Live Report: Blaze Bayley a Lubiana (Slo)

Di Nicola Furlan - 7 Aprile 2012 - 10:53
Live Report: Blaze Bayley a Lubiana (Slo)

19/03/2012
BLAZE BAYLEY LIVE @GALA HALA, LUBIANA (SLOVENIA)
Report di Luigi Murciano
Foto di Alberto Zimolo (Noone Agency)


Guida personalmente il van che sta portando la sua band in giro per tutta l’Europa. Prima e dopo l’esibizione, pretende di gestire personalmente il banchetto del merchandising e lì coglie l’occasione per salutare uno ad uno i fan. Questo è Blaze Bayley, artigiano di lusso dell’heavy metal.  Un uomo ripartito mille volte da zero: scaricato a furor di popolo dalla più grande band del mondo, truffato da manager assetati di soldi, travolto da divorzi anche velenosi con i suoi musicisti e da tragedie autentiche come la perdita dell’ex moglie Debbie. Un musicista tanto coerente, determinato e genuino sul palco, quanto fragile e a volte ingenuo una volta che i riflettori sono spenti. Blaze ancora una volta prova ad uscire dal suo personale inferno, fatto di depressione e tentazioni suicide, e ricomincia daccapo la sua corsa. Ha una nuova compagna, è diventato padre, e ha optato per una carriera solista a tutti gli effetti. L’unico obbiettivo, conquistare un fan alla volta, in ogni angolo del globo, come se venisse dall’underground più profondo e da quell’esibizione dipendesse tutto il suo futuro. E forse a volte è proprio così.


Abbiamo ascoltato Bayley dal vivo a Lubiana, capitale della Slovenia, in una delle prime date europee (60 in due mesi, fate voi i conti) del suo “King of Metal” tour. Già, king of metal. Difficile trovare un titolo che, più autolesionisticamente di questo, rischiasse di esporre il suo ultimo lavoro a critiche e ironie. Ma l’ex singer della Vergine di Ferro ha la scorza dura e, soprattutto, sa bene perchè ha intitolato così il suo ultimo lavoro.

“Non sono io il Re del Metal – afferma, il petto in fuori, presentando la title track -. Ma siete voi. Che comprate i cd, le magliette e mi permettete di essere un privilegiato e continuare a fare questo mestiere. Io oggi sono stato scaricato dalle grandi case discografiche. Temono il mio modo di lavorare. Perchè oggi nel music business in tanti iniziano ad avere paura che per sopravvivere dovranno farsi il culo, locale dopo locale, che mi faccio io con questa band”.

Del resto la corona che cinge la testa del “re”, in copertina, non è certo dorata: è una corona di spine.


Entriamo nel piccolo ma accogliente club “Gala Hala” con timori e speranze. Il nuovo album di Blaze, “King of Metal”, è un lavoro diverso dai predecessori. Lontano dai fasti dei primi tre album classici usciti col monicker BLAZE (“Silicon Messiah”, “Tenth Dimension” e “Blood and Belief”), ma anche dagli emotivamente intensi “The man who would not die” e “Promise and terror”, il disco è fresco di stampa. Cresce con gli ascolti, è meno diretto dei predecessori e forse risente – più che di testi meno elaborati che in passato – di una lavorazione affrettata, che non rende totale giustizia ai brani. Ma la resa live fortunatamente spazzerà via queste perplessità.


Altra incognita era la coesione di una band quasi totalmente rinnovata per due volte in meno di un anno. Dapprima il polemico ma oggettivamente ormai inevitabile divorzio per ragioni finanziarie dai fratelli Bermudez e Jay Walsh, che avevano speso anima e corpo per la causa della Blaze Bayley Band: poi quello (meno sofferto) dalla live band più recente, con i belgi Steve Deleu, Nick Meganck e l’ex tuttofare Dave Andrews.

Oggi la formazione che accompagna Bayley parla per 3/4 italiano: dietro le pelli c’è l’unico sopravvissuto a tanto turnover, un pupillo di Blaze. E cioè il romagnolo Claudio Tirincanti: un autentico demonio, picchiatore al tempo stesso preciso ma dal tocco selvaggio. Al basso il pulsante e puntuale Lehmann, dei thrasher bolognesi Neurasthenia. Sezione ritmica che è una garanzia in partenza, insomma. Le incognite potevano invece riguardare i due axeman chiamati a sostituire non solo gli apprezzati predecessori, ma almeno idealmente anche i mostri sacri dei Maiden nel repertorio live del singer di Birmingham. La scelta di Bayley è caduta su Andrea Neri, dei progster romani Astarte Syriaca, e sull’olandese Thomas Zwijsen. Merita spendere due parole su questo 24 enne talento di Arnhem, studente di chitarra classica fattosi notare per alcuni video popolarissimi sul “tubo”  in cui riveste di eleganza acustica i grandi pezzi dei Maiden. Thomas è anche il principale co-autore di “The King of Metal”. Se come songwriter ha sicuramente potenzialità ma anche bisogno di tempo per crescere, come chitarrista prettamente “elettrico” stupisce per impatto, perizia e gusto negli assoli, così come Andy Neri si rivela granitico nel riffing e di grande perizia e fluidità nei solos più tecnici. Esame superato per entrambi, anche a livello di presenza scenica.


Il club sloveno è sufficientemente pieno quando Blaze attacca il suo show. La risposta dell’audience sarà entusiastica per tutte le due ore scarse dello spettacolo. Parliamo di 150, 200 persone che però per gran parte sembrano conoscere tutta la carriera solista del singer britannico, testi compresi. Bayley inizia con un’opener inedita “Will to win”, da “Blood and Belief”, il cui riffing scatena subito il pubblico in una bolgia. L’audience è definitivamente in suo pugno dopo appena cinque minuti, ovvero quando Blaze spara subito dai marshall il classico maideniano “Lord of the Flies”. A quel punto il cantante, che pare vocalmente in ottima forma, si destreggia sapientemente fra presente e passato. Dei nuovi brani piacciono “Dimebag”, personale tributo alla tragedia di Darrell che tutti ben conosciamo, e “Rainbow fades to black”, dedicata al folletto Rj Dio, del quale riesce ad evocare certe tipiche atmosfere senza venire meno al suo classico stile baritonale. Meno ricercate e più votate al sodo “Black Country”, brano quasi alla Wolfsbane, e la title track dell’ultimo Cd. Poi è un tributo pressochè costante ai primi tre album, perfetto connubio fra metal classico e influenze più moderne. “Ghost in the machine”, “Silicon Messiah”, “The Launch” e “The Brave” sono, almeno per il pubblico sloveno, veri e propri anthem dell’era post Maiden, “Stare at the sun” la canzone che col suo incedere prima oscuro e poi epico forse meglio fotografa la classe di Blaze. Nel gran finale c’è spazio per scatenare definitivamente il pubblico con le esaltanti escursioni maideniane: e se la tripletta The Clansman-Man on the Edge-Futureal ottiene il prevedibile effetto sperato, sorprende sempre vedere quanto sia apprezzato quel gioiello rimasto nascosto che è “Virus”.

Le parole di Bayley per la sua ex band sono al miele.

“Non credete a ciò che scrivono, io non ho rancori nè rimpianti. Mi sento ancora con Steve Harris, e quando ho avuto bisogno di lui mi ha prestato il suo studio per il mixaggio dell’album. Posso solo essere orgoglioso e riconoscente nei confronti di quei ragazzi, mi hanno regalato l’esperienza nella più grande heavy metal band del mondo”.

Finisce con “Faceless”, unico brano dell’era-Bermudez. Forse l’unico neo è proprio questo: che Blaze abbia puntato poco sui brani dei due predecessori di “King of Metal”, in particolare da quel capolavoro che è “The Man that would not die”. Ce n’era da attingere, anche per ciò che ha significato quella fatica discografica: l’ennesima uscita dall’incubo dopo la morte della moglie Debbie. Ma in fondo questo è l’unico rimpianto di una serata magica, che ha avuto per protagonista un personaggio autentico e positivo, che dal palco racconta le sue paure…senza paura. Per molti, uno dei grandi perdenti della storia del metal: ma forse, vista la dedizione on the road, è vero proprio il contrario. Ed è tutto ciò che conta.

Luigi Murciano

Setlist:
01. Will to Win
02. Lord of the Flies (Iron Maiden song)
03. The Launch
04. Dimebag
05. Ghost in the Machine
06. The King of Metal
07. Silicon Messiah
08. The Rainbow Fades to Black
09. Fate
10. The Brave
11. The Black Country
12. Leap of Faith
13. Stare at the Sun
14. The Clansman (Iron Maiden song)
15. Man on the Edge (Iron Maiden song)
16. Futureal (Iron Maiden song)

Encore:
17. Virus
18. Faceless