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Symfonia (Timo Tolkki)

Di - 10 Marzo 2011 - 15:02
Symfonia (Timo Tolkki)

In attesa dell’uscita del debutto dei Symfonia, abbiamo raggiunto il fondatore della band Timo Tolkki e abbiamo fatto una lunga e piacevole chiacchierata.
Buona lettura.

Intervista a cura di Tarja Virmakari
 

Ciao Timo, e benvenuto sulle pagine di Truemetal.it!
Grazie per questa intervista! Come ti senti oggi che sei alla fine della fase di mixaggio?

Grazie, Tarja. Uhm, come mi sento oggi? Mi sento un po’ intorpidito ed estraniato al momento.

Cominciamo con alcune domande sugli ultimi anni. Il progetto Revolution Renaissance ha prodotto tre album. Perché hai deciso di sciogliere la band?

Il motivo è che la band non ha riscosso sufficiente interesse e non ha ottenuto concerti. Sai, sono un musicista professionista, non posso quindi lavorare se nessuno vuole ascoltare la mia musica e non mi offre di suonare dal vivo.

Secondo te per quale motivo la musica dei Revolution Renaissance non ha ricevuto sufficiente interesse?

Il motivo è senza dubbio legato al fatto che la musica proposta in questo progetto era troppo diversa da quella che la gente si aspettava da me, ma anche al fatto che la maggior parte dei musicisti della band era sconosciuto. La musica non è un hobby per me e se ho bisogno di cambiare i membri del gruppo non mi posso sentire colpevole: fa parte un del gioco, un po’ come essere licenziato da un lavoro se non stai facendo bene il tuo dovere.

Il tuo album solista “Saana – Warrior of Light” è stata la prima parte del concept. Hai l’intenzione di fare anche la seconda parte?

Sì, certo. L’intera storia è già stata scritta ed è una bella vicenda che ho raccontato solo a metà nel primo concept album.

Hai già qualche idea su quando?

No, nessuna idea. Ma penso che trascorreranno tanti anni prima della seconda parte. Sai, la prima metà della storia cominciava ad essere un po’ troppo simile alla vita di Jennifer (Sowle, n.d.r.) e la cosa mi ha spaventato un po’ per questo motivo.
Mi sembrava di aver a che fare con qualcosa più grande di me, però mi sono promesso di completare la seconda parte appena le cose matureranno un po’. Può darsi che gli altri musicisti saranno diversi, ma almeno Saana sarà la stessa persona, vale a dire Jennifer.

Sei conosciuto anche come produttore, soprattutto per una band italiana, Vision Divine. Ci puoi raccontare qualcosa di questa esperienza? Sei soddisfatto per il tuo lavoro svolto?

Abbiamo iniziato a collaborare con il disco “The Perfect Machine” nel 2005 quando la band stava per cambiare il cantante, Michele Luppi. Erano dei momenti problematici per il gruppo, sai: quando c’era Michele, il complesso era chiaramente diviso in due; questo problema non era necessariamente causato da lui, ma era la somma di tanti fattori e quando il produttore si ritrova a produrre una band che è divisa in due, il lavoro diventa davvero difficile.
Michele sa con precisione quello che vuole, e io rispetto questo musicista; la produzione però non significa solo fare i suoni, ma è un lavoro a tutto tondo in cui è necessario affrontare il nucleo della band. Le mie produzioni sono un processo complicato che non ha niente a che fare con il giocherellare con i suoni e le difficoltà maggiori saltano fuori nel momento in cui tento di spiegare agli altri la mia visione delle cose, se il mio interlocutore ha un’opinione completamente diversa dalla mia, diventa quasi una missione impossibile.
Il secondo album a cui ho lavorato con i Vision Divine era “9 Degrees West Of The Moon” (uscito nel 2009, n.d.r.), per il quale sono stati coinvolto sin dall’inizio e mi sono occupato della sua produzione in toto. È stato un lavoro su più livelli, c’erano tante cose da fare; ho cercato di portare ordine, arrangiando un bel po’ di quelle canzoni. La band aveva pubblicato molti album e non era riuscita a suonare al di fuori dell’Italia, quindi pensavo fosse logico provare qualcosa di diverso, avventurandosi verso direzioni diverse non ancora intraprese fino ad allora, ma non ci siamo riusciti.
Olaf Thorsen è un musicista davvero di talento, davvero di buon cuore, forse anche un po’ troppo… si dovrebbe iniettare un po’ più di quella che noi chiamiamo “atmosfera da sauna finlandese” (ride, n.d.r.). Olaf è davvero un talento, ma lui non è ancora riuscito a tirarlo fuori del tutto; non so da cosa dipenda, a volte ci rifletto su molto.
Devo comunque dire che lavorare con i Vision Divine è stata veramente una bella esperienza; con Michele poi ho fatto amicizia e suonato insieme, cioè lui cantava ed io suonavo; a maggio dell’anno scorso a Milano e siamo stati in grado di rispettare l’un l’altro, anche se abbiamo alcuni punti di vista completamente differenti.

Hai suonato anche con Pier Gonella. Cosa ricordi di quella occasione?

Si mi ricordo bene. Stavamo per iniziare a registrare l’album dei Vision Divine e qualcuno mi ha contattato chiedendomi se avessi voluto suonare qui in Italia alcune date con la band di Gonella. Perché no? Forse eravamo a Livorno un paio di anni fa, le serate erano un bel caos inconscio (ride, n.d.r.)

Questa non è l’occasione giusta per parlare con i problemi passati degli Stratovarius ma qual è la situazione oggi con la band?

È un peccato che non si riesca a trovare un punto di incontro condiviso, ma è così. Purtroppo la situazione è questa e devo adattarmi; gli Stratovarius sono stati una band in cui ho lavorato 22 anni, come in un lungo matrimonio. Poi, quando c’è stato il divorzio, è stato un sollievo per me.
Gli altri membri del gruppo però non erano preparati a questo e in effetti per me è stata una sopresa; eravamo in disaccordo su tutto, sia prima, sia dopo il divorzio e, come molte separazioni, anche noi abbiamo avuto diverbi per via del denaro. Direi che il divorzio è stata una scelta naturale, solo che i fans non potevano del tutto comprendere o accettare la situazione: non vedevo più nulla di vivo nella band, era come un albero morto che resta a tutti i costi in piedi.

Questi eventi come ti hanno cambiato? Qual è la differenza tra il Timo Tolkki di un tempo e quello attuale?

Forse oggi sono un po’ più saggio. La gente crede erroneamente che io mi sia comportato da stronzo solo perché ero il leader della band, il fatto è che non mi sono mai fatto dei problemi a dire quel che pensavo. Non sono stati gli Stratovarius a cambiarmi in questi anni, ma è stata la vita stessa a farlo. Io sono sempre stato lo stesso Timo di una volta e tra un mese farò 45 anni per cui, naturalmente, ho imparato alcune cose. Forse non sono così ingenuo come prima… si potrebbe dire che sto diventando adulto (ride, n.d.r)
 

Ora mettiamo un attimo da parte il passato e parliamo di Symphonia. Raccontaci chi siete e com’è iniziato tutto quanto.

Tutto è iniziato con Andre Matos, conosciuto per la sua presenza negli Angra; ho avuto modo di conoscerlo dieci anni fa, mentre facevamo alcuni tour insieme. Avevo sentito da qualcuno che Andre si era trasferito in Svezia e in quel periodo avevo appena finito il progetto Revolution Renaissance. Mi stavo giusto chiedendo che cosa fare, se fondare un negozio di fiori o una nuova band (ride, n.d.r.) ma sai, quando un cantante come lui vive dall’altra parte della baia, come minimo un tentativo dovevo farlo, no? Così l’ho chiamato e ci siamo incontrati: lui è venuto quasi subito in Finlandia; era il periodo dell’eruzione vulcanica in Islanda e tutti i voli sono stati cancellati e Andre è rimasto a casa mia per una settimana e abbiamo buttato giù un po’ di idee.
Devo ammettere che è stato un incontro produttivo che ci ha dato una chiara idea su come proseguire con questo progetto. Dopo una settimana di soggiorno Andre è tornato in Svezia con la nave manifestando in modo chiaro il suo desiderio di proseguire. A questo punto ho iniziato a riflettere su quali altri musicisti coinvolgere in questo progetto e quasi immediatamente mi è venuto in mente Jari Kainulainen, che per quattordici anni ha suonato con me negli Stratovarius.
Nel frattempo Jari si era trasferito in Norvegia e l’ho chiamato; come una buffa coincidenza proprio il giorno precedente aveva lasciato il gruppo in cui suonava. Non ci vedevamo da circa cinque anni ma, appena ci siamo parlati, mi sembrava fosse passato solo un giorno. Jari è venuto in Finlandia a comporre il demo ed è stato davvero bello di capire che da sin da subito c’era l’atmosfera giusta. Arrivato a questo punto ho deciso che il tastierista sarebbe dovuto essere un finlandese, così ho contattato Mikko Härkin… lui è più un tipo classico rispetto a noi. Beh, si potrebbe dire che siamo tutti bravi ragazzi (ride, n.d.r.). Anche il batterista a cui ho pensato vive in norvegia e, quando gli ho fatto la mia offerta ha accettato e si è unito a noi.
Ho quindi iniziato a comporre dei brani, senza focalizzarmi su un genere in particolare: sai, quando scrivo non ci penso, le canzoni vengono fuori naturalmente. Sono le persone che portano energia alla band, quale genere proporre non è la cosa più importante.

Che mi dici del nome della band, Symfonia? Da dove proviene e cosa significa? Sembra avere a che fare con le orchestrazioni sinfoniche….

Sì, il titolo ha causato un sacco di interpretazioni sbagliate ma anche qualche feedback negativo. Andre e io l’abbiamo inventato quando non era ancora molto chiaro che tipo di musica avremmo composto: il nome deriva dal greco “Simfonous” e si riferisce alla coesione, armonia e al sole. La nostra musica però non è in alcun modo “floreale”. In nome dell’album è In Paradisum, e ufficialmente siamo scesi sulla terra.

Beh, alcuni dicono che il paradiso si trovi sulla terra…

Sì, probabilmente è così, ma Symfonia deriva proprio di queste tre cose: l’armonia, la coesione, e il sole, è un gioco di parole. Di sinfonia non ce n’è mica tanta!

Il nuovo album è ora quasi pronto. L’avete registrato in Finlandia e Svezia e ora sei qui in Liguria per il mixaggio, mentre l’incisione avverrà in America; il disco sarà pubblicato il 25 marzo. Quanto è importante l’ambiente in questo lavoro?

Sì, è davvero importante ma anche il denaro decide molto. I Budget sono diminuiti sensibilmente e si trascorre un sacco di tempo per fare musica. Neanche un film può essere girato in una settimana. Mi piace registrare i dischi nei luoghi speciali: le linee di batteria vanno sempre incise in un buono studio per ottenere il suono ideale, ma si può sempre lavorare alla voce o alle altre cose quasi ovunque, davvero.
Questa volta sono andato con Andre in un rifugio in Svezia per tre settimane, c’era un sacco di neve. Sai, quando sei in mezzo al nulla sei davvero coinvolto nel progetto, quindi era evidente che il rifugio fosse pieno di energia, è stata un’esperienza piuttosto interessante. Il mixing, naturalmente, è la seconda cosa importante che deve essere fatta in un buono studio, e per questo motivo sono qui a Imperia. Qui c’è molto più affiatamento e conoscevo già questo luogo. Certo, avrei potuto mixare questo album anche a Helsinki, ma adesso c’è un metro e mezzo di neve, e sarei diventato pazzo (ride, n.d.r.).

Il nome dell’album è “In Paradisum”, sulla copertina ci sono due angeli, raccontami della scelta del titolo e del cover.

Un giorno stavo navigando su internet e sono finito per qualche motivo su una pagina di Wikipedia che parlava di In Paradisum, che è una preghiera cattolica e mi ha incuriosito per come si presentava in lingua latina. Tutto è iniziato così: mi sono informato sul significato della preghiera in modo da essere in grado di entrare in empatia con lei. Tutti i testi delle canzoni sono stati scritti da Matos: io gli ho fornito solo i titoli delle tracce che avevo composto; è stato lo stesso metodo di lavoro che avevo utilizzato anche con gli Stratovarius. Il titolo, “In Paradisum”, e la cover appartengono a questo mondo.
A me non piace dare spiegazioni su queste cose, specialmente sull’artwork perché può essere interpretato utilizzando diverse chiavi di lettura e ha a che fare con il testo della canzone. Parla dello stato attuale del mondo e in realtà è l’unico brano dell’album che prende questa posizione netta.

Oggi il power metal mondiale è un po’ inflazionato a causa di nuove band che offrono bene o male un prodotto piuttosto uniforme. In che modo pensi di dare ai Symfonia la massima visibilità?

Suono da sempre power metal, non c’è alcuna filosofia o idea dietro a questo. Se ci sono così tanti complessi che pubblicano album power metal è perché la gente lo richiede; personalmente ritengo che sarebbe una scelta idiota non farlo, visto che questo è quello che sono bravo a fare. È come se avessi costruito chiese per 22 anni e ora decidessi di voler costruire delle macchine: passerebbe un bel po’ di tempo prima che qualcuno me ne compri una (ride, n.d.r.).

Oggi è molto difficile catalogare il genere di un gruppo metal. Quando si parla del vostro power-metal, qual è la caratteristica che Timo gli dà?

Direi che la mia musica è bella, e ha dei sentimenti; il mio marchio di fabbrica è caratterizzato dalla presenza di forti emozioni trasformate in melodia. Io in realtà non so cosa sia il power metal e non ritengo così interessante sapere come i giornalisti lo descrivono. Per me è più importante che le canzoni siano belle, alla fine si tratta solo di questo.

Avete già pianificato un nuovo tour di promozione dell’album? Avete intenzione di partecipare a festival quest’anno?

Sì, a ottobre abbiamo preso degli accordi con il Giappone e mi chiedevo giusto cosa fare nel resto del mondo perché il music-business è in crisi e c’è aria di cambiamento. I prossimi cinque anni ci mostreranno quello che accadrà, quali delle case discografiche moriranno e quali sopravviveranno e se la musica diventerà gratuita.
Ho riflettuto a lungo sul fatto di voler o meno “legare” il nostro gruppo a una casa discografica, ma poi ho preso una decisione e ho firmato un contratto con i Symfonia per la pubblicazione di un solo album, con una particolare casa discografica di cui non posso ancora rivelare il nome. Si tratta di una multinazionale tedesca che sta trattando per le date di un tour proprio in questi giorni. Il disco esce il 25 marzo e l’intenzione è quello di fare alcune date in Finlandia tra fine aprile e inizio maggio e forse qualcosina anche in Europa; dopo ci dirigeremo verso la Cina, Taiwan, Corea e Giappone e poi in Sud America.
Verosimilmente le date europee cadranno in prossimità dell’autunno; sui festival estivi non posso dire ancora nulla, dipende molto da quando cadranno le date giapponesi e sudamericane.

E ora un po’ di spazio per dire quello che desideri ai fans (e non) che leggeranno questa intervista.

Ricordo ancora la prima volta che ho suonato qui in Italia con gli Strato nel 1996: questa nazione ha sempre accolto la mia musica a braccia aperte e davanti a questo un musicista non può che essere umile, grato e consapevole del fatto che non deve mai esserci nulla di scontato in quel che ha. L’accoglienza calorosa è uno dei motivi per venire qui: gli italiani sono molto diversi dalle persone che abitano nel nord, davanti alle quali non è sempre facile presentarsi.
Sono stato spesso in Italia e, nonostante i fans mi abbiano già visto più volte, ogni volta è sorprendente la loro accoglienza; non so nemmeno con quali parole la si potrebbe descrivere, ma quando sono qui è magico! La sola cosa che posso fare è ringraziare i fans italiani per tutti questi anni che hanno contribuito a rendere fantastici. Per il futuro, vedremo dove ci poterà il sentiero; verosimilmente saliremo su palchi italiani entro la fine dell’anno e vedremo cosa succederà. Siamo molto ansiosi di ricominciare, dato che siamo stati fermi per molti anni e, quando si è così carichi, la prestazione sul palco migliora ed è certamente più bella da guardare e ascoltare. L’Italia è un paese magico, non saprei come descriverlo altrimenti.

Forse proprio per questo motivo anche io mi trovo qui…

Sì, ne sono sicuro.
Questa atmosfera è molto diversa rispetto alla Finlandia, il calore si sente ovunque. Qui c’è una certa gioia, che nel nord non esiste. Nel nord però si può trovare il dolore, che non esiste qui; tutto si adatta bene insieme, sarà un buon mix. Ma dell’Italia posso dire solo cose positive: mi ha sempre regalato emozioni in quantità enormi. Un grande paese bellissimo, culturalmente e in ogni modo. Una terra Magica!

Grazie Timo, è stato molto piacevole chiacchierare con te!