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Scar Symmetry (Henrik Ohlsson)

Di Daniele D'Adamo - 15 Aprile 2011 - 0:10
Scar Symmetry (Henrik Ohlsson)

È di nuovo il loro momento: il momento, cioè, dell’uscita di un nuovo album in studio. È il momento degli Scar Symmetry e di “The Unseen Empire”. Un lavoro che, presumibilmente, rappresenterà un punto fermo della carriera degli svedesi, dato atto della svolta melodica che c’è stata rispetto a “Dark Matter Dimensions”, il suo predecessore. Parliamo di questo e di tanto altro con Henrik Ohlsson, il batterista della band di Avesta.


 

È passato un anno e mezzo da “Dark Matter Dimensions”. Com’è andata? Avete avuto dei riscontri adeguati alle attese?
Sì, penso di sì. Voglio dire, abbiamo girato un bel po’ per “Dark Matter Dimensions”, e questo ha pagato. Per quest’album un sacco di gente era sospettosa a causa del cambiamento di line-up, perché questo è stato il primo full-length con il nuovo cantante. Ma ora, dopo un anno e mezzo, i fan hanno accettato la nuova formazione. “Dark Matter Dimensions” è stato un lavoro che abbiamo fortemente ‘voluto’ e siamo rimasti soddisfatti per la risposta che abbiamo avuto.

E, sempre a proposito di questo full-length, come sono andati i successivi tour a supporto dello stesso?
Sono andati molto bene. Nel 2009 c’è stato il tour europeo, poi numerosi festival e quindi una breve tournée in Spagna. Nel 2010 abbiamo fatto il primo U.S. tour e un sacco di festival e, dopo l’estate, abbiamo fatto un altro tour sempre negli States, che è terminato appena prima di Natale dello scorso anno. Sì, posso dire che sia andata molto bene!

Parlando appunto di concerti, avere due cantanti in formazione significa avere una difficoltà in più, durante i live, oppure è un’arma vincente?
Per noi penso che sia una soluzione vincente. Sai, non dobbiamo più preoccuparci se si passa da una voce a un’altra. Possiamo fare quello che vogliamo…  e questa è stata davvero una buona cosa, per noi. Per esempio, nelle canzoni dove abbiamo solo del cantato death, Lars (Lars Palmqvist, clean vocals, ndr) sale sul palco, beve po’ d’acqua, si lascia andare… e, naturalmente, poiché abbiamo due cantanti, può far riposare la sua ugola mentre canta Roberth (Roberth Karlsson, hars vocals, ndr) e viceversa. Sai, quando abbiamo avuto solo un cantante, era molto difficile per lui cantare tutta la notte; notte dopo notte. Soprattutto durante i tour, dove si vive nel tour-bus e le condizioni non sono ideali per prendersi cura della propria voce e per tenerla al caldo.

Gli Scar Symmetry sono noti per la robusta dose di melodia. A chi è dovuta, questa feconda caratteristica? A tutti voi, oppure c’è qualcuno con una particolare inclinazione?
Penso che sia dovuta a tutti noi. Ci piace la melodia, ma ci godiamo anche la brutalità. Siamo cresciuti con le death metal band degli anni ottanta. Oggi il death è abbastanza melodico, ma a quei tempi era abbastanza ‘rumoroso’ (risata, nda). Siamo tutti entrati nel death metal degli anni novanta, quando abbiamo iniziato a suonare. Gli Scar Symmetry sono un mix tra il melodico e il death metal che abbiamo ascoltato negli anni passati e che ascoltiamo nel presente.

Così, dal 2004 suonate sempre questo melodic-death-base, o avete cambiato lo stile e il suono in questi anni?
Abbiamo sempre mantenuto intatti tutti i nostri ‘key-sounds’; gli stessi elementi – l’harsh e la voce pulita – , combinati in diverse parti dei brani. Lo stile, invece, è cambiato un po’, album per album. In “Dark Matter Dimensions” siamo andati, infatti, verso la brutalità, mentre nel nuovo disco ci siamo appoggiati verso un suono più melodico.

Come nasce, quindi, una canzone dal grandioso ritornello come “The Consciousness Eaters”?
Quella canzone è stata scritta da Jonas (Jonas Kjellgren, chitarra, ndr), mentre le linee vocali per il coro sono state create da Per Nilsson, il nostro secondo chitarrista. Quando si tratta di musica Jonas fa dei riff, provando con idee diverse, mentre Per ha questo talento particolare per creare le vocals pulite per Lars. Questo modo di lavorare è abbastanza simile per diversi cori, seguendo la stessa formula che per noi funziona.

E, in generale, qual è il vostro modo di comporre le canzoni?
Beh, prima di tutto lavoriamo come in un team: nella band abbiamo tutti dei ruoli specifici, e cerchiamo di mantenere fisso, in questo modo, il suono della band; senza cambiarlo troppo. Jonas e Per scrivono le canzoni. In passato hanno composto individualmente ma poi si sono riuniti nel songwriting, mescolando le loro idee. In questo nuovo album hanno collaborato un po’ di più lavorando insieme nello studio di Jonas, cercando le idee e arrivando alla struttura dei pezzi. Poi io scrivo i testi, come ho fatto sin dall’inizio. Quando Lars e Roberth registrano le voci, in studio, portano sempre i loro suggerimenti e le loro idee; tuttavia sono sempre Jonas e Per a creare la base e la struttura per le canzoni e le linee vocali.

Quindi sei tu, Henrik, che scrivi i testi, a decidere sugli argomenti e temi?
Sì, io di solito elaboro un concetto per ogni album. Non so perché ma ho sempre molte idee per i testi. Idee che non mancano mai sia quando si tratta di immaginarle, sia quando si tratta di scriverle.

Passiamo a “The Unseen Empire”, ora! Avete cambiato qualcosa, nel songwriting, rispetto a “Dark Matter Dimensions”?
Sì, come ho detto Per e Jonas hanno collaborato di più nello scrivere le canzoni. Per il resto penso che ci sia stato più o meno lo stesso approccio rispetto al passato, ma per qualche motivo “The Unseen Empire” sembra essere più melodico; anche se non abbiamo programmato di farlo così. Si tratta, infatti, di ‘roba del momento’; di quello che viene fuori spontaneamente. Non c’è nessun grande progetto, alla partenza.

“The Unseen Empire” è un concept-album. Il tema principale è chiaro. Tuttavia, ci potete raccontare qualche particolare in più, rispetto alle note ufficiali che si leggono in giro?
Sì. Il tema principale, come hai detto, è abbastanza evidente. Nel concetto c’è un ‘governo ombra’ dietro al ‘governo ufficiale’. Fra essi è il primo che, realmente, manovra il Mondo. C’è l’Impero visibile che sembra guidare la Terra, ma poi c’è questo Impero invisibile che, invece, la manipola veramente e in gran segreto. Il punto di vista per osservare questo concetto è un po’ diverso, da canzone a canzone. Alcune canzoni trattano di più il versante politico, ma non in modo noioso (risata, nda). Le altre canzoni sono invece più astratte, e speculano di più sull’influenza malefica che deriva da intelligenze come quelle dei rettili; intelligenza sulla quale ci sono parecchie teorie interessanti.

Come vi è venuta in mente, l’idea di raccontare di queste persone che – invisibili – reggono le sorti del Mondo?
È stato qualcosa che abbiamo già scritto nei nostri album precedenti, come in “Pitch Black Progress” (2006) e in “Holographic Universe” (2008). Ma è stato più come una sorta di ‘sottofondo’, di un’angoscia non ben definita. In quest’album, invece, l’idea è diretta e frontale. È un’idea che arriva dalle teorie che ho letto e che mi hanno sempre affascinato. C’è uno scrittore britannico abbastanza estremo, David Icke, che mi ha influenzato parecchio, nella stesura di qualche testo.

La glaciale copertina richiama tristi ideologie del passato, che hanno determinato – direttamente e indirettamente – milioni di morti. A cosa vi siete ispirati, in particolare?
Prima di tutto devo dire che quella che hai visto non è la copertina di “The Unseen Empire”: è solo una foto dell’album! Non so perché ma per qualche motivo l’etichetta (la Nuclear Blast Records, ndr) la sta usando ovunque per promuovere il CD. Beh, comunque è ugualmente rilevante perché si vedrà l’aquila anche sulla copertina, anche se con un sacco di differenze. In ogni caso, quello che abbiamo voluto fare è stato di utilizzare diversi simboli direttamente legati al concetto del disco. Così l’aquila, che è emblema di libertà e dominazione, rappresenta la vittoria e il dominio sugli altri. Abbiamo preso l’idea da “Free Machinery”: sull’aquila c’è un angolo netto e nero, ma l’immagine originale contiene un numero trentatré che abbiamo tolto perché non volevamo collegarla troppo, appunto, a “Free Machinery” (risata, nda)!
 

 

In generale, comunque, dai vostri lavori si percepisce una passione per ‘il nascosto’, per ‘l’occulto’ ma – anche – per la scienza e la fantascienza. Cosa ci potete dire, in merito?
Sì, sono interessato a entrambe le cose… mi interessa il ‘confine’, dove mistero diventa scienza e viceversa, quando la scienza è così nuova e strana che sembra un mistero… e quando il mistero diventa così evidente che diventa scienza. Inoltre, quando tutto ciò è accettato dalla gente diventa ancora più interessante. È questa la base dei miei interessi. Quindi, le mie idee e temi per i concept-album vengono fuori automaticamente. Essendo la mia passione, questo tipo di interesse è quindi una fonte inesauribile di idee. Credo che debba funzionare proprio così, per scrivere molti album. Forse avrei potuto scrivere un album di ‘cose ordinarie’, ma sarebbe finita lì. Ho proprio bisogno di avere questa passione interiore, per far funzionare bene i miei testi.

In che modo avete realizzato “The Unseen Empire”? Vi siete ‘messi a tavolino’, oppure è uscito ‘tutto da solo’ come un parto naturale?
Per quest’album tutto è stato molto spontaneo, ma allo stesso tempo tutto doveva essere fatto in fretta perché eravamo in tour negli Stati Uniti, invece che in studio a registrare: in origine avremmo dovuto lavorare sull’album durante il tour, ma poi la pensata non ha funzionato. Avendo poco tempo a disposizione non potevamo analizzare a fondo il materiale, per cui alla fine è stato come un parto naturale (risata, nda). Con il senno del poi penso che sia andata nel modo giusto: non abbiamo avuto molto tempo per realizzare le canzoni, ma non abbiamo dovuto nemmeno pensarci troppo su.

Allora, quanto tempo siete stati in studio per la registrazione?
Siamo stati in studio due mesi circa: abbiamo iniziato a novembre con le parti di batteria, ma poi siamo andati in tour e quindi per cinque settimane non è successo niente. Quidni c’è stato Natale, c’è stato Capodanno; così siamo entrati nuovamente in studio agli inizi di gennaio per terminare il lavoro all’inizio di febbraio.

La potenza del vostro sound non si discute. In “The Unseen Empire” parrebbe, però, che ci sia più spazio per la riflessione a discapito di una forza bruta che sembra essersi ridotta. È vero?
Sai, è davvero difficile rispondere a questa domanda perché è complicato essere obiettivi su ciò che si è fatto. Ma ci provo lo stesso (risata, nda)! Sì, “The Unseen Empire” può sembrare più melodico di “Dark Matter Dimensions”, e sono d’accordo su questo. Allo stesso tempo, però, c’è ancora brutalità. Penso che “The Unseen Empire” sia più vicino a quello che è la nostra idea musicale, rispetto a “Dark Matter Dimensions”. Tuttavia, non abbiamo programmato nulla. Abbiamo solo scritto le canzoni pensando: «qualunque cosa verrà fuori, la faremo!».

La maggior ricercatezza di soluzioni musicali, più varie e più complete rispetto a quelle di “Dark Matter Dimensions”, è un aspetto legato direttamente al fatto che “The Unseen Empire” sia un concept-album (quindi, con una ‘storia’ anche per le musiche), oppure è figlia di una vostra evoluzione artistica generale?
Penso che la nostra evoluzione artistica, in generale, sia sempre in progresso, passando da un album all’altro ma, come ho detto, è davvero difficile essere obiettivi. Noi stessi pensiamo che “Dark Matter Dimensions” sia venuto fuori forse troppo crudo: in fondo, non abbiamo mai voluto competere gruppi come Cannibal Corpse, ecc… questo non è quello che siamo. Con ciò, penso che con “The Unseen Empire” siamo molto vicini a ciò che vogliamo davvero fare, e quindi è stato un naturale progresso dell’evoluzione artistica degli Scar Symmetry.

I vostri obblighi contrattuali con la Nuclear Blast sono stretti oppure vi danno del margine per potervi esprimere in modo più spontaneo e meno… ‘professionale’?
Beh, siamo completamente liberi per quanto riguarda lo scrivere la musica, e in pratica possiamo fare quello che vogliamo. Naturalmente, se volessimo registrare qualcosa che la gente non gradirebbe, non venderemmo dischi e così l’etichetta ci butterebbe fuori (risata, nda)… quindi, c’è sempre qualche margine da tenere a mente e dobbiamo continuare a scrivere musica che piaccia alla gente. Abbiamo una nostra formula personale: noi sappiamo come e perché siamo arrivati a questo livello, quindi non abbandoneremo mai il nostro stile per fare qualcosa di completamente diverso.

Ovviamente immagino che siate soddisfatti del lavoro fatto. C’è però qualcosa che avete tralasciato e che vorreste, magari in futuro, proporre di nuovo?
Ci sono sempre delle cose che si vorrebbero aggiungere o modificare, naturalmente, poiché non è possibile fare l’album perfetto… sfortunatamente… o forse no! Sai, se riuscissi a creare l’album perfetto non ci sarebbe alcun bisogno di andare avanti… quindi, di sicuro, ci sono cose che faremo in modo diverso, in futuro, cercando però di migliorarci sempre. Ma è impossibile sapere adesso ciò che faremo e modificheremo e/o aggiungeremo nel futuro: è qualcosa che penseremo quando inizieremo a scrivere le canzoni per il nostro prossimo album.

Ora vi butterete ‘on the road’, immagino… avrete un’intensa attività live? E sin dove vi spingerete, con le date? Verrete anche in Italia?
Sì, forse verremo lì in qualche festival, perché faremo principalmente grossi eventi, quest’estate, e per questo siamo già impegnati per tutte le settimane. Per quanto riguarda il tour, lo faremo dopo l’estate. Non so ancora se faremo dei concerti anche in Italia, ma è possibile.

Due parole per i lettori di TrueMetal.it…
Beh, prima di tutto vorrei dire grazie ai nostri sostenitori. È davvero importante per noi ringraziare tutti quelli che ascoltano e supportano la nostra musica, da anni; altrimenti non saremmo gli Scar Symmetry, ora. E spero, anche, che tutti apprezzino “The Unseen Empire”: abbiamo fatto del nostro meglio e spero che sia abbastanza per tutti.

Henrik, grazie! È stato bello parlare con te! Auguro tutto il meglio possibile per questo nuovo album! Ci vediamo ‘on the road’!
Sì, grazie Tarja, ci vediamo ‘on the road’, stammi bene!

Intervista a cura di Tarja “TarjaLaura” Virmakari e Daniele “dani66” D’Adamo