Live Report: Jon Oliva’s Pain (Londra, UK, 15.7.2012)

Di Alessandro Zaccarini - 16 Luglio 2012 - 21:14
Live Report: Jon Oliva’s Pain (Londra, UK, 15.7.2012)

“Credetemi, non lo faccio per soldi” (Jon Oliva, Londra, 15.7.2012)

E io a questo omone della Florida credo. Credo perché nonostante abbia sottomano la TSO (una creatura da milione di dollari, che ovunque vada riempie teatri e palazzetti) lui continua a disertare gli show da 20.000 persone a sera per suonare i pezzi dei suoi Sava in giro per le bettole di mezzo mondo. E lo fa con un nome diverso, giocandosi una buona fetta di ingressi.

A lui piace cosí, il locale intimo, quella che senza dubbio é la dimensione che piú valorizza il suo carattere e la sua musica. Un ambiente quasi domestico, quasi da piano bar, in cui puó dire e fare quello che vuole senza finire nei titoli della CNN: “Artista metal ubriaco canta canzoni di Natale intervallandole a racconti di prostitute e cocaina. Offese agli omosessuali. Fantastici i giochi di luce e l’omaggio a Mozart”.

Jon Oliva é uno che si diverte davvero, ogni sera, a fare ció che fa. Lo capisci dal sorriso soddisfatto, da come dialoga con il pubblico, dagli occhi lucidi nei momenti piú toccanti. Un personaggio estremamente genuino, adorabilmente scorretto politicamente. Dice quel che pensa, senza filtri, ti parla tranquillamente dei giorni in cui componeva pieno di cocaina, si scola mezza bottiglia di vodka e prende a testate il microfono perché il braccio del supporto traballa. Poi si gira verso il suo batterista, che sta usando il set di uno dei gruppi di supporto per via delle dimensioni ridotte del palco, e gli dice “Chris, dietro quella batteria di Topolino sembri un frocio”.

Jon Oliva é cosí, prendere o lasciare. Ed é cosí non per contratto o perché il personaggio lo richieda. È cosí e basta. È uno di quelli a cui la fama interessa il giusto, uno che accetta di suonare con una strumentazione che non é la sua, anche se significa togliere dalla scaletta Tonight He Grins Again, uno dei suoi pezzi preferiti.

La voce non c’é piú – lo sapevamo giá – come non c’é piú la salute. Sempre piú pachidermico, sempre piú immobile, sempre piú devastato per la perdita delle persone a lui care, che continuano a cadere come farfalle. Ultimo di una lista troppo lunga é Matt LaPorte, a cui mi permetto di riservare una piccola nota personale. Ho avuto il piacere di conoscere LaPorte nei primi anni del 2000: come tanti, una persona umile e devota alla musica. Abbiamo parlato di Criss Oliva, un eroe in comune. Di come faceva fischiare la chitarra, di come uscisse dagli stereotipi. Un chitarrista mediocre (io) e uno con ben piu’ talento (lui) a raccontarsi di quanto Criss fosse speciale e quanto mancasse alla musica. Di quanto sottovalutato sia rimasto nonostante la sua ereditá musicale sia lí davanti a tutti. LaPorte era felice oltre ogni confine di tenere viva la musica di Criss Oliva. Stasera sul palco c’é chi porta una maglietta in sua memoria e il sottoscritto non puo’ che unirsi al rammarico di aver perso un altro pezzo della nostra musica.
 
La voce non c’é piú, scrivevo prima di perdermi in ricordi. Cala anche il seguito, il pubblico che va a vederlo é sempre meno ogni volta, forse tenuto lontano da una prestazione vocale che a momenti lascia quasi in imbarazzo. Chi continua a esserci, lo fa per affetto e perché sa che andare a vedere Jon Oliva non é una serata come le altre: é uno strano ibrido tra una lezione di storia e uno show di cabaret. Con tanta grande musica, che siano grandi classici Sava del calibro di Sirens e Edge of Thorns, che sia la carica di Power of the Night, la stupenda Gutter Ballet o l’intrusione Dr Butcher di Don’t Talk to Me.
 
 

Una serata vintage
 
Il locale é piccolo, non esattamente strapieno per una cittá che conta 12 milioni di abitanti. Una dimensione piú modesta che talvolta é bello recuperare e che la musica dovrebbe non dimenticare, di tanto in tanto. Anzi imparare ad apprezzare. L’occasione é quella giusta per aneddoti e ricordi: le celebrazioni di Hall of The Mountain King – 25 anni sugli scaffali e nei lettori di tutto il mondo – si snodano con una piccola introduzione per ogni brano. Cosí Jon racconta di quando lui e il fratello improvvisavano a casa della nonna, con sommo dispiacere della signora Oliva costretta a sorbirsi ore di esperimenti metal. Dedica Ghost in the Ruins, la canzone preferita di Criss, al fratello scomparso e a Matt LaPorte “perché sono sicuro saranno lassú a fumarsi un cannone gigante assieme e a farsi ghiotte risate guardandoci”

Imita il vecchio amico Paul O’Neill, colpevole del tentativo (poi riuscito brillantemente) di sdoganare la musica classica con un restio Jon Oliva: “Ho un’idea” dice Paul “facciamo un intro che vada a citare Hall of the Mountain King di Grieg” “Che cazzo stai dicendo Paul, chi e’ Grieg?”. È la sagra dell’impredivibilitá, come quando Mr Oliva si mette a canticchiare Fernando degli Abba o decide di condividere i ricordi di quando da giovanotto decise di vivere a Londra, sperperando tutti i suoi risparmi in 8 mesi: “non mi ero reso conto fosse cosi fottutamente caro qui”. Caro in tutti i sensi, il Regno Unito dei suoi eroi, Queen e Beatles, e di tanti altri come i Black Sabbath, chiamati in causa durante la presentazione di Devastation: “Ora una canzone che ho rubato ai Black Sabbath. Spero non lo scoprano mai e che non comincino nessuna azione legale. Non me ne ero mai accorto fino a che mr Black Sabbath qui (indica Joe Diaz, giá membro di una cover band di Iommi e soci) me lo ha fatto notare”. Il Regno Unito dei Deep Purple, di cui esegue una Child in Time piano e voce, a sorpresa, proprio prima di congedarsi con Believe. Immaginate un Jon Oliva all’ultima data del tour, ultima canzone, la poca voce rimasta dopo 30anni di carriera, che tenta di arrampicarsi sulle orme di Ian Gillan… meno male che c’é il pubblico, come sempre, a dare man forte
 
Tra i momenti memorabili di una serata che lascia dietro di sé un ricordo piacevole e un sorriso, la dichiarazione d’amore di Jon per Beyond the Doors of the Dark e ancora una fantastica Strange Wings o una The Price You Pay che non capita proprio tutti i giorni di trovarsi in scaletta. Inutile raccontare di 24 Hrs Ago o White Witch, la strega bianca, nomignolo della cocaina negli Stati Uniti. E che dire della title track, Hall of the Mountain King, accolta da tutti con religiosa euforia: non potrebbe essere altrimenti, questa é una serata per integralisti dei Savatage.
 
Sará forse quello, che siamo tutti adepti devoti. Sará che talvolta quello che Oliva dice conta piú di come canta, sará forse che vederlo suonare pezzi che non si entivano live da 25 anni apre un insolito angolino del nostro cuore. Sará quel che volete, ma ogni volta é un’emozione.
 
Madness reigns.
 

Setlist: Intro, Sirens, Gutter Ballet, Edge of Thorns, Don’t Talk to Me, Power of the Night, Ghost in the Ruins, 24 Hrs. Ago, Beyond the Doors of the Dark, Legions, Strange Wings, The Price You Pay, White Witch, Devastation, Prelude to Madness, Hall of the Mountain King, Child In Time, Believe.
 
 
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini