Hard Rock

Recensione film: The Dirt (Mötley Crüe)

Di federico venditti - 24 Marzo 2019 - 15:00
Recensione film: The Dirt (Mötley Crüe)

The Dirt

 

Quando venne pubblicata la biografia dei Mötley Crüe, The Dirt“, nel 2001, tutti rimasero colpiti dalla crudezza del racconto dei quattro fuorilegge di Los Angeles. Erano anni che la band di Nikki Sixx inseguiva il sogno di mettere su pellicola la storia della band più oltraggiosa del Sunset Strip, con risultati miseri, dal momento che nel corso degli anni sono stati scartati registi, produttori e via dicendo, finché qualche tempo fa Netflix ha deciso di produrre il film assegnando il compito delle riprese al talentuoso regista Jeff Tremaine (conosciuto per Jackass).

Nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla riuscita del biopic, nemmeno il sottoscritto. Troppe volte sono rimasto scottato da film sul metal che si sono rivelati solo una fiera dei clichè (Rockstar ad esempio) e invece dopo la visione della prima di qualche giorno fa sono rimasto piacevolmente sorpreso. Ed anzi, aggiungo che forse “The Dirt” è la pellicola più veritiera e senza fronzoli che si potesse realizzare su una band come i Mötley Crüe. Gli attori che interpretano i quattro brutti ceffi di LA, sono credibili e nella parte, a partire da un irruento e fattissimo Nikki Sixx (da sempre lider maximo dei Crüe). Il film si apre con una festa selvaggia nella casa dove viveva la band al completo, dove una ragazza abbastanza disinibita “squirta” in mezzo alla stanza. Niente male come inizio di un film! Il regista dirige con inquadrature veloci e senza far annoiare mai lo spettatore, seguendo il gruppo dagli esordi incerti fino all’esplosione su larga scala grazie ai primi due album, “Too Fast For Love” e il satanico “Shout at the Devil”.

 

 

Mentre Nikki viene descritto come la forza catalizzatrice del gruppo, il Deus Ex Machina che compone quasi tutti i pezzi, ma che viene inseguito dai demoni della sua infanzia, trovando conforto nell’eroina (addirittura andrà in Od durante il tour di “Girls, Girls,Girls”), Tommy Lee è invece rappresentato come un bambino che pensa a soddisfare i suoi bisogni primari e distruggere tutto quello che trova nella sua strada. Poi c’è il frontman Vince Neil una versione più laida di David Lee Roth, che però dovra’ fare i conti con la propria coscienza in seguito all’incidente di macchina dopo una festa a base di droga e alcol, dove troverà la morte il batterista degli Hanoi Rocks, Razzle (Vince era al volante ubriaco, sconterà solo 20 giorni di galera). Anni dopo Neil incontrerà di nuovo il destino avverso, quando morira’ di cancro sua figlia Skylar, questo terribile evento ci mostra un Neil più umano e più profondo di quello che ci mostra la storia fino a qui. Invece il personaggio che veramente colpisce è quello di Mick Mars, appunto un marziano rispetto agli altri tre; afflitto da una terribile malattia degenerativa delle ossa, che però viene descritto come una personalità forte e decisionista, il quale addirittura impone il suo punto di vista sul nome da dare alla band.

La scena dell’intero film che conquisterà anche i piu scettici e riluttanti di voi è quando la band si trova in piscina a rilassarsi e vede entrare uno strafatto Ozzy che insegna ai Crüe chi comanda e soprattutto che il MadMan, in quanto ad essere vizioso ed oltraggioso, non deve prendere lezioni da nessuno. Ozzy prende una cannuccia e inizia a sniffare una fila di formiche, poi urina per terra e lecca avidamente la pozza ai bordi della piscina lasciando gli ospiti dell’albergo a bocca aperta. Nikki pensa bene di sfidare l’amico, svuotando la propria vescica sul pavimento, ma Ozzy lo anticipa buttandosi in ginocchio e leccando la sua urina come un cane. Questa sola scena distrugge il più edulcorato biopic sui Queen, adatto ad un pubblico composto da famiglie.

Molti criticano i Mötley Crüe dicendo che sono sempre stati degli astuti venditori di loro stessi, ma che di artistico avevano ben poco. Io credo invece che le canzoni parlino per loro e se è pur vero che non tutti gli album sono all’altezza del nome dei Crüe, come “Theatre Of Pain”, bisogna anche riconoscere a Mars e soci l’abilità indiscussa di scrivere dei veri e propri inni del glam come la tiratissima Live Wire, Shout at the Devil o Home Sweet Home. Si, è vero, nel film viene dato più risalto alle orge, al consumo di alcol e droghe e all’essere una gang di fottuti idioti, come vengono apostrofati più volte dal manager Doc McGee, ma è innegabile il talento dei Mötley Crüe in fase compositiva, altrimenti avrebbero fatto la fine dei vari Ratt, Poison ecc.

In conclusione un film di ottima fattura che soddisfa in pieno le aspettative dei numerosi fans. A voler cercare il pelo nell’uovo, forse la fine è un po’ troppo zuccherosa per una band cosi debosciata, ma nell’insieme il nostro giudizio non può che essere eccellente.