Progressive

Intervista Myrath (Zaher Zorgati)

Di Davide Sciaky - 15 Febbraio 2016 - 9:30
Intervista Myrath (Zaher Zorgati)

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Ciao Zaher, benvenuto su TrueMetal: tra pochi giorni uscirà il vostro nuovo album dopo ben 5 anni da Tales of The Sands, come mai c’è voluto tanto?

C’è voluto tanto per varie ragioni: una di queste è stata la morte del nostro padrino, Mr. Ahmed Ben Arbia, il padre del nostro chitarrista. E’ stato un grande shock per noi perché lui era il motore della band dal punto di vista economico, della mentalità, ci ha sempre spinto ai nostri limiti e ci ha sempre incoraggiato. In secondo luogo la rivoluzione avvenuta in Tunisia nel 2011 ci ha rallentato.

La rivoluzione ha influenzato in qualche modo la musica o i testi del nuovo album?

Non i testi, quelli non li ho scritti io ma il nostro amico Ayman e la moglie del nostro produttore che mi hanno chiesto il privilegio di farlo e ho detto di sì. Musicalmente sì, penso che ci abbia influenzato in qualche modo; penso che con quest’album abbiamo portato la nostra musica ad un nuovo livello, sai, è più maturo.

Che temi trattate nei testi del nuovo album, Legacy?

I testi parlano principalmente di amore, di come relazionarsi con la perdita di qualcuno che si ama, è un amore triste. Poi ci sono due canzoni che parlano di Paradiso e di essere fuori dal sistema, essere se stessi, di libertà di parola e di libertà in generale.

Il nuovo album si chiama “Legacy” [N.D.R. eredità in inglese], che è la traduzione in inglese di Myrath, qual è l’eredità a cui vi riferite?

La cosa più importante è l’eredità della nostra cultura e della nostra musica tradizionale. Cultura perché la Tunisia è l’ultimo paese a Nord del continente africano e dai tempi di Cartagine migliaia di anni fa è sempre stata aperta al mondo occidentale, e fino ad oggi è uno dei paesi arabi più aperti ad altre culture insieme al Marocco.

Puoi dirci qualcosa di più della copertina di Legacy?

La copertina raffigura una “hamsa”, un simbolo tradizionale contro il malocchio, veniva utilizzato in Tunisia ed è al 100% un simbolo degli ebrei tunisini. Non viene dal Medio-oriente, non è persiano, è completamente tunisino; in altri paesi arabi non si trova spesso, non è parte della loro cultura. Sulla copertina comunque è mischiato con il nostro logo, è come parte dell’eredità di cui parlavamo prima.

Visto che hai nominato la religione posso chiederti qual è il vostro rapporto con la religione?

Penso che la Tunisia essendo un paese moto aperto è sempre stata piuttosto tollerante nei confronti della religione. Abbiamo una piccola comunità cristiana, ci sono anche ebrei tunisini, a la maggioranza è comunque di religione islamica; ma siamo molto moderati sai, puoi facilmente trovare da comprare e bere alcol senza problemi [ride]. Per quanto riguarda i Myrath io ho sempre detto che la nostra religione è la musica; la religione limita alcune cose, io preferisco dire che la nostra religione è la musica e tutti sono benvenuti.

Avete realizzato il nuovo videoclip per Believer con l’aiuto di Indiegogo, come vi è venuta l’idea e vi aspettavate un così grande successo?

In realtà non ci aspettavamo niente del genere, ci eravamo detti “Beh, magari raggiungeremo il 50%…” e poi in solo un mese tutto è cambiato, abbiamo raccolto tutti i soldi e siamo così felici! Non per i soldi in se, ma pe la generosità delle persone; eravamo così felici di vedere quanta gente supportasse la band. E’ davvero una grande emozione, un così grande supporto ci scalda il cuore e siamo incredibilmente grati.

Amiamo i nostri fan quanto loro ci amano.

Il video di Believer, almeno per me, ha un’atmosfera molto da “Prince of Persia”, cos’è che vi ha dato l’ispirazione per il video?

A dirla tutta io sono un fan di Assassin’s Creed, ma ovviamente non si può copiare per motivi di copyright, quindi abbiamo fatto un mix tra quello e Prince of Persia, ma poi abbiamo lasciato il regista dirigerci secondo le sue idee. Quindi abbiamo lasciato Ivan [il regista] fare il suo lavoro e poi abbiamo dovuto raccogliere i soldi per gli effetti speciali; non è un video grandioso, non è certo come il film 300, ma per una band tunisina, per una band giovane penso che non sia male.

Dopo 9 anni dalla pubblicazione del vostro primo disco quale considerate i vostri traguardi più grandi finora e cosa sperate di realizzare in futuro?

Abbiamo aperto per i Dream Theater in Francia, ora siamo in tour con i Symphony X, una delle nostre più grandi ispirazioni, e abbiamo fatto il [festival] ProgPower USA. E spesso quando facciamo le interviste ci dicono “Quando ascolto quest’album mi chiedo cosa potreste fare con il prossimo” e questo è fantastico per noi; noi pensiamo che ogni volta che fai qualcosa con il cuore, qualcosa di sincero e non meccanico, la gente lo capisce e lo apprezza.

Adesso siete in tour con i Symphony X, com’è suonare con un gruppo così importante e soprattutto con una così grossa influenza su di voi?

Malek, il nostro chitarrista, adesso ha 28 anni ed è un fan dei Symphony X da quando ne aveva 12 e guarda dove siamo ora. Michael Romeo l’ha saputo e la prima volta che l’ha incontrato l’ha abbracciato, puoi immaginare come si sia sentito? Ed è lo stesso per tutti noi, siamo estremamente motivati. Questa sera, per esempio, suoniamo in uno spazio molto piccolo perché c’è la strumentazione dei Symphony X sul palco dietro di noi, ed il palco già non è molto grande, ma tutta quest’esperienza è più importante di queste sciocchezze e non ci importa.

Com’è la scena musicale del vostro paese?

C’è una scena metal ma non è come negli anni ’90; ai tempi c’erano tipo 25-30 band, non tante ma molto molto buone. Ora ce ne sono penso 3 in tutta la Tunisia; il problema è che con la nostra società, il regime, la rivoluzione…perdi speranza e motivazione. Noi siamo molto fortunati ad emergere da questo caos e a poter andare avanti come stiamo facendo.

Sentite mai la responsabilità di rappresentare il vostro paese?

Ovviamente, abbiamo la responsabilità di rappresentare il nostro paese ma, è triste da dirlo, i Myrath sono l’ultima cosa a cui il nostro paese pensa. Non parlo della gente, parlo del governo, del Ministero della Cultura, penso che i Myrath e il nostro tipo di musica non sia in alcun modo una priorità. Facciamo musica principalmente per noi stessi; ora comunque siamo una band Franco-Tunisina con Morgan, il nostro batterista francese, e l’ambasciata francese ci ha un po’ aiutato, più del nostro stesso governo.

Guardando al di fuori dalla Tunisia è difficile cantare (anche) in arabo?

Diciamo che mi piace cantare alcune parti in arabo, non tutte le canzoni, sarebbe strano, ma sì, mi piace la musica e gli arrangiamenti dove puoi trovare degli elementi distintivi, e anche nei nostri testi puoi trovare alcuni elementi distintivi in lingua tunisina.

E qual è la risposta del pubblico ai testi in arabo?

Gli piace, lo trovano esotico, è qualcosa di nuovo nel metal. Non voglio dire che stiamo facendo una rivoluzione nel metal, ma penso che stiamo portando qualcosa di nuovo al genere. Ci sono un sacco di band che suonano simili tra di loro, noi lavoriamo sempre duramente per trovare l’ispirazione e modi di migliorarci in maniera originale. Pure alcune band “Oriental Metal” a volte usano cliché basati sullo stereotipo di musica orientale, questo non è quello che facciamo noi.

Vedi un futuro in cui il vostro sound si possa spostare più verso il metal o verso il folk o pensi che rimarrete sempre con il bilanciamento che avete ora?

Penso che in questo album abbiamo trovato il perfetto bilanciamento, non troppo metal e non troppo folk. Abbiamo trovato la nostra formula, in un certo senso, è come Tales of the Sands ma più maturo sia nel songwriting che nella registrazione. Il compositore principale è Malek alla chitarra che compone i riff metal, io costruisco la struttura delle canzoni ed Elyes fa le parti più folk. Quindi, io costruisco la struttura, Malek la rende più metal, Elyes la rende più orientale e poi la sezione ritmica viene a dirci se dev’esserci più groove o altro.

Che legame avete con le altre band cosiddette “Oriental Metal”?

Conosciamo solo gli Orphaned Land che sono buoni amici e con cui siamo sempre in contatto; mezz’ora fa Uri [Zelcha, bassista degli Orphaned Land] ci ha scritto dicendo che aveva visto il nostro nuovo video e che gli piace un sacco. Ci teniamo in contatto con loro e gli vogliamo bene, ma non conosciamo nessun altra band Oriental Metal.

Sperate di fare altri concerti o tour con band Oriental Metal in futuro?

Non specificatamente, un tour con gli Orphaned Land sarebbe bello perché li conosciamo e abbiamo una bella chimica, ma ci interessa qualsiasi tipo di opportunità diversa. Stiamo facendo questo tour con i Symphony X che è grandioso, li vediamo tutti i giorni, parliamo con loro…è pazzesco! Il nostro prossimo passo, a me piacerebbe fare qualcosa con i Dream Theater ma non dipende da loro; loro ci conoscono, conoscono la nostra musica e l’adorano. Queste non sono parole mie ma di Jordan Rudess [tastierista dei Dream Theater], qualche giorno fa ha condiviso su Facebook il nostro video dicendo quanto gli piaceva e noi ne siamo felicissimi. Comunque dipende dai soldi, bisogna pagare molto per fare un tour con loro noi diventeremmo poveri [ride]

Bene Zeher, le mie domande sono finite, se hai un messaggio per i nostri lettori…

Certo, spero vi piaccia l’intervista, è stato un piacere essere intervistato da te, e spero che vi piaccia il nuovo album e di vedervi presto!

 

 

Davide Sciaky