24.11.1991 – 24.11.2011: TrueMetal ricorda Freddie Mercury

Di Alessandro Zaccarini - 24 Novembre 2011 - 9:30
24.11.1991 – 24.11.2011: TrueMetal ricorda Freddie Mercury

Venti anni fa, nella famosa residenza di Garden Lodge, consumato dall’AIDS e lontano dai palcoscenici che lo avevano spinto a diventare ciò che piú avrebbe voluto essere, si spegneva Freddie Mercury.

Spero vogliate permettermi un approccio personale ed emozionale a questa ricorrenza, perché il rapporto che ho con i Queen é particolarmente intenso: é quello che hai con il vero grande amore, quello che incontri da bambino e che ti accompagna tutta la vita.

Una vita che mi ha portato sui luoghi dei Queen in maniera abbastanza singolare e altrettanto gradita: gioco a tennis a poche centinaia di metri dove la famiglia May crebbe un ragazzetto dai capelli ricci con la passione per le stelle. Ho avuto il mio primo ufficio non lontano da dove Farrokh Bulsara, un giovanotto nato a Zanzibar e cresciuto vicino a Bombay – perché cosí si chiamava ai tempi di Giorgio VI – si spostó con la famiglia nel Middlesex. Come tanti suoi connazionali, in cerca di fortuna. A differenza di molti altri, lui l’ha trovata. O forse lei ha trovato lui.

Il master mi fa passare diversi sabati nelle aulee dell’Imperial College, a South Kensington. Le stesse aulee in cui prima con il nome 1984, poi Smile e poi con il nome Queen, un fisico-astrologo, un futuro dentista e un introverso laureato in elettronica avevano unito le forze con un giovane artista, convinti a diventrare la band rock numero uno a Londra. Sono andati oltre. Molto oltre.

Le aulee in cui i quattro provavano, in cui componevano quando l’appartamento a South Kensington era troppo umido o freddo, ma purtroppo le tasche dei nostri non potevano permettersi altro – un negozietto di abiti alternativi non poteva offrire di meglio in una delle aree piú tremendamente care di Londra. Le stesse aulee in cui i Queen giovanissimi, ancora senza dischi alle spalle, aprivano per un altrettanto giovane Hendrix. 

Allo scoccare del ventesimo anniversario della scomparsa di uno degli artisti piú carismatici che la storia della musica abbia conosciuto, mi sento in dovere di spendere qualche parola. Perché? Perché senza Freddie Mercury e senza i Queen molti di noi non sarebbero qui a scrivere e nemmeno ad ascoltare la musica che ascoltiamo oggi. Perché senza i Queen la musica sarebbe stata diversa, sarebbe stata peggiore.

 

Eppure sembra che non tutti se ne vogliano accorgere e cosí, da qualche generazione di internauti e non, continua il grande dibattito: sono i Queen hard rock o non lo sono? Da quando a quando? Fanno parte della grande famiglia allargata del metal o no?

La domanda dovrebbe forse essere diversa: tutto ció che e stato scritto dal 1970 a oggi é davvero degno di entrare nella famiglia allargata dei Queen? Perché stiamo parlando di una band che in 20anni é riuscita ad attraversare tutto lo spettro conosciuto della musica suonata, dall’opera al prog rock, dalla musica da camera alla canzone popolare, dal glam a un primordiale metal quando May – un uomo mai capace di accontantarsi – aveva messo qualsiasi elemento della sua strumentazione a sua disposizione a tutto volume, cercando il massimo della distorsione possibile. Per poi qualche minuto dopo prendere in mano un ukulele e cominciare a comporre canzonette di inizio secolo, quelle registrate su cilindro.

Mai a fasi alterne, mai a periodi, ma sempre con quel dono ineguagliabile di genio ed ecletticitá che solo quattro compositori del livello di May, Taylor, Mercury e Deacon potevano impersonificare. Diversi e complementari, tanto da dare vita una serie impressionante di album che in un’ora ciascuno racchiudono, in maniera sempre diversa e sempre sorprendente, intere generazioni di tradizione musicale presente e futura. Talvolta di una finezza ed estraneitá tale da sembrare provenire da una realtá parallela.

Inutile cercare un’etichetta, una classificazione.

Allora come investigare e raccontare cosa i Queen hanno lasciato all’hard n’heavy, in tutto questo? Meglio partire dalle decine e decine di band che in un modo o nell’altro hanno voluto tributare la loro devozione… o meglio spaziare per il loro repertorio multiforme ed enciclopedico?

Meglio parlare della loro attitudine sul palco e di quei 20 minuti al Live Aid, quando il mondo della musica rimase a bocca aperta? Il mondo della musica del 1985, non l’accozzaglia ridicola di gangster e bulletti hip hop che oggi popola i canali satellitari e i club dietro casa. Se preferite potete invece consultare la lista di musicisti che il 20 aprile 1992 ha calcato le assi del vecchio Wembley, per omaggiare il carisma e la voce di chi 20 anni fa ha reso il mondo un posto meno virtuoso e decisamente meno talentuoso, andandosene.

Meglio avvicinarsi al lascito concettuale dei bravi ragazzi di giorno e folli di notte, con le feste piú trasgressive e allo stesso tempo artisticamente rivoluzionarie che il circo itinerante del rock abbia testimoniato? Meglio parlare degli interpreti di canzonette d’avanspettacolo e allo stesso tempo compositori di pezzi che nessuno aveva nemmeno mai immaginato di immaginare? Introspettivi ed estroversi, sempre pronti a infrangere i limiti del loro tempo. Pronti ad abbattere le frontiere, scatenando polemiche per aver portato il rock nella cortina comunista o nei confini dell’apartheid sudafricano. Solo che mentre il mondo puntava il dito contro i Queen, Brian May era coperto di fango, sotto la pioggia, ad incontrare di persona i meno fortunati che, fosse stato per l’associazione dei musicisti, il rock dal vivo non lo avrebbero mai visto.

Meglio concentrarsi sull’ereditá armonica e melodica di inestimabile valore? La morbosa ricerca della perfezione e la cura del particolare, la maniacale passione per le sovraincisioni e quelle trame vocali che oggi diamo per scontato, perché il delay, le armonizzazioni, le sperimentazioni che hanno tenuto i Queen ore e ore a riavvolgere una bobina dopo l’altra, ora sono lí, a portata di un click.

Non c’é bisogno di nulla di tutto questo, la mia “sfida” é questa: nei prossimi giorni, ogni volta che dedicherete tempo ad ascoltare buona musica, provate a cercarci i Queen, e li troverete. Che sia un richiamo minore o una citazione mastodontica, che sia il modo di usare le linee vocali o il bending.

Sui Queen si sono scritti libri, si potrebbero scrivere enciclopedie. Forse é meglio fare semplicemente silenzio, perché la musica che hanno composto é il migliore dei testamenti. I Queen sono riusciti dove tutti gli altri hanno fallito, e la fama, la popolaritá, la gloria si pagano. Essere piú grandi non é sempre facile:

“There are some who will hate us no matter what we do, because we committed the unforgivable sin of being successful” (Brian May)

 

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini