Vario

Recensione Libro: California Über Alles – Le origini dei Dead Kennedys

Di Stefano Ricetti - 3 Luglio 2017 - 12:30
Recensione Libro: California Über Alles – Le origini dei Dead Kennedys

CALIFORNIA ÜBER ALLES

Le origini dei Dead Kennedys

di Alex Ogg

 

Gli Uragani 25

256 pagine

16×23

ISBN 978-88-94859-00-3

20 Euro

Tsunami Edizioni

 

 

DEAD KENNEDYS LOGO

 

 

Abbiamo un senso dell’umorismo e non abbiamo paura di usarlo. Anche nei modi più turpi, se necessario”.

Jello Biafra

Grazie a una miscela incendiaria di musica originale e nevrotica, unita ai testi incisivi e dissacranti del frontman Jello Biafra, i Dead Kennedys sono spesso considerati il più grande gruppo punk americano della loro generazione. E pur avendo sempre pubblicato e distribuito i propri dischi in canali indipendenti e lontani dal mainstream, senza quasi alcun supporto da parte delle radio, sono diventati la prima band di un certo calibro che non solo non si è mai piegata alle leggi del sistema discografico tradizionale, ma ha fatto della lotta all’industria musicale una delle proprie bandiere.

In questo libro, Alex Ogg sfrutta dozzine di interviste e dichiarazioni esclusive dei membri della band per raccontare le origini di un gruppo che ha sguazzato nelle polemiche e nelle controversie praticamente dagli inizi, trasformando la retorica già quasi stantia del punk in qualcosa capace di essere un’effettiva spina nel fianco del sistema – oltre che estremamente divertente!

Completano il tutto un’ampia raccolta di opere dell’artista underground Winston Smith, che ha caratterizzato in maniera unica l’estetica dei Dead Kennedys, e le riproduzioni di svariati scatti d’epoca della celebre fotografa punk americana Ruby Ray.    

Questo quanto scritto in quarta di copertina su California Über Alles – Le Origini dei Dead Kennedys, uno degli ultimi parti librari della sempre attiva Tsunami Edizioni di Milano. La fotografia impeccabile di un volume di 256 pagine che riesce a sviscerare in maniera convincente – al netto di qualche perdita di ritmo durante la lettura – la storia di uno dei gruppi cardine del Punk americano prima e mondiale dopo. La figura di di Jello Biafra, campione di stage diving, da annoverare tra i più sciamanici e scatenati frontman della storia del Rock, assume le vesti della mattatrice incontrastata delle vicende sciorinate da Alex Ogg. Gli scazzi del singer con il resto del gruppo permangono ora come allora, vengono contestate doppie e triple verità riguardo i fatti cardine del vissuto dei Dead Kennedys. Un ensemble che s’è fatto un mazzo tanto ed ha anche avuto una “botta de culo” tanto – pur possedendo dei pezzi killer, sia ben chiaro – nel momento in cui ha svoltato (si fa per dire…). Le similitudini fra la genesi e la storia delle band Punk e i loro coevi metallari di fine anni Settanta/inizio Ottanta sono tantissime, soprattutto se traslate nella perfida Albione piuttosto che nelle big city americane.

Nel momento in cui Biafra, che diverrà poi candidato sindaco di San Francisco – trovata geniale per un reietto, agli occhi della società benpensante, come lui – decise di dare il nome Dead Kennedys al gruppo, iniziarono i casini, ovviamente. Come scritto a pagina 35, il moniker fu scelto per simboleggiare la fine del sogno americano, e l’inizio del declino e della caduta dell’Impero Statunitense, un mito custodito in maniera squisita nel destino del clan Kennedy.

Parimenti alla stragrande maggioranza dei prodotti griffati Tsunami di questo calibro, zero refusi e aneddotica a pioggia, che è poi il sale del rock’N’roll insieme con la musica. Si viene così a scoprire che il primo incontro con i Clash da parte dei ‘Kennedys “non è stato un momento davvero cruciale”, per bocca di Biafra, che la celeberrima “Holiday in Cambodia” è stata incisa con vecchi microfoni a tubo conservati nel velluto rosso, tanto che parevano dei vibratori. Quale altra band, poi, ebbe il genio e la follia di mettere sul retrocopertina dell’album Fresh Fruit for Rotting Vegetables la foto di un altro gruppo che non c’entrava una mazza con Punk?   

Una parte importante, all’interno del libro, se la ricavano le foto, anche se tutte in bianco e nero. Accanto ai tipici manifesti punk di pubblicità ai concerti, ove la band si sbizzarrì non ponendosi alcune limite, sforando nella simbologia nazista, fanno la loro porca figura gli scatti “rubati” nei vari locali. Poi ovviamente quelli ai Dead Kennedys stessi e ad altre band. Un piacere ritrovare una supersexy Penelope Houston degli Avengers live al mitico Mabuhay Gardens di San Francisco nel 1977. Last but not least, la presenza di alcuni stralci di fumetti dedicati al gruppo di Biafra, East Bay Ray, Klaus Flouride e Ted. In chiusura, un capitolo, intitolato “Bla Bla Bla” ove parecchi artisti e addetti ai lavori dicono/dissero la loro sui Dead Kennedys: Rob Flynn (Machine Head), Dave Ellefson (Megadeth), Jeff Hanneman (Slayer), Duff McKagan (Guns N’ Roses), Bill Kelliher (Mastodon) insieme con molti altri.     

Il primo capitolo della storia dei Dead Kennedys era completo. Li attendevano almeno altri due grandi album – così come cause giudiziarie, retate della Polizia, attacchi della censura, concerti letteralmente sfrenati, Penis Landscape, Tipper Gore e l’Oprah Winfrey Show. Ma di raccontarlo può occuparsene qualche altro povero stronzo… [Cit. pag. 187].

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

DEAD KENNEDYS LIBRO