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Once they were thrashers: alle origini del pogo

Di Heintz Zaccagnini - 7 Aprile 2017 - 17:00
Once they were thrashers: alle origini del pogo

Alzi la mano chi non si è mai trovato invischiato, volente o nolente, tra le spire del pogo durante un concerto. 
Un rituale spontaneo, che rappresenta forse il momento di maggior coinvolgimento dello show. Una stretta connessione tra gruppo, musica e pubblico. Un divertimento quasi primordiale o una valvola di sfogo irresistibile, dal quale a molti sarà capitato di uscirne ammaccati, ma il più delle volte appagati.
Ma come e dove nascono il pogo, lo slamming, lo stage diving, il mosh-pit?
Lo abbiamo chiesto a Heintz Zaccagnini, storica firma di Metal Shock e Flash.

Buona lettura dallo staff di TrueMetal!

 

 

Se qualcuno era presente ad una delle date italiane dei Testament dell’anno scorso, forse ha fatto caso alle parole con cui Chuck Billy introduceva Into the Pit, parlando di come agli inizi del movimento thrash in posti come il Ruthie’s Inn a Berkeley il pubblico fosse costituito da crazy motherfuckers impegnati in slamming, stage diving, crowd surfing.
Si riferiva all’83-84, agli inizi del thrash nella Bay Area. Murder In The Front Row è un bel fotolibro che restituisce le immagini della scena della Bay Area e contiene la prima documentazione fotografica di slamming e stagediving in ambito metal – tra le altre ci sono belle foto di un concerto misto (thrash e hc), Slayer Exodus e Suicidal Tendencies all’Acquatic Park a Berkeley, 1984. Gli scatti sono di Harald Oimoen, o Harald O, (che tra l’altro da qualche tempo è in forza a Blind Illusion e DRI, al basso).

 

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Da “Murder in the front row”, Possessed, Ruthie’s Inn, 84

 

 

Slamming e stagediving erano stati presi dall’hardcore punk. Tutte cose nate in California nei primissimi ottanta, nel passaggio dalla scena punk di Hollywood alla scena hc vera e propria con centri a Hermosa Beach (The Church), Long Beach, Orange County (The Black Hole). E cose che erano iniziate in modo piuttosto violento. Guardate lo skanking man dei Circle Jerks: ha speroni agli stivali. La violenza iniziale dell’hc (in special modo losangeleno) andò man mano scemando nei primi 80, anche se  continuò ad essere un tratto distintivo di molte scene hardcore punk fino a metà decennio (fu a causa del costante livello di violenza della scena a Washington DC che Ian Mackay sciolse i Minor Threat)

Anteprima

 

 

Quando si arriva al thrash metal e al crossover, Reed Mullin (Corrosion Of Conformity) ricorda così il periodo:

Quando metal e punk confluirono eravamo speranzosi. Ecco una nuova audience, non avremmo più predicato il verbo ai convertiti. Invece assorbirono le stronzate superficiali. Assorbirono lo slamming, il fare fanzine, il suonare veloce…. mancarono il fottuto punto. 
(“Bang Your Head: The Rise and Fall of Heavy Metal”, David Konow, pag. 240)

Nell’83-84 quindi il thrash metal californiano mutua slamming e stage diving dall’hardcore punk, e in ambito metal la novità si diffonde abbastanza velocemente, ma non incontra il favore di tutti. I ragazzi dell’Old Bridge Militia, storica crew metal del Jersey che fu tra i protagonisti della scena newyorchese dei primi ottanta, apprezzavano senz’altro i nuovi gruppi thrash. Ma l’incontro con lo slamming fu traumatico.

Lasciamo la parola a Rockin’ Ray Dill:

La nostra cosa era andare sotto il palco e fare headbanging, air guitar, Non c’era moshing allora, Quello arrivò dopo. Quando cominciò, neanche potevamo portare le ragazze sotto il palco perche’ la gente là sotto si ammazzava, sai? La faccenda sfuggì di mano, Per essere onesti non era la mia cosa….

Quando è stata la prima volta che avete visto la gente pogare?

La prima volta che gli Exodus vennero qua. Erano di spalla agli Slayer a L’Amour, a Brooklyn. Stavamo guardando gli Exodus e questo tipo mi arriva addosso. Stavo bevendo una birra, e quasi mi mandò la bottiglia giù per la gola. Allora Metal Joe rincorre il tipo, gli sferra un pugno in bocca e lo stende contro la ringhiera. Allora Dave Lombardo arriva di corsa e fa “Che diavolo state facendo” e  Joe dice, “Questo tipo ha colpito Ray” , e Dave dice “No, stava solo giocando” e Joe fa “non sapevo che fosse un fottuto gioco”… Accadde così… Lo portarono i californiani.
(Si riferisce al primo concerto degli Exodus a NY, di spalla agli Slayer, 02/04/1985, a L’Amour, Brooklyn, e la fonte è questa)

La cosa curiosa è che servirono i californiani a portare lo slamming a L’Amour mentre al CBGB nel Lower East Side era la norma, da quando era diventato il punto di riferimento della scena NYHC Scott Ian, Charlie Benante, Dan Lilker e Peter Steele già lo stavano frequentando, ai tempi di quel concerto Exodus/Slayer. Quando si parla della prima scena NYHC si parla di una scena skinhead costituita in gran parte da delinquenti giovanili fatti di PCB e sniffatori di colla, dove la violenza era un fattore costante e quasi costitutivo. Gli Anthrax furono ammessi senza troppi problemi nel non facile ambiente del CBGB di quel tempo perché Billy Milano garantì per loro, dicendo che erano gente a posto (Peter Steele disse che a lui nessuno fece nessun tipo di problema – facile da credere). Se furono i californiani a portare lo slamming nel metal, furono gli Anthrax a promuoverlo instancabilmente e a creare la nuova parola, mosh. Devo dirlo, all’epoca non si sentiva precisamente il bisogno del nuovo vocabolo, ma la sua diffusione fu rapidissima, virale (in un periodo in cui non solo i social networks, ma anche la rete erano lungi da venire). Nell’86, a dimostrazione della compiuta diffusione di queste pratiche e della loro fama, il brano che apriva “Power and Pain” dei Whiplash si intitolava “Stagedive”.

Ritorniamo all’episodio degli Exodus a L’Amour: fondamentalmente fu questo, ovvero il non aver capito bene da parte metal come dovesse funzionare un pit, a creare problemi in diverse situazioni del crossover. Cominciamo da quel che ha detto Dan Lilker:

Alcuni metallari recepirono solo l’aspetto da circo dell’hardcore e si rendevano ridicoli nel pit con mosse bizzarre

E questo invece è un punto di vista HC, quel che dice Alexa Poli-Scheigert, scenester NYHC:

Non ero troppo affezionata alla roba metal. Andai un paio di volte a L’Amour e venni buttata fuori per aver menato. Questi metallari nel pit mi buttarono giù di proposito perché ero una ragazza. Così li presi per i capelli. All’incirca in quel periodo iniziarono a palparmi insistentemente nel pit – parecchia gente ci entrava per quello. Palpami una tetta e ti spacco la faccia! Questi tipi pensavano “Questa ci sta”. Ma non era così, io ti spacco la faccia. I metallari ballavano come polli

E questo dimostra tra l’altro che certe questioni, ovvero le molestie alle ragazze nel pit, per il metal erano lì fin dal principio (entrambi i brani sono presi da NYHC di Tony Reitman (2014), il capitolo sul crossover lo potete trovare qua )

Se state a quel che viene detto in Get Thrashed (Rick Ernst, 2006) sembra che il crossover fosse una sorta di massacro, ai suoi inizi. In realtà il quadro generale non era così brutto.
Pit che si trasformavano in risse generali furono la regola a L.A. e specialmente al Fender’s Ballroom, ed episodi analoghi si verificarono durante molti concerti dei DRI.
Ma nella maggior parte dei luoghi la convivenza fu globalmente pacifica se non da subito almeno fin dall’86. E’ più o meno in quell’anno che cominciano a diffondersi regolarmente fuori dalla Bay Area concerti con bill misti di gruppi thrash e hc. Bill misti, pit misti.

 

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Il pit al Virus, MI, in una storica copertina di TVOR

 

Veniamo alla questione terminologica. Il pogo, a regola, era una cosa del punk 77: saltare fermi sul posto, da soli o in coppia, ognuno con le mani sulle spalle dell’altro (qualcosa del genere mi pare si veda in The Decline Of Western Civilization). Quello che oggi è comunemente inteso come pogo (in italiano) o moshing si chiamava skank,slamming o slam dance. Me lo spiegò quando ero un ragazzetto di fresco maggiorenne il bassista dei CCM.
Ai concerti thrash in Italia la cosa cominciò nell’86, ad occhio e croce (nella data fiorentina degli Exodus, settembre 85, i punk pogavano nelle retrovie mentre sotto il palco c’era headbanging serrato).
Per quel che mi riguarda iniziai a praticare questo nobile sport a fine 85, inizio 86, e nei luoghi dell’hc italiano (sicuramente la mia prima volta fu al Victor Charlie di Pisa). I punx italiani avevano avuto qualcosa tipo 4 anni per affinare pratica e stile, e il pogo violento era pressoché scomparso dalla circolazione, anche se spesso nel pit poteva esserci qualcuno particolarmente animale. Le borchie appuntite al polso e sui giubbotti non erano ben viste, nel pit, e lo stesso valeva per i comportamenti inappropriati. Esisteva un codice non scritto, ma facile da comprendere. Non che non potessero venir fuori momenti di tensione, ma la mia integrazione fu aiutata  da un amico con la mohicana, da una t-shirt Motorhead e dalla superficiale conoscenza di un massicio skinhead che in qualche caso funzionava da “moderatore” del pit (un’altro mio amico, che lo conosceva bene, lo riteneva la propria “assicurazione sulla vita”).

Quindi feci pratica nel migliore dei contesti possibili, in pit “cooperativi” dove l’obiettivo di chi ballava non era incrinare le costole al prossimo e di solito, se cadevi, ti aiutavano a rialzarti e non venivi calpestato o preso accidentalmente a calci. Il pit del concerto hc era perlopiù un luogo di fratellanza, semplicemente esserci dentro voleva dire esser parte di qualcosa. Quando mi ritrovai in pit di concerti thrash, fu chiaro che il metallaro medio non sapeva pogare, dal mio punto di vista (come avrete capito il problema non era solo italiano). In alcuni casi certuni si facevano vanto di un pogo particolarmente violento. Fu un errore andare nell’87 a vedere i Motorhead a Firenze senza anfibi con conchiglia, la prima volta che ho sentito qualcuno urlare “Roma thrash!” sarei dovuto scappare nelle retrovie, e invece ne uscii con l’unghia di un alluce sbarbata.
Notare bene una cosa: slamming e stagediving erano nati in posti piccoli, senza barriere tra palco e pubblico, e perlopiù nell’hc la cosa si perpetua tuttora all’incirca con lo stesso spirito e nello stesso stile.
In origine un concerto thrash o hc veramente riuscito è quello con un pit vivace: è il pubblico che garantisce metà dello spettacolo e metà dell’esperienza. Questo è quel che il thrash ha preso dall’hc punk: non è musica da ascoltare in soggiorno o nella propria stanza, è musica che richiede e prevede una risposta fisica, quella risposta fisica. Senza la dimensione dal vivo con lo slamming (o moshing o pogo o come volete chiamarlo) il thrash è una cosa a metà.
Diversi veterani dell’hardcore punk ritengono che con l’arrivo del thrash metal e del crossover l’hc sia diventato qualcosa di diverso e difforme dal quel che era in origine, ritengono che sia diventata una moda, e così lo slamming. In effetti nella seconda metà degli ottanta nell’hc la faccenda aveva preso talmente piede che capitava che la gente si mettesse a pogare mentre il gruppo provava a fine soundcheck (mi hanno raccontato di un episodio ad un concerto dei Kina: il gruppo prova un pezzo ed un tipo, di getto, sale sul palco e si tuffa; Giampiero smette di suonare e dice “Calma, ragazzi, stiamo solo facendo una prova”, il tipo si volta e risponde “Anche io!”).
Quando il pubblico del metal estremo si è allargato sono venute fuori pratiche che nel contesto originale non avevano senso. Con gli occhi della vecchia scuola è difficile non considerarle regressive: circle pit e wall of death sono nati in ambito metal, negli show medio grandi, e secondo me anche a causa della presenza fissa di barriere che impediscono l’osmosi tra palco e pubblico – che era una condizione NECESSARIA nel thrash delle origini, come nell’hardcore. Era il sottolineare che band e pubblico erano sullo stesso livello, che non c’era differenza tra chi stava sopra e chi stava sotto dal palco. Se non lo slamming, lo stagediving senz’altro rispecchiava questa concezione “orizontale” della scena. Dopo gli anni 80 le barriere tra palco e pubblico hanno iniziato a dilagare anche nei concerti su piccola scala, e questo l’ho giudicato un controsenso, per il thrash e in generale per il metal estremo (figuriamoci per l’hc). E’ chiaro che la grande diffusione del crowdsurfing è da ricollegarsi anche alla presenza delle barriere, che impedisce il tuffo dal palco. La cosa è giustificata da motivi di sicurezza, in teoria, e forse è anche opportuna quando un certo tipo di pratica viene trapiantata dal contesto in cui è nata a concerti con migliaia di persone. Ma, onestamente, siamo arrivati a livelli del tutto assurdi di PROIBIZIONE di moshing e crowdsurfing che snaturano completamente ogni residuo spirito di punk, hc o thrash. Non sono faccende di sicurezza, queste. Sono un mutamento genetico nella cosa: non c’è più niente di “orizzontale”, la band sopra, il pubblico sotto che non è più parte della scena, ma massa di consumatori che se danneggiati dal prodotto acquistato (il biglietto) possono fare causa all’organizzazione o alla band. E questo vuol dire essere arrivati a livelli di demenza intrinseca mai visti. 

La paranoia dei gruppi per chi del pubblico sale sul palco potrà anche essere giustificata,ma personalmente ho sempre giudicato la qualità di una band ANCHE da come si comporta con gli stagedivers e con la gente che sale sul palco.

Se esci da uno show thrash o hc con un occhio nero e vuoi far causa al gruppo o al locale, in primis sei un idiota, in secondo luogo hai seriamente sbagliato tipo di musica. Ma del resto se esiste la birra analcolica, esiste anche chi la compra. Evidentemente da qualche tempo il metal demoshizzato potrebbe avere la sua fascia di mercato. Io spero di non vederlo mai.

 

1024px No moshing sign, Bumbershoot 2010

 

E per finire, alcuni worked examples.

Nuova scuola metal

Vecchia scuola hc

E qualcuno che ci scherza sopra