Live Report – Metalfest a Milano – 5 giugno 2012

Di Daniele Peluso - 16 Giugno 2012 - 12:00
Live Report – Metalfest a Milano – 5 giugno 2012

Prima giornata del Metalfest a Milano: la giostra itinerante del metal passa anche in Italia per la prima volta e con degli ottimi nomi sulla carta. Purtoppo, a causa di diversi fattori fra i quali il prezzo del biglietto e la vicinanza col più blasonato – in italico territorio – Gods of Metal, le vendita e la relativa affluenza nei tre giorni si sono rivelati fallimentari: solo con i Megadeth si è registrato un aumento delle presenze che, alla fine, hanno comunque deluso le aspettative. Va detto che anche il tanto discusso spostamento di location, dovuto a necessità di vendita dei ticket, ha contribuito a fiaccare la partecipazione di chi, magari, era tentennante ed indeciso sull’acquisto. Le presenze, entrando nel primo pomeriggio, erano sconfortanti e da piccolo club: l’Alcatraz sembrava decisamente troppo grande per questo evento. Da sottolineare a onor del vero, che tutte le band hanno dato il massimo e suonato con professionalità, coinvolgendo un pubblico a volte timido. (M.A.)

 

 

Foto e Report a cura di Michele Aldeghi.

Giungiamo all’Alcatraz quando la performance del gruppo d’apertura, gli Skull Fist, è appena terminata. Giusto in tempo per assistere all’esibizione della seconda band prevista in cartellone, i Fueled By Fire.
Entrando nel locale, il primo impatto è stato di stupore per via delle pochissime persone presenti, il pubblico assiepato praticamente sulla transenna arrivava a malapena a creare tre file. La band americana originaria della california ha però cercato fin da subito di aizzare l’audience col proprio Thrash, riuscendo a tratti a far scatenare un po’ il pogo nelle fila dei fedelissimi del genere.
Il sound dei californiani sa di vecchio: i musicisti prendono a piene mani da band più blasonate ed a stento sembrano decollare. Un suono che, oltre a non essere per niente innovativo, non ha per nulla lasciato un segno nei presenti. L’impegno è stato da professionisti ma la situazione surreale in cui il gruppo ha suonato non ha certo contribuito a dar luogo ad un’esibizione memorabile, archiviando così i Fueled By Fire nel limbo del più totale anonimato.

 

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Foto e Report a cura di Michele Aldeghi.

Gruppo controverso nel bill della giornata: dopo due band che hanno fatto scatenare il pubblico, entrano in scena i Triptykon, band svizzera dalle sonorità doom e black metal con influenze oscure ed a tratti sperimentali, capitanate dall’ex Celtic Frost Tom Gabriel Fischer. Luci basse tendenti al viola e face painting, hanno caratterizzato tutta l’esibizione: a tratti nel pit dei fotografi si stentava a vedere dove mettere i piedi.
Il pubblico è rimasto spiazzato dallo show: alcuni si sono allontanati del tutto per andare a bere una birra in attesa del gruppo successivo, altri si sono fermati per cercare di capire le complesse sonorità dei Triptykon. In sostanza non mi sento di dare giudizi sulla qualità dei pezzi suonati. Certo che il background Celtic Frost, formazione che ha fatto scuola per anni, è un bagaglio difficile da portare. Gruppo ostico, ma comunque decisamente consigliato agli amanti del genere.


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Foto e Report a cura di Michele Aldeghi.

Ancora intontiti dalle cupe melodie dei Triptykon arriva una vera e propria doccia fredda con gli Alestorm. La band scozzese si presenta sul palco con tastiere a tracolla di altri tempi, kilt, pantaloncini da mare e un sound power folk che ha risvegliato il pubblico assopito e richiamato nelle fila, chi vagava in preda alla disperazione con una birra in mano. Il “true scottish pirate metal” degli Alestorm è stato davvero coinvolgente anche se a livello sonoro si sarebbe potuto fare di meglio. A tratti l’impressione che i folli musicisti fossero sul palco più per fare casino che per suonare è stata davvero netta. Il pubblico ha comunque aprezzato, ballando e cantando i divertenti ritornelli per tutta la durata dell’esibizione.

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Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi.
Gli olandesi Legion Of The Damned scatenano tutta la forza del loro thrash metal sulle circa 200 persone presenti, e la combinazione “Infernal Wrath” e “Son of the Jackal”, entrambe tratte dall’album Sons of the Jackal del 2007, raggiunge il proprio scopo. L’obiettivo è ampiamente dichiarato: non si fanno prigionieri!
Granitici riff di chitarra, la continua ricerca del “fucking  mosh pit” da parte del cantante Maurice Swinkels – sempre prontamente esaudita dal pubblico – da forza e sostanza alla perfomance della band, che si esalta con un fantastico wall of the death sul brano di chiusura “Legion of the Damned”. Gli appassionati di thrash metal possono ritenersi soddisfatti, in attesa del piatto forte della serata.

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Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi.
Dopo una quarantina di minuti di soundcheck, gli Hypocrisy entrano in scena sulle note di “Fractured Millennium”, prediligendo un taglio iniziale più melodico, subito spento però dalle successive “Valley of the Damned” e “Adjusting the Sun”, coppia di furibondi brani che si abbattono sull’Alcatraz con tutta la loro potenza. I suoni non sono buoni ma l’esperienza e il carisma di Tagtren  e soci, non possono che catturare l’attenzione delle poche persone presenti, come una calamita con il ferro. Potenza e melodia scorrono all’interno del locale per quasi un’ora e con “Roswell 47”, unico brano costituente l’encore, gli Hypocrisy, subissati dai più che meritati applausi, si congedano dal loro pubblico.

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Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi

Dopo un cambio palco un po’ troppo lungo, i riflettori principali si spengono. Una lieve luce blu illumina il palco, rendendo ben visibili i pannelli con la stella a cinque punte e la A centrale di Anthrax, insieme al telo raffigurante la copertina della loro ultima, e non esaltante fatica, Worship Music.
Il suono della chitarra fende l’aria ed il gruppo più atteso per questa prima serata del Metalfest fa la sua comparsa. La partenza è bruciante: le classicissime “Caught in a Mosh”e “Got the Time” esaltano Belladonna, che corre e salta per tutto il palco come un vero folletto. Forse la prestazione canora non sarà ai massimi livelli (anche lui ha la sua età), ma la grinta esplosiva mostrata dal singer italo americano è qualcosa che molte altre band possono solo sognare: un grande patrimonio d’energia che deriva esclusivamente dalla passione per questa musica e dalla grande voglia di divertirsi. Gli Anthrax sono semplicemente devastanti, si divertono, e fanno divertire i quasi 500 presenti, praticamente costretti a scapocchiare ed a lasciarsi coinvolgere in mosh pit e circle pit continui. La scelta di puntare sui vecchi brani, limitandosi a due soli estratti dell’ultimo lavoro, è vincente e dimostra ancora, come se ce ne fosse bisogno, la forza e la qualità di una delle band fondatrici del thrash metal. In quest’ora di spettacolo, gli Anthrax regalano anche un momento di umanità, mandando un saluto ai fan emiliani colpiti dal terremoto.

Anthrax: semplicemente grandiosi!

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Setlist
1) Caught in a Mosh
2) Got the Time
3) Fight’ Em Till You Can’t
4) Antisocial
5) Indians
6) The Devil You Know
7) Among the Living
8) Madhouse
9) I Am the Law

 

 

Report a cura Luca Cardani, foto di Michele Aldeghi.

Come sempre vedere i Blind Guardian dal vivo è emozionante: la magia che sanno creare con l’aiuto del pubblico è qualcosa di unico e le note iniziali di “Sacred Worlds” sono più che sufficienti per rendere palpabile questo legame.
Purtroppo, si parte in salita: i suoni sono pessimi e il cantato di uno smagrito Hansi Kursch è troppo altalenante, a differenza della sua impeccabile teatralità nella tenuta del palco. I brani più classici della band si susseguono a raffica: ” Welcome to Dying”, “Nightfall” e – proposta in Italia per la prima volta – “The Last Candle”, coinvolgono al massimo i pochi rimasti (una buona fetta di partecipanti è sparita dopo l’esibizione degli Anthrax), che ad ogni modo non si risparmiano sui cori ed offrono il massimo su “A Past and Future Secret” e sulla successiva “Lord of the Rings”, dando vita al momento più toccante del concerto.
Ed è tempo di encore, dove non poteva mancare “The Bard’s Song”. L’esecuzione di un brano più riflessivo, ha permesso a Kursch di riprendere un po’ di fiato per la cavalcata finale, “Bright Eyes” e “Mirror Mirror”, momenti che hanno decisamente sfiancato il cantante, protagonista di qualche “stecca” nell’esecuzione dei medesimi.

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Setlist
1) Sacred Worlds
2) Welcome to Dying
3) Nightfall
4) Fly
5) Time Stands Still (at the Iron Hill)
6) Tanelorn (Into the Void)
7) Majesty
8) Last Candle
9) Valhalla
10) A Past and Future Secret
11) Immagination from the Other Side
Encore
12) War of Wrath
13) Into the Storm
14) The Bard’s Song – In the Forest
15) Bright Eyes
16) Mirror Mirror

Con questo si chiude la prima giornata del Metalfest 2012, first day caratterizzato da molta buona musica. Peccato per alcuni problemi di gestione dei suoni e per la bassa affluenza di pubblico in una location come l’Alcatraz di Milano, venue forse non proprio adatta o “abituata” ad eventi così lunghi e impegnativi. 
Ultima nota poco positiva: dalle ore 19:00 l’uscita dalla sala era resa impossibile. Un particolare che ha trasformato il locale in una prigione di fatto, oltre che di nome. (L.C.)