocko”, concentrato di bravura strumentale, buon gusto e lyrics di spessore, esclude ogni riserva residua sulle potenzialità del quartetto trentino.

Fabio Vellata