Tool

Disco estremamente difficile, direi anche impossibile, da valutare dopo un solo ascolto. Uno direbbero che forse è un po' troppo onirico, ma appunto, va fatto maturare con gli ascolti, perché ad esempio anche le due Wings inizialmente si fa fatica ad assimilarle, poi ti accorgi che sono tra le cose migliori mai scritte dai Tool.
Per ora posso dire che mi manca quel brano diretto che poteva essere una Vicarious, The Pot, Parabola, ecc. che un album dei Tool ci sta sempre bene,ma non è detto che sia indispensabile.

Inviato dal mio LG-H870 utilizzando Tapatalk

 

E niente dopo quasi una settimana di ascolto ininterrotto confermo la mia opinione.
Album splendido.

 

C'è anche da dire che un disco discreto/buono dei Tool è comunque superiore al 95% delle alternative presenti sul mercato in questo momento.

 

Scatenate l'inferno!

Principali riflessioni a seguito del primo ascolto: ammetto di essere confuso. Non è tanto la lunghezza dei brani o la costante presenza di passaggi più leggeri ed evanescenti, che qualcuno potrebbe pensare siano troppo prolungati, a farmi storcere il naso. L'impressione negativa che ho avuto è che si tratti di un album eccessivamente autoreferenziale. Era il mio principale timore prima dell'uscita e ora sembra che la profezia, come ci insegnano gli psicologi, si sia auto avverata. Penso alla linea di basso che introduce Pneuma (che alla prima impressione sembra essere comunque la migliore del disco) e mi ricorda moltissimo Scism, di cui sento riecheggiare anche alcuni accordi nei minuti successivi. Penso al finale di Descending, che mi ricorda (anche nelle note e negli effetti utilizzati) quello di The Grudge. Infine, come ho già scritto, alcuni riff di Invincible mi riportano alla mente Jambi. Uno spiraglio di novità arriva con la conclusiva (senza contare gli intermezzi) 7empest, la quale mi imbroglia, facendomi sperare che non sarà l'ennesima canzone in crescendo. Parte molto più aggressiva, furiosa (quel pezzo iniziale in cui Maynard sembra balbettare è stupendo, peccato che paradossalmente sia l'unico a durare poco e a non essere ripreso in seguito) ma dopo cinque minuti il brano rallenta e sfuma in una sorta di jam, dove ci sono alcuni passaggi schizofrenici di Jones davvero interessanti. Purtroppo alla fine non arriva la botta conclusiva che tanto attendevo e che avrebbe fatto scendere quei famosi brividi lungo la mia spina dorsale. Rimane un grande esempio di musica, rimane un ottimo disco dei Tool. Sono presenti tutti gli elementi: le poliritmie, i tempi dispari, gli intrecci tra basso e chitarra, le linee vocali oniriche... Gli strumenti dialogano senza sovrapporsi per creare quella classica trama in cui l'ascoltatore può perdersi, volgendo l'orecchio ora a Danny Carey ora ad Adam Jones... E' quel viaggio psichedelico a cui ci hanno abituati. E' un modo di intendere la musica e di comporla che rappresenta un unicum in tutto il panorama rock-metal odierno. Per esempio, su Pneuma, sotto la voce di Maynard chitarra e basso si alternano l'un l'altro, quasi riecheggiando nei timpani quando devono lasciare spazio alla controparte. Qualcosa di straordinario. Che dire delle due canzoni che non ho citato: la title-track ormai la conosciamo mentre Culling Voices, all'interno della discografia dei Tool (e non avrei mai pensato di poterlo scrivere), è quasi inutile. Alla fine continuo a pensare che sia un bellissimo album ma rimane l'amaro in bocca pensando ai Tool che si limitano a citare sé stessi.

 

L'ho detto qualche giorno fa, ogni band arriva ad un punto della propria carriera in cui è impossibile andare avanti, ma si rimbalza costantemente su se stessi. I più audaci cercano di reinventarsi dando un colpo di spugna, quasi sempre fallendo, quelli più bravi e lungimiranti (e i Tool sono tra questi) a riprendere il sound che hanno inventato (o contribuito ad inventare) adattandolo al nuovo sentire. Così è inevitabile che dietro l'angolo ci sia la sensazione di dejavu. Credo che abbiano veramente in tutti questi anni cercato di andare oltre Lateralus, ma alla fine, dopo infiniti taglia e cuci, il disco è sempre un figlio minore di quel lavoro. E non poteva essere altrimenti.
E' un bel lavoro, , ma sicuramente indietro (e non di poco) ad Aenima e Lateralus. Il tempo ci dirà come si colloca rispetto a 10.000 days.

 

Non sono mai stati diversi da così.

 

Ci fossero state "solo" Pneuma, 7empest e Descending ne sarebbe comunque valsa la pena, a mio parere. Il solo di batteria con inserti elettronici se lo potevano risparmiare e la title track è quella che meno mi piace, tra le altre.

 

Per me il disco non può non piacere a un fan dei TOOL, proprio perché è troppo TOOL, forse il disco più TOOL di tutti.

Bene o male mi aspettavo un disco del genere, magari un brano più tirato avrebbe compensato le lunghe pause atmosferiche, in compenso la strumentale l'avrei proprio depennata.

Resta il fatto che il disco cresce molto, e vederemo quanto ancora, poi con loro si arriva sempre ad un ascolto di svolta, tipo in cuffia, magari la sera tardi... e scoppia l'amore incondizionato.

 

Stiamo ascoltando due album diversi. Ci sono dei passaggi che arrivano quasi all'auto-citazione, dietro i quali sento riecheggiare Scism e The Gurdge. Parlo proprio delle note, degli effetti, dei giri di basso e chitarra. Potrebbero innestarsi su Pneuma e Descending con una tale naturalezza che quasi non ce ne accorgeremmo.

 

Ripeto, resta comunque un bellissimo album ma personalmente mi aspettavo qualcosa di diverso. D'altronde non si può pretendere che siano sempre loro a spingersi oltre i confini, a trovare un nuovo percorso. Ah, ci tengo a precisare: Chocolate Chip Trip non la considero nemmeno una strumentale, è solo un intermezzo come gli altri. Si distingue solo per avere batteria e percussioni come protagonisti ma sono le stesse modalità con cui suona Carey a farmi pensare più ad un intermezzo musicale piuttosto che ad un vero e proprio assolo di batteria.

 

E non è una cosa da poco.

 

Il fatto è che pure Schism e the grudge contengono in seme il loro stile già presente agli esordi. Che tu dica nota per nota o armonicamente o che sia ritmicamente è quello che sono i Tool. Per questo considero UNDERTOW (a posteriori) il loro miglior disco anche se per me Lateralus è l'apice del loro lavoro.
Non mi stupisce sentire certe cose nel disco nuovo e non le trovo nemmeno fastidiose come potrebbe succedere per altri gruppi.

 

Cerchiamo di chiarire questo punto perché altrimenti rischiamo di confonderci, quando in realtà magari condividiamo i medesimi concetti, espressi solo con parole diverse. Posso anche comprendere il fatto che su Undertow ci siano già i semi delle future composizioni dei Tool ma la complessità compositiva (cui fa naturalmente seguito anche quella tecnica) è notevolmente aumentata passando per Aenima, fino ad arrivare a quel capolavoro che è Lateralus. Non è così scontato per una band riuscire a mantenere alcuni elementi e svilupparli fino a creare delle canzoni che comunque, musicalmente parlando, hanno tutto un altro peso. Su Undertow sono ancora prevalenti i passaggi in cui gli strumenti seguono una struttura classica, per cui la composizione rock si incentra sul riff di chitarra, la batteria lo accompagna ritmicamente e il basso riempe gli spazi vuoti lasciati dai due. Da Aenima in poi questo schema comincia ad essere superato. Basso e batteria non sono più soltanto strumenti ritmici ma portano anche loro grossi contributi dal punto di vista musicale. Tutto si intreccia attraverso le poliritmie di Carey e la trama segue un filo logico anche grazie alla guida dataci dalle linee vocali di Maynard. Le canzoni risultano comunque incredibilmente fluide e naturali, senza quell'eccessiva pesantezza di chi viceversa subordina la composizione alla mera esibizione tecnica. Per me, questo sono i Tool e queste sono le ragioni per cui considero Lateralus un capolavoro. Se poi tu trovi scontato questo approccio compositivo e credi che il nocciolo della loro musica stia tutto in Undertow, non so cosa dirti.

 

Penso che potremmo girare all'infinito su questo punto senza capirci o ammettere qualcosa reciprocamente.