Live Report – Metalitalia Festival 2012

Di Daniele Peluso - 24 Maggio 2012 - 12:00
Live Report – Metalitalia Festival 2012

 


Giornata piovosa presso il Live di Trezzo sull’Adda, location della prima edizione del Metaitaitalia.com Festival, e sotto gli ombrelli, un buon numero di metalheads attende in trepida attesa l’apertura dei cancelli, cosa che avviene per le 13:50, con una buona ora di ritardo sulla tabella di marcia, per il protrarsi del soundcheck da parte delle band di punta della giornata. Buona lettura!

Report a cura di Luca “Frost” Cardani e Michele Aldeghi foto Michele Aldeghi.

 


Ai milanesi “Wake Arkane”, e al loro death metal di chiara matrice nordica, spetta il compito di aprire il festival proponendo al pubblico i brani estratti dal loro primo lavoro “The Black Season”presentato per questa occasione. Peccato che la loro prestazione sia compromessa dai vari problemi tecnici, quali l’assenza quasi totale del microfono sul primo brano, e una serie di altalenanti volumi di chitarra. A chiudere la loro sessione di soli tre brani, per esigenze di tempo molte scalette sono state tagliate, “The Numb Exsperience”, brano al quale il prestigioso Dan Swano ha collaborato attivamente, prestando la sua voce, oltre che a curare il mastering dell’album. Esibizione non priva di difficoltà dunque, ma dove i nostri si sono destreggiati dignitosamente, raccogliendo i cori di approvazione dei fans.

Dopo un rapido cambio di palco è il turno degli “Agony Face”, e del loro death metal ricco di influenze progressive, ma che riportano alla mente band molto più blasonate. Né il loro sound e nemmeno il look bizzarro, visto l’utilizzo di un colorante verde e fluorescente sul viso e sugli abiti, riesce a fare breccia nel pubblico che rimane distante per l’intera durata dello spettacolo. Menzione d’onore va assegnata all’ultimo brano che si avvale di una intro dal taglio decisamente prog, lato della band che andrebbe maggiormente approfondito per gli sviluppi futuri.

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Le sonorità cambiano, ma i tagli alle scalette restano anche con i power metallers “From The Depth”, capitanati dal cantante Raffaele Albanese, che si presenta sul palco col suo immancabile hard rock look e tanto di cappello da cowboy. I brani estratti dal loro debut album “Back To Life”, fanno subito breccia nel pubblico che risponde favorevolmente alle continue incitazioni del cantante, assoluto padrone della scena. Le melodie e l’energia dei brani, che ricordano quelle di gruppi quali gli Stratovarious, si diffondono nell’aria, la chitarra pulita e veloce di Alessandro Cattani, tastiere avvolgenti e un’impattante sezione ritmica, sostengono una voce potente e sicura, ingredienti che riscuotono i gusti del pubblico, che lentamente inizia a incrementare, e che tributa loro i dovuti appalusi.

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Giusto il tempo di tirare un po’ il fiato, e dopo un cambio palco che si è prolungato più del dovuto, è tempo, per i ben più navigati “Destrage” di entrare in scena. I nostri colpiscono i presenti con una vera e propria esplosione sonora. Il dinamismo della band sul palco sul palco è coinvolgente, e il ben dosato mix tra math core, metal e progressive rock, scuote un  pubblico positivamente impressionato dalla forza dimostrata durante tutta l’esibizione. Risolti i problemi al microfono avuti sul brano iniziale “Double Yeah”, la band dimostra come la sua ricerca della sperimentazione sia continua e fondamentale come in “Neverending Mary” o in “Panda Vs Koala”, impreziosita da un pregevole assolo di batteria, e con un finale che ricorda le fatality di Mortal Kombat.  La tecnica a questi ragazzi non manca di certo, ed è tutta al servizio dello spettacolo che il combo meneghino soddisfa al cento per cento. Sicuramente uno dei gruppi che ha dato di più allo svolgimento del festival, oltre a essere una vera e propria sorpresa per la maggior parte del pubblico.

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Dalla sperimentazione, si passa all’epic metal dei sardi “Holy Martyr”, che si presentano truccati come si conviene nel teatro Kabuki e vestisti da samurai. La scelta dei brani presentati ricade prevalentemente sull’ultimo album “Invincible”, dedicato al Giappone e alla sua storia, “Schichinin No Samurai” (titolo originale de “I Sette Samurai” di Kurosawa) e la stessa “Invincible”, pezzo di grande impatto dalle linee semplici ed efficaci dal ritornello più che azzeccato, esaltano la grintosa prestazione vocale di Alessandro Mereu, e i graffianti riff di chitarra di Ivano Spiga penetrano e lasciano estasiati le orecchie dei presenti, che non possono fare a meno di accompagnare la prestazione della band con del sano headbeanging e le braccia al cielo. Ma come si ben sa, il tempo è tiranno e con l’incedere epico di “Hellenic Valour”gli Holy Martyr concludono quella che più che un’esibizione, pare essere una vera e propria prova di forza, confermandosi ancora una  volta come una delle migliori realtà dell’ heavy metal nostrano, e riscuotendo consensi unanimi.

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Ed eccoci giunti a metà del festival, con i romani “Hour Of Penance” che aprono con “Sedition Trough Scorn” estratto dalla loro ultima fatica “Sedition”. Il loro brutal death metal è ricco di riff che ricordano i primi Morbid Angel, devastanti melodie, taglienti riff e scariche di blast – beat a ripetizione sono gli ingredienti dei capitolini, che colpiscono duro e senza pietà con il loro sound granitico l’apparato uditivo degli affamati di death presenti (molto pochi a giudicare dalle poche teste rotanti). La sinergia tra le varie parti della band è impeccabile e violenta fin alla fine, peccato che alcuni problemi tecnici abbiano inficiato la loro performance.

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Ed è arrivato il momento di alzare il tiro, con i bolognesi “Rain” che si fregiano di sonorità hard ‘n heavy decisamente più classiche che ci riportano agli anni 80. Sul palco Amos Amorati e soci fanno pesare tutta la loro esperienza (trent’anni di attività non sono certo pochi), conquistando il pubblico già dalle prime battute. I pezzi più classici della band, vengono proposti uno dopo l’altro da un’incontenibile Francesco Grandi che con i suo cantato melodico, potente ed espressivo, si ascolti la cover dei The Cult “Rain”, delizia tutto il Live di Trezzo, che non può fare meno di intonare uno dei ritornelli più coinvolgenti della serata. Bellissima, l’esecuzione di “Only For The Rain Crew”, con presentazione del gruppo e assolo di ogni strumento. I Rain non hanno certo lesinato energie, e i caldi applausi e cori di sostegno sono il giusto riconoscimento a una band che entra di diritto nella storia del panorama metal italiano, un posto guadagnato con fatica e tanto sudore, ma che viene ripagato dal costante affetto di un pubblico mai sazio.

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L’Emilia continua a farsi sentire anche con i “Forgotten Tomb”, direttamente da Piacenza. Il loro depressive black metal, con risvolti doom, i giochi di luce e ombre del palco, trasmettono sensazioni opprimenti provenienti direttamente da qualche eterea dimensione oscura, che affascina e rapisce, e alla quale non si può scappare tanto facilmente come dimostra l’elevato grado di attenzione dei presenti. Il chitarrista – cantante Her Morbid, è l’assoluto punto di riferimento e sfoggia tutta la sua abilità compositiva, attingendo a piene mani da “Under Saturn Retrograde”, ultimo full – lenght. Gli arrangiamenti solisti sono ridotti al minimo, preferendo a questi consistenti tappeti chitarristici, sorretti da arpeggi dall’incredibile espressività. La mancanza di dinamismo è ampiamente controbilanciata dalle atmosfere che riescono a creare, rese marcatamente reali da un’esecuzione priva di sbavature e dal sicuro impatto emotivo.

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Ora, è arrivato il tempo per un’altra formazione storica di regalare indelebili emozioni, come capita sempre quando arriva il turno della “Strana Officina”. “King Troll”, “Sole, mare cuore”, che riportano indietro le lancette dell’orologio, a quando l’heavy metal nostrano muoveva i suoi primi passi, le più moderne “Boogeyman”, devastante in ogni suo momento grazie al suono granitico dell’ascia di Dario Cappanera e alla voce di Daniele “Bud” Ancillotti che passa dal cavernoso allo stridulo come se niente fosse, e “Pyramid” dove le ottime melodie si alternano al solito muro di suono creato dalla premiata ditta Cappanera&Cappanera affiancati dalla costante presenza del bassista Enzo Mascolo, dimostrano come la passione per la musica sia una pura e semplice questione di cuore, e di come questa stessa passione possa travalicare i confini del tempo, ed aiutare anche a superare le tragedie vissute in prima persona. Carisma, grinta, calore, questo è quello che la Strana Officina trasmette, ieri come ancor di più oggi, qualità che dovrebbero essere prese come punti di riferimento per molte band del Belpaese. Quasi quattrocento persone acclamano il nome della band, risultato finale del loro spettacolo. Immensi sul palco, come nell’improvvisato meet and greet, dove la loro disponibilità è stata massima.

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Le luci si spengono, un telo nero sul quale si scorgono le sagome di alcune lapidi, fanno da sfondo all’apparizione dei “Moonspell”. Un leggero arpeggio, la voce di Fernando Ribeiro che apre le danze con “Wolfshade (A Werewolf Masquerade)”, direttamente dal quel capolavoro di ghotic metal che è Wolfheart. Nonostante qualche problema tecnico a livello vocale, il fascino che accompagna il brano è ammaliante e riscalda un pubblico, che pur essendo provato dalle esibizioni precedenti, trae nuova forza dall’interpretazione dal magico cantato di Ribeiro. Le successive “Opium” e “Awake” mandano il pubblico in visibilio, nessuno si sarebbe mai aspettato un’apertura con così ispirata, vista l’arrivo del loro ultimo album “Alpha Noir”, dal quale sono stati eseguiti solo due brani “Alpha Noir”, e “White Skies”. Peccato che l’atmosfera ipnotica di “Scorpion Flower”, sia rovinata dalla voce femminile campionata, invece di sfruttare la voce di una qualsiasi turnista, un tantino fredda per un pezzo simile.

I Moonspell, riescono a trovare tempo anche per il momento folk con “Tebraruna”, accompagnata dal battito di mani oltre che dai numerosi cori, e “Ataegina”, presentata come sorella di Tebraruna, riadattata da una canzone popolare portoghese che provoca qualche accenno di ballo. Divertente anche il siparietto dove Fernando afferma che la birra migliore in Italia, sia la birra Moretti. Il tempo a loro disposizione è quasi giunto al termine,e i portoghesi vogliono lasciare un ricordo indelebile di questo concerto, concentrando tutta la loro potenza di fuoco negli ultimi tre brani. Con “Vampirya”, l’atmosfera si fa lugubre, e Fernando avvolto da una luce rossa sembra crescere di statura, e avvolgere con tutta la sua ombra il locale coprendo tutti con la sua ombra, come nei miglior film di Christopher Lee. “Alma Mater” cantata in coro dall’inizio alla fine e “Full Moon Madness”, ciliegina sulla torta di una prestazione perfetta, che indica i Moonspell come i veri e propri headliner della giornata.  
 

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SETLIST:
Wolfshade (A Werewolf Masquarade)
Opium
Awake
Finisterra
Night Eternal
Alpha Noir
White Skies
Nocturna

In ogni classic horror movie c’è sempre un temporale in cui iniziano a manifestarsi i problemi e purtroppo un grosso temporale ha accompagnato lo show della Monster band Lordi, headliner al Metalitalia Fest 2012, purtroppo assieme alla pioggia si sono presentati anche i problemi…
Lo spettacolo è iniziato subito con un errore nella base dell’intro che partita per sbaglio si è bloccata e non ne voleva sapere di fermarsi, l’altro grosso neo sono stati i problemi che hanno afflitto le chitarre di Amen per tutto il tempo, spesso spegnendosi, ma da veri professionisti hanno proseguito cercando di risolvere in corsa.

Reduci dalla recente morte del batterista “Otus” dovuta a problemi di salute, hanno annunciato frettolosamente il rimpiazzo senza dare altri dettagli sul nome e sul tipo di maschera. Il nuovo batterista si è presentato con una maschera simile a quelle usate dai portieri da Hockey e a mia opinione ispirata alla saga horror di Venerdì 13.

Come da copione ormai consolidato hanno snocciolato le canzoni inframmezzandole con scenette horror comiche e cambi di costume per i personaggi di Mr. Lordi.
Lo spettacolo è stato coinvolgente, luci e suono sono stati all’altezza, (non come l’ultimo passaggio fatto in Italia ai Magazzini Generali) il pubblico non numerosissimo ha apprezzato lo sforzo della band cantando ad ogni canzone, ma credo che come me stia aspettando l’arrivo di un nuovo album con delle novità per rinverdire uno spettacolo che inizia a sapere di vecchio.

Nel complesso lo show è stato bello e nelle aspettative, i Lordi devono affiatarsi ulteriormente col nuovo batterista, voci di corridoio dicono che abbia provato solo due volte prima dell’esibizione al Live di Trezzo, peccato per i problemucci di chitarra, ma sono sicuro che al prossimo passaggio le cose andranno meglio.

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SETLIST:

Bring back the balls to rock
Get heavy
Dynamite tonite
Bite it like a bulldog
Non stop nite
Rock police
Snows in hell
Whos your daddy
Not the nicest guy
Babez
Granny’s gone crazy
They only come out at night man
Blood red sandman
This is heavy metal
Devil is a loser
Biomechanic man
Hard rock hallelujah
Would you love a monsterman