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Rage (Viktor Smolsky)

Di Stefano Vianello - 24 Febbraio 2012 - 0:30
Rage (Viktor Smolsky)

Alla vigilia della release dell’ultimo album dei Rage intitolato ‘21’, siamo andati ad intervistare Viktor Smolsky che ci ha raccontato dell’album nuovo, della vita on the road, dei progetti per celebrare i 30 anni dei Rage…e di quella serata al casinò… Buona lettura.

Intervista a cura di Kiara Laetitia

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KIARA: Ciao Viktor, come va? Prima di tutto devo dirti che ho ascoltato il nuovo album e spacca!
VIKTOR: Tutto benissimo, grazie! E grazie per i complimenti sull’album, sono contento!

K: La prima domanda potrà sembrare banale ma… perché avete chiamato il vostro ultimo lavoro ‘21’?
V: I significati sono diversi: il primo si riferisce semplicemente ai 21 CD pubblicati dai Rage in 27 anni di carriera; eravamo in sala prove un giorno, ci siamo guardati e abbiamo detto: “Oh, guarda abbiamo fatto 21 album!” e poi siamo andati ad analizzare il numero più in profondità…sai, il 21 è anche l’altro nome per il blackjack e ricordava una storia di un po’ di tempo fa. Ero in tour da solista negli States e sono andato a farmi un giro al casinò con la mia band e ci siamo trovati a vedere delle situazioni folli, di come la gente riesce a perdere tutto in una notte ed è come se lì tutti fossero impazziti. Ho iniziato a raccontare questa mia esperienza agli altri membri dei Rage e ci siamo messi a riflettere su come nel gioco d’azzardo puoi rischiare molto e arrivare a perdere tutto solo perché volevi troppo…questa riflessione ci ha portato a fare un paragone con la vita di tutti i giorni in cui puoi rischiare e vincere, ma a volte puoi perdere tutto e non solo soldi.

K: Infatti avevo intuito che il casinò potesse c’entrare anche per via del titolo dell’intro ‘The House wins’. Quindi è in qualche modo autobiografico, a te piace scommettere?
V: Ma sai, io adoro i rally e quando corro in macchina di rischi ne prendo parecchi e vedo come a volte nei rally vuoi troppo e rischi troppo…e puoi finire male. Si, è bello molte volte poter controllare il tuo destino (ride).

K: I Rage hanno iniziato nell’ 84, è una carriera lunga! Anche se tu sei entrato dopo, in generale cosa rifaresti potendo tornare indietro e cosa no? Hai dei rimpianti?
V: In realtà hanno iniziato nell’83, non si chiamavano Rage, hanno dovuto cambiare nome, ma diciamo che per noi la storia dei Rage inizia nel 1983. Comunque, io sono con i Rage da 12 anni e … no, potendo tornare indietro non cambierei assolutamente niente! Sono contento di quello che ho fatto! Ho fatto quello che volevo al meglio e mi sento bene. Nei Rage mi sento a mio agio, ho la mia dimensione…alla fine ci piace la stessa musica, ci divertiamo insieme…è una bella sensazione per cui assolutamente non cambierei nulla!


K: I 30 anni di carriera della band si avvicinano. Avete in programma qualcosa di particolare, un ‘Best of’, un cofanetto deluxe, dei concerti speciali per i vostri fans?
V: Certo! Vogliamo fare qualcosa di strabiliante per festeggiare! Wow, 30 anni sono tanti! Non ci sono molte band con una carriera così lunga! Penso faremo un ‘Best of’, anche perché i Rage non hanno mai pubblicato un vero e proprio ‘Best of’. E poi magari anche un DVD, tratto da una registrazione unplugged magari con un’orchestra e qualche guest…e poi party!!!

K: Tornando a ‘21’ il nuovo album? Cosa ci puoi dire? Sai, quando esce un nuovo lavoro, capita di sentire parlare i fans o gli addetti ai lavori di evoluzione della band, evoluzione del suono… Cosa ne pensi tu di ‘21’, lo ritieni coerente con il passato o innovativo?
V: Mah, diciamo che sperimentare con ci dispiace, se pensi per esempio agli show con la Lingua Mortis Orchestra… Però abbiamo capito che ci piace comporre materiale heavy, come trio. L’esperienza con l’orchestra è stata bellissima però volevamo scrivere qualcosa di impatto.  Poi, sai com’è, alla fine in studio si finisce sempre per sperimentare qualcosa di nuovo ogni volta, tipo un nuovo arrangiamento, Peavey prova dei growls con la voce… Io passo la maggior parte del tempo in studio a trovare degli arrangiamenti in cui chitarra, basso e batteria creino un impatto da paura. Personalmente credo sia l’album più heavy da quando sono nei Rage, dai tempi di ‘Black in Mind’. Direi che siamo tornati ad essere diretti ed heavy come songwriting ma in un modo nuovo.

K: Com’è stato il songwriting di ‘21’?
V: Abbiamo iniziato a mettere insieme un paio d’idee all’inizio dell’anno scorso credo, ma i tour ci hanno tenuti piuttosto impegnati. Poi dall’estate ci siamo messi sotto, io e Peavy ci siamo seduti a mettere giù dei pezzi, io avevo delle melodie, lui ne aveva delle altre e poi, una volta scritta la musica, sono stati composti i testi. Il nostro modo di scrivere musica è molto old fashion. Non ci piace la nuova moda di registrare un demo del nuovo album e poi ascoltarlo, ci piace fare le cose alla vecchia maniera, portare le nostre idee in studio e poi iniziare a jammare! Il songwriting è durato un paio di mesi, a settembre eravamo già in studio a registrare!

K: C’è una canzone che ami particolarmente in questo nuovo lavoro? O magari più di una?
V: Adoro ‘Forever Dead’, diciamo che al momento è la mia preferita, poi sai a volte i gusti cambiamo (ride), ma per adesso è ‘Forever Dead’. Ma alla fine ovviamente mi piacciono tutte, c’è del materiale davvero interessante in quest’album. Se pensi che le canzoni sono venute fuori praticamente da jam session, puoi captare che ci siamo divertiti parecchio con questo album.

K: Anche se non ti occupi tu dei testi, devo dirti che sono rimasta colpita dalle tematiche affrontate, il suicidio per esempio…
V: Si, i testi sono davvero molto dark. Si amalgamano bene con la musica, ma soprattutto sono testi molto personali quelli che Peavy ha scritto. Quando ho visto il testo di ‘Forever Dead’ sono rimasto shockato all’inizio perché, sai, Peavey parla della sua infanzia, dei suoi problemi, di suo padre…sono cose piuttosto personali. Anche ‘Psycho Terror’ è una storia vera. A mio parere sono i testi più personali che Peavey abbia mai scritto, dark e interessanti, parlano anche di suicidio…e sono tutte storie vere. Credo che aiutino a riflettere.

K: Parlando di temi un po’ forti, ritieni che la musica sia ascoltata che suonata aiuti a risolvere i problemi, che abbia un effetto terapeutico?
V: Credo di si. In questo caso, penso che per Peavey sia stato terapeutico il fatto di mettere in musica i suoi problemi. Per me la musica è una religione, l’ascolti, la vivi e la senti sulla pelle. Poi, io non ho un animo molto dark, depresso, anzi sono una persona estremamente felice e che ama divertirsi. Mi godo ogni giorno e certamente la musica mi ha aiutato tantissimo, senza di lei non potrei esistere, nessuno può levarmi la musica! Mai!

K: Cosa vuoi comunicare quando suoni? Dicevi che sei una persona molto felice, è quello ciò che vuoi comunicare? E’ una domanda un po’ intimista e forse difficile…
V: No, al contrario. Sai, ho molti studenti nella mia scuola e quello che cerco di mostrare loro è il buono della musica, come godersela al massimo, come sentirla dentro. La musica è libertà e ai miei studenti insegno che la musica deve essere libera, mai giungere a compromessi perché ti rendono infelice. Quando la musica è un lavoro, saresti portato a pensare di dover arrivare a dei compromessi, ma poi alla fine non sei felice. Lavorare nella musica è duro ma devi sempre trovare in tutto ciò che fai la parte divertente, ti deve piacere, non farlo con lo scopo di essere famoso o chessò. Devi lavorare duramente nella musica, ma devi sempre trovare quel qualcosa che te la fa piacere come all’inizio. Con i Rage non siamo mai giunti a nessun compromesso, abbiamo sempre fatto quello che volevamo e come lo volevamo ed è il segreto della nostra energia. Penso che si veda che lo facciamo con passione e ci divertiamo. E’ anche uno dei motivi per cui mi piace suonare nei locali piccoli, lo spazio tra il musicista e il pubblico è più ristretto e si comunica meglio. Quando vedo le espressioni dei miei fans, quando vedo che si divertono..lì trovo la mia energia per lo show e anche per continuare in questo lavoro. Quando so che le persone che sono venute al nostro concerto vanno a casa contente e la loro giornata è migliore anche grazie alla mia musica, per me è fantastico!


K: Parlando di fans, c’è qualcosa di pazzo che un fan ha fatto per te e che vuoi raccontarci?
V: Si, i nostri fans sono pazzi! Pazzi in un modo carino! A volte viaggiano e seguono tutto il tour e tu sei lì che suoni e riconosci la persona che era a tutti gli altri concerti che è sempre lì in prima fila. A volte ti fanno dei regali pazzeschi! Ti raccontano di come la tua musica li abbia aiutati nei momenti difficili. Per me è da fuori di testa vedere i fans che hanno il mio nome o quello dei Rage o il logo tatuato…insomma, un tatuaggio rimane per sempre! Ecco, si questo mi sembra sufficientemente un gesto folle! (ride)

K: Parlando di te invece, cos’è la cosa più pazza che hai fatto per la musica?
V: Per me è stato pazzo e rischioso lasciare la mia città e vivere da solo in Germania perché volevo diventare un musicista di fama internazionale. Ero in Bielorussia, avevo la mia band e tutto andava a gonfie vele. Suonavamo negli stadi, vendevamo qualcosa come 10 milioni di dischi, ma era solo in una nazione e io volevo di più. Purtroppo avevamo dei problemi con i visti per viaggiare dalla Bielorussia e quindi il successo era concentrato solo lì. E’ stato difficile mollare tutto quello che avevo dal successo agli amici e la famiglia per andare in Germania e ripartire da zero e tutto perché volevo suonare in tutto il mondo e volevo essere libero. Questo per me è stato un gesto davvero rischioso e pazzo. In più il livello del mio tedesco era improponibile…wow, è stata dura, nuovo Paese, tutto nuovo…

K: Bhe, credo che questo sia un messaggio bellissimo per tutti quelli che ci leggereanno. Nella vita, se si vuole qualcosa, bisogna spaccarsi in due per ottenerla e fare dei grossi sacrifici…
V: Assolutamente si! Tutti i sogni che avevo, li ho realizzati. Cazzo, è stata dura, mi sono davvero spaccato in due ma alla fine ho ottenuto quello che volevo. Tutti i sogni possono diventare realtà col duro lavoro e se credi in quello che fai! Poi certo ho ancora dei sogni da realizzare, magari dei progetti particolari, ma la parte più importante, quella che volevo, cioè fare il musicista a tempo pieno ed essere libero, l’ho realizzata. E questo senza mai giungere a compromessi, facendo sempre quello che volevo e come lo volevo. Sono felice! Ho anche la possibilità di occuparmi dei miei hobby e di fare ciò che amo…quindi si, è stata dura ma ne è valsa la pena!

K: Cosa ti piace di più del tuo mestiere? Suonare dal vivo o registrare? Scommetto dirai suonare dal vivo…
V: Tutte e due invece! Allora, quando sei in tour da tanto tempo e viaggi parecchio, sei stanco…non stanco di suonare, quello è sempre un piacere, ma stanco della vita on the road, voli, hotel, tour bus…è dura a volte. Così capita che, dopo un po’ che sono in tour, vorrei prendermi una pausa ed andare un po’ in studio a registrare… Poi, quando sono in studio di registrazione per due mesi di fila allora vorrei prendermi una pausa ed andare in tour. Sai qual è la parte più bella? Il momento del cambio. Alla fine non potrei mai vivere solo on the road, è troppo per me. Quello che non voglio che succeda è perdere l’entusiasmo…perché sai, quando sei in tour e viaggi come un pazzo e suoni ogni sera, c’è il rischio che diventi come il classico lavoro che fai perché devi fare e non perché lo ami. Io non voglio che mi accada questo, voglio godermi ogni concerto che faccio come il primo, voglio che sia qualcosa di speciale, non voglio che sia qualcosa che devo fare…ecco, quello non mi piace.

K: Hai viaggiato molto. C’è un Paese che ti ha colpito particolarmente o in cui ami suonare?
V: Ogni Paese è diverso e fa storia a sé. A volte quando sono in Germania vorrei che il pubblico fosse caloroso come quello giapponese, dove urlano come pazzi. In Sud America più che un concerto è una festa. Io mi diverto sempre e dovunque vado. Se dovessi scegliere l’audience perfetta, direi: una via di mezzo tra l’ascoltatore attento ad ogni nota e quelli che pogano senza ascoltare quello che fai. A volte vedi dalle facce di alcuni fans che sono proprio lì ad ascoltare in religioso silenzio ed io dico: ‘ma cazzo lasciati andare, goditi la musica!’. La via di mezzo è sempre la cosa migliore.


K: A proposito di concerti, presto partirà il tour europeo…
V: Si, se non sbaglio dovremmo partire il 20 marzo col tour europeo. Purtroppo abbiamo solo una data a Milano, che peccato…avrei preferito fare più concerti in Italia perché il pubblico è fantastico. Poi abbiamo in programma il Giappone, la Russia, credo il Sud America e poi si partirà con i festival estivi.

K: Ci puoi rivelare cosa suonerete in questo tour?
V: Suoneremo un sacco di pezzi del nuovo album, perché è così d’impatto e potente che renderà benissimo dal vivo. Poi ovviamente suoneremo anche pezzi vecchi…so che i fans vogliono ascoltare pezzi come ‘Higher than the Sky’, ma vorremmo suonare pezzi vecchi che non abbiamo mai suonato dal vivo, per dare al nostro pubblico anche qualcosa di diverso.

K: Cosa vuoi dire ai tuoi fans con questa nuova release, che messaggio vuoi dare loro?
V: E’ difficile da spiegare. Ogni persona sente le cose a modo suo, quindi io preferisco lasciare all’ascoltatore la libertà di viversi ‘21’ sulla propria pelle. Noi comunichiamo come ci sentiamo con la nostra musica, poi chiunque lo ascolterà sarà libero di fare quello che vuole o di giudicarlo come meglio crede. A volte quando parli con i fans, la stessa canzone ha un impatto e un significato diverso per ognuno. Le canzoni di ‘21’ sono tutte storie vere, per esempio quando parliamo di internet, quello è un monito per i più giovani che usano tanto internet. Nel senso, internet va benissimo, aiuta la gente a comunicare, ma bisogna stare attenti perché internet è pieno anche di coglioni che usano la rete per scopi non proprio nobili.

K: Parlando di internet, cosa ne pensi del download di file musicali?
V: Quando internet non è un mezzo di controllo, va benissimo. Vuoi scaricare la musica illegalmente, ok scaricala! Però non credo a mio parere che alla fine sia un atteggiamento giusto. A me piace avere il CD, ma soprattutto il booklet…il CD è un bene prezioso. Non mi preoccupo tanto per adesso e per gli artisti già conosciuti. A me preoccupa il futuro, le nuove generazioni, così uccidi in partenza tutte le nuove band che stanno cercando di emergere e non è giusto. Le condanni a morte prima ancora di partire!

K: Grazie mille Viktor per il tempo che mi hai dedicato e ti aspettiamo in concerto!
V: Grazie a voi per il sostegno!