Heavy

Intervista Accept (Wolf Hoffmann)

Di Stefano Ricetti - 20 Agosto 2010 - 9:40
Intervista Accept (Wolf Hoffmann)

Intervista agli Accept nella persona del chitarrista Wolf Hoffmann, icona vivente di un certo modo di concepire l’HM, come ben dimostrato dal Loro nuovissimo album Blood Of The Nations.

Buona lettura

Steven Rich

Un particolare ringraziamento al fotografo Marco Manzi, autore di tutte le foto della band contenute nell’articolo

Blood Of The Nations, il nuovo album degli Accept

 

 

Parliamo subito di Blood Of The Nations: a chi è rivolto il titolo del primo brano, Beat The Bastards?

Non ne sono sicurissimo, in quanto i testi sono stati tutti scritti da Mark Tornillo, comunque direi a nessuno in particolare, si tratta di uno slogan e nulla più.

Dove avete girato il video di Teutonic Terror?

A Los Angeles, dove c’è questa zona molto strana e molto HM come ambientazione, con i carri armati in disuso tutt’intorno e altri macchinari di stampo militare. Abbiamo preso l’aereo apposta per girare quel video. L’ha scovata il nostro produttore, che lavora anche per la televisione, poi noi abbiamo aggiunto del nostro con il fuoco e le varie riprese in posti differenti dell’area.

Che significato ha la cover del disco?

Nasce dalla contraddizione fra il segno di vittoria delle due dita, inteso nella sua accezione migliore, e lo spargimento di sangue che le rende così inquietanti. Non vi sono connotazioni politiche in essa, in fin dei conti è poi sempre quello che alla fine accade in tutte le guerre, dove la gente comune non risulta mai vincitrice, al di là di come poi vada a finire il conflitto.

 

Wolf Hoffmann

 

 

Come mai non siete passati sul suolo italico durante il tour che si è svolto a maggio?

Il tempo era davvero limitato e il nostro obiettivo era quello di significare al mondo che gli Accept erano tornati, si trattava solamente di un tour promozionale. Quello vero partirà il prossimo mese: Stati Uniti per ben due mesi poi Sud America, Giappone e in Italia arriveremo a dicembre o a gennaio 2011, se tutto va come abbiamo pianificato.

Quali sono le differenze, a tuo modo di vedere, fra Udo e Mark Tornillo?

Le diversità sono marcate, secondo me, in quanto Mark è un cantante molto versatile che sa adattarsi assai bene agli ambiti più diversi, inoltre “is a super-nice-guy” (ride), che è la cosa che più ci fa piacere in quanto è entrato totalmente nell’economia del gruppo, inteso come band, e si può sovrapporre a Udo per quanto riguarda il repertorio passato.

 

Mark Tornillo

 

 

Quali sono i pezzi che più ti piacciono all’interno di Blood Of The Nations?

Le dodici canzoni che fanno parte dell’album sono il frutto di una selezione accurata che ha abbracciato dai trenta ai quaranta brani papabili, quindi per me è veramente dura stabilire quali fra esse mi piacciano di più delle altre. Evito però la risposta scontatissima che dice “le amo tutte” (ride) e ne tiro fuori una: No Shelter, la numero 11. Magari, fra un po’, alla stessa domanda risponderei diversamente, in quanto i brani assumono una Loro connotazione definitiva soprattutto per come suonano dal vivo.

Come porresti, a livello di peso specifico, Blood Of The Nations in un ideale confronto con Restless And Wild e Balls To The Wall?

Il valore del nostro ultimo album lo decreteranno solo i fan, quello che posso dire è che noi abbiamo fatto il meglio che potevamo al massimo del nostro potenziale. Blood Of The Nations è un “classic Accept album”, ci siamo volutamente riportati con la testa al magico periodo degli anni Ottanta, quello dei due album sopraccitati e assicuro che non è stato così facile riuscirci, anche se sembrerà strano dirlo. Sono passati quasi trent’anni da allora. Penso che l’obiettivo sia stato raggiunto, l’intendimento era quello di scrivere pezzi 100% Accept e ce l’abbiamo fatta scoperchiando l’energia di allora. Abbiamo cercato di tirare fuori ancora una volta quello che fece di noi un gruppo a suo modo speciale, riconoscibile rispetto agli altri. Andy Sneap, il nostro produttore, oltre che essere un grande nostro tifoso da sempre, è stato fondamentale in questo processo, in quanto si è posto nelle vesti di un fan ed è riuscito trasmetterci quello che si sarebbe aspettato da noi.

 

Accept 2010

 

Blood Of The Nations contiene tutta la rabbia che si è scatenata in noi nel momento in cui sono partiti i primi rumors all’interno dell’ambiente riguardo la nostra reunion che non prevedeva Udo e purtroppo alcune persone ci hanno scritto in termini molto offensivi a prescindere, senza sapere nulla di cosa si sarebbe fatto e di chi sarebbe stato il nuovo cantante degli Accept. Questo album dimostra al mondo quello che gli Accept possono ancora fare nel 2010.

All’interno del pezzo The Abyss l’inserto di voce melodica è sempre di Mark o vi ha cantato anche qualcun altro?

E’ Mark…

Pensavo fosse Peter Baltes…

No, Peter non ha cantato una sola linea principale in Blood Of The Nations, ha fatto tutto Mark. Siamo rimasti anche noi di sale quando abbiamo sentito The Abyss completa per la prima volta, è fuoriuscita un’altra possibilità vocale da parte di Tornillo, così abbiamo forgiato Kill The Pain affinché rappresentasse la timbrica di Mark più dolce.

Un buon motivo per scrivere una canzone melodica nel prossimo album, allora, ancora più su misura per il cantato “clear” di Mark. Solo un pezzo, s’intende, senza esagerare con lo “slow”.

Si, certo, può essere una buona idea, dedicheremo idealmente il pezzo ai Nostri fan italiani! (risata generale)

In Blood Of The Nations ho personalmente trovato dei pezzi che richiamano fortemente classici come Objection Overruled, Flash Rockin’ Man e Pricess Of The Dawn.

New World Comin’ possiede la verve dark di Princess Of The Dawn…

E Locked And Loaded riecheggia Objection…

Si, può essere… vuol dire che abbiamo colto nel segno, dando continuità al classico approccio musicale in stile Accept.

Da che strumento proviene il suono che di tanto in tanto fa capolino in Shades Of Death?

Si tratta di un piccolo carillon, l’idea ci è venuta vedendo un vecchio film dell’orrore dove un bimbo lo suonava.

Quali sono i cinque top hard’n’heavy album della storia, a tuo modo di vedere?

Ac/Dc – Back in Black
Rainbow – Rising
Metallica – Black Album

E perché no? Accept – Balls To The Wall (ride), poi

Judas Priest – British Steel
 

Possiedi ancora la giacca nera da scena piena di medaglie che usavi negli anni Ottanta?

No, ne avevo un certo quantitativo ma poi la mia famiglia le ha buttate, per via del logorio. Per di più sicuramente alcune saranno finite chissà dove durante i traslochi che ho fatto.

Hai qualche ricordo delle date che faceste con gli Exciter nel marzo del 1985, appena dopo l’uscita del loro disco Long Live The Loud?

Mmmmmhhhhhhh… non ricordo una mazza… mi spiace!

Conoscevi i TT Quick di Mark Tornillo?

Solo per nome e vagamente, mai visti dal vivo.

Quindi non eri al corrente del Loro album Metal Of Honor, un gran bel disco di HM roccioso…

No, sapevo solo che aveva ottenuto dei buoni riscontri, ma nulla di più. Mark l’abbiamo incontrato per caso durante una jam session semi-improvvisata e poco dopo gli abbiamo proposto di essere il singer degli Accept: io e Peter ci siamo incrociati lo sguardo e nei nostri occhi c’era scritto “Lui è il nostro uomo!”. Tornillo faceva regolarmente l’elettricista tutti i santi giorni, prima di ritornare ufficialmente a fare il cantante! Non aveva da tempo una band con la quale suonare e si era in pratica ritirato dalle scene, come del resto noi stessi. Ha dell’incredibile iniziare un’altra volta a suonare in tutto il mondo, fare video, scrivere nuovi brani ed avere un singer senza neanche aver effettuato un’audizione in senso stretto.

Ritengo che l’HM classico non morirà mai, cosa pensi di questa affermazione?

Vent’anni fa ti avrei fortemente contraddetto, perché di fatto lo era. Avevo perso la speranza, l’idea musicale predominante rifiutava il guitar solo, il riff portante. Imperava la proposta Grunge di Nirvana e Pearl Jam, a oggi peraltro pressoché scomparsa, quantomeno in certi termini numerici di riscontro. Ero così disilluso che attaccai la chitarra al classico chiodo e feci il fotografo per sopravvivere, pur di non scendere a dei compromessi. Sinceramente, il fatto di suonare in quel periodo di fronte ai soli parenti o a poco più di dieci persone non era percorribile, per un gruppo come gli Accept.

Cosa pensi, a proposito, degli ultimi dieci anni di carriera di colleghi come Motorhead, Saxon e Judas Priest?

Ti deluderò ma non sono assolutamente nel giro, non seguo per niente le altre band, faccio musica e basta. Possiedo un recente Cd dei Saxon e trovo che sia fatto molto bene. Gli inglesi non mi hanno mai fatto impazzire per via dei loro testi; a livello musicale, viceversa, sono sempre stati ficcanti.

 

Wolf Hoffmann

 

Conosci qualche gruppo italiano?

Mmmmhhhhhh… No, non conosco la scena, poi oggigiorno ci sono davvero troppe band e mi perderei. Rimango legato agli anni Ottanta, quindi, a livello di movimento. Devo ammettere che anche in quel periodo seguivo poco, comunque. Non sono mai stato interesatto a quello che facevano gli altri gruppi ed ero concentrato solo sugli Accept, forse per non subire le influenze di chicchessia. In quest’ottica sono sempre stato un pessimo consumatore di musica, non sono un collezionista e ho sempre letto poco riguardo l’HM (sottolineo che Wolf esprime questi concetti senza spocchia alcuna, lo fa con assoluta naturalezza).

Quindi non ascolti niente di particolare, di solito?

La radio e poco più. Quando sono nel mood giusto – ma non capita di certo tutti i santi giorni -, sento musica classica: ho centinaia di Cd e pochissimi, ma davvero pochissimi di Rock, strano vero? Lo so, me ne rendo conto, ma è così, questa è la verità… Le influenze classiche mi hanno permesso di scrivere in maniera assolutamente naturale i riff di Balls To The Wall, Flash Rockin’ Man, Princess Of The Dawn e ovviamente quello di Metal Heart, con Per Elisa a metà.

Nel 1986, a Milano, ero fra il pubblico, quando suonaste insieme con i Dokken…

Si, quando le prime file sputarono Loro addosso. Ricordo molto bene quella serata, ma è un’usanza che permane, lì in Italia, oppure no?

No, assolutamente, è stato un episodio increscioso che i Dokken non si meritavano di certo, originato dalle frange più oltranziste di allora, concentrate davanti al palco.

Meno male! Te lo chiedo perché qualche sputo arrivò anche a noi, ma in segno di approvazione, presumo. La stessa cosa ci è poi accaduta in Irlanda del Nord, quando la gente per supportare le band sputava loro addosso. Mah, stranezze di quegli anni…

Stefano “Steven Rich” Ricetti