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No More Fear (Gianluca “Kemionero” Peluso)

Di Daniele D'Adamo - 14 Dicembre 2012 - 12:30
No More Fear (Gianluca “Kemionero” Peluso)

Da poco uscito sugli scaffali, “Mad(e) In Italy” degli abruzzesi No More Fear si candida come una delle più interessanti realizzazioni di death metal italiano del corrente anno. La particolarità dei temi trattati e la decisa introduzione di elementi tipici del folclore meridionale ne fanno un’opera sostanzialmente unica nel suo genere, per cui è stato del tutto naturale discutere delle idee che ne hanno elaborato la forma con il cantante della band, Gianluca “Kemionero” Peluso.

 

 

Innanzitutto il gioco di parole contenuto nel titolo dell’album: cosa significa? L’Italia è un paese di matti?

Grazie mille a voi di Truemetal.it per questo spazio. Dunque, dare una definizione a questo nostro Paese è davvero difficile… ‘tutto e il contrario di tutto’ andrebbe benissimo no? “Mad(e) In Italy” è un titolo che va interpretato nella maniera più ampia possibile. Penso che la follia abbia diverse sfumature e in Italia se ne trovino davvero di tutti i tipi.  

Anche la copertina contiene alcuni dettagli che certamente hanno un perché…

Abbiamo affidato il lavoro grafico all’artista Davide Mancini (Dartworks), veramente un ‘mostro’ nel suo campo. Gli abbiamo raccontato un po’ il concept del disco e lui è stato bravissimo a tradurlo in immagini.

Come mai avete deciso di trattare, sia nella musica, sia nei testi, gli aspetti forse più negativi dell’italianità? C’è stata qualche esperienza diretta, in merito?

Semplicemente ci siamo resi conto di chi eravamo e dove vivevamo, non è questione di cose negative o positive, si tratta semplicemente di cronaca di storia sia recente che passata. Possiamo far finta di niente, credere che alcune cose non esistano, ma specialmente negli ultimi anni il degrado sociale e la corruzione sono sotto gli occhi di tutti. Non è forse argomento quanto mai idoneo per un gruppo death metal?

A tal proposito, si può parlare di “Mad(e) In Italy” come di un concept-album, oppure si tratta di singoli episodi a sé stanti, seppur legati da un comune filo conduttore?

Non ci siamo posti il problema sinceramente, volevamo fare un disco Italiano con testi e musica che fossero immediatamente riconducibili al nostro Paese. I pezzi trattano di tutti episodi ‘nostrani’ più o meno cruenti… messi insieme costruiscono una specie di documentario sul nostro sul nostro malcostume.

Come si è svolto il processo compositivo dell’album? Avete svolto tutto a tavolino avendo scelto a priori il tema principale, oppure avete scritto secondo le idee del momento?

Il processo di composizione è stato molto lungo. L’idea di partenza era fare qualcosa di mai fatto, che può sembrare retorico e presuntuoso ma sapevamo che era possibile e per assurdo senza inventarci niente di nuovo. Abbiamo fatto un grosso lavoro su ascolti a noi parecchio distanti, tipo musica napoletana, colonne sonore di film italiani, musiche popolari e tradizionali… ci si è aperto un mondo. Ovviamente la parte difficile è stata trasmigrare il tutto in chiave death metal, ma diciamo che una volta capito il meccanismo ci siamo lasciati andare. Avevamo paura di risultare pacchiani, ridicoli, inadeguati. Man mano che i pezzi prendevano forma però, in maniera molto auto critica, ci siamo convinti che poteva funzionare.

“Don Gaetano” è una canzone stupenda: come vi è venuta fuori?

Gentilissimo! Guarda, in realtà come le altre, senza particolari ragionamenti. Forse risulta particolarmente gradevole per quel tappeto di tastiere diciamo così ‘cinematografico’ (non a caso gli arrangiamenti di tastiera sono stati eseguiti da Daniele Campea, cioè colui che ha curato in tutto e per tutto il nostro video “Taranthell”).  

Questa profonda italianizzazione del death che avete operato con “Mad(e) In Italy”, non temete che possa dare, all’estero, un’immagine ancora più negativa e stereotipata dell’Italia di quanto non ci sia adesso? Oppure, è proprio quello che volevate?

A dire la verità volevamo proprio questo… se per una vita cachi nel salotto di casa, non basta ritinteggiare per far andare via la puzza e lo schifo accumulato. Capisci? Fin quando non prendi coscienza dello schifo continuerai ad accumulare merda. Viviamo tutti di luoghi comuni, se ti dico Messico ti vengono in mente sombreri e cartelli della droga, pensi alla Germania e subito sono birre e würstel, ma sai benissimo che poi si va oltre questo. Quando uscì “The Godfather”, Francis Ford Coppola venne criticato per aver dato un ruolo da eroe figo a Don Vito Corleone, nonostante ciò, vinse diversi Oscar. Se un regista, un pittore o un musicista tratta un argomento spiacevole, è perché semplicemente quella cosa esiste. Il nostro non è un inno, ma una semplice fotografia. Non sarà certo colpa dei No More Fear se all’estero hanno una pessima visione dell’Italia.

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Non vorrei rovinarti il piacere del presente, ma l’aver così tipizzato uno stile musicale sì da rendere “Mad(e) In Italy” un esemplare unico nel suo genere non temi possa avere ripercussioni negative nel futuro della band, magari ancorandola definitivamente allo… ‘spaghetti death metal’?

Wow… già il fatto che il nostro stile è considerato unico, per noi è un traguardo. Posso assicurarti che su questa linea abbiamo ancora molto da dire. Poi ancorarsi a uno stile che hai ‘inventato’ mi sembra un’ottima idea!

Vi siete formati nel 1996. Una lunga carriera, quindi. “Mad(e) In Italy” è un punto di arrivo o un punto di partenza?  

Diciamo che siamo arrivati fino a qui e da qui proseguiremo, cercando di creare sempre qualcosa che ci dia nuove emozioni e che trasmetta buone vibrazioni. “Mad(e) In Italy” per ora è una cosa importante a cui teniamo molto.
 
Nell’album c’è un corretto equilibrio fra la brutalità del death metal e la poesia della musica popolare. Pensate di cambiare questo bilanciamento, in sede live? Cioè, favorire l’aspetto per così dire elettrico?

Sicuramente le performance live hanno un carattere più muscolare, i nuovi pezzi li abbiamo rodati un po’ in questi mesi e tutto sommato riescono a trasmettere ugualmente quell’aria presente nel disco. Almeno così ci è stato detto da chi ci ha ascoltato…

In Italia campare con il metal è praticamente impossibile, figurarsi con quello estremo. Malgrado ciò, il vostro approccio è totalmente professionale: come ci riuscite? Alla fine, una giornata è fatta sempre e solo di ventiquattro ore…  

Hai ragione… è un fottuto casino. Diciamo che ci piace fare le cose ‘come quelli veri’ infatti tra un album e un altro passano sempre diversi anni. Mettiamo un sacco di tempo, passione, determinazione, iper autocritica per raggiungere la nostra auto gratificazione. Abbiamo tutti delle famiglie, dei figli a cui sottraiamo lunghi periodi, specialmente di notte che è l’unico momento in cui possiamo riunirci per comporre, provare, registrare… per fortuna ci sopportano/supportano. Purtroppo siamo come dei tossici non possiamo farne a meno…

Infine, due parole per i lettori di Truemetal.it…

Davvero grazie mille a voi di Truemetal.it per tutte le belle parole spese su “Mad(e) In Italy”, ora cercheremo di portare la nostra musica live in più posti possibili… seguiteci sui nostri canali ufficiali per tutte le news.
Baciamo le mani.

Intervista a cura di Daniele “dani66” D’Adamo