Vario

Elvenking (Aydan)

Di Emanuele Calderone - 12 Ottobre 2012 - 16:00
Elvenking (Aydan)

Si rinnova l’appuntamento con gli Elvenking. A distanza di due anni dall’ultimo discusso Red Silent Tides, cosa resta dopo la marea? ERA. Siamo qui a parlarne con Aydan.

Intervista a cura di Marco Migliorelli.


Caro Aydan è un piacere ritrovarsi ancora una volta insieme a discutere della musica degli Elvenking. Non poche le novità. Symohn e Jakob prendono il posto di Zender e Gorlan, due membri storici la cui dipartita, in assoluta amicizia, si riflette umanamente su quelle che sono le nuove spinte creative della vostra musica oggi. Nulla resta immutato, cosa mi dici a riguardo?
(Aydan) Quando una band come la nostra cresce da un livello basso ad un livello medio le difficoltà crescono in modo esponenziale. Da un lato gli impegni diventano sempre più presenti e importanti, dall’altro le entrate rimangono praticamente pari a zero. Per cui giunge un tempo di scelte. Chi ha la passione e la voglia di dare il 100% per qualcosa che ama rimane; chi invece ha, giustamente, altre priorità lascia per avvicinarsi a responsabilità magari più consone ad un’età che avanza.

Ti pongo questa domanda in apertura perchè, è il caso di dirlo e farà piacere ai ragazzi – lo meritano-, si nota immediatamente la presenza di due nuovi musicisti dietro basso e batteria. Il primo strumento è con mio non poco gradimento, molto valorizzato dal missaggio; la batteria inevitabilmente è presente e tocco e tempi scelti spesso si differenziano dalle soluzioni di Zender.
(Aydan)Credo che Symohn sia senza alcun dubbio uno dei migliori batteristi in Italia e probabilmente anche al di fuori dei nostri confini. Oggi giorno chiunque può suonare bene in un album, visto che solitamente di ciò che è stato realmente suonato e registrato rimane ben poco di naturale. Venite a vederci dal vivo se non siete convinti delle sue potenzialità. Jakob è un altro acquisto incredibilmente azzeccato. Tecnicamente eccezionale, ha portato nella band un entusiasmo incredibile che è motore fondamentale per noi, ed ha una grande mente organizzativa che ci sta aiutando moltissimo.

Possiamo parlare di una nuova, stabile formazione definitiva? Quanto questo cambiamento, anche umano (aspetto troppe volte poco considerato come si parlasse di giocatori di calcio e figurine), va ad incidere, sotto il profilo creativo, sul vostro sacro principio del “cambiamento”, parola chiave di ogni album? “Face the future learning from the past”.
(Ayedan)Voglio assolutamente crederlo. E non ho intenzione di avere ulteriori cambi di formazione a breve. Penso che questo sia una formazione nata per uscire e spaccare.

Come ci si sente ad essere ultimi due di una formazione originaria di indubbio valore, circondati da nuovi ottimi elementi credo anche e non poco sotto il profilo umano?
(Aydan)Non ho mai pensato agli Elvenking come entità singole ma come una band a tutti gli effetti. Non importa chi ci sia. L’importante è il messaggio e l’iconografia che porta avanti la band.

Si parla di “ERA” anche per questa ragione? …nel booklet avete avuto molto a cuore il voler ringraziare tutti coloro che son stati parte degli Elvenking (ed è bello e giusto che sia così, il vostro è un messaggio che sento“mio”, insomma che sento parte del mio modo di vedere la vita).
(Aydan) Per noi è fondamentale rendere omaggio a coloro che sono stati parte integrante e così importante di questa band poiché senza di loro non saremmo qui dove siamo oggi, con le potenzialità di andare ancora oltre. Il fattore umano è sempre stato fondamentale per essere parte di questo gruppo. Quindi non smetteremo di ringraziare coloro che hanno fatto parte di questa band in passato.

ERA. Il fiabesco ancora una volta campeggia sulla cover del disco e noi ben sappiamo quanto dietro le fiabe si nascondano simboli e significati profondi. Cosa volete comunicarci ora? Quali significati dietro questa immagine? Quali le intime connessioni con i titoli delle canzoni?
(Aydan)Cappuccetto rosso che indossa la maschera da lupo ci porta a chiedere chi è la vittima e chi l’innocente, e chi è il diverso. Tutto dipende da quale sia il punto di vista e cosa siamo portati realmente a credere. (ndr: through the wolf’s eyes docet, ascoltare-leggere il testo per credere).

ERA ancora una volta non tende a fornire all’ascolto saldi riconoscibili punti di riferimento ma una direzione s’è chiaramente palesata: accostamento fedele alla forma canzone e ad una consolidata base compositiva (sebbene permangano brani di media lunghezza), aspetto che già discutemmo al tempo di Red Silent Tides ma all’interno di questa un lavoro sempre molto elaborato in termini di chitarre, cori, strumenti a fiato e tastiere. Potremmo parlare di ERA, strizzando anche un occhio alla produzione eccellente, come del vostro disco più coscientemente elaborato ed ambizioso sul piano delle orchestrazioni…sei d’accordo?
(Aydan)Assolutamente. In assoluto penso che ERA sia il nostro disco più completo e quello in cui il sound EK giunge finalmente ad una definizione precisa, figlio di molti anni di sperimentazioni e allo stesso di un guardare indietro a quello che è stata l’origine della band. Non ho problemi a dire che questo sarebbe l’album che avrebbe dovuto uscire dopo “The winter wake” e quello che più ne segue le coordinate, che credo siano quelle definitive per il sound Elvenking.

In molti han parlato di un definitivo avvicinamento al pop ebbene Aydan, quanto c’è di pop nella vostra musica? Ah ah prendiamo di petto la questione… (PS: è il nostro vecchio discorso sul quale abbiamo riso diverse volte in passato:) la domanda alla fine vuole essere seria, il pop, piaccia o no, come è noto, ha eccome lasciato esempi in grado di “far scuola” negli ambienti più impensabili!)
(Aydan)Ah ah ah magari fossimo POPolari sul serio! Purtroppo non possiamo essere più distanti da questo. Come ho sempre detto tra l’altro avere un suono leggermente più accessibile all’interno del panorama metal significa inevitabilmente portare a innumerevoli critiche da parte dei fan quindi non vedo proprio il senso di queste cavolate di cui ogni tanto leggo sui forum o sui soliti commenti in giro.

certo con la dovuta ironia; non staremo a perder tempo su chi bada al look ed anzi a riguardo potremmo parlare di ulteriori vostri stage acustici, come ho avuto modo di vedere poco fa sul tuo profilo.
(Aydan)Intendi dire concerti acustici? Per lo showcase di “Era” abbiamo suonato un intimo concerto in acustico dove abbiamo trasformato alcune nostre energiche songs in pezzi dall’approccio completamente diverso , destrutturando le strutture e stravolgendo le regole metalliche. È una cosa che adoriamo fare, come “Two tragedy poets” dimostra.

Il cantato di Damnagoras, del quale ho sempre apprezzato timbro ed evoluzioni è qui ulteriormente mutato. Qualcuno fra le genti di TM faceva notare l’influsso del suo progetto musicale parallelo. Io dico che è anchecosì. Damna non ha una voce tipica del power e questo gli ha permesso da sempre una libertà espressiva che è diventato il suo punto di forza e dal canto suo ERA è un disco eterogeneo nella sua proposta musicale. Spaziare dal growling, a suo tempo, ad un cantato hard ‘n heavy non è da poco. Qual’è stato il suo lavoro nel rapportarsi ad un lotto di brani tendenzialmente eterogeneo? Di là dell’attività di scrittura delle canzoni, l’impressione è che Damnagoras cerchi sempre di non restare “passivo” rispetto alla sua voce, volontà che si traduce nel voler ogni volta dare al suo contributo vocale su un disco una direzione comunque diversa…
(Aydan)Ho letto alcune critiche legate all’uso della voce. Capisco che lo stile vocale possa essere oggetto di preferenze stilistiche. Come band abbiamo preferito l’utilizzo di uno stile che si allontana un po’ dagli schemi imposti del genere, andando a lavorare sulle caratteristiche di Damna. Credo che la sua performance su questo album e su “Red Silent Tides” non abbia niente di paragonabile con gli album precedenti, assestandosi su livelli eccelsi. Mi fanno sorridere i commenti in cui si parla delle performance di album come “Heatenreel”, ma credo che ognuno possa avere le proprie preferenze anche in questo senso.

Damnagoras ha definito ERA, in un’altra intervista, un disco“manifesto” degli Elvenking; ossia un disco nel quale veramente si ritrova tutto quanto è passato fra le vostre “corde”.Ascoltando bene l’album arrivo a capire cosa intende anche se personalmente credo che il vostro lungo cammino sia ancora lungi da una vera e propria imponente “summa” di un sound che, per citare un punto a te caro, è costantemente in (una sempre più cosciente) ricerca di sé.
(Aydan)Si sono d’accordo. Credo che “ERA” sia la chiusura di un cerchio dove abbiamo finalmente ritrovato il nostro sound originario, sposato con tutto ciò che abbiamo avuto il coraggio di sperimentare in questi 10 anni e più anni. Credo che rappresenti finalmente gli Elvenking come sono oggi, e credo che questo sia il sound che è proprio di questa band. Il nostro approccio al folk, così diverso e distante dalle band che vanno molto di modo in questi giorni, il nostro affrontare la melodia e il nostro saper essere aggressivi.

Non vi ha spiazzato? Intendo l’approcciare ad un disco che vi rivela attenti nel diversificare realmente i vostri brani.
(Aydan)No, come sempre quello che senti nell’album è frutto di assoluta libertà. Niente è stato pensato a priori. E alla fine del disco ci siamo sorpresi noi stessi di cosa ne è risultato.

Quanto vi manca l’idea di un concept che in qualche modo “costringa”la vostra musica a “venir fuori” interpretando molteplici sfaccettature di un tema o di una storia? Senti, sentite che è una via ancora percorribile?
(Aydan)In un contesto slegato da concept la libertà espressiva è assolutamente senza confine e ti permettere di approcciarti a diversi argomenti, anche a seconde delle sfumature musicali della song. Avere una guida così salda come quella di un concept porterebbe inevitabilmente a confinare anche la musica all’interno di canali predefiniti, un po’ come poi è capitato per “The scythe”. E’ sicuramente una cosa che vogliamo ripetere nel prossimo futuro, ma vogliamo essere sicuri della mossa da fare in questa direzione.

“I am the monster”. Di cosa tratta? Ecco Aydan, la prima terna di brani è già a mio avviso l’apice di questo disco ed è questa una la canzone di cui andiamo a parlare per via di un riuscitissimo duetto fra Damna ed un vostro caro amico, ricordo ancora le vostre magliette dei Jon Oliva’s Pain nel remoto e magico Midsummer Festival qui a Roma anni fa. Raccontaci di questa collaborazione, cosa vi ha detto Jon, come è andata con Damna. Insomma raccontaci di una canzone che -credo di poter immaginare quanto sia bello e importante per voi- è amicizia.
(Aydan)“I am the monster” è manifesto lirico dell’essere diversi e di esserne comunque fieri, saperlo accettare e farne una forza. Come sai Jon è nostro amico da anni. Parlavamo di questa collaborazione da molto tempo ma non siamo la band che utilizza il nome di un’artista solo ed esclusivamente per farsi pubblicità. Avevamo bisogno delle canzoni giuste; e questa volta c’erano, per cui lo abbiamo chiamato ed è stato ben felice di partecipare ad un nostro album. Avere ospite su un tuo album una leggenda come Jon, per esempio per me che ascolto e venero le sue band da sempre e sono cresciuto con “Streets” nelle orecchie è semplicemente un onore.


“Forget me not” è un altro brano con Jon Oliva. Mi sembra la vostra prima ballata d’amore più schiettamente devota a questo genere di canzone. Jon con la sua voce trascina il brano ancora più indietro nel tempo e si fatica notevolmente a pensare che si è all’interno dello stesso disco ascoltato fino a quel momento. Come è nata? Jon quanto è stato attivo nel partecipare di queste due vostre canzoni?
(Aydan)In realtà devo dire che non è la nostra prima canzone che, in un senso molto ampio, tratta il tema dell’amore. Ed in ogni caso anche “Forget-me-not” è una song negativa, nel senso che ha un impatto oscuro molto forte, quindi non certo un approccio melenso al tema. Da molti anni avevo l’idea di creare una ballad pianistica che ricordasse da vicino le atmosfere di Savatage e Trans-Siberian Orchestra, che da sempre sono mie assolute ispirazioni musicali. Ma volevo creare qualcosa che non risultasse una copia ma avesse una certa personalità. Un po’ una cosa simile c’è in una parte di “A poem for the firmament” e “Forget-me-not” potrebbe definirsi un po’ come la seconda parte di questo percorso. Il fatto di avere Jon alla voce è un di-più impagabile ovviamente e il finale della canzone mi mette i brividi ogni volta che la riascolto. D’altra parte capisco che per il pubblico metal più intransigente una canzone come questa può essere disprezzata e odiata da molti…ma non me ne può fregare di meno ah ah ah!

Bene! … ci sono due elementi che in ERA vanno a braccetto; direi il loro uno sposalizio all’insegna della compiuta armonia. Mi riferisco al missaggio ed al gran bel lavoro di Maurizio Cardullo, dei nostrani Folkstone. Il missaggio dei suoni è talmente lindo e come dire, giusto, sì, giusto verso ogni strumento da aver valorizzato grandemente i flauti e cornamuse di Maurizio.
(Aydan)Ovviamente un buon mix deve essere in grado di dare la giusta presenza a tutti gli strumenti ed è ovvio che il missaggio di un album Elvenking sia un totale incubo per tutti i produttori (chiedere a Nino Laurenne per questo) poiché la nostra proposta musicale presenta molti strumenti acustici come violino, chitarre acustiche e tutti gli strumenti qui suonati da Maurizio all’interno un inferno di batterie, chitarre , tastiere, orchestrazioni ecc per cui è un lavoro molto difficile e spesso mina la pazienza di chi è dietro il banco. Non ti nascondo che durante il mix ci siano stato momenti veramente difficili in cui Nino più volte ci ha detto “No ragazzi, non è possibile mixare questa roba, mi ritiro!”…alla fine ce l’abbiamo fatta!

Quanto vi è stato d’aiuto? Quanto ha influito sul missaggio complessivo dei brani?
(Aydan)L’apporto di Maurizio dici? La nostra intenzione era quello di sottolineare le melodie folk con gli strumenti adatti (come d’altronde avevamo già fatto precedentemente in Two Tragedy Poets), e direi che il suo aiuto è stato fondamentale in questo senso.

Missaggio e strumenti acustici. Tu non perdi la passione di andar di dolce rincalzo sulle melodie ma anche il violino di Lethien qui si sente eccome; possiamo parlare di una scelta di polso nel dar spazio a questi strumenti senza cedere tutta la ribalta sonora alla sezione elettrica. Ho notato qui una ulteriore maturazione…
(Aydan)Certo, in questo album volevamo sottolineare al massimo le melodie folk e oltre a Maurizio la nostra arma in più è sempre stato l’uso del violino, in piena tradizione Skyclad. Penso che il lavoro fatto da Lethien in questo album sia eccezionale. In molti punti abbiamo utilizzato un vero e proprio quartetto d’archi per dare ancora più spazio all’aspetto sinfonico richiesto.

Aydan, vi sono in Era due canzoni (non le uniche, ad esempio ora mentre preparo le domande ascolto il fraseggio di strumenti acustici e flauti pre solo in Poor little baroness) che in queste mattine d’ascolti, andando a lavoro, ho immediatamente apprezzato col cuore e con le viscere, come si suol dire: Through wolf’s eyes e The time of your life.
(Aydan)Direi che sono due esempi perfetti di cosa significa per noi esplorare l’aspetto più folk delle nostre influenza, che sottolineo ancora, dista moltissimo da quello che sono solite fare le odierne cosiddette folk metal band con cui abbiamo ben poco da spartire.

Partiamo dall’ultima: stupendo ensemble di strumenti acustici per un brano breve ed intenso scritto da un ispiratissimo Damna. Il momento più intimo ed intenso di Era per chi scrive. Parlamene se puoi.
(Aydan)Direi che è una sorta di ballad acustica, diversa da quanto abbiamo fatto in precedenza. Ha un’anima quasi blues. Inizialmente non eravamo molto convinti della sua collocazione nell’album ma sottolineando le melodie più folkloristiche con i flauti di Maurizio e con l’interpretazione assolutamente intima di Damna ne è venuto fuori un pezzo molto “forte”, e molto riflessivo all’interno di ERA.

Mi riporta ai tempi di Two tragedy’s poet.
(Aydan)Certo. Quello è un album che personalmente adoro moltissimo per la sua unicità.

Through wolf’s eyes è un brano in cui invece gli strumenti elettrici sono accompagnati da una scia di violino struggente. Questo brano mi porta a due considerazioni che ti sottopongo.
Primo: insisto nuovamente sul fatto, e questa canzone ne è prova, che Not my final song merita d’esser risuonata con questa mistura di acustico ed elettrico:)

(Aydan)E’ già in scaletta ed è già stata suonata nelle prima date in Europa, in versione elettrica. La abbiamo proposta anche in versione acustica nello showcase di Milano. Quindi sei assolutamente accontentato!

Fantastico! Finalmente!…e poi ecco, c’è la semplicità. Pochi minuti e l’intensità della pura ispirazione. È questa una vera linea guida degli Elvenking? Cos’è per te, per voi la “semplicità” in musica?
(Aydan)Come ho sempre detto credo sia estremamente più difficile creare un brano funzionale di 3 minuti che una suite da 10 minuti. Questo è sicuro. “Through wolf’s eyes” credo sia un ottimo esempio. Altro non serviva aggiungere.

C’è una terza considerazione: questo missaggio, sul quale mi trovo a insistere più che in passato, unito all’apporto di Cardullo che, correggimi se sbaglio, è stato importantissimo in relazione ad un approfondimento della vostra vena folk..dicevo, questo missaggio mi fa tornare sulle parole di Damnagoras circa il fatto che Era suoni anche sia come il “presente” che come “il passato” di un gruppo rinnovato nella cui formazione originaria siete rimasti in due (inevitabile il cambiamento, già avviatosi col buon Rafahel).
(Aydan)A livello di sound volevamo sottolineare questo aspetto e questa volontà di tornare al passato. Guarda “Red Silnet Tides” per esempio. È ovvio che l’approccio produttivo sia totalmente differente. Abbiamo scelto Dennis Ward appositamente. Lui è un maestro nel sound più legato all’hard rock e all’AOR. E’ ovvio che questa si è rivelata un’arma a doppio taglio poiché sottolineare ancor di più brani dalla chiara matrice melodica con una produzione del genere ha portato molti fan a storcere il naso. E’ ovvio che magari songs come “Runereader”, “Your heroes are dead” o “Play of the leaves” con una produzione diversa suonerebbero ben diversi, ma sono contentissimo dell’approccio “reale” di quell’album alla fine. E Dennis è un vero maestro.

Quanto è stato importante Cardullo? Più ascolto il disco più mi sento di volerti chiedere di approfondire, perpiacere questa collaborazione. Il risultato credimi, non dico per dire, è di gran pregio e si fa apprezzare non poco.
(Aydan)Assolutamente importante. Ma questo mi fa capire come spesso non sono le melodie che contano ma più il modo in cui vengono presentate. Se non ci fosse stato Maurizio le melodie sarebbero state esattamente le stesse ma la scelta di sottolinearle con strumenti tradizionali che le rendono ancora più magiche è stata una scelta corretta. Dall’altra parte spesso avviene il contrario. Melodie assolutamente di poco interesse ma suonate con strumenti che generano interesse portano da soli successi che fatico a comprendere.

Inoltre è già bello il puro fatto che si crei questa sinergia fra musicisti italiani e Ophale sembra in chiosa un momento unico di dovuto e voluto tributo a questa vostra collaborazione.
(Aydan)Proprio in questa song Maurizio ha messo moltissimo del suo poiché noi gli abbiamo passato le basi di chitarra scritte da Rafahel e lui ha aggiunto tutte le melodie flauto creando una vera e propria collaborazione tra noi.

Sorella minore di questi due brani è A song for the people. Mi pare un adattamento, almeno testuale di una qualche canzone popolare; ricorda i tempi dei felici intermezzi (tutt’altro che filleranti eh eh!) su the Scythe e The Winter Wake.
(Aydan)No , nessun adattamento. Di sicuro l’approccio lirico è molto legato alla musica e quindi molto folkloristico e direi che potrebbe essere vista come la parte seconda di “The Losers’ ball” visto che il tema è quello ed è dedicato a tutte le persone come noi, persone normali, che non saranno mai ricordate per aver fatto qualcosa di speciale, ma che hanno un’esistenza importante in ogni caso, e le piccole azioni che compiono saranno speciali per qualcuno e rimarranno comunque nel cuore delle persone che amano.

Ci sono anche brani più d’impatto e diretti nel mezzo di Era, la cui efficacia è per me personalmente altalenante (questione di gusti personale). Dove pensi che la vostra musica possa darsi al meglio ed arrivare a lambire una ulteriore completezza?
(Aydan)Intendi i brani più corti e diretti? Questa è una bella questione da affrontare. Cosa è meglio? un bel brano veloce e diretto, che ti colpisce subito o quelle canzoni che a primo ascolto ti lasciano poco per via della loro complessità ma con il tempo scopri pian piano, comprendi poco alla volta e le fai sempre più tue? Cerchiamo sempre di creare un giusto equilibrio tra queste due tipologie nei nostri album, per poter dare entrambe le cose. Poi ovviamente alcune songs funzionano bene live e altre invece sono create appositamente per essere ascoltate con tranquillità a casa ma su palco non hanno il giusto impatto per un concerto di sudore e energia.

L’ultima volta mi parlasti di ricchezza nella brevità e ispirazione nella semplicità, ecco c’è un brano, il più lungo, chronicle of a frozen Era, il quale mi lascia pensare non poco al futuro della vostra musica.
(Aydan)Credo che “Chronicle of a frozen era” sia un buon esempio di quanto dicevamo, ed un modo per chiudere il disco. Di sicuro a primo ascolto può risultare caotico e poco interessante, ma con il tempo può nascondere delle sorprese.

S’avverte un gran potenziale che mi fa pensare ad alcune scelte musicali degli ultimi Blind Guardian, gruppo che amiamo non poco.
Assolutamente. Anche se sinceramente credo che i Blind Guardian abbiano perso gran parte della loro efficacia negli ultimi album. Io sono cresciuto con “Somewhere Far Beyond” che mi ero fatto importare dalla Germania quando qui non erano ancora distribuiti e tra l’altro non possedevo nemmeno un lettore cd all’epoca quindi me lo ero fatto trasportare su musciassetta. Pensa che tempi! I Blind Guardian sono stati uno dei nostri gruppi simbolo in assoluto.

Che tempi sì, scalda come un fuoco d’inverno sentirne parlare….Chronicles è la canzone più vicina alla vostra “vecchia maniera”di comporre brani ma al contempo è anche il brano più lontano, inevitabilmente. Spiazza dopo il quarto minuto; un rallentamento reso più fondo dal basso che in relazione al vostro sound fino ad oggi definirei “doom”. Un appesantimento delle chitarre prima di una cold breeze acustica. Inevitabile che io ti chieda di raccontarmelo, come fossi tu stesso lo Storico di questa canzone.
(Aydan)Si, credo sia una canzone molto “Elvenking”. Si trova molto di quello che siamo nelle note e nei cambi di umore della song. La parte centrale è molto particolare e vuole cercare di visualizzare in musica quello che l’umanità è per la terra e la natura su cui vive e si evolve. Credo che il passaggio tra la parte basso/violino, il solo di chitarra e il glaciale intermezzo acustico rappresenti un climax di emozioni contrastanti, proprio come l’uomo ha differenti anime e modi di vivere. Rimango sempre molto perplesso di fronte all’animo umano e quanto possa essere vario. D’altra parte non sono certo colui che crede da solo di poter cambiare le cose. Guardo con la stessa perplessità coloro che credono di poter cambiare le cose con i loro gesti isolati. Probabilmente sono anch’io uno della massa che si adatta al modo di vivere, e sono solo un osservatore inerme.

C’è in questo brano un solo di chitarra che definirei positivamente“straniero”. Chi è l’artefice? Con Raphael oltre all’affiatamento avete con maggior intesa e fiducia dato fondo a maggiori libertà espressive..che ne dici?
(Aydan)Ovviamente si tratta di Rafahel. Io non sarei mai in grado di suonare quelle cose ah ah ah ! Rafahel è un chitarrista eccezionale, credo uno dei migliori in Italia. Negli Elvenking però ha sempre avuto l’intelligenza di porre il suo suonato al servizio dei brani, quindi sempre con un approccio melodico al brano e, come da regola di questa band, senza porre le proprie capacità tecniche in mostra per pura voglia di apparire. In questo caso però gli abbiamo detto “Ok, Raffa, qui può fare tutto quello che vuoi…scatenati perché è una delle tue poche occasioni” ah ah ah !

Ah ah un guitar hero, però con l’anima di chi come te condivide quell’idea di cui mi dicevi prima “non penso agli Elvenking come a singole persone”….Chronicles è dunque il momento più specificatamente“interessante”del disco, il più misterico e difficilmente collocabile…un modo di lasciarci col punto interrogativo insomma
(Aydan)Si direi di si. L’approccio della song è un po’ mistico e se leggi il testo ti renderai conto anche del perché. Direi che è la summa del nostro approccio pagano più terreno, alla nostra descrizione dell’umanità che vive su questa terra. Questo ne determina anche i repentini cambi di atmosfera.

Dicevamo… un cambio di atmosfera improvviso, interrogativo appunto, rafforzato da Grey Inside, bonus track e canzone atipica nella misura in cui accosta un ritornello molto melodico e ancora una volta dal sapore d’altri decenni ad un inizio e a soluzioni strofiche dalle tinte più fosche…
(Aydan)Alcuni della band avrebbero voluto Grey Inside come song all’interno della tracklist dell’album. Abbiamo deciso di usarla come bonus track perché ha un approccio un po’ diverso rispetto all’album. Direi che potrebbe ricordare un po’ il materiale di “The scythe”. E’ una canzone che mi piace e come spesso accade alcune nostre bonus track sono veramente di qualità, anche superiore a quanto poi finito sugli album. Per esempio “My little moon” su “Two Tragedy Poets” (ma è diventata bonus track solo per un errore di mastering) o “Petalsotrm” per “The winter wake”, giusto per citarne alcune.

Ed è ora il momento di salutarci, sebbene come sai, resterei qui a parlare tempo tre interviste almeno, vino bianco e frico.
(Aydan)Grazie a te ancora una volta per un’intervista che ha un senso affrontare, e che mi impegna sempre in maniera sfiancante.
Se ti sfianca anche quest’anno allora è buon segno:) aggiungiamo un’altra birra alle già molte che devo alla tua pazienza:))

Ophale termina, col suo bucolico afflato leggiadro…
Ti porto i saluti delle genti di TM Aydan, a te prender commiato:)

(Aydan)Grazie a voi tutti. May the winds blow fair at you back.