Live Report – Metalfest a Milano – 6 giugno 2012

Di Fabio Vellata - 18 Giugno 2012 - 12:00
Live Report – Metalfest a Milano – 6 giugno 2012

Seconda giornata per il Metalfest, kermesse metallica itinerante approdata quest’anno, non senza qualche polemica, all’Alcatraz di Milano. Dopo un primo giorno caratterizzato dalla presenza di buone band e segnato da alcune prestazioni eccellenti – Anthrax e Hypocrisy su tutti – il clou del festival appariva in programma proprio per questo mercoledì 6 giugno. Attesissimi dai fan convenuti – finalmente numerosi, almeno in concomitanza con le performance degli headliner – WASP e Megadeth non hanno deluso le attese, accompagnati per l’occasione dall’eccellente show di Nergal e dei suoi Behemoth e da una restante bill di gruppi di ottima qualità.

 

Report a cura di Christian Tallone, foto di Michele Aldeghi


i Vader danno inzio al loro show alle 14.30, salutando il pubblico dopo il primo pezzo con un “Ciao Italia” che conquista la simpatia dei partecipanti: anche senza una grande scenografia i musicisti polacchi sono riusciti a creare una bella atmosfera. Durante i primi brani si sono purtroppo verificati alcuni problemi di acustica, forse causati dal locale ancora mezzo vuoto: solo i fan più devoti erano ammucchiati sotto il palco e partecipavano con un vivace mosh. Ben organizzata la scaletta, con estratti dall’ultimo album misti a vecchi successi. Dopo solo mezz’ora è gia tempo di saluti: peccato perchè chi c’era, li avrebbe forse ascoltati ancora un po’. I simpatici Vader chiudono il concerto con un caloroso “Arrivederci Italia” e si congedano dall’audience alle 15.00 in punto.

 


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Dopo un veloce cambio, con sottofondo l’ultimo album degli In Flames, alle ore 15.15 entrano in scena gli In Extremo. Solito look appariscente: vestiti medioevali, strumenti bizzarri come cornamuse, arpe e altri attrezzi di cui è persino difficile ricordare il nome. Meglio questa volta i suoni, ma con un locale ancora mezzo vuoto. Poco caloroso, infatti, il pubblico che ascoltava senza molta partecipazione, tranne qualche die hard fan del genere. Sonorità medievaleggianti e ben poca scenografia, ad eccezione del già citato abbigliamento e dei curiosi strumenti, hanno fatto da accompagnamento a quelli che, dopo tutto, si sono rivelati degli ottimi musicisti: peccato per lo scarso coinvolgimento della sala che ha destato l’impressione di non capire molto la proposta del combo tedesco. Chiusura fissata per le 16.00.


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Alle ore 16.15 tocca al trio svedese Grand Magus (supportati ora da Ludwig “Ludde” Witt, ex drummer degli Spiritual Beggars), band fautrice di un genere totalmente diverso dai primi due gruppi: un Old School Heavy Metal con un tocco di moderno e zero scenografia.
Suoni pessimi all’inizio, fortunatamente un po’ meglio dopo qualche minuto. I Magus hanno suonato molto bene, in effetti, anche se non al punto tale da colpire più di tanto il sottoscritto. Una parte del pubblico ha partecipato, ma la maggioranza dell’audience è rimasta per lo più passiva: nulla di particolare da segnalare, insomma, in una performance dignitosa ma poco seguita, che ha potuto concludersi poco prima delle 17.00.
 

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Alle 17.26 sale sul palco il quarto gruppo della serata, i Powerwolf… Gustoso il prologo dell’esibizione a cui ci è capitato di assistere nel backstage: un rituale barbarico, con la band stretta in cerchio ed intenta a recitare qualcosa di incomprensibile, terminato ululando. I Powerwolf sono i primi ad avere una buona scenografia, un banner di sfondo con dei lupi vestiti in abiti ecclesiastici, luci e mosaici intorno alla batteria. Il cantante, Attila Dorn, in abiti da sacerdote e con tanto di porta incenso, esordisce bevendo chissà quale sostanza da un calice…  il nostro sangue, a suo dire!
Molto buoni e definiti i suoni: ben riconoscibili i vari strumenti tranne un po’ la chitarra di Matthew Greywolf che inizialmente ha avuto vari problemi, forse con il monitor o forse proprio con lo strumento. Il locale inizia a riempirsi un po’ di più ed il pubblico pare finalmente partecipe. Performance molto apprezzata quella dei Powerwolf: simpatico il siparietto in cui il singer a comando, ha fatto strillare tutte le ragazze prima e tutti i ragazzi presenti dopo.
Fine dei giochi alle ore 18.10.

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Alle ore 18.45 arriva il momento  dei feroci Behemoth.  Il quartetto polacco si presenta al pubblico con la consueta scenografia d’impatto: due croci rovesciate ai lati del palco e microfoni sorretti da aste a forma di cobra (incendiabili a comando). In forma il leader Nergal, pronto ad indossare la classica maschera demoniaca all’esecuzione della furibonda e spettrale “Lucifer”.
Parecchio funzionali i due supporti posizionati ai lati della scena, utili al chitarrista Seth ed al bassista Orion, per continue e reiterate scorribande. Più statico invece Nergal, quasi sempre fermo sulla posizione, impassibile, quasi altero, ma carismatico al punto da ipnotizzare l’audience. Suoni devastanti e batteria velocissima, suonata in alcuni passaggi da due drummer in contemporanea (presumibilmente, oltre ad Inferno, da un membro della crew). Il pubblico viene trascinato per tutta la durata dell’esibizione sino alla sua chiusura, suggellata da una cascata di brillanti neri e dal lancio della chitarra di Nergal.

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L’orologio si ferma alle ore 19.24, quando termina lo show di quella che, a parere del sottoscritto, è stata la miglior band della giornata. Alla fine dell’evento abbiamo poi avuto l’occasione di scambiare qualche chiacchiera proprio con Nergal nel backstage: in normalissimi pantaloncini corti e maglietta, l’immagine di un cortese e garbato ragazzo della porta accanto ci è parsa senza dubbio, alquanto lontana dalle truci sembianze assunte sotto i riflettori.


Alle ore 20.00 è il turno degli WASP.
Molta della gente presente è lì proprio per loro, me compreso del resto… Semplicissima quanto efficace la scenografia scelta da Lawless e compari: solo un banner con la famosissima sega circolare, un teschio e la scritta “WASP 1982-2012 30 YEARS”.
Il concerto esordisce con un intro registrato, costituito da spezzoni dei loro brani più noti: l’Alcatraz inizia ad essere abbastanza pieno ed il calore del pubblico a farsi sentire notevolemente. Eterogena l’età dei partecipanti: molti giovani, e molti vecchi metallari, si mescolano insieme nel cantare all’unisono le canzoni intonate da Blackie, aiutato da volumi discreti e da un’enfasi sufficientemente corposa dei toni bassi.
I Behemoth avevano forse più “botta” sonora ma nulla di cui lamentarsi, i componenti degli Wasp mostrano grande padronanza dei loro strumenti, eseguendo in modo impeccabile tutti i grandi successi proposti. Qualche sintomo di stanchezza si è comunque reso percepibile in una tenuta leggermente sottotono: Blackie non ha più la voce di un tempo ma riesce comunque a far partecipare il pubblico,  coinvolto ed attivo in tutti i ritornelli.
Un po’ di delusione per la scarsissima durata della performance: il gruppo in tal senso è parso piuttosto frettoloso, ignoto se ciò fosse dovuto a scarsa voglia o proprio perchè il tempo messo a loro disposizione era effettivamente limitato.

Sempre un piacere vedere gli Wasp dal vivo: li abbiamo preferiti, ad ogni modo, in altre occasioni, quando hanno potuto assumere le vesti più consone degli headliner. I convenuti si sono comunque mostrati esaltatissimi e molto appagati dal loro concerto, tanto da tributare grandi ovazioni: Blackie e c,, lasciano il palco alle 20.57. Da vincitori!

Setlist:

01.On Your Knees
02.The Real Me
03. L.O.V.E. Machine
04. Crazy
05. Wild Child
06. Medley: Hellion/I Don’t Need No Doctor/Scream Until You Like It
07. Babylon’s Burning
08. The Idol
09. I Wanna Be Somebody

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Dopo un cambio palco di circa 30 minuti, alle ore 21.30 è tempo degli attesissimi headliner della giornata, i Megadeth.
L’atmosfera che si respira è quella del grande evento, emozioni palpabili ed audience finalmente corposa. Anche il backstage è ormai quasi desolatamente vuoto: tutti, addetti ai lavori compresi, sono assiepati sotto al palco ad aspettare la celebre band californiana.
Incessante il richiamo della folla, soddisfatta solo dalla comparsa on stage del leader Dave Mustaine, abbigliato con il solito stile classico:  jeans, camicia bianca e scarpette da tennis.
Il palco è insolitamente libero da scenografia: quasi a voler dire che la musica sarà l’unica protagonista, solo un’enorme telo nero con il loro logo dietro alla batteria, sovrasta 24 casse e 12 testate messe in piena evidenza e pronte a deflagrare.

Tutto insomma, avrebbe fatto pensare a volumi d’esecuzione devastanti. In realtà non è poi stato così: i suoni si sono rivelati a tratti abbastanza confusi tanto da relegare la batteria di Shawn Drover ad un livello ben poco percettibile. Impressione forse personale ad ogni modo, dovuta probabilmente alla nostra posizione a lato del palco.
Nonostante qualche imperfezione, il pubblico non si è comunque tirato indietro, impazzendo letteralmente al grido di “MEGADETH, MEGADETH”, reiterato per l’intera durata del concerto.
Quando si assiste alla performance di personaggi di tale calibro, c’è poco da fare, è davvero difficile restare indifferenti..

Mustaine e compagni del resto, hanno offerto una prova impeccabile, senza intoppi, mescolando pezzi recenti con alcuni grandi classici tenuti volutamente per la fine dell’esibizione. Unica vera pecca è stata la durata dello show, limitato ad una scarna ora e venti minuti circa, che ha lasciato nei presenti un po’ d’insoddisfazione ed il vivo desiderio di ascoltare ancora qualcosa proposto dai loro beniamini.

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I Megadeth salutano il pubblico con il consueto lancio di plettri e polsini. Un’inchino chiude lo spettacolo e mentre i quattro thrashers americani lasciano il palco, si spengono magnificamente i riflettori sulla seconda giornata del Metalfest.
Un second day nell’insieme molto bello e gradevole, con grandi gruppi ed ottima musica. Peccato ancora una volta, per la scelta organizzativa di realizzare un evento di questa portata proprio nel corso della settimana. Uno dei fattori che, di certo, ha penalizzato con particolare pesantezza l’afflusso di pubblico ad un festival che meritava decisamente molto di più.

Setlist:

01. Never Dead
02. Head Crusher
03. Hangar 18
04. She-Wolf
05. Trust
06. Dawn Patrol
07. Poison Was The Cure
08. Sweating Bullets
09. Ashes in Your Mouth
10. Whose Life (Is It Anyways?)
11. Public Enemy No. 1
12. Symphony Of Destruction
13. Peace Sells
14. Holy Wars… The Punishment Due