From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – Febbraio/Marzo 2011

Di - 12 Aprile 2011 - 0:30
From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – Febbraio/Marzo 2011

L’occhio di TrueMetal.it sull’Underground – # 02/2011

Nuovo numero per la nostra rubrica sull’underground italiano. Qui, e nelle prossime edizioni, troverete informazioni sui demo che ci arrivano in redazione, da sommare alle recensioni dei demo migliori, che continueremo a pubblicare nell’apposita sezione.


 

Ricordiamo che i sample di tutte le band sono disponibili sulle relative pagine MySpace, segnalate a lato della recensione.
Buona scoperta!

Indice aggiornato della rubrica

Amorphead
Chaos Expression
2011, Autoprodotto
Death/Thrash Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Scream Inside (05:00)
2. Depth (04:23)
3. 5.22 (02:41)
4. Holes (04:08)
5. Chaos Expression (04:35)

Cromatismi cupi, tematiche riflessive ed un solo sfolgorante biglietto da visita: la carica energica e rabbiosa che gli Amorphead da Catanzaro riescono sempre a convogliare nella loro musica fin dal loro battesimo metallico avvenuto circa quattro anni fa.
Autori, nel 2009, di un altro EP autoprodotto, Psychotic, che ha ricevuto una piccola ma discreta dose di attenzione in varie parti d’Europa e non solo, i nostri, con questo Chaos Expression, si lanciano anche verso la nuova avventura iniziata con la recente firma per la Casket Music, la quale produrrà e distribuirà al più presto il disco.
Amanti di un death/thrash che tanto si rifà a grandi padri putativi degli anni ’90 come i Sepultura dell’era Cavalera, gli Amorphead danno l’impressione di ereditare da loro non solo l’attitudine spaccaossa, ma anche il sound e gran parte degli schemi compositivi; esempio fin troppo lampante è il brano Depth, nel quale una particolare parte di batteria sembra essere addirittura un pedissequo sample di quella di Iggor in Refuse/Resist.
A parte questo, i cinque ragazzi mostrano comunque, in questi cinque brani, un discreto affiatamento, in particolare i due chitarristi, i cui fraseggi ricchi di dissonanze si amalgamano alla perfezione con il groove di brani che badano al sodo, mai troppo elaborati; nonostante questo però, Mlex e Paul riescono a confezionare anche un paio di solo discreti, oltre a dare sfogo alla loro anima più introspettiva nella strumentale 5.22.
Per il resto si susseguono furiose dichiarazioni di guerra recitate a perdifiato dalla voce abrasiva di Master, tra le quali spicca Chaos Expression disperata ed incalzante prima di lasciare il campo, tra suoni poco rassicuranti da segreta puzzolente, ad una tambureggiante traccia fantasma finale.
Nulla in questo EP può far gridare al miracolo: solo tanta foga, tanto palese divertimento e voglia di suonare la propria musica preferita, cui voglio aggiungere una discreta cura della veste grafica del progetto e, in ogni caso, un nuovo passo in avanti verso una maturità artistica che, spero, non tarderà ad arrivare, magari anche grazie alle nuove responsabilità da affrontare che attenderanno di certo al varco una band che, però, sembra proprio non volersi dare per vinta facilmente.

Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

 

EErie Sin
The Price Of Your Hate
2008, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale
Email

Tracklist:

1. Intro 0:37
2. Seven Seals 3:23
3. Innocent Denied 3:51
4. Heretics Genocide 4:13
5. Nature’s Curse 4:29
6. Atomic Wrath 3:15
7. No Surrender 5:10
8. Bloody Truth 3:52
9. The Price Of Our Hate 5:04

“The Price Of Your Hate” è il primo full-length dei friulani EErie Sin, band attiva dal 2002. Autoprodotto e registrato presso gli studi 2+2 Records nella metà del 2008, è rappresentativo di un ensemble allo stato ancora embrionale. Stato in cui non si sono fissate le idee sulla giusta strada da intraprendere, forse ancora rimbombanti degli echi dei più Grandi (Slayer, Sepultura, Testament), si è alla ricerca del proprio marchio di fabbrica e, in ultimo, la preparazione tecnica non è sufficiente per supportare un’opera competitiva anche se solo nell’underground. Uno stato che, per arrivare a concepire e realizzare un prodotto se non professionale, almeno di qualità amatoriale, è ancora una lontana chimera, per i Nostri. Il guitarwork di Zanna e Charlie cuce trame abbastanza valide e sarebbe anche maturo (a parte alcuni soli, migliorabili), se fosse inserito in un insieme qualitativamente omogeneo. Il drumming di Stiff ma soprattutto il cantato di Ramirez sono, infatti, troppo involuti perché diano luogo a un sound compatto e massiccio così come dovrebbe essere. Neppure i giri di basso Hellvis PVG riescono a rimpolpare un’ossatura fragile e povera, dispersiva e – apparentemente – senza alcun filo conduttore. Per dare un’idea di “The Price Of Your Hate”, più che ai blasonati gruppi sopra menzionati ci si dovrebbe riferire – come sound complessivo – agli Hellhammer, togliendone però la tensione maligna e l’azione innovativa. Il CD è quasi di tre anni fa, per cui gli EErie Sin potrebbero, anzi dovrebbero aver migliorato la loro proposta, sin’ora esplicitata – purtroppo per loro – da un lavoro gravemente insufficiente. Si attendono notizie…

Daniele “dani66” D’Adamo

 

Engine Driven Cultivators
Rattletrap
2005, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale

Tracklist:

01. H.I.Y.C./Troops Of Alcohol
02. Devastation Lands
03. Assault Of Bastards
04. Desert Riders
05. Barbaric Hordes
06. Extermination Units
07. Vomit Blood
08. Head-Hunter
09. Crypteia
10. Bazooka

“Rattletrap” è l’esordio discografico dei thrasher laziali Engine Driven Cultivators, una band che ha già all’attivo un altro disco, sempre autoprodotto e sempre incentrato su un modus componendi fatto di grezzo thrash metal come vecchia scuola insegna. A differenza della seconda fatica discografica, questo “Rattletrap” ha molto meno impatto, meno idee ed è contraddistinto da una produzione ingiudicabile. Le ritmiche (anche le più ‘veloci’) non trascinano, hanno una dinamica stanca e non caricano coinvolgimento quando c’è da deflagrare i ritornelli. Ritornelli che, dal canto loro, appaiono piatti e privi di mordente. Apprezzabili invece i soli, penalizzati solo dalla scadente produzione. Palesi i richiami a qualche riff di matrice americana, quasi sempre posizionati nel punto sbagliato e quindi incapaci di caratterizzare una personalità che, al lato pratico, latita. Teniamo conto che questo disco è solo l’esordio di sei anni fa e che la presentazione fisica è alquanto discutibile. Già con il secondo disco i nostri hanno fatto vedere ‘qualcosina’ in più, ma se non ci sarà un notevole miglioramento, la speranza di muoversi un po’ in giro, richiamando gente, è pressoché nulla.

Nicola Furlan

Envyra
Post-human Orison
2010, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale
Email

Tracklist:

1. Sands Of Time 5:36
2. Reverse Order 5:07
3. Ethereal Lake And Abyss 5:18
4. Redemption 6:34
5. The Grip Of Wrath 5:12
6. State Of War 6:02

Quando la passione non ha mai fine…
Così, ci si può riferire ai lucani Envyra (nati nel 2009 dalle ceneri degli Athem) che, con l’EP “Post-human Orison”, tentano di farsi vedere in mezzo alla folla delle band che trattano metal estremo. Passione, perché solo quando nel cuore pulsa la ‘voglia di metal’ si trovano tempo e risorse per presentare il proprio lavoro con una veste professionale. Mario Smaldone (guitars, bass, keys) e Rocco Smaldone (heavy-thrash voice, drums), coadiuvati da Mancan (dark voice, growl), propongono, infatti, un dischetto completo in tutte le sue parti, dal gradevole artwork sino ai testi, regalando così un’opera dal taglio grafico professionale.
Per quanto riguarda la musica, pur essendo pregna di tutta quella passione sopra citata, i passi da compiere sono ancora tanti. Il genere suonato dai Nostri è una miscela di thrash, death e prog; sì da formare una specie di ‘brodo primordiale’ di difficile assimilazione. Le idee ci sono, sì, ma sono diluite o peggio disperse in un contenitore la cui forma non è ancora ben definita. Con che, ora, è impossibile stabilire con esattezza la direzione musicale intrapresa dall’act di Pontenza. Seppur buona la sinergia fra brutalità e melodia (“Ethereal Lake And Abyss”), appare ancora acerbo il binomio vocale Smaldone/Mancan; soprattutto per quanto riguarda il primo, la cui interpretazione soffre ancora d’immaturità (“Reverse Order”). Comunque sia, musicalmente le tracce di “Post-human Orison” si lasciano ascoltare con discreto piacere. Sintomo, questo, di una naturale predisposizione al genere da parte dei fratelli Smaldoni che, pertanto, lasciano intravedere il possesso dei mezzi tecnico/artistico necessari per migliorarsi a 360°.
Necessita inquadrare lo stile, quindi, e far maturare l’ugola di Rocco.
Forza!  

Daniele “Dani66” D’Adamo

 

From Funeral Dust
Promo 2010
2010, Autoprodotto
Black Metal
Myspace Ufficiale
Email

Tracklist:

01. Intro
02. The Pleasure of a Cold Night
03. Godflasher
04. Outro

Giunti con “Promo 2010” al traguardo della prima uscita discografica, i From Funeral Dust nascono nel 2008 a Lecce.

Musicalmente l’album ci offre dodici minuti scarsi di musica, suddivisi in una intro, una outro e due canzoni vere e proprie, all’interno delle quali i nostri cercano di mettere in mostra ciò di cui sono capaci.
Il genere proposto si muove tra death, thrash e vaghe influenze black metal, che conferiscono movimento ai due brani contenuti.
All’ascolto del disco, sembra quasi di essere di fronte ad un’opera targata Rotting Christ, soprattutto per via dell’utilizzo di ritmiche quadrate e melodie di facile presa, marchio di fabbrica della formazione greca.

“The Pleasure of a Cold Night” è già esemplificativa di quello che ci aspetta. Il pezzo si svolge in modo piuttosto lineare, senza che si ricorra a finezze strumentali e compositive di alcuna sorta. La preparazione tecnica dei cinque musicisti risulta indubbiamente buona, con un applauso a Luca Alfieri (già in forza ai Kronium), che con le sue tastiere riesce a dare un tocco di eleganza alle musiche.
Più lunga e articolata è invece “Godflasher”, che non si discosta comunque da quanto fatto sentire precedentemente. In questo caso, gli unici aspetti che saltano all’orecchio sono un songwriting più ricercato e maturo, e un maggiore dinamismo a livello strutturale.

Discreta la produzione caruta dagli stessi leccesi, sebbene passibile di miglioramenti. Buono anche il lavoro di mixing firmato da Tommy Talmanca del complesso progressive/death Sadist.

In conclusione, non siamo davanti a un prodotto che cambierà le sorti del panorama estremo, ma è indubbia la qualità degli strumentisti coinvolti. Sperando che questi From Funeral Dust riescano a fare il grande salto, per ora non ci rimane che promuoverli.

Emanuele Calderone

 

HouseMaster
J.B.
2008, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Electrical Saint
2. Faceless Man
3. Twisted
4. J.B.
5. In Times Of War
6. The Hell Swallow You!

Quando ancora una band non è arrivata ad un contratto discografico e prova ad avvicinarsi al mondo della musica investendo tempo, denaro e passione per realizzare un prodotto per quanto possibile ottimale, è inevitabile che qualcosa possa essere perdonato, errori veniali dovuti a giovinezza ed inesperienza. Però a volte – anzi, a dirla tutta, nella stragrande maggioranza dei casi – i demo finiscono per essere solo un’accozzaglia di idee trite e ritrite, suonate e registrate con approssimazione, e ci si chiede come sia possibile che a mancare sia anche la semplice autocritica.

Perché questo cappello introduttivo? In un certo senso perché è un discorso che si adatta agli HouseMaster, band veneziana attiva da fine 2005 e che con J.B. giunge al terzo demo autoprodotto, in seguito al cambio di batterista. Il sound della band non è perfettamente inquadrabile, perché all’interno della stessa canzone spesso ci sono richiami ed influenze differenti, ma senza dubbio lo stile che pervade maggiormente questo lavoro è quello degli Slayer, presenti in certe intro (Twisted) ed in alcune ritmiche. Tuttavia, la propensione della band non è quella della violenza e della malvagità, quindi i riff non sono taglienti e cattivi, ed anzi spesso la cosa si traduce nel risultato opposto, ovvero che sappiano di stantio e scarsamente dinamico, come nel caso dell’opener Electrical Saint. Dal punto di vista strumentale, ci sono due menzioni da fare: la prima riguarda il basso di Riccardo Rizzi, che tenta spesso soluzioni interessanti e giri non banali o piatti, andando ad imporsi come uno dei punti di forza e di maggiore interesse del demo; la seconda invece riguarda le parti soliste di Massimo Maiocchi, eseguite con approssimazione e con un gusto compositivo molto acerbo. Un difetto perdonabile, ma di certo inficia la qualità generale di brani che già faticano a decollare per via di un songwriting che non dà mai l’impressione di essere brillante.

In definitiva, J.B. mette in mostra una band ancora incerta sia dal punto di vista stilistico che tecnico, e non contiene nessuna canzone in grado di convincere o coinvolgere realmente. Le prospettive di crescita, per questi ragazzi, vanno orientate in particolar modo su una miglior padronanza strumentale e, cosa ancor più importante, sulla definizione di un trademark non necessariamente proprio o originale, ma che quantomeno identifichi le sonorità del gruppo e la direzione musicale che intendono battere. Il tutto nella speranza che vengano anche illuminati dall’ispirazione che, nel caso esaminato, latita.

Luca Trifilio

 

Ignition Code
Upgraded
2010, Autoprodotto
Metalcore
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Human B.P.M. 03:46
2. Game Gear 04:26
3. Mikrokid 03:52

Mischiando metalcore e certo alternative metal molto in voga negli anni ’90, gli abruzzesi Ignition Code sono giunti dopo tre anni al traguardo di questa prima demo intitolata Upgraded.

Potendo contare, tra le loro fila su membri che possiedono anche una certa esperienza sul campo come il cantante Alessandro Falà ed il bassista Gaetano Ettorre, già membri storici dei thrasher Sothis, la band mette in piazza un sound solido ed accattivante che gode di una produzione professionale e curata, vera manna per il genere che propongono.

I tre brani qui contenuti sono ammiccanti e ricchi di groove; i frequenti intermezzi elettronici e le alternanze di vocalità del versatile Falà sono quei piccoli accorgimenti che, conferendogli un tocco di cyber-modernità, donano a brani già dotati di notevole orecchiabilità la non trascurabile capacità di rimanere dentro la testa a lungo.

Molte sarebbero le influenze da annoverare: American Head Charge, la pesantezza dei Pantera e, in particolare nella seconda cinematografica traccia intitolata Game Gear, l’ombra incalzante dei Fear Factory di Burton Bell, che aleggia come quella loro maestria nel tessere melodie evocative tra le trame di ingranaggi freddi e oliatissimi di metallo industriale.

Con tali padri putativi non poteva mancare un’attitudine aggressiva e schiacciasassi, quella di una band molto ben assortita e professionale che si diverte palesemente a suonare questo genere, ed ha arricchito le composizioni di trame sufficientemente complesse e fraseggi dirompenti, ottimi per essere proposti con furore dal vivo.

Una musica che gioca molto sulle emozioni dell’ascoltatore quello degli Ignition Code, in piena tradizione metalcore, suonata con perizia da musicisti che possiedono ottima tecnica e che sono già pronti, a mio parere, per il grande passaggio al full-lenght. Se vi piace il genere fiondatevi a scoprirli, altrimenti cambiate semplicemente strada.

Francesco “Darkshine” Sorricaro

 

Insane Therapy
Veil of Silence
2010, Autoprodotto
Deathcore
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. One Thousand Why 05:24
2. Where’s Your God 03:18
3. Can You Hear Me? 05:32
4. Veil of Silence 03:29

Una regione che non ama i mezzi termini dal punto di vista musicale è l’Abruzzo, ruvida patria di band che, in particolare negli ultimi anni, sono riuscite a creare un piccolo ma discreto microcosmo estremo, che vede come epicentro soprattutto Pescara ed il suo giro di locali. È proprio dalla città del poeta D’Annunzio che gli Insane Therapy hanno iniziato la loro avventura circa tre anni fa per dare finalmente alla luce, nel 2010, il loro primo vagito ufficiale intitolato Veil of Silence.
L’EP in questione mette in mostra tutta la carica e la voglia di iniziare col passo giusto che può avere una giovane band all’esordio, per di più una sintonizzata su frequenze di questo tipo. Fin dal primo assaggio, affidato all’oltranzista One Thousand Why, si sente ammorbante il sapore di Svezia, di quel death marcio e divertente che esplose negli anni ’90 grazie a band come Entombed e, più avanti, At The Gates; il tutto è condito con l’abrasività di certo grindcore americano e quel tocco di melodia nel refrain centrale che avvicina a sonorità più moderne come quelle del metalcore. Voce cupa ed incazzata, stop and go, dissonanze assortite e bordate di groove: è questa la ricetta costante di quattro brani ben suonati e dotati di un appeal, tutto affidato alla pesante compattezza sonora delle due chitarre in gioco, che certamente farà valere le proprie ragioni dal vivo.
Il valore di un disco come questo si deve misurare, però, anche in base al mercato verso cui si va ad orientare: una piazza satura da tempo di proposte come questa la quale, nonostante la buona volontà e le capacità delle sue componenti, non riesce a stagliarsi significativamente dai canoni del genere. L’attitudine profondamente hardcore, espressa pienamente dall’anthemica titletrack, ed il desiderio di concentrare nella propria musica tutto quanto di più estremo esprimano altri generi presenti nel proprio background di ascolti, non giustifica comunque una produzione non perfetta, che rende spesso impastati certi suoni, e che non contribuisce a far brillare Veil of Silence tra i tantissimi lavori presenti in redazione.
C’è ancora tanta strada da fare dal punto di vista della personalità per gli Insane Therapy, ma il tempo è dalla loro parte.

Francesco “Darkshine” Sorricaro

 

Manhunt
Experimental Human Cruelty
2010, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale
Email

Tracklist:

1. Death Fake Resurrection 4:55
2. The Oblivion Of Black 4:19
3. Crops Of Dead Gods 4:50

I Manhunt, band torinese fondata nel 2005, sono una di quelle realtà che non si limitano a girovagare per un genere, preferendo toccare invece più stili. Nella fattispecie rispettivamente thrash, death e black contraddistinguono “Experimental Human Cruelty”, secondo demo del combo piemontese dopo “Fake”, EP del 2008.
Davide Quinto e compagni lasciano subito intravvedere quale sia la propria peculiarità: la ferocia musicale. Ferocia scatenata per la maggior parte, appunto, dalla sua ugola; impegnata in un primordiale e scellerato screaming/growling (aiutata in ciò dal bassista Alessandro Massa) ove non manca, anche, qualche momento di calma (“Crops Of Dead Gods”). La forza esige d’essere controllata, se si vogliono ottenere i migliori risultati. E qui arrivano le dolenti note. La band, difatti, fatica parecchio a restare nei binari della linearità musicale, finendo a volte in un caos che sembra sintomo di un’ancor acerba capacità compositiva invece che di uno stato voluto e cercato.
È chiaro che poco più di dieci minuti di musica non possono essere che insufficienti per dare un giudizio completo, tuttavia la difficoltà che i Nostri hanno a percorrere la retta via, è un fatto assodato. Anche perché la tecnica strumentale è più che buona, così com’è buono il lavoro eseguito dalle chitarre di Matteo Candeliere e Massimo Ventura, che tessono un tappeto musicale robusto, ma anche impreziosito da qualche fine arabesco (“The Oblivion Of Black”). Forse si ravvisa un po’ troppa foga nel drumming di Lorenzo Somma che, alla fine, contribuisce a dare quella sensazione di disordine che alberga nell’EP quando, soprattutto, il ritmo alza il BPM verso i grandi numeri.
Non si discutono invece né l’attitudine, né la passione, né la serietà (come si può facilmente desumere dal booklet del dischetto, contenente i testi delle tre canzoni).
I Manhunt sono sufficientemente cresciuti, ma si devono evolvere a tutti i costi, per emergere dalla marea nera.

Daniele “Dani66” D’Adamo

 

MasterdoM
Wings Of Freedom
2010, Autoprodotto
Heavy/Power
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Bloody Souls (Intro) 01:30
2. Levittimiä Veren 03:08
3. Wings of Freedom 04:14
4. Fire’n’Flames 04:29

Terzo demo per il sestetto aretino dal nome MasterdoM, caratterizzato da una proposta che si trova a metà strada tra la scuola power e l’heavy metal propriamente detto. Le tre canzoni contenute in Wings Of Freedom (l’iniziale Bloody Souls è solo un’intro di un minuto e mezzo) tengono quindi fede a quelli che sono i dettami del genere passando dalle influenze di scuola Grave Digger di Levittimia Veren fino all’epica conclusione della titletrack, invero un po’ troppo forzata soprattutto nei cori del ritornello. Purtroppo la terza uscita a firma MasterdoM non convince appieno, complici in particolare i suoni troppo bilanciati verso tastiere e voce, mentre vengono lasciate in secondo piano chitarre. Oltre a questo la batteria si dimostra poco trascinante ed incisiva, andando a svolgere il proprio compito in maniera poco compatta.
Chiaro, con una durata che non raggiunge il quarto d’ora il giudizio non può essere completo ed esauriente, ma l’idea è quella di una band che non abbia ancora chiara la strada da intraprendere e che tenda a perdere il filo logico delle proprie composizioni. Il fatto che le passate produzioni fossero più inclini al power metal in senso stretto mentre Wings Of Freedom tenda più verso l’HM vuol dire già che i sei hanno deciso di percorrere una via differente dal passato e di rimettersi in gioco. La fisiologica adesione a stilemi già dettati in passato ed un lavoro in fase di produzione tutto sommato non troppo riuscito portano a considerare questa release solo un passaggio verso una fase più matura della carriera della band. Ci auguriamo che i MasterdoM trovino presto la loro personale quadratura del cerchio.

Andrea Rodella

 

Morphema
Promo 2008
2008, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Borderline
2. By My Knife
3. Trapped And Upset
4. What You Are

Ci sono lavori che, pur non dando un’impressione esageratamente positiva, finiscono comunque per regalare un po’ di spensieratezza e di divertimento. E’ il caso di questo Promo 2008 ad opera dei Morphema, band di Novara formatasi nel 2004 e dedita ad un thrash metal miscelato ad una certa influenza punk. L’iniziale Borderline mette subito in evidenza il tentativo da parte dei ragazzi di dar vita a brani il più possibile ariosi, ripescando per il gusto melodico dei passaggi solistici gli Iron Maiden. By My Knife, col suo incidere trascinante, riesce a coinvolgere e divertire, mentre Trapped And Upset scorre senza particolari picchi di interesse pescando a piene mani nelle influenze punk/hc della band. La conclusiva What You Are si segnala per la volontà sperimentale, che si concretizza in un break centrale degno di una jam session dalle sfumature jazz. La produzione del demo risulta essere approssimativa, in particolare nella sezione ritmica, il cui suono diventa un pastone indistinguibile soprattutto nelle parti più tirate, mentre il suono delle chitarre è poco definito e graffiante. Il cantato si muove sulle coordinate che stanno a cavallo tra graffiato e growl. Tirando le somme, Promo 2008 è un lavoro che, sebbene risulti abbastanza acerbo dal punto di vista compositivo, si lascia ascoltare tutto sommato volentieri e che in alcuni casi riesce anche a coinvolgere ed a divertire. Un plauso va ai ragazzi per il gusto melodico espresso nelle fasi solistiche e per l’impegno profuso nel realizzare il miglior prodotto possibile anche a livello di artwork. Per ora il risultato complessivo risulta assestarsi su una buona sufficienza, ma qualche freccia al proprio arco i Morphema dimostrano di averla.

Luca Trifilio

 

Motherwhig
Demo
2009, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale
Email

Tracklist:

1. The Black And White Empire Death March 4:26
2. Fearless 3:39
3. Enter The Motherwhig 3:35

Con il demo autoprodotto nel 2009 – “Demo”, appunto – i romani Motherwhig provano a buttar giù un assaggio della loro proposta musicale. Nati come la più classica delle band da ‘high school’, i Nostri hanno inserito nel loro stile le più disparate influenze. Influenze che partono dal classico heavy metal, passano per il thrash per finire – raramente, direi – nel death. Il risultato finale, per quello che si può comprendere ascoltando una dozzina scarsa di minuti di musica, rimanda al momento in cui l’heavy irrobustì le sue ossa passando al power; power statunitense o, meglio, U.S. power. Che, come si sa, diede quasi contemporaneamente alla sua nascita, infine, lo spunto al thrash della Bay Area. Ecco, mi riferirei proprio a questo stile, classico, potente e rabbioso, per collocare al giusto posto le tre canzoni di “Demo”. Chiaramente, attualizzate nella situazione attuale. Più che sulla velocità, i Motherwhig puntano sui mid-tempo da headbanging, scandendo bene le strofe e i ritornelli su un suono robusto e possente. È buona l’interpretazione vocale di Gialle, adeguata al genere, così come il lavoro degli strumentisti in generale (solo di chitarra in “The Black And White Empire Death March”). Meno buono, invece, il sound. Acerbo e non bene definito, forse risente ancora delle influenze di band seminali come i Black Sabbath di Ozzy (“Fearless”). Tuttavia, data la bontà tecnica del quintetto che si può comunque apprezzare durante il passaggio delle tre canzoni, i margini per un deciso miglioramento della qualità artistica ci sono tutti.

Daniele “Dani66” D’Adamo

 

Nuclear Aggressor
Violent Thrashing Rage
2010, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale

Tracklist:

01. Total Aggression
02. Satanic Tormentor
03. Evil Forces
04. Into the Abyss
05. Necromancer (Minotaur Cover)

Davvero interessanti i thrasher friulani Nuclear Aggressor di cui abbiamo già recensito sulle nostre pagine l’EP targato 2010, “Human Pulverizer”. Questo invece è il demo d’esordio, uscito sempre nel corso dell’anno passato. Che dire. La band ci sa fare. Sebbene la produzione lasci a desiderare, dietro i brani si coglie tanta attitudine, tanta aggressività e inclinazione verso l’attraente passato di matrice teutonica. Destruction, Kreator e compagnia bella hanno fatto scuola, hanno formato musicisti vecchi e giovani, hanno saputo tener accesa per anni la fiammella dell’aggressività marcia e furente di un movimento che l’Europa ha messo in faccia all’immenso strapotere Americano del tempo. Bene, ancora oggi il tutto è vivo, riportato in auge da schiere di ragazzi incazzati. Tre di questi si sono uniti sotto la bandiera Nuclear Aggressor. Il thrash è convincente, violento e, in chiusura di tracklist, rende omaggio ai dimenticati Minotaur, espressione di quanto più marcio potesse uscire dal territorio tedesco di inizio anni ottanta. Qui c’è potenziale. La dichiarazione è stata resa nota. Chi vivrà, vedrà.

Nicola Furlan

 

Satanic Syndrome
Ein Traum in Rot
2010, Autoprodotto
Gothic/Black Metal
Sito Ufficiale

Tracklist:

01 Lebensangst
02 Spharen der Dunkelheit
03 Im Mond der Nacht
04 Schatten der Vergeltung
05 Ein Traum in Rot
06 Winterdepressionen
07 Der Schneesturm
08 Waldgang
09 Wunden, die nie Heilen…

Spendere tanti soldi per realizzare in proprio un disco aiuta? Questa domanda è, forse, la prima cosa che passa per la mente a chi ascolta questo “Ein Traum in Rot” dei tedeschi Satanic Syndrome, mixato da Alex Krull e graficamente impostato da Stefan Heilemann. Chiaramente lo sforzo economico da parte di questi musicisti è stato impegnativo, ma si può dire la stessa cosa anche sotto il profilo compositivo?
Purtroppo la risposta è no. Un secco e deciso no. Certo, è apprezzabile la scelta di puntare sul gothic-black, un genere decisamente meno commerciale di quel goth-pop che ormai va per la maggiore, ma questo non basta per ottenere una buona valutazione quando ci son ancora diverse cose da sistemare. Il songwriting, infatti, è troppo derivativo, scontato, basato solo su soluzioni già sentite mille volte. Ciò non significa che una casa discografica non possa decidere di metterli sotto contratto, ovviamente, ma per fare la differenza, per elevarsi sopra alla media di band simili che propongono lo stesso sound, ci vuole ben altro.
Una seria iniezione di personalità e originalità è ciò che serve, sopra ogni altra cosa, ai Satanic Syndrome, il resto, vista la convinzione con cui credono in se stessi (almeno a giudicare dall’investimento fatto per questo cd autoprodotto), verrà da solo.

Alex “Engash-Krul” Calvi

 

Sedition
Demo 2011
2011, Autoprodotto
Death Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Slein Field 02:51
2. Den of the Serpent 05:26
3. Vega 06:19
4. Human to Sow 04:24

Alla prima visione della semplice asperità della copertina di questa demo, giunta fresca fresca di produzione dall’estremo nord est dell’Italia, non posso negare di essermi fatto assalire, anche solo per un attimo, da qualche pregiudizio sul suo contenuto. Quando sono passato all’ascolto, invece, ho dovuto riconoscere che poche volte mi sono passate per le mani autoproduzioni così curate e qualitativamente positive.

I Sedition sono di Udine e la loro passione è il death metal più sulfureo, di quello che sembra scaturire direttamente dal gorgogliare delle paludi stigie. Discepoli dei vari Morbid Angel, Cannibal Corpse, Nile, ma suscettibili anche al fascino degli schiacciasassi Slayer, i cinque hanno assemblato quattro brani che più vari non si può.

L’apertura è affidata ad una martellante Slain Field che, rapida e assassina, mostra subito i canini della band con il solido macinare della sessione ritmica ed il growling spettrale e monocorde di Leonardo Romanello.

Un po’ più eterogenea è Den Of The Serpent che, ben più lunga della precedente, incede minacciosa e lenta con diverse variazioni sul tema, mettendo maggiormente in luce il lavoro dei due chitarristi.

Sorprendente e ardimentosa è la lunga strumentale Vega, la quale parte con un’introduzione sonora che, a dire il vero, ricorda troppo quella di apertura del disco. Il pezzo inizia ancora una volta lento e monotono, ma sa snocciolare, grazie anche ad un suono molto pulito, atmosfere inaspettate, con l’utilizzo di campionamenti dallo stile orientale e, addirittura, di congas, fino al nuovo sopraggiungere della marziale coppia di asce che riporta tutto su terreni più aspri.

Non badano troppo ai fronzoli i chitarristi dei Sedition: per tutta la durata della demo si ascoltano solo brevi assolo lineari ed effetti di dissonanza a go go, molte volte al limite della cacofonia, soprattutto nell’ultima brutale Humans To Sow. Degna conclusione del quartetto, si tratta del brano forse più rappresentativo di quello che vorrebbero essere i Sedition, con melodie maligne che si stagliano da un mantello di violenza solido come il granito e molti cambi di partitura, con qualche duetto pindarico da parte dei chitarristi Fabio Flumiani e Martino Minen.

C’è sicuramente qualche sbavatura da rivedere ed una personalità propria da far emergere appieno per potersi distinguere dalla massa ma, per essere un esordio, posso affermare che siamo assolutamente su un livello più che buono. Avanti così.

Francesco “Darkshine” Sorricaro

 

Self Disgrace
Rotten Revenge Demo 2009
2009, Autoprodotto
Thrash
Myspace Ufficiale
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Tracklist:

1. R.R. Rotten Revenge 3:16
2. Forest Of Fear 4:00
3. Proud To Be Hatred 4:58
4. Rote Armee Frakton 6:16
5. Increasin’ Erection 4:31
6. Virgin Poker Texas Hold ‘Em 6:04

Band attiva dal 2006, i Self Disgrace si distinguono dalla massa – soprattutto in ambito di metal estremo – in virtù della loro formazione mista al 50%: Sangre De Lyn (Screams & Growls) e Isa Brutal (Guitars & Backin Vocals) da un lato, Kueger (Bass & Backing Vocals) e Cereus (Drums) dall’altro. In particolare spicca la presenza di Isa Brutal (Isabella Fronzoni), artista d’esperienza che, per un ventennio, ha calcato i palchi di mezza Europa (Ice Age, Original Sin, Rock Goddess). Ed è proprio Isa a scrivere e ad arrangiare tutta la musica di “Rotten Revenge Demo 2009”, EP di sei tracce registrato in presa diretta. Fatto, questo, che si rileva con facilità poiché il dischetto ‘suona’ verace come pochi; dimostrando con ciò l’irreprensibile capacità tecnica sia di Isa, sia dei suoi compagni d’avventura. I Self Disgrace propongono un thrash d’annata, suonato con abilità, stilisticamente agganciato al rock’n’roll e al punk rock che ne fanno l’anima pulsante. Anima rock che, però, alimenta un sound duro, violento e aggressivo; privo di fronzoli e orpelli. Le canzoni di “Rotten Revenge Demo 2009” formano un insieme dannatamente coeso, la cui rilevante forza d’urto non mostra mai la corda. Tanta energia e buona tecnica vanno bene a braccetto, se accompagnate da altrettanta qualità artistica: da “R.R. Rotten Revenge” a “Virgin Poker Texas Hold ‘Em”, infatti, lo stile prodotto dai Nostri non muta di un millimetro, dimostrando con questo personalità e riconoscibilità. L’assoluta mancanza di melodia, poi, rende ardua l’assimilazione delle song, spesso e volentieri attraversate da dissonanze e accidenti musicali che ne aumentano lo spessore qualitativo ma che, allo stesso tempo, le rendono un po’ noiose e difficili da digerire. Alla fine dei conti, tuttavia, se vi capita, mettete pure mano all’opera; credo unico esempio di techno thrash muliebre!

Daniele “Dani66” D’Adamo

 

Slaves Of Fire
Fire In The Hole
2010, Autoprodotto
Heavy/Thrash
Myspace Ufficiale

Tracklist:

1. Trade of Sins
2. Pineapple Nightmare
3. Fire in the Hole
4. Slaves of Fire
5. The Tractor
6. Barracuda (Cut the circles)

Slaves Of Fire significa heavy metal nella più pura accezione del termine, cioè quella che nacque nei primissimi anni ’80 e che prende ispirazione dall’operato di band quali Iron Maiden, Praying Mantis e Tygers Of Pan Tang, ma anche dal thrash dei Metallica di Kill ‘Em All. I primi in particolare, sembrano aver avuto un peso notevole nella formazione di questi cinque ragazzotti, i quali sfornano il loro primo demo giocando moltissimo sulle citazioni dai primi due album di Harris & Co. Il sound della NWOBHM contaminata ancora da quello spirito vagamente punk che caratterizzava soprattutto il primo parto della vergine di ferro si fa sentire benissimo tra i solchi virtuali di Fire In The Hole.
Al di là, però, di una registrazione deficitaria tipica del formato autoprodotto, ciò che si evince ascoltando i pezzi è un songwriting che tende a mettere in mostra una conoscenza dei propri mezzi solamente parziale, che porta quindi ad esasperare eccessivamente le fughe senza che queste vengano eseguite in maniera tecnicamente ineccepibile. Tale lacuna è riscontrabile soprattutto nelle parti vocali, poco adatte ad una voce come quella di William “Dilan Grave” Zambelli che regge bene su tonalità medie, ma sugli acuti affronta qualche difficoltà in più.
Nello specifico, gli episodi più riusciti del dischetto sono l’iniziale Trade Of Sins, maideniana fino al midollo e Slaves Of Fire che punta il mirino verso un approccio un po’ più thrash. Insomma, alla fine quello dei cremonesi è un lavoro che presenta tutti i pregi ed i difetti delle opere prime, né più, né meno. Staremo a vedere i prossimi passi della band a cosa porteranno.

Andrea Rodella

 

The True Endless
In the Swamp
2010, Autoprodotto
Black Metal
Myspace Ufficiale

Tracklist:

01. Under The Horned Waning Moon
02. The Mission (The Tragedy)
03. In The Swamp (The Pole Star Grinn)

I The True Endless sono una black metal band piemontese capitanata dall’attivissimo M (Skoll, Opera IX, Zenith, Ysengrin, Torvara) e con all’attivo un bel po’ di produzioni. Testare l’anno passato con l’EP “In the Swamp” è stato di certo un passo troppo prudente per un gruppo che aveva ed ha tutte le carte in regola per presentarsi al grande pubblico. Lo dimostra un sound già consolidato, ben prodotto, concettualmente ricercato. Risulta infatti poco comprensibile come possa arrivare sulla scrivania delle redazioni un disco così mal presentato, senza alcuna nota che permetta di risalire ai lavori in sala prove, senza un minimo riferimento ai contenuti lirici. Perché? Perché le idee ci sono, la musica è violenta, spazia da ritmi cadenzati e ben arrangiati a violenti blast-beat di matrice black scandinava. La voce pure s’attesta come un cavallo di battaglia alla guira della feroce aggressione messa in atto dal nostro quartetto. Insomma, riteniamo sia arrivato il momento per dare un po’ più di evidenza ai prossimi dischi. Il frutto del male è ormai maturo, …ragazzi, non lasciamolo marcire oltre.

Nicola Furlan