Recensione libri: “I Fulmini – Megadeth, Metallica e Motley Crue”

Di Stefano Ricetti - 12 Marzo 2011 - 12:30
Recensione libri: “I Fulmini – Megadeth, Metallica e Motley Crue”

Recensione Libri: “I Fulmini – Megadeth, Metallica e Motley Crue”

Sono disponibili da qualche mese “I Fulmini“, libri di dimensioni ridotte dedicati ai singoli dischi che hanno fatto la storia dell’hard’n’heavy a 360°, così denominati dalla casa editrice Tsunami Edizioni per differenziarli dagli “Gli Uragani”, che viceversa fanno riferimento alle band vere e proprie.

Copertina con sopra rappresentato il vinile, 120/130 pagine all’incirca per ognuno e l’impagabile fruibilità del formato pocket, nella fattispecie 12×16 cm, più o meno quello che una volta veniva utilizzato anche per i pornazzi da sfogliare con una mano sola, nelle situazioni più diversificate.

I primi tre titoli a disposizione per questa nuova collana sono Metallica – Kill ‘Em All di Andrea Valentini, che è anche direttore dell’intero progetto, Motley Crue – Dr. Feelgood di Filippo Pagani e Megadeth – Rust in Peace di Angelo Mora.

A proprio modo e secondo lo stile personale di ogni autore i tre dischi vengono vivisezionati a dovere.    
 

 

Rust In Peace
di Angelo Mora

I Fulmini 2 – 128 pagine – 12×16 – ISBN 978-88-96131-20-6 – 10 Euro

 

Megadeth è la storpiatura di Megadeath, un’unità di misura coniata negli anni Cinquanta dallo stratega militare americano Herman Kahn per indicare un milione di morti in un conflitto nucleare o dove vengono utilizzate delle armi di distruzione di massa” . Questo quanto riportato dall’autore di Rust In Peace Angelo Mora a pagina 8 e 9 del Fulmine con il tondino blu all’interno del vinile nero in copertina.

Figlio di genitori separati – il padre, John, è un ubriacone violento – Dave Mustaine è il tipico ragazzo che si fa da sé – in tutti i sensi – e già a quindici anni vive da solo in quel di Huntington Beach, Los Angeles, sbarcando il lunario spacciando droga, senza farla assolutamente mancare a se stesso. Le prime pagine del libro servono per inquadrare il periodo musicale nel quale Rust In Peace vede la luce, opportunità che manca pressoché totalmente a Dave e al suo pard Dave Ellefson, in preda ad annebbiamenti plurimi, anche provenienti dalla bottiglia. Non si fanno mancare nulla, insomma, i Megadeth.

Nonostante questo il disco protagonista dell’opera viene considerato fra i migliori della discografia del gruppo rappresentato dalla mascotte Vic Rattlehead. La forza di un libro musicale si misura in gran parte sulla base del coinvolgimento diretto dell’artista o del gruppo interessato. Angelo Mora, per scrivere Rust In Peace, oltre al lavoro certosino di approvvigionamento notizie da vari canali – interviste, ritagli di giornale d’epoca, booklet, vinili, rarità, gossip etc etc – ha avuto l’opportunità di incontrare vis a vis Dave Mustaine per tre volte. Questo gli permette di costruire un’opera dai toni “ufficiali”, quindi con notizie certe e non infarcita di illazioni o peggio ancora invenzioni, ma soprattutto sobria, nonostante sia palese che egli viva a pane e Megadeth ancora oggi. Un particolare su tutti: nonostante il libro poggi sul disco del 1990, onestamente riporta una frase dello stesso Mustaine che asserisce: “Rust In Peace può essere forse considerato l’apice del thrash metal, ma non lo considero l’apice dei Megadeth. Peace Sells… But Who’s Buying? e Countdown To Extinction sono altrettanto rilevanti”. Aggiungo, personalmente, che anche So Far, So Good… So What! e lo stesso Youthanasia non scherzano un *****!

Il Fulmine blu si conclude con un’intervista al giornalista Joel McIver dopo aver doverosamente scandagliato sia a livello di testi che di pura recensione musicale le nove  canzoni del disco, passando al setaccio i cambi di line-up, le litigate di Mustaine, i concerti memorabili, le traversie legate allo sballo e la conversione religiosa del Nostro grande chitarrista dai capelli rossi.         

 

 

Kill ‘Em All
di Andrea Valentini

I Fulmini 1 – 128 pagine – 12×16 – ISBN 978-88-96131-19-0 – 10 Euro
 

Probabilmente la colorazione rosso-arancione di Kill‘Em All di Andrea Valentini non è del tutto casuale. L’autore, infatti, punta con decisione a un taglio sanguigno e passionale nell’impostazione del lavoro sia per quanto attiene gli argomenti sia per lo scritto. Un titolo come 1983: da Certaldo a Rochester posto in apertura è inequivocabile, in questo senso. Fornire una fotografia atta a inquadrare il periodo musicale ma anche politico nel quale si è sviluppata l’opera prima dei Metallica altresì in ottica italiana è scelta coraggiosa, senza dubbio. Molto più facile e meno verificabile a livello di attendibilità e riscontri sarebbe stato l’esercizio archeologico solamente ad appannaggio degli Usa.

Il secondo capitolo entra nel vivo dei demo su musicassetta che hanno permesso a Kill ‘Em All di germogliare, analizzando anche il fenomeno del tape trading, fondamentale in quel periodo per la diffusione del verbo metallico. Poi l’ingresso dell’indispensabile John Zazula nell’universo dei Four Horsemen, le session, l’inevitabile scorsa track by track, l’analisi della copertina e del titolo.
La seconda parte del libro è quella che mette a segno le parti più interessanti, a partire dallo studio della geneaologia di un suono, appunto quello rivoluzionario di Kill’Em All, con tanto di ricetta dell’ipotetico barman del Thrash Metal Cafè che spiega simpaticamente come prepararlo a tavolino: 4/10 di NWOBHM, 2/10 di Speed Metal a la Exciter, una scorza di Venom etc etc.

Il cammino – e la lettura – si fa completamente in discesa sin dalla prima intervista, quella a Ron McGovney, il primo bassista dei Metallica. A seguire: Kj Doughton, l’uomo del fan club, Kevin Hodapp, il fotografo, Maria Ferrero, presenza fondamentale alla Megaforce, poi una serie di giornalisti a partire da Ian Christe, l’autore di Sound Of The Beast.  

Il taglio tricolore dell’opera è confermato dalle intriganti chiacchierate con alcuni degli addetti ai lavori che nel 1983 vissero appieno sulla propria pelle – e all’interno dei propri timpani – Kill ‘Em All. Quindi l’imprescindibile Beppe Riva con tanto di recensione apparsa sulla bibbia Rockerilla incorporata: il famoso scritto iniziante con la frase “apologia della follia scardinatrice”, direttamente dall’epopea del giornalismo HM tricolore. A seguire Gianni Della Cioppa, Francesco “Fuzz Fuzz” Pascoletti e lo scrivente.

Il libro si chiude con l’angolo per i collezionisti, intitolato Stampe, ristampe, test pressing e promo: nove pagine in tutto e una discutibile unità contenente gli ascolti consigliati, una serie di band e album suggeriti per arrivare a carpire al meglio l’essenza e la genesi di Kill‘Em All.
 

              

 

Dr. Feelgood
di Filippo Pagani

I Fulmini 3 – 128 pagine – 12×16 – ISBN 978-88-96131-21-3 – 10 Euro

 

Last but not least Dr. Feelgood a cura di Filippo Pagani. Libro dalla copertina verde, si distacca abbastanza nettamente per stile e impostazione dai due precedenti. L’autore privilegia il racconto tout court sui Motley Crue, utilizzando come catalizzatore il famoso disco del 1989 per poter trattare a fondo il gruppo dei quattro bad boys di Los Angeles.

Onestamente e coerentemente viene scritto che Girls Girls Girls, il quarto capitolo discografico dei Nostri “è l’unico sforzo in studio a poter rivaleggiare ad armi pari con Dr. Feelgood”.

Il Cast, titolo con il quale viene presentato il paragrafo due, parte con il piede premuto sull’acceleratore presentando senza peli sulla lingua e con un linguaggio adeguato i Motley Crue. Prosaicamente, il diffusissimo oggetto di desiderio femminile viene declinato più e più volte insieme con il nome e il cognome di droghe varie, a seguire alcool e stravizi. Impossibile non ricorrere a tali mezzi per descrivere verosimilmente i membri della band. Alcune perle: Nikki SixxDa tossico scopavo cinque ragazze a settimana, incluse celebrità, ora sono praticamente fidanzato con la mia mano destra”. Tommy Lee riferito a Vince Neil: “Quell’uomo infilerebbe il suo uccello anche sotto le ascelle di mia nonna, basta che siano spalancate e poco pelose”. A chiosa un esplicativo fotomontaggio dal contenuto inequivocabile contenente un buon campionario di reggicalze – peraltro molto ben indossati -, nylon a go-go e pussy al vento, ovviamente.

Scorrendo i capitoli successivi, sempre dello stesso tenore e intensità, si arriva all’analisi dei testi delle canzoni componenti Dr. Feelgood e della copertina. Poi è la volta del Moscow Music Peace Festival dell’agosto 1989 a testare le capacità on stage dei Crue di fronte a 120.00 paganti: in pratica uno show leggendario, il primo tenuto in uno stato di assoluta sobrietà. Come spiegato ampiamente nel libro, però, non si può fare una frittata senza rompere le uova e i Nostri, riandando all’adagio americano “time is the best healer” lo rivisitano in chiave tipicamente motleycruiana in “time is the best dealer”, ossia “il tempo è il miglior spacciatore”, ricominciando a darci dentro alla grande. L’opera si chiude fra schede tecniche, trivia e bibliografie assortite.

Dr. Feelgood: libro frizzante per un disco “stupefacente”.

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti