Live Report: Amon Amarth + As I Lay Dying + Septic Flesh – 8/11/11 Treviso

Di Silvia Graziola - 13 Novembre 2011 - 12:30
Live Report: Amon Amarth + As I Lay Dying + Septic Flesh – 8/11/11 Treviso

Amon Amarth + As I Lay Dying + Septic Flesh
8 novembre 2011 New Age Roncade

 

A cura di Luca Cassone & Nina Ramirez

Al New Age di Roncade (TV) tornano per la seconda volta i Vichinghi Amon Amarth (la prima volta fu nel 2009);  si tratta di un concerto particolare perché salgono assieme a loro sul palgo i Septic Flesh e gli As I Lay Dying.
Già nel 2009 la calata degli svedesi in suolo trevigiano fu ben accolta con un New Age quasi pieno, impresa che erano stati in grado di compiere solo i connazionali Dark Tranquillity un paio di anni prima. Fortunatamente oggi la situazione non è cambiata e il piccolo locale straripa di un pubblico eterogeneo e in trepida attesa, chi per vedere gli Amon Amarth, chi per gli As I Lay Dying ma tutti uniti da una gran voglia di divertirsi.

Septic Flesh

 

Alle 21:00 spaccate le registrazioni di un un coro femminile inizano a risuonare nel piccolo locale mentre Seth e soci si apprestano ad imbracciare gli strumenti per iniziare il concerto con la opening del nuovo album, “The Vampire of Nazareth”, che mette in chiaro quale sarà la caratura dell’esibizione. Purtroppo l’acustica questa sera non è di grande aiuto per i Septic Flesh e non lo sarà nemmeno per le altre band, anche se questi ultimi saranno quelli meno penalizzati.
La setlist della serata è quasi esclusivamente incentrata sull’ultimo album, fatta eccezione per “We the God” e “Annubis”, estratte entrambe dal precedente “Communion”. La band di Atene è in gran forma ma, purtroppo, il poco tempo a disposizione non gli consente di ripercorrere per intero la sua discografia; Seth ricopre alla grande il ruolo di intrattenitore e di bassista, la sua voce dal vivo è ancora più indiavolata che su cd. L’unica nota dolente sono le parti di voce pulite che su disco vengono affidate al chitarrista Sotiris, mentre in sede live vengono o fatte in growl dallo stesso Seth oppure sono pre-registrate. Particolarmente piacevole risulta “Pyramid God” cantata da buona parte del pubblico grandi assenti purtroppo “Communion” e “Unbeliever”, sarà per la prossima volta magari con un po’ più di tempo a disposizione.

 

 

Setlist:

1 The Vampire from Nazareth
2 We the God
3 Pyramid God
4 A Great Mass of Death
5 Annubis
6 Five-Pointed Star

 

As I Lay Dying


Dopo un lungo cambio di palco con il totale rinnovo delle scenografie iniziano il loro concerto i ragazzi di San Diego, gli As I Lay Dying, uno dei primissimi gruppi del filone metalcore americano, forse quelli che a tutt’ora hanno un seguito maggiore; infatti buona parte di presenti sfoggia la maglietta della band. Gli AILD sono noti per il loro alternare cori puliti a voci growl, melodie spezzate da breakdown monolitici, purtroppo questi punti di forza dal vivo diventano anche la loro debolezza. Forse la causa non è tutta da imputare al gruppo ma anche ai suoni che accompagnano i nostri durante buona parte dell’esibizione: le chitarre vengono completamente sacrificate in “The Sound of Thruth” fino addirittura a scomparire rendendo quasi irriconoscibile il brano.
Ottima invece la prestazione di Jordan Mancino che dietro alle pelli non perde occasione di scatenarsi in furiosi headbang e sfoggiare la sua tecnica, mentre Tim Lambesis, dopo un inizio performance sotto le righe, riesce a scaldarsi e nella seconda metà del set sfoggia una voce profonda che nulla ha da invidiare ai colleghi dell’old school Death Metal.
Il pubblico accoglie con entusiasmo l’avviso che buona parte del concerto verterà sui brani più vecchi che la band non eseguiva da un po’, ed ecco così ricomparire “Upside Down Kingdom” e “Through Struggle”. In ogni caso vengono altrettanto apprezzate le canzoni estratte da “An Ocean Beetwen Us” come la rompi ghiaccio della serata “Within Destruction” e la splendida “Nothing Left”.
La chiusura viene affidata al grande classico del combo, “94 Hours”, che scatena l’ultimo pogo della serata. A conti fatti il gruppo è in buona forma e il pubblico attendeva da molto Tim e soci, ma purtroppo un po’ per i problemi con l’audio un po’ per le soluzioni dei brani fin troppo omogenei e il fatto di essere l’unico gruppo completamente fuori genere della serata porta la performance dopo una manciata di brani ad annoiare la parte di pubblico che li conosce di meno.

 

 

Setlist:

1 Within Destruction
2 The Sound of Thruth
3 Upside Down Kingdom
4 Through Struggle
5 An Ocean Between Us
6 Anodyne Sea
7 Condemned
8 Nothing Left
9 Confined
10 94 Hours

 

Amon Amarth


 

Ed eccoci al momento tanto atteso: gli Amon Amarth si presentano subito con l’opener dell’ultimo “Surtur Rising”, uscito a marzo di quest’anno e il pubblico di Roncade reagisce subito con un enorme entusiasmo che esplode con un lungo applauso a cui Johan Hegg risponde ringraziando e salutando il pubblico in italiano. In men che non si dica una doppietta spezza ossa cala sui presenti con “Runes of my Memory” e “Destroyer of the Universe”, con cui la band dimostra subito di essere carica e la risposta dal pit è una delle più calorose che si siano mai viste al New Age. I cinque vichinghi sono a loro agio sul piccolo palco: ormai è da anni che le loro performance sono una garanzia, i loro già bei album su disco dal vivo assumono un aspetto ancora più potente; l’esempio più lampante di questo è palese con “The Pursuit of Vikings”, tanto che il suo ritornello -“Oden! Guide our ships Our axes, spears and swords Guide us through storms that whip And in brutal war”– viene urlato a squarciagola da buona parte dei presenti.
La serata porta anche delle altre sorprese: dal primo cd “Once Sent from the Golden Hall” viene riproposta dopo tanto tempo la bellissima “Ride for Vengeance” eseguita alla perfezione anche se, come era logico, logico buona parte della scaletta è incentrata sull’ultima fatica della band.  Il finale dello show, almeno in apparenza, ha luogo con “Death in Fire” ma, dopo una pausa non troppo lunga, gli Amon risalgono sul palco per tributare onore a Thor dio del fulmine con “Twilight of the Thunder God” e per concludere la festa ci viene regalato l’ultimo coro con “Guardians of Asgaard” e così si conclude per davvero la serata; il desiderio di riassistere al concerto al più presto è molto forte ma dovremmo attendere il ritorno dei nostri vichinghi preferiti.

 

 

Setlist:

1 War of the Gods
2 Runes to my Memory
3 Destroyer of the Universe
4 Live without Regrets
5 The Pursuit of Vikings
6 For Victory or Death
7 Varyags of Miklagaard
8 Slaves of Fear
9 Ride for Vengeance
10 A Beast Am I
11 Embreace of the Endless Ocean
12 Free Will Sacrifice
13 Asator
14 Death in Fire

encore:
15 Twilight of the Thunder God
16 Guardians of Asgaard

 

Live Report a cura di Luca Cassone & Nina Ramirez

Report Fotografico: Nina Ramirez