Hard Rock

Recensione libro: Whitesnake, il Viaggio del Serpente Bianco

Di Stefano Ricetti - 18 Maggio 2016 - 12:30
Recensione libro: Whitesnake, il Viaggio del Serpente Bianco

WHITESNAKE – IL VIAGGIO DEL SERPENTE BIANCO

di Martin Popoff

(Tsunami Edizioni)

Gli Uragani 24 – 256 pagine + 16 a colori – 16×23 – ISBN 978-88-96131-85-5 – 20 Euro

 

David Coverdale è un eroe dell’hard rock. L’uomo nato in quel di Saltburn by the Sea il 22 settembre del 1951, già cantante dei Deep Purple nel periodo compreso fra il 1973 e il 1976, foriero di tre album epocali – Burn, Stormbringer e Come Taste the Band – s’è poi imposto al mondo in veste di solista con i suoi Whitesnake.

Martin Popoff, non di certo l’ultimo dei cudèghin in ambito heavy rock, s’è preso la briga – e il piacere – di scrivere un libro sulla storia del buon Davide e del suo Serpente Bianco, intitolato Sail Away Whitesnake’s Fantastic Voyage, lavoro che vede la luce nel 2015. Tsunami Edizioni, sempre attenta alle uscite hard’n’heavy mondiali ha pensato – bene – di affidare la traduzione dei testi a una sicurezza in materia della portata di Stefania Renzetti et voilà, il tomo, da qualche settimana, è disponibile in lingua italiana nelle librerie come Whitesnake Il Viaggio del Serpente Bianco.

Il cammino della futura rockstar dai capelli scalati e tinti di biondo prende piede nella grigia Inghilterra e decolla letteralmente nel momento in cui una certa band è alla ricerca del sostituto di tale Ian Gillan, cantante. Dopo la parentesi dalle tinte profondo porpora il serpente tentatore del rock si impossessa dell’anima blues di Mister Coverdale ed inizia a mietere le proprie vittime, sulla spinta di un ego che cresce in maniera direttamente proporzionale ai dati di vendita di tutto quanto afferente i Whitesnake. I vecchi amici di un tempo, i compari di quando ancora esisteva il concetto di gang in seno al rettile più famoso dell’hard vengono man mano silurati e, nel momento in cui David si accorge di rischiare di rimanere a vita un soggetto “anni Settanta” vi è la svolta. Fuori dai piedi gli ultimi residuati ancorati a baffoni e jeans a zampa di elefante e via con il processo di rinnovamento: lacca, lustrini, capelli vaporosi, pelle levigata, pancia in dentro e petto in fuori ma soprattutto musicisti di bell’aspetto nella line-up, ingrediente fondamentale per sfondare, finalmente, negli Usa.

Il giochino riesce, eccome, tanto che il loro album omonimo del 1987 diviene ben otto volte disco di platino nei soli Stati Uniti e, anche grazie a una superfemmina come Tawny Kitaen protagonista nei videoclip, pezzi quali Here I Go Again, Is this Love e Still of the Night raggiungono un successo stellare. Va dato atto a Martin Popoff di avere ben tratteggiato, soprattutto dal punto di vista “tecnico”, i vari passaggi della carriera di David Coverdale e dei sui sodali, all’interno del libro Tsunami. Se gli si può imputare qualcosa è il fatto di non essersi mai spinto un poco più in là del politically correct, togliendo inevitabilmente smalto a un lavoro di 270 pagine. Non va infatti dimenticato che Mr.Whitesnake è passato alla storia non solo per meriti artistico/musicali ma anche per la naturalezza – per usare un eufemismo – con la quale si è sempre rapportato nei confronti del genere femminile di altissimo profilo, per giunta. A Whitesnake Il Viaggio del Serpente Bianco manca, e si percepisce eccome, il lato trasgressivo della band, quello costruito attraverso i vizi e gli stravizi, le donne facili, l’alcool, eccetera eccetera… Un vero peccato perché anche l’altro mandrillo della combriccola, tale John Sykes, ossia  l’unico uomo del vissuto ‘Snakes in grado di mettere in ombra sua maestà David, avrebbe avuto molto da dire, in tal senso. Già proprio l’ex chitarrista di Tygers of Pan Tang e Thin Lizzy che, per questioni di ego smisurato da parte di ambedue le entità se ne andò sul più bello, bloccando pressoché sul nascere quella che poteva divenire una fra le più scintillanti sinergie della storia del rock. Popoff lungo l’intero excursus rappresentato dal libro si sofferma, giustamente, ad analizzare momenti e situazioni di personaggi di alto profilo che hanno interagito con i su e giù della carriera dei  Whitesnake: Jon Lord, Ian Paice, Glenn Hughes, Robert Plant, Jimmy Page oltre a compiere interessanti disamine sulla percezione che ha l’autore riguardo il grado di tiraggio di un pezzo appena scritto piuttosto che sugli effetti in termini di vendita di biglietti per i concerti e dischi nel momento in cui inizia un calo di interesse da parte dei fan.       

Whitesnake Il Viaggio del Serpente Bianco si completa di sedici pagine a colori con belle foto e di un ultimo capitolo aggiuntivo, rispetto alla versione originale, riguardante il periodo di The Purple Album uscito l’anno scorso ma soprattutto, giustamente e sciovinisticamente, viene analizzata l’entrata del “nostro” Michele Luppi nei Whitesnake stessi. Un bel libro, senza dubbio, che però lascia un po’ di amaro in bocca, per quello che poteva essere e non è stato, per i motivi elencati sopra… 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

WHITESNAKE LIBRO