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Synodik (Matteo Campanini e Leandro Scotto)

Di Daniele D'Adamo - 6 Settembre 2012 - 15:41
Synodik (Matteo Campanini e Leandro Scotto)

Da Genova arriva una nuova proposta che fa del death metal tecnologico la sua divisa d’ordinanza. Si chiamano Synodik e hanno appena pubblicato il loro primo full-length, autoprodotto: “Sequences For A New Matrix”. È quindi l’occasione di scambiare due chiacchiere con Matteo Campanini (voce) e Leandro Scotto (chiatarra/tastiere) per sapere qualcosa di più su questa nuova realtà del metal italiano.

 

Il vostro CD si presenta, visivamente, in modo superbo. Molto al di sopra delle abituali autoproduzioni. Perché?

Leandro – Abbiamo scelto di essere professionali sotto ogni aspetto, abbiamo lavorato molto a questo disco e volevamo che fosse un prodotto che non avesse nulla da invidiare alle produzioni di band già affermate.

Matteo – Musica, immagine, personalità e professionalità sono gli imperativi che ci siamo posti, allo stesso livello d’importanza, per proporci al pubblico, per intrigare le label o le booking agency. Insomma, vogliamo avere tutte le carte in regole per uscire dalla Liguria e proporci al grande pubblico!

Immagino che ci siano voluti dei cospicui finanziamenti sia per l’artwork, sia per la qualità – di nuovo eccellente – dell’incisione. Come ci siete riusciti?

Leandro – Praticamente tutti lavoriamo e abbiamo deciso di investire sul progetto Synodik, perché crediamo molto in quello che facciamo. Come per l’apertura di qualsiasi attività è richiesto un grande investimento iniziale, così lo è anche per cercare di venire fuori con una band. Oggi è così, a causa dell’‘offerta di band’ molto superiore alla domanda.

Come sta procedendo la promozione di “Sequences For A New Matrix”? E il riscontro con i fan?

Leandro – La promozione di “Sequences For A New Matrix” sta procedendo molto bene, stiamo spedendo il CD a tutti i portali e a tutte le label metal e stiamo facendo crescere i nostri social network, youtube in primis. Finora tutti i riscontri sono stati molto positivi e di questo siamo orgogliosi, ma stiamo sempre lavorando per arrivare a colpire molte più persone per allargare il nostro target.

Fan. A proposito. Qual è il vostro target? Ne avete uno?

Leandro – Ci piacerebbe molto farci un nome nell’Est Europa, dove il settore non è ancora saturo come da noi e la mentalità è molto diversa. Sembra ci sia molto più interesse e supporto al genere.

Matteo – Concordo. In più sono un frequentatore dei Festival europei quindi sogno di poter prendere parte a un Wacken o a un Brutal Assault o a un Hellfest… in generale comunque il target che mi sono prefissato è raggiungere ogni persona che abbia voglia di ascoltare del buon death metal con qualche sperimentazione!

E la scena genovese? L’input che diedero a suo tempo i Necrodeath s’è ormai spento, oppure negli ultimi anni c’è stato un rinnovamento?

Leandro – Mi basta citarti Antropofagus e Nerve, band con le quali siamo molto in contatto! I primi sono un gruppo storico, pionieri del brutal in Italia, appena ritornati sulle scene con un ottimo disco con il quale stanno riscuotendo un grande successo. Nerve, una band che allo stato attuale ha enormi potenzialità e che si sta preparando per uscire con un nuovo album. La scena c’è a Genova, il problema è che i gruppi che ne fanno parte suonano raramente qui e si spostano per le date più importanti, soprattutto a causa della mancanza di locali adatti. A Genova c’è poco giro, non passano di qua band importanti da anni.

Matteo – Seguo con interesse l’underground genovese perché da lì sono sempre uscite grandi band che hanno avuto una forte influenza nel territorio nazionale. A dire il vero però ultimamente, complice la mancanza di locali e le presenze ai live sempre molto ridotte, la scena vive un periodo di crisi! Ma qualcosa di buono comunque esce, posso citare anch’io i Nerve, e sentirete parlare anche dei Tool-Box Terror prossimamente, un gruppo di una violenza inaudita. Insomma, la scena è malata ma nel sottofondo c’è gente che si fa un mazzo enorme in saletta prove ed è pronta per fare il salto di qualità o almeno ne ha tutte le carte in regola.

Il vostro sound è moderno e tecnico. Si potrebbe, quasi, parlare di cyber/technical death metal. Una sorta di fusion fra i Fear Factory e i Divinity, giusto per fare due esempi (non) a caso. Voi che ne dite?

Leandro – Questa domanda mi ha stupito; sono d’accordo che il nostro sound sia percepito come moderno e abbastanza tecnico e mi piace che sia così! Però le band cui ci accosti non appartengono assolutamente al nostro background. Non è la prima volta che veniamo accostati a realtà più industrial, non era nostra intenzione essere percepiti così, ma va bene lo stesso, ne prendiamo atto!

Matteo – Potrebbe essere un buon paragone a livello di mix di un sound tecnologico e death metal, in verità non sono un estimatore di queste due band, però per fortuna (e succede spesso) ci paragonano a mille gruppi diversi ed è sicuramente segno che siamo riusciti nell’intento di personalizzare al massimo il nostro sound!

A prescindere da classificazioni più o meno realistiche, il vostro progetto pare essere davvero spinto a tutta forza verso il futuro. Sia per i temi affrontati, sia per lo stile fantascientifico della musica. Ci sono delle influenze particolari, per quest’approccio artistico?

Leandro – Influenze particolari direi di no. Ho voluto inserire con decisione nel nostro sound un elemento che ‘colorasse’ il tutto, per dare un valore aggiunto alla nostra musica. Un mood freddo, siderale, blu, richiamato soprattutto dalle tastiere e dalle grafiche, che arricchisse la solida base death metal.

Parlando per l’appunto d’influenze e quindi di… retroterra culturale, come puoi sintetizzare il tuo, Matteo?

Matteo – Sono l’elemento più ‘anziano’ del gruppo con i miei trent’anni e ho le mie solide radici nel death metal old school, quindi non posso che citarti gruppi come i Deicide, Immolation, Monstrosity, Obituary, Death, Dismember, Entombed, Grave. Ultimamente invece ho spostato l’attenzione quasi esclusivamente sul funeral doom e death/doom e maestri quali gli Esoteric Evoken o le nuove leve un po’ più ‘melodiche’ come gli Shape Of Despair! Ovviamente oltre alla musica mi focalizzo moltissimo sull’utilizzo delle vocals in tali gruppi e li ho sfruttati per forgiare il mio timbro e per cercare di avere una voce che possa essere la più varia possibile e adattabile a ogni riff o impronta che vogliamo dare ai pezzi.

E il tuo, Leandro?

Leandro – Dal punto di vista musicale ricerco in continuazione gruppi di base metal estremo, ma che osino qualcosa di più in termini di visionarietà, originalità, atmosfere sognanti e forte utilizzo di pads evocativi. In pratica ricerco gruppi come vorrei che fossero i Synodik. Sono un grande appassionato dei Nile più evocativi, ho apprezzato gruppi come Dimmu Borgir fino ai primi 2000, Ahab, Morbid Angel, Ixion, Meshuggah… mi sono interessato ultimamente a quello che si può definire ‘ambdjent’ e sto ascoltando proprio in questo periodo gruppi ‘shoegaze metal’ come gli Alcest, dove l’elemento sognante domina incontrastato.
 

 

Tastiere. In un sound come il vostro occupano un posto di primo piano, perlomeno come additivo per rendere il sound stesso più visionario possibile. Qual è il tuo approccio a questo strumento, Leandro?

Leandro – Da quando ho iniziato a far uso di tastiere, a partire da mie produzioni, ho capito subito che sarebbero state per sempre parte integrante di ciò che compongo. Molto spesso parto prima dalla base di synth e successivamente ci costruisco sopra il riff… anche se è un procedimento che finora ha riguardato poco Synodik ma altre produzioni mie (es.: Deviancy), conto di usare questo metodo anche per Synodik a partire dalle prossime composizioni. Nei live, dove non c’è una persona fisica che può suonarle, ci serviamo di sequenze

Com’è nato il ‘Synodik-sound’ che pare già essere così ben formato? Tutto sommato siete una band relativamente recente, anche se avete le idee ben chiare in testa…

Leandro – Il nostro sound fino a questo momento è nato prevalentemente dalle idee di ogni componente in sala prove. Tutti, chi più chi meno, hanno contribuito alla stesura dei pezzi in processi di songwriting molto lunghi.

Matteo – Puntiamo molto sulla composizione di gruppo perché ognuno è in grado di proporre la propria visione musicale e influenzare il processo di songwriting, nonostante diventi a volte stressante mettersi d’accordo su quale direzione far prendere a un brano ma credo davvero che ciò abbia contribuito a fare del disco un insieme di pezzi vari e nonostante tutto decisamente personali e con uno stile ben definito! Ogni brano suona al 100% Synodik!

Fra gli act che hanno dato una decisa evoluzione al death metal classico per renderlo coerente con i dettami tecnologici del III millennio ci sono i The Kovenant, i Vortech, i Mechina, gli Id:Vision, i Sybreed… vi riconoscente in questa cerchia di gruppi?

Leandro – Come ti ho già risposto prima mi stupisce molto quest’accostamento! Mi stai elencando gruppi che non ho neanche mai sentito! Però, posto che non m’interessano affatto le classificazioni, mi fa piacere che Synodik venga inserito in un contesto death metal che guarda al futuro piuttosto che uno che continui a rifarsi a ciò che è già stato.

Matteo – Conosco i The Kovenant anche se li preferivo nel periodo di “Nexus Polaris”, ma non riesco a riconoscermi, a volte mi chiedo anch’io a quali gruppi potremmo assomigliare o sembrare simili e non riesco mai a darmi una risposta chiara.

Come avviene il processo di scrittura? Dalla compattezza del vostro sound si potrebbe pensare che partecipiate tutti assieme alla stesura della base di partenza…

Leandro – Infatti è esattamente così, anche se questo comporta a sessioni di scrittura troppo lunghe dalle quali spesso non riusciamo più a uscire, finendo spesso per scartare pezzi cui abbiamo lavorato già per molto tempo ma che non convincono tutti.

Nelle canzoni di “Sequences For A New Matrix” non ci sono parti melodiche in clean alla Fear Factory: è una precisa scelta per non essere un loro clone o è un fatto casuale?

Matteo –Le clean vocals sono presenti solo in un brano e il motivo principale è che le composizioni sono state tutte pensate per una voce growl profonda e potente! A partire dal prossimo album ci saranno novità anche da questo punto di visto e faremo uso di clean vocals, anche se credo che non ci ispireremo alla voce di Burton ma a qualcosa più sognante, ma è troppo presto per svelarlo o per fare progetti definiti a lungo termine. Non ci poniamo limiti e tutto è in continuo divenire.

Leandro – Nessuno di noi ama particolarmente i Fear Factory, e se non ci sono parti in clean è semplicemente perché preferiamo un altro tipo di vocals. In “Speak To The Void” è peraltro presente una parte in clean, a testimoniare che non ci poniamo limiti e se pensiamo che una che un elemento extra-death possa stare bene in un pezzo lo inseriamo senza problemi, anzi forse a maggior ragione per la sua estraneità al genere (per quanto mi riguarda)!

“Sequences For A New Matrix”, appunto. Quale significato si nasconde, dietro questo titolo?

Matteo – Il titolo in se racchiude un significato ben preciso. La matrice è il death metal e le nuove sequenze sono il nostro suono siderale e spaziale. Questo è il concept che sta alla base del nostro sound che guarda al futuro sia in termini di lyrics che di progetto musicale, vogliamo davvero creare qualcosa d’innovativo e stiamo già lavorando a questo immettendo nuove influenze e allargando i nostri orizzonti musicali!

A proposito, non temete che i temi futuristici alla Blade Runner/Terminator/Matrix siano già stati abbondantemente sfruttati?

Matteo – Sicuro! Ma in quel momento ero ispirato e volevo che uscisse fuori un concept di quel tipo in quanto appassionato di quei film ma anche della letteratura di fantascienza, di Lovecraft e di alieni! Ovviamente il mood di base rimarrà immutato nelle prossime composizioni ma non voglio pormi limiti e scrivere testi anche al di fuori di certi schemi usati per “Sequences For A New Matrix”, poter magari raccontare di cose più personali o stati d’animo. Credo che le lyrics vadano di pari passo anche con la musica e quindi cercherò sicuramente di tirare fuori le emozioni e le sensazioni che il riff o l’atmosfera creata mi saprà dare!

E, parlando di futuro, come vedete quello dei Synodik?

Leandro – Impegnativo ma in costante crescita ed espansione dei nostri obiettivi e orizzonti. Ho estrema fiducia in quello che facciamo e credo molto al nostro progetto.

Chiusura di rito: due parole da rivolgere ai lettori di Truemetal.it…

Grazie a te per questa piacevole intervista e a tutti i lettori di Truemetal.it! Date un ascolto alla nostra fatica e non rimarrete delusi! Supportate i live e l’underground italiano perché non ha nulla da invidiare rispetto a quello straniero!

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Intervista a cura di Daniele “dani66” D’Adamo