Live Report: Power Of Metal a Firenze e Milano

Di Redazione - 10 Marzo 2011 - 1:04
Live Report: Power Of Metal a Firenze e Milano

Ritorno in pompa magna per Symphony X e Nevermore, i quali mettono insieme un pacchetto di cinque band totali per un esteso tour che risponde al nome di Power Of Metal. Come se non bastassero i due nomi già citati, il ritorno sulle scene degli Psychotic Waltz ha aggiunto quel pizzico di pepe ad un bill già di per sé imperdibile. Ecco quindi il resoconto dei due appuntamenti in terra italica. Buona lettura!

Report e Foto di Firenze a cura di Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

Report e Foto di Milano a cura di Andrea ‘Thy Destroyer’ Rodella

Firenze, Viper Theatre 05-03-2011

Power of Metal, un vero e proprio mini festival itinerante che sta portando in giro per l’Europa, a calcare il medesimo palco, alcune tra le migliori e più fantasiose band americane degli ultimi 30 anni: i re indiscussi del power-prog Symphony X, gli innovatori assoluti del thrash metal Nevermore ed una graditissima re-union, quella degli Psychotic Waltz, cult band degli anni ’90 che ha deciso di rimettersi in carreggiata, attirandosi le benedizioni gaudiose di migliaia di appassionati, incluso il sottoscritto.
La prima bandierina italiana di questo tour è posta sulla bella Firenze, la quale ha dimostrato di rispondere abbastanza positivamente alla chiamata; fin dalle prime ore, infatti, il Viper era gremito per gran parte della sua capienza, nonostante gli orari precedentemente segnalati dall’organizzazione non siano stati rispettati in pieno.
La carne al fuoco era tanta e, anche per questo, tralascerò di parlare a lungo delle due band che hanno avuto l’onore/onere di aprire per la tripletta sopracitata. Basti dire che i precisi finlandesi Thaurorod giovano moltissimo dell’istrionismo, vocale e non, di un Michele Luppi in grande spolvero e che i danesi Mercenary, alla loro ennesima calata italica, si sono dimostrati gruppo onesto e volenteroso come al solito, non riuscendo però ad andare oltre questo nella valutazione generale.

Psychotic Waltz
Per molti il vero evento della serata, il ritorno su un palco degli Psychotic Waltz, progster della prima ora discioltisi verso la fine degli anni ’90 dopo una serie infinita di circostanze sfortunate, è stato accolto con un misto di attesa e di grande curiosità. In molti sono quelli che non hanno mai sentito nominare questo monicker che diede alla luce quattro album pregni di colorata creatività in soli 6 anni e poi, sul più bello, chiuse bottega.
Quando si è palesata sul palco la sedia a rotelle di Brian McAlpin, uno dei loro segni distintivi più famosi, ci si è sentiti proiettati decisamente in un’altra epoca, un’epoca in cui l’aspetto esteriore poteva ancora, talvolta, passare in secondo piano di fronte alla musica. Buddy Lackey ed il resto della truppa sono sembrati voler confermare questa impressione. Il frontman è entrato in scena con un abbigliamento che definire “comodo” sarebbe riduttivo, ma quando ha preso in mano il microfono tutto è passato subito in secondo piano.
Inizio di show affidato a due brani tratti da Into the Everflow: il lento evocativo incedere di Ashes e la stessa titletrack del suddetto album del ’92. I cinque americani sono sembrati presi ed ispirati come se il tempo non fosse passato affatto e le magiche atmosfere  prodotte dai loro strumenti  hanno così pervaso immediatamente l’intera sala. Il pubblico è apparso spiazzato dal prog metal degli Psychotic Waltz, così diverso dalla proposta dei più noti Symphony X, più diretta e giocata sulle evoluzioni tecniche in velocità e sulla pienezza roboante degli arrangiamenti. Quello ascoltato è invece qualcosa di più vicino alla psichedelia ed all’indole settantina: invenzioni che crescono pian piano nel corso di brani mediamente abbastanza lunghi ed atmosferici come Nothing, tratta dal debutto A social grace, che si è insidiata sinuosamente, ammutolendo il pubblico anche grazie ad un visibilmente emozionato Lackey, che giostrava la sua vocalità intensa ondeggiando sul palcoscenico al ritmo sconclusionato del pezzo.
Si è così susseguita una piccola scaletta di grandi classici come I of the Storm, forte delle armonie perfette create dalle due asce di Dan Rock e dello stesso McAlpin, con chiusura affidata ad Halo of Thorns, la quale ha salutato con classe una platea plaudente e piacevolmente sorpresa.
Gli Psychotic Waltz sono tornati, ed il piccolo assaggio che hanno dato questa sera ha saziato appieno la sete dei molti appassionati che sono venuti al Viper soprattutto per loro e che non vedono l’ora di ascoltare il nuovo materiale cui sembra (da fonte diretta) stiano alacremente lavorando.

                                                            
       


Setlist
Ashes
Into the Everflow
Morbid
Nothing
I of the Storm
Halo of Thorns

Nevermore
Molto attesi erano anche i Nevermore di Warrel Dane. Reduci dalla pubblicazione del controverso, ma anche molto apprezzato dalla critica, The Obsidian Conspiracy, i ragazzi di Seattle si sono presentati sul palco con formazione rimaneggiata, causa i seri problemi di salute dello storico bassista Jim Sheppard. Il sostituto si rivelerà essere una lei, in particolare, come da presentazione dello stesso Dane, miss Dagna Silesia, altro prestito dal progetto solista del frontman dopo il bravissimo Attila Vörös. Una scelta che ha pagato, a vedere la sicurezza ostentata dalla nuova entrata: dimostrazione di quanto bene sia riuscita ad acquisire le difficili partiture dei brani che, in così breve tempo, ha dovuto mandar giù.
La band è sembrata, ad ogni modo, collaudata come non mai ed un Warrel Dane in vena di dialogo non ha mai smesso di creare empatia con le prime file.
La scaletta della serata ha pescato a piene mani solo dagli ultimi dieci anni di carriera dei Nevermore: da Dead Heart in poi, cosa che, alla fine, deluderà non pochi fan; ma la passione con cui sono state eseguite perle di violenza come The Termination Proclamation, The River Dragon Has Come o la goduriosa Born, accostata da Dane a Over The Wall dei Testament, ha soffocato nel sudore di un headbanging selvaggio qualsiasi recriminazione.
Piccola nota di demerito per la security del locale che, inspiegabilmente per un concerto del genere, si è presa la briga di sedare sul nascere anche il minimo accenno di pogo, attirandosi il malcontento e gli improperi di tutti. Forse a volte bisognerebbe esigere il senso del limite anche da parte loro.
Il concerto comunque è andato avanti con molti richiami all’ultimo lavoro della band: Your Poison Throne, Moonrise (Through Mirrors of Death), Emptiness Unobstructed sono ricche di fraseggi intricatissimi e serrati, che hanno dato modo, ancora una volta, di rimanere a bocca aperta di fronte a sua maestà Jeff Loomis, un chitarrista di cui si tessono sempre troppo poco le lodi: pulito e preciso come pochi e dotato di una presenza scenica non indifferente, soprattutto quando si accosta all’amico Warrel sul palco.
Non sono mancati i momenti in cui la splendida voce del cantante americano ha potuto emozionare da par suo e The Heart Collector è stata sicuramente la protagonista di uno di quei momenti insieme a This Godless Endeavor ed alla stessa Emptiness: pseudo-ballad ricche di contrasti stridenti come da tradizione Nevermore, con le quali egli è maestro assoluto nel tenera l’audience in palmo di mano.
Chiusa prevedibilmente da una Enemies of Reality cantata a gran voce dalla sala, l’esibizione dei Nevermore è stata il solito connubio di emozioni e perizia assassina che ha mandato in tripudio il Viper; un po’ troppo breve per i miei gusti, ma con un crescendo competitivo che il gruppo successivo ha dovuto faticare tremendamente per superare.


                                                            
       

 


Setlist
Inside Four Walls
Moonrise (Through Mirrors of Death)
The Termination Proclamation
Your Poison Throne
Born
The Heart Collector
The River Dragon Has Come
Emptiness Unobstructed
This Godless Endeavor
Enemies of Reality

Symphony X
I Symphony X hanno goduto della maggioranza del pubblico venuto solo per vedere loro, un pubblico eterogeneo per età che ha sbavato per ogni evoluzione dei musicisti americani i quali, disponibili come sempre, non si sono risparmiati, dando vita ad uno show di altissimo livello.
La partenza è stata affidata al cavallo di battaglia Of Sins and Shadows, la quale ha avuto il potere di far schizzare immediatamente il termostato del Viper verso temperature roventi. Appena salito sulle assi, Russell Allen ha, come sempre, riempito il palcoscenico con la sua fisicità ed il suo atteggiamento caciarone andando spesso a stuzzicare l’altro pezzo da novanta Michael Romeo, anch’egli in gran forma e spigliato più che mai verso i suoi fan che, da ogni lato del palco lo acclamavano e cercavano di toccare il suo strumento.
Grande spazio è stato presto dato all’ultimo riuscito concept album Paradise Lost, che ha risuonato grazie a Domination, Serpent’s Kiss e la titletrack introdotta dall’emozionante pianoforte di Michael Pinnella. Il coefficiente di difficoltà di questo lavoro è molto alto ma i nostri hanno eseguito i brani con la solita nonchalance, e lo spreco di cori e l’entusiasmo generato ha dimostrato ancora una volta che questi sono pezzi entrati già a far parte della storia della band del New Jersey.
Nel mezzo, la chicca di un brano estrapolato dal prossimo, non ancora pubblicato, Iconoclast. Di primo acchito, End of Innocence non è parsa brillare al confronto con le altre presenti in scaletta: di media lunghezza e dotata di un cuore strumentale molto cospicuo, non è riuscita a spiccare per originalità più dell’altro estratto Dehumanized, successivamente proposto, il quale, con il suo inizio cadenzato e lievemente dissonante, a la Black Label Society, ha messo in mostra qualche novità in più; se non altro, un Russell più aggressivo del solito nel cantato.
Inferno (Unleash the Fire), posta al centro della setlist, ha avuto il potere di infiammare nuovamente e decisamente la situazione: un brano che non smette mai di entusiasmare, soprattutto quando viene eseguito con una tale perfezione e foga da ognuno di questi professionisti assoluti che non hanno sbagliato un colpo per tutta la serata; se si eccettua qualche plausibile calo di Allen nelle parti più alte, dovuto per lo più al perpetuo gironzolare del cantante sul palco per fomentare il pubblico.
Si sono susseguiti quindi altri highlight come la sinfonica Smoke and Mirrors, riprodotta con perizia dalle orchestrazioni di Pinnella, e la prevista conclusione con la tempestosa Set the World on Fire (The Lie of Lies), che ha scatenato ancora una volta la voce e l’headbanging selvaggio di tutto il Viper.
I Symphony X a quel punto sono usciti di scena, ma sono dovuti presto rientrare da dietro le quinte, trascinati fuori dai loro fan acclamanti. È a quel punto che Russell Allen ha rivelato che, nel giro di poche ore, si sarebbe festeggiato il compleanno di Romeo. Ecco dunque sbucare una bottiglia di whiskey, che il malcapitato (fino ad un certo punto) chitarrista è stato costretto a scolare in poche sorsate, in coppia con il minaccioso amico, al suono dell’happy birthday di tutta la platea.
È questo lo spirito che ha fatto da sfondo all’esecuzione dei due ultimi brani della serata, per la cronaca: Eve of Seduction e Sea of Lies da The Divine Wings of Tragedy, introdotta dall’inconfondibile groove di Michael LePond, per chiudere, così come si era aperto, uno show intenso e coinvolgente, l’ennesimo di questa splendida giornata all’insegna dell’heavy metal più emozionante su piazza.

Probabilmente è stato proprio questo il filo conduttore di questo Power of Metal 2011: un tour molto ben assortito che ha visto alternarsi diverse anime della musica che amiamo, tutte accomunate dalla voglia di lasciare sul palcoscenico emozioni vere da regalare ai fan, e a Firenze, questo traguardo può dirsi tranquillamente raggiunto.


                                                            
       

 


Setlist
Of Sins and Shadows
Domination
Serpent’s Kiss
End of Innocence
Paradise Lost
Inferno (Unleash the Fire)
Smoke and Mirrors
Dehumanized
Set the World on Fire (The Lie of Lies)
Eve of Seduction
Sea of Lies

Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

Milano, Alcatraz 07-03-2011

Seconda ed ultima tappa italiana per il carrozzone del Power Of Metal Festival che, dopo Firenze, ferma in quel di Milano, più precisamente, all’Alcatraz. La prima cosa che si nota appena si varca la soglia d’ingresso del locale meneghino è il fatto che è stato allestito il famoso Palco B (quello sul lato destro, per intenderci), mentre la fetta di spazio di fronte al più esteso Palco A risulta chiusa al pubblico dal solito tendone nero. Le cinque band che si alterneranno sul palco stasera saranno quindi costrette a fare i conti con degli spazi relativamente limitati, ma è da dire che tutti sono riusciti a dare spettacolo per una serata all’insegna del grande metal.

Se all’apertura dei cancelli alle ore 17 c’era effettivamente poca gente, l’Alcatraz è andato riempiendosi via via che l’ora si è fatta più tarda per raggiungere il picco di capienza in occasione dei Nevermore e dei Symphony X. Se la scelta di accorpare insieme band dalla proposta tutto sommato piuttosto differente poteva essere un rischio, bisogna dire che alla fine ha pagato parecchio dando in pasto ai presenti uno show ricco e variegato quanto basta. Inoltre, la reunion degli Psychotic Waltz ha fornito un ulteriore spunto d’interesse per i cultori della grande band americana, fin troppo sottovalutata ai tempi ed oggi ritrovatasi in gran forma proprio in occasione di questo tour.

Thaurorod
Si parte con i Thaurorod, band finlandese con all’attivo un solo album e sei avvicendamenti solo per quel che riguarda il ruolo di cantante. L’ultima novità in questo senso è infatti l’arruolamento del “nostro” Michele Luppi alla voce, garanzia del panorama tricolore ed istrionico frontman capace di catalizzare l’attenzione dei presenti con il suo grande carisma.
Entrando nel merito della musica, va detto che non ci si allontana più di tanto dai canoni del power metal propriamente inteso, eccezion fatta per qualche incursione in blast beat del batterista Joonas Pykälä-aho. In ogni caso, è proprio Michele che, giocando in casa, fa la differenza intrattenendo con battute e scherzi il pubblico ed interpretando alla grande i brani del combo finnico. Su tutte, la conclusiva Shadows And Rain si staglia su un livello più alto rispetto alle altre con un ritornello veramente azzeccato.
Peccato anche per i suoni, ancora tutti da bilanciare, che hanno portato in primo piano la batteria e la voce, relegando in secondo piano chitarre e basso e soffocando quasi totalmente le tastiere. Tutto sommato, quindi, una prestazione canonica per la band, eccezion fatta per il già citato Luppi, frontman stellare e di cui dobbiamo essere orgogliosissimi.


                                                            
       

 

Setlist
Warrior’s Heart
Tales Of The End
Morning Lake
Guide For The Blind
Scion Of Stars
Shadows And Rain

Mercenary
Fanno il loro ingresso dopo un rapido cambio palco i danesi Mercenary, fautori di un melodic death metal con punti di riferimento tra Dark Tranquillity e la nuova scuola metalcore. Avendo poco tempo a disposizione ed un album da promuovere, il quartetto pesca abbondantemente da Metamorphosis, ultimo parto discografico uscito da non molto tempo. Purtroppo i suoni sono ancora in fase di definizione e ne esce fuori un impasto che non rende giustizia alla proposta della band.
Se l’apertura, affidata a World Hate Center ha generato qualche episodio di headbanging nelle prime file, le successive canzoni hanno visto un progressivo calo d’attenzione da parte del pubblico, il quale si è però dimostrato paziente ed ha rispettosamente lasciato concludere la performance del quartetto. Certo, si può tranquillamente considerare il fatto che il quartetto è un po’ la mosca bianca di questo tour e quindi ci si poteva aspettare un’accoglienza fredda da parte dell’audience, soprattutto per il fatto che proprio quel Metamorphosis che ha visto l’abbandono del vecchio cantante non ha pienamente convinto.
Finiti i loro 35 minuti ci si è facilmente lasciati alle spalle la performance di una band certamente onesta, ma che deve ritrovare la propria strada.


                                                            
       

 

Setlist
Into the Sea of Dark Desires (Intro)
World Hate Center
The Endless Fall
Through The Eyes Of The Devil
In A River Of Madness
In Bloodred Shades
The Follower
Firesoul

Psychotic Waltz
Attesa dai cultori della formazione americana, la reunion degli Psychotic Waltz è stata accolta con un boato dai presenti e da un colpo al cuore dagli affezionati. Finalmente l’impianto audio dell’Alcatraz restituisce suoni potenti e nitidi, quindi lo show ne guadagna moltissimo anche in materia d’impatto.
Vedere che questi cinque attempati signori si divertono ed ammaliano il pubblico con il loro intricato progressive metal che, però, non perde mai di vista il fattore psichedelico mutuato dagli anni ’70. L’iniziale Ashes dà il via alle danze e spiazza i non pochi presenti che non conoscono la proposta della band. Le splendide atmosfere di Into The Everflow, poi, accompagnano tutti in un viaggio lisergico guidato dalla grande voce del frontman Buddy Lackey, per l’occasione apparso in una veste decisamente informale. È proprio il cantante a prendere le redini dello show, catalizzando su di sé l’attenzione dei presenti, pronti a ripagare con applausi sentiti e sinceri. Le chitarre di Dan Rock e Brian McAlpin, poi, si danno battaglia tramite costruzioni armoniche di grandissimo effetto eseguite con precisione chirurgica, mentre la sezione ritmica tesse tappeti sonori intricati e mai banali. Chiude lo spettacolo I Of The Storm, estratta direttamente dall’ultima uscita a nome Psychotic Waltz, quel A Social Grace che mise la parola fine ad una band dall’enorme spessore artistico.
Durante il concerto della band, il cantante ha anche fatto intonare al pubblico un augurio di buon compleanno per il chitarrista Brian McAlpin, il quale dalla sua sedia a rotelle ringrazia accoratamente per il pensiero.
I molti intervenuti che non conoscevano il nome di questa leggendaria band americana hanno avuto una graditissima sorpresa nel constatare quanto la proposta del quintetto fosse di proprio gradimento ed ora manca solo il passaggio successivo: un nuovo album in studio. Grande ritorno per un gruppo immenso.


                                                            
       

 

Setlist
Ashes
Haze One
Into The Everflow
Morbid
Halo of Thorns
Nothing
I of The Storm

Nevermore
È giunto il momento dei primi headliner della serata, i quali salgono sul palco temporaneamente orfani del bassista Jim Sheppard, sostituito dalla bella Dagna Silesia che già ha collaborato per il disco solista del cantante Warrel Dane. Altro elemento di novità è il secondo chitarrista Attila Vörös, anch’egli mutuato dalla formazione che ha registrato l’album del biondo singer americano. Proprio Dane è stato l’indiscusso protagonista dello show con una prestazione vocale nitida e precisa ed una tenuta del palco davvero invidiabile.
Analizzando la scaletta della band si può facilmente notare come i Nevermore abbiano scelto di privilegiare l’ultimo nato e, più in generale, di tralasciare del tutto il primo periodo della propria carriera. Tale scelta ha fatto certamente discutere i fan della prima ora, ma avendo a disposizione tempi limitati si è rivelata un’opzione volta a far emergere l’attuale direzione musicale del gruppo originario di Seattle. Grandi acclamazioni per The Heart Collector e la conclusiva Enemies Of Reality, la quale ha visto l’invasione del palco da parte di una dozzina di fan delle prime file, i quali hanno pacificamente tributato i loro beniamini da molto vicino. Da urlo anche le ultime nate The Termination Proclamation e Moonrise (Through Mirrors Of Death), così come le più datate Born e This Godless Endeavor, le quali mettono in mostra una band coesa e guidata dalla classe di Jeff Loomis, un chitarrista di grande talento che sa mettere la propria tecnica al servizio dei brani.
Anche in occasione dei Nevermore viene festeggiato un compleanno, cioè quello di Warrel Dane, oggi quarantaduenne con annesso coro da parte del pubblico veramente caldo e stipato nelle prime file. Ai cinque va anche il pregio di aver scatenato l’unico accenno di pogo della serata, merito che va ricercato anche nella violenza sonora espressa dalle loro canzoni.
Va detto che replicare o superare la carica di un concerto del genere è cosa non da poco, quindi i Symphony X hanno un grave fardello sulle proprie teste, cioè quello di non deludere le aspettative create dallo show dei Nevermore, forse il migliore della serata.


                                                            
       

 

Setlist
Inside Four Walls
Moonrise (Through Mirrors of Death)
The Termination Proclamation
Your Poison Throne
Born
The Heart Collector
The River Dragon Has Come
Emptiness Unobstructed
This Godless Endeavor
Enemies of Reality

Symphony X
Ed ecco quindi arrivare il momento che molti aspettavano: il concerto dei Symphony X. Una delle prime cose che si notano durante il lungo cambio palco è il ricambio del pubblico: coloro i quali hanno seguito lo show dei Nevermore lasciano spazio ai fan della prog-power metal band del New Jersey. I continui slittamenti della data di uscita di Iconoclast, nuovo aldum dei Symphony X, li hanno portati ad imbarcarsi in questo tour senza uscite da promuovere, ma c’è stato anche spazio per due inediti estratti proprio dal disco di prossima pubblicazione.
Si comincia con Of Sins And Shadows, il classico pezzo fatto per essere suonato dal vivo e che ha il potere di introdurre in maniera estremamente potente la band. Sin da subito si nota come il singer Russell Allen sia in grandissima forma con una voce più aggressiva rispetto a quello che si può ascoltare nei dischi in studio. Nemmeno il tempo di scambiare qualche battuta ed arrivano in rapida successione Domination e The Serpent’s Kiss, altri due pezzi da novanta che introducono il primo brano inedito della serata, dal titolo End Of Innocence. La canzone si staglia su ritmiche tipiche dei Symphony X e non presenta, ad un primo e superficiale ascolto, particolari spunti di novità per l’economia del gruppo. I fan delle ultime opere possono dormire sonni tranquilli, quindi.
Si prosegue fino ad arrivare a quello che, personalmente, ritengo l’highlight della serata, cioè Evolution (The Grand Design) che scatena una risposta da parte del pubblico di enorme gradimento. Subito dopo viene presentato il secondo pezzo inedito, Dehumanized, il quale è introdotto da un riffing piuttosto serrato e propone un Russell Allen estremamente aggressivo. La serata si conclude con Sea Of Fate, encore che riscuote notevoli consensi da parte dell’Alcatraz ed un ritorno di Warrel Dane sul palco per dare una mano ad Allen ad incitare il pubblico, nonché per celebrare nuovamente il suo ed il terzo compleanno della serata, quello del chitarrista Michael Romeo, il quale il giorno prima ha compiuto 43 anni.
I Symphony X hanno regalato ai propri fan un’esibizione di grande spessore artistico, che è stata in grado di eguagliare l’energia sprigionata dai Nevermore, cosa veramente non da tutti. Ora non resta che attendere il nuovo disco, sperando che il livello delle composizioni sia quello intravisto questa sera grazie ai due brani nuovi.


                                                            
       

 

Setlist
Of Sins And Shadows
Domination
The Serpent’s Kiss
End Of Innocence [Nuova]
Paradise Lost
Inferno (Unleash the Fire)
Evolution (The Grand Design)
Dehumanized [Nuova]
Set the World on Fire (The Lie of Lies)
Sea Of Fate

Il bilancio complessivo di questa serata meneghina è quello di un mini-festival riuscitissimo proprio perché in grado di accostare più generi e di accontentare quasi tutti. Il potere del metal sta anche in queste “riunioni di famiglia” allargate ai cultori delle diverse sfumature della nostra musica preferita e l’atmosfera di festa respirata all’Alcatraz di Milano è stata veramente piacevole, come una rimpatriata tra vecchi amici.

Andrea ‘Thy Destroyer’ Rodella