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The I Don’t Know (Steve Repetto)

Di - 24 Ottobre 2011 - 10:00
The I Don’t Know (Steve Repetto)

Arrivati sulle scene con un debutto dal titolo Night In The Mind che mette in mostra buone qualità a livello compositivo, i The I Don’t Know decidono di fare sul serio e credono moltissimo in quello che fanno. A conferma di ciò, le parole del chitarrista/cantante Steve Repetto trasudano voglia di fare, ma anche l’umiltà di chi sa che di strada da percorrere per ottenere i dovuti riconoscimenti ce n’è ancora moltissima. La chiacchierata riportata qui sotto ben si associa all’immagine di un gruppo esordiente che non vuole nemmeno prendersi troppo sul serio, quindi quella che leggerete sarà un’intervista andata a parare su toni piuttosto disimpegnati. A voi i The I Don’t Know.

Ciao Steve e benvenuto su TrueMetal.it. Allora, visto che non molti sanno chi sono i The I Don’t Know, ti chiedo di presentare ai nostri lettori la band.

Ciao Andrea. Guarda, faccio fatica addirittura a ricordarmi l’anno in cui iniziò tutto, ma ci proverò! (ride, nda). Allora, se non erro, si è cominciato a parlare di mettere in piedi il gruppo nel 2003 ad un concerto della mia vecchia cover band. In quell’occasione Luca Morchio (basso, nda) si avvicinò a me e mi chiese di suonare con lui in qualità di chitarrista ritmico/solista. Alla fine riuscimmo ad essere in tre: io, Luca e Francesco Torelli detto Cisco. Rimanevano scoperti i ruoli di cantante e batterista, ma in realtà la ricerca fu piuttosto lunga in quanto per un anno non si fece nulla per via di impegni vari di Cisco. Nel frattempo, però, continuai a rintracciare persone che fossero in grado di prendere i posti vacanti dietro pelli e microfono, ma a questo punto anche qualcuno che fosse in grado di strimpellare la chitarra. Dopo aver provato diverse persone, mi imbattei in un chitarrista che aveva già a disposizione un batterista “pronto per l’uso”, così andai a conoscere questi due individui. Arrivato lì provammo un po’ tutti insieme e con il batterista, Andrea Gazzola, si instaurò sin da subito quel feeling che invece non si era acceso con il chitarrista.
Come succede in questi casi, scocciava mandare via una persona che ci aveva fatto conoscere un buon batterista, quindi rimandammo la decisione finché proprio lui non ci beccò a provare per i fatti nostri. All’inizio ci rimase male, ma comunque capì che non sarebbe potuto entrare nel gruppo e quindi si fece da parte.
Così rimaneva solo i posti di cantante e chitarrista da riempire. Dopo svariati tentativi, Cisco ci chiamò e disse che si era liberato abbastanza da poter entrare in pianta stabile. Di conseguenza, visto che di cantanti non ne trovavamo (o meglio, ci arrivavano solo ragazze che volevano fare i Cranberries) e la linea vocale era essenziale per riuscire a portare a termine una canzone, allora ho iniziato a cantare finché la cosa non ha assunto contorni definitivi.
Il debutto live è arrivato nel 2005 come cover band e, visti i riscontri positivi, abbiamo cominciato a scrivere anche pezzi nostri fin quando Cisco non ha deciso di lasciarci per andare a suonare nei Litio, gruppo che ha cominciato con un punk grezzo per poi proseguire con la strada del cantautorato italiano.
Per tutto il 2006 abbiamo quindi portato a termine gli impegni live con Davide Garro, chitarrista dei Sideslip To Hell, mentre non abbiamo potuto fare a meno di notare che ai nostri concerti veniva sempre un ragazzino che faceva un casino pazzesco: un tipo basso, coi capelli lunghi che ribaltava transenne, si pestava con la security. Dopo aver scoperto che suonava la chitarra, l’abbiamo incontrato e da lì il passo per entrare nella band è stato breve, così il chitarrista mancante è diventato Matteo Giribone, in arte Giri. Migliorato a vista d’occhio come tecnica, abbiamo anche deciso di farlo diventare il solista per poi ripartire con la stesura di brani originali. Fino a quel momento, infatti, avevamo buttato giù quattro pezzi: Give Me The Light, Another World, Sexy Mother e Wild.
Giri ha avuto anche un ruolo di collante in quanto ha risollevato il nostro morale ed ha unito ancora di più il gruppo. C’è stato un periodo in cui addirittura vivevamo praticamente insieme tra scuola, prove e cazzeggio vario che durava più o meno fino a tarda notte. Ad esempio nel 2006 che c’erano i mondiali di calcio, ci trovavamo per suonare e poi guardavamo la partita tutti insieme, magari anche nudi sul divano (!) a bere birra. Insomma, siamo quattro fratelli che vogliono solo divertirsi ed andare avanti a fare quello che ci piace, nulla di più.
 
Vorrei parlare un attimo del titolo del disco: come l’avete scelto e cosa rappresenta?
 
Night In The Mind è un lavoro che unisce due Ep già rilasciati precedentemente come autoproduzioni separate, quindi era necessario trovare un titolo che racchiudesse un concetto comune a tutti i pezzi. In questo senso il titolo è da intendere non come frase riferita ad una situazione buia, cupa o triste, ma piuttosto alle situazioni in cui le cose vengono in mente senza pensarci troppo su, esattamente come quando scriviamo i nostri pezzi. Non ragioniamo molto sulle soluzioni che adottiamo, se qualcosa ci piace, allora la teniamo senza troppi problemi.
Anche a livello di testi non c’è poi molta carne al fuoco, si tratta di liriche piuttosto elementari. Questo è sicuramente voluto da parte mia che ne sono l’autore, ma comunque tieni conto che non possiedo una grande manovra della lingua inglese, quindi devo fare le cose abbastanza facili.
 
 
Passando all’aspetto critico dell’album, ti elenco una serie di pregi e difetti da me riscontrati durante l’ascolto. Da quali dei due vuoi iniziare?
 
Dai difetti, così me li tolgo subito! (ride, nda)
 
Ok. Il primo ti riguarda in prima persona: trovo il tuo modo di cantare un po’ “costretto”, nel senso che tendi a chiudere molto la bocca ed a contenere l’energia piuttosto che sprigionarla.
 
(Ci pensa un po’ su, nda) Sei il primo che mi dice una cosa del genere, quindi non saprei bene in che modo risponderti. Anzitutto va comunque considerato che non sono mai stato un cantante vero e proprio, non ho mai studiato le varie tecniche, ma giusto qualche esercizio di respirazione. C’è stato addirittura un annetto in cui ho avuto qualche problema di salute dovuto al prolungarsi di una mononucleosi piuttosto invasiva e proprio in questo periodo è stato registrato il primo dei due Ep contenuti nell’album, quindi può essere che parte di ciò che hai detto sia riconducibile a quello.
Oltre a questo è vero che mi trattengo un po’ perché altrimenti rischio di “bruciare” la gola troppo in fretta, specialmente nei live. Questo avveniva soprattutto qualche tempo fa, prima che comunque ci fosse un po’ più di consapevolezza dei propri mezzi, mentre ora diciamo che posso gestire la mia voce in maniera più matura.
 
Il secondo difetto riguarda un brano che, sinceramente, trovo il punto più noioso del disco: Inspiration. Credo che spezzi fin troppo l’atmosfera e l’impatto creato con le altre canzoni.
 
Tu la bocci, ma a sua discolpa ti dico che il pubblico, soprattutto i non musicisti, ce la chiede sempre. Ha il ritornello facile, orecchiabile ed è molto semplice da suonare, ma in realtà non era nata nemmeno come canzone nostra: il tutto è scaturito da una jam session con alcuni amici con i quali si voleva creare un coretto per una festa a tema piratesco. Da qui il ritornello di Inspiration che, alla fine, coi pirati non ha nulla a che vedere.
Comunque un giorno eravamo in saletta a provare e quel giretto mi scappò durante l’accordatura della mia chitarra. A Luca piacque subito e quindi abbiamo costruito sopra a quel ritornello una canzone intera, pur mantenendola molto basilare. Il titolo, infatti, è abbastanza chiaro in quanto riferito ad una situazione di jam session in cui tutto può succedere. In effetti anche noi annoia un po’ da suonare, però al nostro pubblico piace, quindi ci va benissimo così.
Lasciami dire che sicuramente Gigi D’Alessio avrebbe potuto fare di meglio! (risate generali, nda)
 
 
Ultimo dei difetti, poi passiamo ai pregi: il fatto di aver unito due Ep registrati in tempi e maniere diverse spiazza parecchio. Come mai avete optato per questa scelta?
 
Qui ho la risposta pronta: è vero, spiazza molto il passaggio tra i due Ep. All’inizio nemmeno io ero d’accordo ed ammetto che non è stata un’idea venuta dal gruppo, ma dall’etichetta. In questo senso, quando abbiamo registrato i due lavori separati, non avevamo tenuto conto del possibile interesse da parte di un’etichetta, quindi non ci saremmo immaginati di far uscire il tutto in un unico pacchetto.
All’epoca andammo addirittura nei medesimi studi allo scopo di registrare un secondo lavoro quanto più simile possibile al primo, ma purtroppo il ragazzo che ci aiutò per la realizzazione del primo Ep, Ricky Paravicini, non era in quel momento disponibile, quindi ci dovemmo affidare a Davide Martini, il quale, pur avendo fatto un ottimo lavoro, ha giustamente un orecchio ed una sensibilità musicale differente.
Aggiungi il fatto che abbiamo utilizzato strumentazione differente a causa di un guasto che ha coinvolto il mio amplificatore e che il primo Ep è stato registrato quasi in presa diretta, al contrario del secondo, ed avrai chiaro il motivo per cui c’è un salto così netto tra i due lavori.
Diciamo che in un caso c’è più precisione, più studio dietro la registrazione, mentre l’altro suona più grezzo, ma ha anche più grinta e impatto. Devo dire che, tra i due, preferisco quello più marcio perché ha parecchio mordente in più, ma lì sono gusti personali.

 

Ora passiamo ai pregi: anzitutto ci sono una manciata di canzoni che, al contrario di Inspiration, valgono l’acquisto del disco, cioè Fire ‘N’ Flames, Shit Riff, Give Me The Light e Sexy Mother.
 
Pensa che qualcuno ha definito Fire ‘N’ Flames una canzone “logorroica”. Devo dire che ho patito molto per questo aggettivo, anche perché è praticamente tutta farina del mio sacco. Diciamo che quando è stata scritta c’era effettivamente il desiderio di inserire in un singolo brano un po’ tutte le nostre influenze, quindi ne è venuta fuori una canzone sicuramente lunga, forse più del dovuto. Prendi la parte dell’assolo: è piuttosto lunga e l’accompagnamento è molto semplice con uno stoppato ripetuto in maniera ossessiva. Il motivo è che, soprattutto quando scrivo le musiche, cerco di esprimere con le note delle sensazioni visive. Mi spiego meglio con un esempio: tutte le nostre canzoni finiscono in modo secco, netto, mentre proprio Fire ‘N’ Flames è l’unica che scivola sull’accordo lasciandolo in sospeso più a lungo. Questo perché, proprio come il titolo, ho immaginato che dovesse rappresentare un fuoco che brucia e si spegne lentamente, così come l’inizio rappresenta la fiamma madre che esplode.
Comunque si, sono d’accordo con te, anche per noi sono le canzoni più divertenti da suonare, in particolare Give Me The Light è uno dei pezzi che “sento” di più quando lo interpreto perché è stata scritta per una persona, un meccanico (!!), con cui sono stato insieme per un bel periodo. E poi c’è Shit Riff che è veramente nata in un’ora, finale “Schibidaburabbaburabbabba” compreso. Diciamo che, visto che la canzone è basata su un riff di merda, meritava tale conclusione, ecco! (ride, nda)
 
Secondo pregio, a mio personale giudizio, è la copertina. Effettivamente è molto piena, ci sono molti elementi che caratterizzano, immagino, le vostre canzoni. La domanda quindi è: che cosa rappresenta la farfallina in basso a destra?
 
(Ride, nda) Luca sarà entusiasta di questa domanda! In pratica a Michele Prato, il nostro grafico, abbiamo chiesto una copertina per il nostro disco che ci rappresentasse a sufficienza, così una sera dopo un nostro concerto è venuto da noi e ci siamo seduti ad un tavolo per buttare giù delle idee. In pratica abbiamo definito il concept di base con il mostriciattolo senza volto a rappresentare l’immagine del “non sapere”. Il significato dietro al nome della band, infatti, è la paura dell’ignoto, una delle più grandi paure dell’uomo.
Dopo di ciò, era il momento dello sfondo e da qui l’idea di una città un po’ degradata con vari elementi di contorno, dai manifesti del gruppo alla ragazza sulla motocicletta in secondo piano fino al cassonetto con un cadavere dentro. In tutto questo fluire di idee, Luca non ha detto assolutamente nulla, finché non se n’è uscito con l’idea della farfallina, senza alcun motivo e qui ritorna il concetto del “non lo so”! (risate generali, nda) Paradossalmente è più inquietante la farfallina del mostro perché quella è lì senza alcun motivo!
 
Visto che abbiamo detto tre difetti, ecco il terzo pregio: il batterista. Trovo che Andrea sia uno dei punti di forza del vostro sound.
 
Scrivilo, per favore: in barba a tutti quelli che dicono che è il nostro punto debole. Quest’affermazione da parte tua mi fa un piacere che non hai idea perché Andrea è uno che si fa veramente in quattro: ha dei turni di lavoro massacranti e, nonostante questo, ci crede e si sbatte tantissimo per la band. Diciamo che le critiche che gli hanno sempre riportato riguardano la dinamica in quanto lui è un batterista che non fa mai le stesse cose e questo valeva soprattutto all’inizio quando facevamo solo cover. In realtà mi è sempre piaciuto moltissimo questo suo modo di fare, di cercare di migliorarsi sempre e comunque, infatti è una persona molto critica con sé stessa.
Mi fa molto piacere tu mi abbia detto una cosa del genere perché è un batterista, oltre che un amico, che apprezzo moltissimo. D’altra parte l’ho sempre ripreso quando magari si lasciava andare un po’ perché aveva la ragazza e saltava le prove o cose così. Insomma, non gli ho mai concesso effettivamente di sedersi sugli allori, ma ho cercato di stimolarlo a migliorarsi sempre di più.
D’altronde quelli del gruppo che hanno ricevuto più critiche sono stati lui e Luca in quanto, come bassista, manca un po’ di dinamica. Bada bene, è migliorato tantissimo negli ultimi tempi, ma comunque è una cosa che ci può stare.
 
 
Chiuderei ora con un rapido riepilogo delle date live che vi vedranno coinvolti nei prossimi tempi. Dove, come, quando e perché?
 
Al momento stiamo lavorando con scambi di date con altri gruppi e poco altro. Sai, non avendo ancora un nome sulle spalle ed avendo un cd fuori da così poco tempo, non possiamo permetterci il lusso di organizzare date su date, per cui ci accontentiamo di far girare la band nella nostra zona prendendo ciò che ci viene offerto senza andare troppo per il sottile.
Secondo me è molto importante partire senza spinte, diciamo autoprodotti, perché comunque si può imparare molto gestendo da soli il proprio nome ed organizzando le proprie attività sempre con criterio. Insegna parecchio sul mondo e sulla scena musicale questo tipo di scelta e devo dire che ne siamo piuttosto contenti e orgogliosi.
In sostanza abbiamo qualche contatto qua e là, ma cerchiamo di vivere un po’ alla giornata. E poi va detto che non vogliamo nemmeno spingerci troppo in alto con locali dalle dimensioni esagerate, ma comunque restare coi piedi per terra e puntare a posti di bassa/media capienza. Il problema è che questi luoghi sono sempre di meno, ne stanno chiudendo molti ed i pochi rimasti chiedono sempre meno gruppi. Poi va tenuto conto anche che lavoriamo e/o studiamo tutti, quindi bisogna far combaciare gli impegni di ognuno di noi e non è affatto facile.
Sappiamo che la strada è in salita, ma abbiamo voglia a sufficienza per metterci in testa degli obiettivi e raggiungerli, non importa quanto piccoli siano o quanto ci si debba lavorare, l’importante è averli. Insomma, faremo un po’ la gavetta dell’underground che ci piace tanto, così marcia e così schifida! (ride, nda)